Non è che l’imbianchino abbia la sindrome del color irritabile

Mi sono ricominciati gli spasmi allo stomaco. È da una settimana che vanno avanti.

Cause: Poco sonno. Fumo. Preparare un test e un discorso in inglese. Ansia. Quella per il colloquio inoltre era una premura inutile, perché, come ho raccontato, ha parlato per tutto il tempo la Dott.ssa Comesfromthesea. Ora l’attesa di un responso per ciò che concerne l’esito non mi aiuta a rilassarmi.

Non saprei che direzione prendere se fosse andato male. Le alternative che ho non sono a una portata logistica accettabile. Ho il terrore di aver imboccato un percorso di vita non percorribile. Ora non potrei permettermi di andare 6 mesi in Perù per un progetto sulla foresta amazzonica e abbandonare qui la famiglia.

Ogni volta che, mentre sono a Roma, sento Madre al telefono, sembra che a casa stia andando tutto a rotoli. Poi torno giù e sembra tutto a posto. Stanno tutti meglio di me che invece ho perso altri due kg e ora ballo sui 70.


Forse sto facendo una dieta troppo povera. Pezzente, direi.


In verità non va proprio tutto bene: Padre è un mese che ha dei problemi articolari seri, ci sono giorni che si sveglia – ammesso che il dolore lo faccia dormire – e non può alzarsi dal letto perché non riesce. Un infortunio calcistico di trent’anni fa non curato come si deve oggi lo ha praticamente portato ad avere le cartilagini di ginocchio e bacino distrutte. Si riempie di antidolorifici come Dr. House. Padre ha sempre un rapporto un po’ insano coi medicinali: li assume come caramelle. Se l’eroina fosse legale penso utilizzerebbe anche quella.

In virtù di ciò Madre si alza alle 6 di mattina, prepara il pranzo, deve badare ai gatti, va al lavoro, torna e deve badare a gatti, genitori anziani, Padre e a volte pure una zia cui ogni tanto viene la sindrome dell’abbandono – abita a 10 metri da casa – e quindi rompe. A ciò aggiungiamo che lei ha dolori cronici alla schiena.

Come si fa a pensare in queste condizioni di abbandonare tutto sulle spalle degli altri?

Poi succede che torno a casa, devo aiutarli a fare la spesa e Padre arzillo e scattante viene con me, si mette anche alla guida e nel supermercato debbo essere più lesto di lui a sottrargli le casse dell’acqua prima che le raccolga.


Salvo poi la sera stessa lamentarsi perché dolorante.


Secondo Tutor non dovrei farmi tutti questi problemi: devo vivere la mia vita, gli altri hanno la loro. Forse ha ragione. O forse no.

Vorrei discuterne meglio con lei, avendo i miei stessi problemi, e non farlo solo in quelle brevi pause che mi prendo per nascondermi nel suo ufficio. Penso alla fine di essermi convinto a chiederle di uscire. O almeno credo. Non ho ancora capito se in questo periodo ho voglia realmente di uscire con qualcuna oppure ho voglia di starmene completamente da solo a macerare immerso nei miei pensieri. Oppure a Macerata immerso nei miei pensieri.

L’altro ieri, in una sera di sconforto e stordimento psicotropo, ho cercato su Google il nickname che la mia ex ex (ex al quadrato) utilizzava anni fa su un forum. Ho scoperto che lo utilizza ancora o almeno lo ha utilizzato di recente e che è sparsa in vari posti: ha un blog fotografico su tublrm, tumlrb, trublm, brumtl, insomma quella cosa hipster; poi recensisce trucchi, pubblica ricette. Mi sembra così diversa. In realtà è sempre la stessa con più o meno gli stessi interessi, ma mi sembra di non conoscerla più. In effetti, tre anni sono tanti. Si può cambiare.

Anche io, del resto, sono cambiato.

Sono diventato completamente intollerante al latte, ad esempio. Anche quello ad alta digeribilità ora mi dà fastidio. Sono passato a quelli vegetali, ma non ne sono molto soddisfatto. Quelli di riso e avena li trovo stucchevoli, mentre quello di soia, dopo alcuni mesi di tolleranza, oggi lo trovo nauseante. Sa di fagiolino (che scoperta: la soia è un legume) e puzza. Anche il frigorifero puzza di fagiolino una volta aperta la confezione, pure i rigurgiti esofagei sanno di fagiolino e io non ce la faccio più: mortacci soia e dei fagiolini.

Non digerisco più, inoltre, la gente che parla di politica con quell’irritante qualunquismo traboccante della saccenza di chi ha una cultura fatta di Wikipedia e Le Iene e che non vede l’ora di lamentarsi con te, come se un essere umano non avesse altro da fare che stare lì ad ascoltare i loro comizi. Pur potendo anche concordare con alcune considerazioni, ciò che fatico ad accettare è il sentir parlare dei politici come se fossero un popolo di alieni che un giorno all’improvviso è apparso e ci ha invaso, rovinando un Paese onesto, lavoratore e incorruttibile (!).


Immagino il film: Election Day, con il Will Smith italiano, Carlo Conti, che dopo il televoto del pubblico a casa verrà inviato in missione sull’astronave-madre dei Politici.


Anche se osservando alcuni esemplari Buonanno fatico a credere facciano parte della specie umana.


Ci riflettevo giusto l’altro giorno in treno, quando accanto a me un giuovine dall’aria Ibiza-sole-figa e sei in pole position!* raccontava a un suo anziano collega come aveva fregato dei perfidi inglesi. Diceva che, mentre era in vacanza a Londra, una sera in un locale un cameriere distratto gli aveva versato addosso un cocktail rovinandogli una camicia. Lui prontamente aveva scattato una foto a testimonianza del fattaccio, e, il giorno dopo, aveva scritto una mail ai gestori del locale. Nel testo diceva che era un loro affezionatissimo cliente (falso) e che la goffaggine di un loro cameriere gli aveva rovinato un capo di alta sartoria italiana (una camicia OVS…), del valore di 400 euro (90), cui era anche legato affettivamente (falso anche questo, come si vantava di precisare al collega).

I proprietari gli avevano immediatamente risposto, scusandosi e chiedendogli gli estremi per fargli avere un rimborso. Dopo tre giorni sul conto lui si era trovato 200 sterline.

Ecco, costui riflette bene la mentalità arraffona, volgarotta, ignorante e imbrogliona dell’italiano da dito medio. Ma forse sono stati i politici venuti dall’iperspazio ad averci dato cattivi esempi.


Perché in questo blog non si guardano solo Tarkovskij o Truffaut: ci sono altri grandi riferimenti cinematografici:


Per concludere il riassunto di questa settimana, vorrei citare infine un episodio accaduto ieri mattina.

Mentre ero a Termini, in attesa che un ritardo partorisse un treno, osservandomi i pollici per capire se la ricrescita della pelle intorno le unghie fosse sufficiente per ricominciare a mangiarla, mi viene incontro un tizio. 60 anni circa, trascinando un carrellino di quelli che le sciure utilizzano per fare la spesa al mercato, con un sorriso inquietante mi si pianta davanti e fa: Permette? Sono un poeta fiorentino!

Io, senza una smorfia che tradisse la menzogna, rispondo: I’m sorry, I don’t speak italian. E lui si scusa e se ne va.

Dopo mi è dispiaciuto, perché chissà cosa avrebbe potuto raccontarmi un poeta fiorentino e chissà cosa mi sono perso. Ma ho deciso che di fare conversazione con persone strane mi sento un po’ saturo.

Già debbo guardare me stesso ogni giorno allo specchio, al mattino.

Non è che si chiamano “rifiuti” perché vuol dire che tu non ne vuoi più saperne

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Cosa rappresenta questa foto? Una pattumiera piena?
Errato.
Questo è il “Bentornato Gin-chan” che mi aspetta ogni sera, perché qualcuna, qualcuna che durante la giornata ha mangiato tortellini Rana e tutta un’altra serie di cose che sono l’equivalente in kcal del fabbisogno di tre persone, una volta che il sacchetto è pieno non si prende la briga di gettarlo.

Ho provato con la resistenza passiva la settimana scorsa, lasciando il sacchetto lì come stava, tanto io di rifiuti ne produco pochi: utilizzo molte cose prive di imballaggi. Il cartone vuoto del latte, l’unica cosa che avrei dovuto gettare, l’ho lasciato in frigo di proposito.

Dopo due giorni in cui il sacchetto è rimasto lì, pieno (anche se la roba al suo interno continuava ad aumentare, tanto da far raggiungere alla busta la densità di una nana bianca*), al terzo giorno, come predetto dalle Scritture, ha preso vita ed è andato a gettarsi da solo. O meglio, l’ha gettato Coinquilino, che è presenza sempre più evanescente in casa.


* Una nana bianca non è una donna caucasica bassa: è una stella di ridotte dimensioni (su scala stellare, ovviamente) ma dalla straordinaria compattezza e densità. Insomma è come fare l’amore in una vecchia 500: lì dentro si sta come in una nana bianca.


Ieri, dopo aver invocato la solita divinità egizia a cui mi rivolgo nei momenti d’ira, sono andato da lei sfondando la porta come Walker il Texas Ranger, dicendo: Vieni un po’ qua, vieni. Senti un po’, amante della Muraglia: ma per caso al Paese tuo la spazzatura ve la tenete in casa e la vegliate senza toccarla come fosse un caro defunto? No perché se vuoi ti piazzo un tabernacolo davanti e due candele e abbiamo fatto l’angolo votivo.

Questo è quello che la divinità egizia mi aveva suggerito di fare. Poi il Dalai Lama che è in me mi ha preso per mano, mi ha fatto bussare la porta e mi ha fatto spiegare ad Astro Nascente che la spazzatura, ogni tanto, si porta fuori.


Ho dovuto portarla davanti al bidone e, indicandolo, dire “Questo, se pieno, si porta fuori”. Non mi sono azzardato a dirglielo in inglese perché, seppur lei mi avesse detto che lo capiva meglio dell’italiano, quando arrivò in casa la prima volta e le chiesi “Where do you come from?” lei mi rispose “Grazie!”.


La sua risposta è stata:
– Aaaah, sì sì capito, grazie, grazie mille.

“Capito”? “Grazie mille”?

Avrei voluto rispondere così, ma il Dalai Lama mi stava ancora osservando, così ho ringraziato anche io e l’ho congedata.

La prossima volta ascolto Anubi.

Se ti piace al buio, ecco un post a luci rotte (ma tieniti le mutande)

Ho assistito per giorni al processo di mummificazione di un limone, lasciato da Coinquilino sul tavolo da cucina dopo averne grattugiato la buccia.

Ogni mattina mi siedevo davanti al limone chiedendomi “Lo getterà? O sta tentando di ricreare la scoperta della penicillina?”. Poi ho ceduto io e l’ho depositato nella spazzatura dopo aver sognato che una muffa intelligente mi infettava il cervello trasformandomi in uno zombie. Lo sapevo che prima o poi giocare a The Last of Us mi avrebbe fatto male.

Lo stesso tavolo ho scoperto fosse visitato da delle formiche esploratrici. Come faccio a sapere che fossero esploratrici? Beh, si aggiravano singolarmente come a cercar qualcosa e poi una mi ha visto e ha esclamato “Il Dottor Livingstone, suppongo?”.

Ne ho uccise tre la settimana scorsa, prima di partire per il week end. Sono tornato e ho visto che sono aumentate. Mi chiedo se Coinquilino se ne sia accorto. Ho preferito provvedere io: esistono molti metodi naturali per liberarsi delle formiche, chi più chi meno efficace ma a impatto ecologico zero e facilmente creabili con cose che si trovano in ogni casa.

Pertanto, utilizzateli.
Io non avendo tempo ho preso il Baygon (sponsor time!) dallo sgabuzzino e ho spruzzato di polvere le vie di accesso dal giardino.

Intanto la luce del piano cucina è morta. Suppongo che se la lasciassi così al mio ritorno dopo il ponte del 1° la ritroverei nelle medesime condizioni. È incredibile come ci si accorga dell’utilità di qualcosa solo quando questa non c’è. Speriamo se ne accorga anche Coinquilino e provveda. Oppure magari gli piace cucinare senza riuscire a vedere l’interno della pentola.

Infine, ieri, sempre in cucina sono stato protagonista di un episodio leggermente imbarazzante.

Apro il frigo per prendere il latte, butto uno sguardo fuori e vedo, proprio sulla soglia della porta che dà sul giardino, un paio di mutande da donna. Mi sporgo, guardo su e vedo che la signora del piano di sopra aveva steso i panni, quindi le saran cadute. Beh – ho pensato – si affaccerà e quando se ne accorgerà richiamerà l’attenzione per riprendersele.

Mentre facevo colazione ha ripreso a diluviare e la signora non si affacciava, le mutande eran ancora lì e l’acqua intanto trascinava il terriccio delle piante verso di loro e ciò mi dava molto fastidio. Mi irrita che cose altrui stiano nei miei spazi, poi mi dà ancor più fastidio che le cose si sporchino.

Ho pensato “Gliele metto da parte in un sacchetto”, ma qui si poneva il problema: se mentre le raccoglievo si fosse affacciata lei o qualcun altro? Che cosa avrebbe pensato vedendo uno che raccoglie delle mutande da donna? Quindi son rimasto col braccio bloccato, finché ho realizzato che fosse molto più strano vedere una persona col braccio bloccato e la mano aperta sopra un paio di mutande come se stesse tentando un’incantesimo o un’evocazione, così gliele ho raccolte e gettate in una busta. 10 minuti dopo sento armeggiare al piano di sopra, esco, vedo la signora e le dico, molto timidamente:
– Mi scusi…credo le sia caduto un capo di biancheria…
– Uh! Mi scusi, vengo giù!

E così il prezioso reperto è tornato in salvo, come nelle migliori pubblicità dell’Amaro Montenegro.

Son quasi certo che un film porno iniziasse in questo modo, purtroppo qui al piano di sopra non abita Sasha Grey.

“Ma guarda che sbadata, ho perso le mie mutande!”