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Non è che la falsa somiglianza madre-figlia sia complicità in reato di Freud

Posted by Gintoki

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Oggi ho conosciuto la madre di CR. È passata in ufficio da noi.

Sono rimasto sorpreso dall’incredibile somiglianza tra le due. Mi hanno sempre incuriosito quelle coppie madre-figlia dove la prima tende ad assomigliare alla seconda, accentuando la cosa imitando stile, trucco, acconciature. O forse è la figlia che tende a imitare la madre. O forse è una convergenza spontanea e naturale verso l’assottigliamento della barriera generazionale. Non ho mai capito come funzioni la cosa.


Beninteso, non è che una madre debba vestirsi come una nonna, non si parla di questo. Il discorso verte su quella che è una ricercata somiglianza estetica che enfatizza/estremizza ciò che la genetica ha posto nei tratti somatici.


Non è una cosa che sento mi debba riguardare – credo si tratti di accoppiate felici, o almeno spero – ma un’osservazione l’ho fatta lo stesso. Ho notato che le figlie con una madre amica/sorella/imitatrice tendono a essere più competitive delle altre donne. Spesso è la madre stessa che le pungola come un addestratore di dobermann da combattimento.


Non dimenticherò mai la prima volta che vidi a scuola la madre di una mia compagna di classe. A parte lo shock perché pensavo fosse la sorella maggiore, rimasi colpito da come fosse più stizzosa e nevrotica della figlia. Tratti caratteriali accentuati sicuramente dal torto subìto dalla sua epigona, che aveva ricevuto un voto inferiore a quello di una compagna, sgarbo che richiedeva una spiegazione (o forse un regolamento di conti).


La seconda cosa che ho notato, probabilmente connessa alla prima, è che questo tipo di ragazza tende a essere ipercritica ed esigente.

Che si tratti di un travaso del peso del rapporto con la madre verso gli altri rapporti?
Vorrei aver studiato psicologia per potere sparare una sentenza.


Non mi ricordo chi diceva che gli psicologi hanno una grande sfiga: non possono vedere il loro oggetto di studio. Un archeologo può vedere un reperto Maya. Un medico può vedere un corpo. Un politologo può vedere un politico anche se non sempre, dipende dalla percentuale di assenteismo. Uno psicologo non può vedere una mente.


Essendo io figlio maschio e con dei non risolti conflitti con la propria di madre, non sono in grado di comprendere questo fenomeno.

La mia cultura sull’argomento consta, oltre che di osservazioni di soggetti da me conosciuti, della visione di materiale didattico quale Gilmore Girls anni addietro.

La domanda sorge spontanea: guardavi Gilmore Girls?
La risposta è Ni. A casa i miei lo guardavano e ogni tanto buttavo un occhio anche io quando compariva il protagonista maschile, perché mi era simpatico: grezzo, scorbutico, sempre con camicie a quadri indosso e proprietario di un pick up. È il genere di 40enne che spero di diventare un giorno.

Mi manca solo il pick up e spero che per allora avrò i soldi per comprarne uno.


Chi storce il naso dovrebbe pensare alla versatile funzionalità di un pick up. Ad esempio è utile per trasportare i figli: basta metterli nel cassone dove potranno muoversi e fare casino lasciando guidatore e passeggero anteriore tranquilli.


E ora, in stile Intervallo della RAI (qui si può ascoltare il file audio), una carrellata di camicie a quadri direttamente da Gilmore Girls.

Inviato su Io e...l'assurdo mondo degli umani

Tag archeologo, camicie a quadri, compagna, compagna di classe, corpo, CR, Donne, figli, figlia, figlie, file audio, Gilmore Girls, Intervallo della RAI, Madre, medico, mente, nonna, politico, politologo, protagonista, psicologo, ragazza, RAI, soldi, sorella maggiore, ufficio

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Il godimento di me stesso viene turbato dall'idea che io ho di dover servire ad un altro, di aver degli obblighi verso quest'altro, di esser chiamato a sacrificarmi a lui, a dimostrargli abnegazione o entusiamo. Ebbene, se io non sono più servo di nessuna idea, di nessun ente supremo, è ovvio che io non sarò più servo di alcun uomo, ma tutt'al più di me stesso. in tal modo però io sono, non soltanto nel fatto, ma anche nella mia coscienza, l'unico.

[Max Stirner - L'Unico]

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