Mi ricordo quando nel 2019 ci fu la protesta degli allevatori sardi una delle conseguenze nell’immediato, a parte il cittadino medio che realizzò che Ohibò, quindi agricoltori e allevatori all’origine guadagnano pochi spicci? Incredibile signora mia, fu una crisi nella produzione di Pecorino Romano. Alcune persone si sollevarono scandalizzate: ma come, il pecorino, non quello qualsiasi ma proprio il romano, non si fa con latte romano?
Della lupa, immagino.
Il problema è che spesso si confondono origine e produzione/distribuzione.
Chissà come ci rimarrebbero male nello scoprire che a Mazara non ci sono gamberi o che a Tropea cittadina non si coltivano cipolle.
Queste curiosità me ne fanno venire in mente una personale.
Padre mi ha ringraziato per ben due volte, prima tramite messaggio e poi di persona (un fatto raro, dato il suo esser parsimonioso con le esternazioni) per una bottiglia di Lacryma Christi che gli abbiamo portato.
In verità, noi non ricordiamo proprio di questa bottiglia. Non escludo potremmo averla portata diverso tempo fa, ma non sono del tutto convinto.
Però io e M. ricordiamo che la sera del 24 dicembre abbiamo portato una bottiglia di Müller-Thurgau. Non l’abbiamo poi aperta perché Padre aveva esposto sullo scrittoio tutta una serie di bianchi e alla fine abbiamo scelto di accompagnare la cena con un altro vino.
Il dubbio che mi viene è che, con tutta la serie di bottiglie che ha in cantina, abbia forse fatto confusione e questo Lacryma Christi sia stato da lui comprato tempo e non si ricorda.
Ora il dubbio è: chiarire l’equivoco sull’origine del vino? E se sì, a che scopo?
Ma soprattutto: avrà poi bevuto il Müller-Thurgau? Sarà vero che lo producono nella città di Müller-Thurgau, come il pomodoro Pachino e il pistacchio di Bronte?
Mi sta accadendo di non riuscire più a dedicarmi a scrivere post qui sopra come facevo un tempo. Non che mi manchi voglia di raccontare, ma non mi riesce più di poter dedicare mezz’ora in assoluta tranquillità al blog.
Anche adesso che la febbre post terza dose mi ha dato una giornata di nullafacenza non mi riesce di articolare un discorso organico e quindi procederò più per punti.
Ho la febbre, dicevo. Il “Moderno”, come sento chiamarlo in giro – giustamente per chi le dosi precedenti le ha ricevute da altri vaccini è qualcosa di nuovo, moderno per l’appunto – si è fatto sentire. Ho scritto al medico questa mattina – vuole solo contatti Whatsapp – per avere un giorno di malattia e lei mi ha risposto di venire in ambulatorio. Chiaramente, la prassi corretta sarebbe appunto a) visita b) certificato c) comunicazione al datore di lavoro. Tralasciando però il fatto che ho la febbre quindi non dovrei spostarmi né accedere a luoghi pubblici, mi ha fatto ridere la motivazione che ha aggiunto: dato che non ci siamo mai visti – ho cambiato medico di base quest’anno – vorrebbe prima conoscermi.
Morale: prima di richiedere prestazioni invitate almeno per un caffè il vostro medico!
Il collega Rompino che ho in ufficio continua invece a non volersi vaccinare. Lui è un naturologo e da qualsiasi cosa che non sia bio e che invece puzzi di chimica se ne tiene alla larga.
Poi va a cenare in una nota paninoteca della mia città. Sicuramente come sapori sarà buona, ma io fatico sempre a credere che un posto abbia Marchigiana e/o Chianina pura da servire per 200 coperti ogni sera. Praticamente ci sarebbe bisogno di un Pianeta a parte popolato solo da bovini per soddisfare tutte le paninoteche gourmet esistenti solo qui in provincia.
A me poco interessa di cosa fa o non fa. Evito ormai con le persone argomenti come politica, religione, vaccini, schivandoli come Neo coi proiettili. Quel che vorrei invece è che lui non fosse un rompino, ma come si fa? Non sarebbe Rompino, per l’appunto.
Un esempio: dove lavoriamo non ci sono i termosifoni ma i diffusori a soffitto solo nelle stanze. I corridoi, quindi, d’inverno sono gelidi. Un giorno particolarmente freddo avevo alzato di un paio di gradi la temperatura. Lui arriva tutto imbacuccato, dal freddo esterno e lamenta di percepire un’aria calda e soffocante (strano, se non ti togli berretto, cappello e piumino). Ok, spegniamo.
Lui nel frattempo apre la finestra. Arriva una tempesta. Chiude.
Io riaccendo l’aria.
Dopo un po’ lamenta di nuovo di sentire aria opprimente. Abbasso la temperatura del riscaldamento riportandola come ai livelli soliti. Lui riapre la finestra. Arriva una grandinata. Chiude.
Infine dopo un altro po’ dice invece di sentire freddo e mi chiede allora di ri-alzare la temperatura.
Beninteso, aerare una stanza ogni tanto è importante. Magari però non mentre fuori infuriano gli elementi.
A casa, intanto, a proposito di riscaldamento, i nostri continuano a darci problemi.
Uno ha iniziato a perdere copiosamente da un punto di giunzione.
Un altro, la cui valvola era stata appena cambiata dall’idraulico inviatoci dal padrone di casa (un vero artigiano della qualità), pure ha iniziato a perdere. Dalla stessa valvola sostituita.
Ovviamente questi problemi si sono verificati la sera del 23 dicembre.
Mi ricordo quando all’IKEA M. comprò delle ciotole e io pensavo che in casa già ce ne fossero abbastanza. Adesso che le utilizziamo per raccogliere le perdite, mi sembrano poche.
Mai mettere in dubbio la saggezza e la lungimiranza femminile.
Sono tornato dall’osteopata/fisioterapista dopo due mesi di stop dopo l’intervento. Con le piscine ancora chiuse e la noia che mi prende nel fare esercizio da solo a casa, sentivo il bisogno di una supervisione di un esperto per praticare un po’ di attività a corpo libero.
Anche perché il motivo per cui sono andato dal fisioterapista la prima volta è che durante il lockdown generale nel fare esercizio da solo mi sono incriccato il trapezio.
Mi ha rimproverato di essere risalito in bici dopo soli 40 giorni dall’operazione. Secondo lui è troppo presto e le sollecitazioni sulla zona interessata non sono indicate in questa fase.
Riconosco il suo parere di esperto anche se, confesso, non ho intenzione di seguirlo, seguitando a salire in bici.
L’osteopata/fisioterapista è un professionista che lavora bene, ma il suo approccio olistico non mi si confà in pieno. Per dire, alla prima visita posturale mi esaminò anche i tatuaggi perché a suo dire minano l’equilibrio corporeo. Magari è pure vero, eh.
Avrei voluto commentare che ci sono state anche altri tipi di sollecitazioni nella zona interessata e avrei voluto chiedere che tipo di implicazioni avrebbero, ma sono sempre molto riservato e timido sull’argomento sessuale con gli estranei – pur se professionisti – e i non estranei e gli estranei non binary (che sono quelli che non riconosco né come estranei né come non estranei).
Ricordo quando parlai la prima volta con il chirurgo che mi avrebbe poi operato. C’era anche M. con me. Io gli stavo facendo alcune domande generiche sui tempi di recupero e il ritorno alla normalità.
Poi M. tagliò corto chiedendo: «Sì, per quanto riguarda la riprese di attività ludico-sessuali?».
Che è una domanda più che legittima e tecnicamente medica, ma così all’improvviso non me l’aspettavo.
Così come sono più restìo a parlare del mio privato in pubblico, sono molto pubblico qui su questo spazio privato, giacché qui posso vestire i panni dell’esperto.
Salve, mi presento, Dott. Gintoki, Piacerologo. Mi sono dottorato con una tesi dal titolo Piacer figlio d’affanno? Siamo sicuri non sia un figlio illegittimo?.
All’epoca ancora non avevo esaminato tutte le potenzialità di una persona come M..
Mi piacerebbe tanto ora millantare mie grandi capacità amatorie tal da consentire le manifestazioni fisiche che descrivo di seguito, ma credo semplicemente che sia lei, così poliedrica e frizzante, a offrire di sua sponte vario materiale di osservazione e studio in merito.
Detto in soldoni: il soggetto di studio – giacché questa è una ricerca scientifica per il mio prossimo libro, dal titolo Perché rompere il cazzo agli altri invece di utilizzarlo (il cazzo)? – conosce il soddisfacimento sotto aspetti diversi, che esterna senza tabù.
Ad esempio, una volta all’apice aveva assunto un’espressione, con un occhio girato all’insù e uno socchiuso, che mi ricordava qualcosa. Appurato che non fosse un principio di emorragia cerebrale, ho ripensato ai miei ricordi cinematografici e mi è venuta in mente Brigitte Helm in Metropolis:
Un’altra volta invece, al culmine, ha avuto uno sfogo così rabbioso che pensai stesse per impersonare Tony Montana.
E un’altra volta ancora si ritrovò in stile Esorcista a fare il ponte all’indietro. Non so se dovrei etichettarlo sotto i “cinematografici” o sotto quelli “possessione demoniaca”.
Sono invidioso e ammirato, invero. E anche curioso.
Sto pensando a quali altri riferimenti cinematografici ci si potrebbe ispirare:
– Psycho: un urlo alla Janet Leigh sotto la doccia. Occorrerà poi prepararsi all’arrivo della polizia che qualcuno sicuramente chiamerà.
– Il Signore degli Anelli: un bel sibilante Tesssssoro!.
– L’avvocato del Diavolo: incoraggiare al grido di «Si! Dacci sotto, vai figliolo! Coraggio, molto bene, tienila stretta questa furia, vai!»
La scena in cui Keanu Revees/Kevin Lomax spara inutilmente ad Al Pacino/Satana.
– Full Metal Jacket: nel caso il partner rischi di “anticiparsi”, sottolineare la cosa, con disappunto, con la battuta «Ma Cristo di un Dio, ma cosa fai, stai venendo?».
Riferita alla scena dell’addestramento massacrante cui viene sottoposto il soldato Palla di Lardo.
– Il Padrino: «Che ti fici mai per meritare questa mancanza di rispetto?» Questa la utilizzerei in caso di orgasmo mancato.
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.