Non è che un veicolo così perfetto che si presenta da solo sia un’auto referenziale

Sono tornato sano e salvo dalla trasferta,dalla quale ho ricevuto alcune conferme.

La prima è che i miei superpoteri sono ancora attivi. Per chi non lo sapesse, io ho il potere di rompere qualcosa soltanto toccandola. È per questo che il mio alter ego supereroistico l’ho denominato Deathtouch: sto pensando di cedere i diritti alla Marvel per un Cinepolpettone.

Ero in albergo, dopo aver fatto lo shampoo prendo il phon dal muro. Vuuu Vuuu. Lo ripongo. Lo riprendo. Clic. Muto. Riclic. Rimuto. Che ti è preso (esclamo)?. PEM! e fa una scintilla e muore.

La seconda conferma è che le persone ci tengono tanto a raccontarti cosa fanno, in maniera così esasperata da perdersi nell’autoreferenzialità. Tu magari volevi sapere dove fosse il distributore dell’acqua e loro ti raccontano di quando hanno condotto un progetto per distribuire ghiaccioli agli Inuit pigri.

Ieri io e Analfa, la mia collega, abbiamo rischiato di perdere il treno causa un meeting mattutino che si è protratto fino a 10 minuti prima della partenza.

Quando Analfa ha chiesto Ma quindi quale è la Regione che ha prodotto più risultati? io col pensiero le ho inviato un messaggio che diceva pressappoco Che cazzo fai? Non vuoi andartene da qui? ma mi ha guardato strano senza recepire.

Lo Straziatore, il nostro referente logorroico che ti strazia con le sue chiacchiere, ha parlato per un quarto d’ora rispondendo alla sua domanda in 5 secondi e per il resto del tempo raccontandoci di vertenze col Garante della Privacy e di quanto in questo Paese siano salate le multe.

Se ne incontrate uno, fuggite, sciocchi!

Non è che un pittore vada in discoteca perché ha un periodo cubista

Oggi la Castora, dopo che in un meeting precedente aveva spronato a produrre di più, ha detto più volte che dobbiamo “push! push! push!” e io su questa cosa di spingere ho continuato a vederci metafore defecatorie, sarà perché forse non sono mai uscito da quella che Freud definiva fase anale o perché ormai lei la vivo come un dito nel sedere.


Quindi comunque torniamo sempre in quella fase.


Non è stato un buon inizio settimana.
Forse il contrappasso per essermi alzato dal letto stamattina in stato d’animo positivo, dopo il fine settimana. L’allegria è cosa vietata dalla Risoluzione ONU 132454, che prescrive che il lunedì l’umore debba invece avere le sfumature degli scarichi di un bagno chimico dopo un concerto dei Meshuggah.

Durante il week end sono andato a far visita alla Trallallà.


Avrei scritto “Sono andato a trovarla”, ma non si era persa.


Ho fatto il viaggio più lungo che ho fatto sinora in vita mia: 12 ore di autobus, partito il venerdì sera da Nepliget – l’autostazione di Budapest – e arrivato il giorno dopo.
Ho dormito a tratti, sempre cercando di trovare la miglior posizione per dormire in un autobus. Dicono che non esista ma io invece ci credo. Spero nelle prossime occasioni di trovarla prima di trasformarmi in un quadro di Picasso, periodo cubista.

Non ricordo molto del viaggio, a parte che quando aprivo gli occhi e guardavo fuori mi sembrava di stare sempre nello stesso posto e, inoltre, due ragazzi ungheresi che avevo alle spalle non facevano altro che divorare snack. Hanno cominciato con le patatine a Budapest e poi molti chilometri dopo hanno concluso con dei sandwich che dovevano contenere dei peperoni, a giudicare dall’odore che spandevano.

A bordo c’era un musicista di strada croato con passaporto ungherese e che parlava italiano che amava far conversazione. L’ho visto attaccar bottone alla partenza con un italiano che aspettava l’autobus accanto a me. Ho subodorato subito che il musicista fosse di quelli appassionati di sartoria, nel senso che attaccava pezze. Mi sono allora allontanato fingendo di aver visto tra la nebbia un lampione che avevo già incontrato a Monaco di Baviera nel 2012.

Ogni volta che aprivo gli occhi, oltre al paesaggio uguale e i due mangioni dietro, udivo il musicista ciarlare.

Poi a un certo punto mi sono svegliato e lui non c’era più. Forse l’avranno ucciso e dato in pasto ai due dietro di me.

Poi non mi ricordo più null’altro, il tempo è trascorso veloce. Ricordo poi di aver aperto gli occhi e c’era la Trallallà seduta sul letto che mi chiedeva di allungarle le mie pantofole per andare in bagno.

Allora ho pensato che tutti abbiano diritto ad avere chi presta loro le pantofole per andare in bagno e il pensiero di aver potuto compiere quest’atto mi ha fatto riaddormentare felice.

Non è che al fruttivendolo costipato tu possa chiedere “cachi”

Oggi in ufficio si è tenuta la tradizionale riunione, pardon, meeting, pardon, rottura di maroni, per raccontarci come stanno andando le cose.

Come ho già descritto in questo blog, è un’operazione di una inutilità disarmante. Abbiamo un software gestionale interno dove sono presenti i progetti in corso, quelli chiusi, quelli vinti, il budget, gli annessi e mazzi vari.

Ma il nuovo corso di questa società è meeting! meeting! meeting!. Quindi ci si siede in sala riunioni, con il Tacchino (il capo o presunto tale) e la Castora (la capa dell’ufficio finanza) e io e CR riferiamo le stesse cose che sono presenti nel software gestionale. Il Tacchino ascolta con gli occhi sbarrati come un gallinaceo alla vigilia del Giorno del Ringraziamento, la Castora segue china sul proprio notebook come un nerd che gioca a un MMORPG.

Quest’oggi, prima della riunione, stavo sbirciando facebook. E mi caduto l’occhio su questa vignetta (copyright di Labadessa):

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Questa parte soprattutto ha iniziato a farmi sbellicare:

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È infantile. È puerile. È bambinesco. E andrei avanti se ricordassi altri sinonimi.

Eppure, sentivo una incipiente risata che non riuscivo a controllare. Mi stava scoppiando una vena in testa.

Poi CR ha detto una cosa divertente e ho pensato di potermi sfogare liberamente, ma la portata ridanciana della sua battuta non era tale da giustificare una risata sguaiata da parte mia.

A non aiutarmi ci ha pensato la Trallallà, cui avevo scritto confessando il mio disagio di fronte alla vignetta, inondandomi prontamente di sms, mail e messaggi messenger con su scritto “mo mi caco”.


Ne ho accennato in passato su questo blog in modo vago perché su certe cose sono riservato. Da un po’ di tempo a questa parte ho una Trallallà nella vita.


Così, poco prima della riunione, sono scappato in bagno a ridere in silenzio.

È una cosa più difficile da fare di ciò che sembra.

Sono entrato in sala riunioni rosso in viso e sudato.

– Gin che hai, tutto a posto?
– Sì sì…no è che sai che le lenti a contatto a volte mi bruciano e fanno un male cane…
– Ma tu oggi hai gli occhiali
– Eh sì appunto ho provato a mettere le lentine ma ho visto che non andavano bene…beh, iniziamo la riunione o no?

Pensavo di essermi sfogato abbastanza in precedenza, ma non era così.
Ogni tanto mi riaffiorava in mente la vignetta.

Ho provato a pensare alle cose più tristi di questo mondo.

  • Bambini poveri.
  • Bambini poveri che mangiano biscotti al glutine, glutammato e olio di palma.
  • Massimo Gramellini che scrive un editoriale sui bambini poveri che mangiano biscotti al glutine, glutammato e olio di palma, chiudendo con “Ma in che mondo viviamo? Che umanità è questa se nel 2016 si mangiano ancora biscotti al glutine, glutammato e olio di palma?”.
  • Selvaggia Lucarelli che insulta Massimo Gramellini.

Mentre ero intento in questi pensieri tristi, il Tacchino a un certo punto mi ha chiesto:

– Gintoki, tu vuoi aggiungere qualcosa?
– Ehr..no (mo mi caco)…sono d’accordo (mo mi caco) con quello che ha detto CR (momicacomomicacomomicacomomicaco)
– Ok

Qualunque cosa avesse affermato.
Per quanto mi riguarda, lei potrebbe pure aver detto I’m going to shit myself.