Le Universiadi di Napoli si sono concluse. Ieri si è tenuta la cerimonia di chiusura. Ho già nostalgia. Prendervi parte è stata un’esperienza bellissima e chissà se mi ricapiterà qualcosa di simile.
Perché le cose belle devono essere brevi e aver fine? Dovrebbe avvenire ciò per le cose orribili. Ad esempio, l’ultima stagione di Game of Thrones è stata un vero schifo, ma per fortuna è stata corta: così dovrebbe essere per tutto.
In ogni caso, in questo evento che ha distribuito tante medaglie, voglio anche io fare delle mie premiazioni e quindi ho qui pronta una lista di premi creati ad hoc per le Universiadi.
– Premio Rattuso d’oro
Ai commentatori RAI della Cerimonia di apertura, che alla vista di Erikah Seyama, atleta del Regno di Eswatini, sono stati folgorati dalla sua bellezza e per la successiva mezz’ora non hanno parlato d’altro.
Consegna il premio: Valentina Nappi
– Premio Arpagone
A chi ha fornito le divise per noi Volontari. I vari loghi e stemmi sulle magliette dovevano essere dei trasferelli o delle decalcomanie comprate nelle bustine in edicola, perché dopo il primo bagno in acqua della maglia – necessario, visto che il sintetico si impregna di odore di umanità – hanno cominciato a decomporsi.
Consegna il premio: Zio Paperone
– Premio Simpatia
A una accompagnatrice della squadra USA di pallanuoto, una italiana che durante la finale maschile Italia – Stati Uniti è venuta a chiederci di parlare con lo speaker per invitare il pubblico a non fischiare quando attaccava la squadra statunitense. Piccola parentesi: sui modi di tifare del pubblico sospendo il giudizio, quel che penso è che finché non si scade nell’offesa, nell’ingiuria e che a fine incontro si tributa il giusto riconoscimento a entrambe le squadre, per me va anche bene cercare di intimorire l’avversario quando attacca. Lasciamo perdere gli esempi del calcio, ma nel basket e nella pallanuoto è cosa normale. Quando le abbiamo detto che 1) dev’essere l’arbitro casomai a decidere se richiamare all’ordine per intemperanze, 2) non si trattava di offese e ingiurie, la tizia se ne è andata mandandoci a fare in culo.
Consegna il premio: Vittorio Sgarbi
– Premio Super Saiyan
All’allenatore della nazionale ungherese femminile di pallanuoto, che in finale, ahinoi, ha battuto l’Italia. Espulso per intemperanze e beccato dagli italiani del pubblico, ha reagito ai loro Scemo! Scemo! facendogli il Goku che si trasforma in Super Saiyan
urlando qualcosa in ungherese che non ho capito, ma credo di non andare lontano dalla verità se dico che sarà stato un Puppatemi la fava.
Consegna il premio: Junior
– Premio Meglio Vestito
Non c’è manco bisogno di dirlo:
Mi consegna il premio che accetto con piacere: Tom Selleck aka Magnum IV.
Il modo migliore per concludere l’anno è passare in rassegna l’elenco di persone strane che ho avuto modo di incontrare o con cui ho avuto a che fare nel corso del 2015.
Mi sono reso conto che in giro c’è molta gente esaurita. E, se Tantum mi dà Tantum – come disse la ragazza con un’infezione intima – chissà io chi debbo aspettarmi nel 2016!
10 – Lilla
Lilla non l’ho ancora introdotta, ma è una che lavora dove sto io a Budapest.
Si chiama appunto Lilla, non è un mio soprannome.
Se non ne ho scritto sinora un motivo c’è: non parla. Mai.
Ha il viso di ghiaccio. Non muove un muscolo facciale, forse non respira neanche. Una volta l’ho vista mangiare, quindi credo non sia un robot. È una giovane donna (penso non superi i 25) che ha l’aspetto e il fisico di una modella e veste sempre molto elegante e raffinata.
Non saprei che altro dire, perché in ufficio è praticamente presenza invisibile.
Però ha un’ottima resistenza alcolica. Alla cena di Natale l’ho vista buttar giù 6 bicchieri di rosso e due di palinka (la grappa locale) senza perdere un grammo di aplomb. Complimenti.
E quando dico bicchieri di grappa, intendo proprio bicchieri interi: non i cicchettini.
9 – L’ingegnera
22 dicembre, ore 21. Faccio scalo a Roma. Volo per Napoli.
Di fianco sull’aereo ho una donna che, dopo avermi chiesto l’ora e aver commentato con stupore che il mezzo avesse ben 200 posti (e a prova di ciò mi ha anche mostrato una pagina della rivista di bordo in cui erano elencate le specifiche tecniche dei velivoli della flotta: timore magari che non le credessi?!), attacca a fare conversazione.
Una persona interessante, che, come mi ha raccontato, girava il mondo per supervisionare impianti petroliferi.
Mentre le parlavo dei miei viaggi cominciò però a inquietarmi, perché mi fissava con gli occhi sbarrati e spalancati e una strana espressione di meraviglia. Tanto che non riuscivo a guardarla in faccia e non capivo il perché. Tornato a casa, ho avuto un’illuminazione. La sua espressione, che il Dio dei gatti mi fulmini se mento, era identica a questa:
Una ragazza sorpresa dallo scoprire che un aereo abbia ben 200 posti
8 – Il poeta Fiorentino Ottobre.
Alla stazione Termini mi viene incontro un tizio sulla sessantina, tutto gioviale e sorridente. Trascinando un carrellino di quelli che le sciure utilizzano per fare la spesa al mercato, con un ampio sorriso mi si pianta davanti e fa:
– Permette? Sono un poeta fiorentino!
Io rispondo I’m sorry, I don’t speak italian.
7 – L’Affarista Fiorentino Giugno.
Metto in vendita un lettore mp3 su Subito.it. Mi scrive un tizio dicendosi interessato chiedendomi il prezzo senza spedizione (non era prevista alcuna spedizione, comunque!). Poi mi chiama.
– Tu sei a Roma, giusto? (chiedo)
– No, sono a Firenze
– Scusami, come fai col ritiro? Perché mi hai poi chiesto il prezzo senza spedizione
– No tranquillo poi vedo di organizzarmi (che vuol dire?)
– In che sei laureato? (prosegue)
– Scienze Politiche (ma che ti frega?)
– E com’è questa politi’a? Un gran ‘asino, eh?
– Penso che in Italia sia difficile governare e far politica perché ci sono molte linee di frattura e particolarismi
– E ‘he ne pensi del mio ‘oncittadino, eh?
– Il superamento dei particolarismi rende difficile la pratica di governo, quindi a prescindere dal personaggio l’Italia è un Paese difficile
Una cosa che ho imparato è che la gente non ti ascolta, quindi basta fingere di dire qualcosa con tono saccente e autorevole, come già ho ampiamente dimostrato in passato e come ho intenzione di continuare a fare in futuro.
– Eh ma sai quale è la verità? La gente s’è rotta i ‘oglioni, scusa la parola, ma perché vedi in tempi di crisi non poi mi’a fa’ chiacchiere, prendi pure la ‘osa degli immigrati, se non c’ho soldi mi dici te ‘ome si fa a mantenerli? Qua non c’è lavoro per gli italiani, ma fi’urati te per gli immigrati
– Purtroppo sono processi lunghi che necessitano di valutazioni che al momento il dibattito politico anche a livello europeo sembra non concedere
– Eh se parliamo dell’Europa ti mando giù la batteria del cellulare. Va bene, ‘scolta ti fo’ sapere domani o al più tardi tra due giorni, va bene?
– Va bene
– Allora a presto, tante ‘are ‘ose e buon tutto
– Grazie, anche a te.
Una delle invenzioni più utili dopo il deodorante.
6 – Lo Studente Per qualche tempo ho dato ripetizioni a un ragazzo del liceo. Uno che temo che da adulto si darà all’alcolismo. Oppure sposerà una donna che lo tiranneggerà.
Sua madre, infatti, lo tratta come un perfetto incapace.
Ricordo dopo la prima lezione, quando ci accordammo per la seconda:
– Quindi lei quando è libero?
– Io fino a domenica son qui.
– Allora potremmo fare venerdì. Oppure sabato, che dici, T. (rivolta al ragazzo)?
– … (il ragazzo fissa il vuoto)
– Allora va benissimo, facciamo venerdì. Ma lei è libero anche di mattina?
– Venerdì sì.
– Allora potremmo fare venerdì mattina che è festa a scuola. Va bene, vero, T.?
– …(il ragazzo fissa di nuovo il vuoto ma non si sa se è lo stesso di prima o ha trovato un altro vuoto da contemplare)
– Va bene, allora venerdì alle 10:30. Poi ci penso io a svegliarlo e farlo stare in piedi.
Il povero T. all’università vuole studiare lingue, ma in famiglia non sono convinti.
Interpellato sull’argomento, io risposi che con le lingue si può lavorare in vari ambiti, certo è importante sapersi vendere. Madre Sua disse:
– Eh, appunto…(facendo davanti a lui con la mano un gesto come a dire “purtroppo lui è quel che è”).
Se copia il compito e si fa sgamare, la madre lo rimprovera due volte: per aver copiato e perché è così fesso da essersi fatto scoprire.
5 – Il Seduttore
Ottobre, Roma.
A via dei Fori richiama la mia attenzione un ragazzo ben vestito, con i capelli da Goku e oro che spuntava un po’ dovunque, chiedendomi aiuto per una foto con i Mercati di Traiano sullo sfondo. Ce ne sono volute una decina, perché o erano troppo scure o troppo luminose o passava qualcuno.
Durante i tentativi scambia qualche parola con me e mi racconta di lui. Poi fa:
– Ieri sono stato con un’asiatica, da urlo, amico. Però io voglio divertirmi e fare esperienze: oggi voglio proprio cosare un coso. Sai dove posso andare stasera per cosare un coso?
– Non ho idea perché non sono mai andato in cerca di cosi da cosare
– Dovresti provare
– No amico (ridendo), preferisco le donne
– Certo, anche io. Ma poi ho scoperto che provando cambia tutto. Un uomo sa meglio di una donna cosa piace a un altro uomo (abbassa gli occhi verso la mia cintura)
– Sarà anche così, ma…
– Non vorresti provare? (mi interrompe)…Sai, io ho proprio tanta voglia di cosare un coso (abbassa di nuovo gli occhi)
– Mi dispiace, senti ho l’autobus che mi parte.
“Ha un ritardo ma non è in gravidanza, cos’è? Un autobus di Roma”
4 – L’Enigmista
Lo citai in questo post.
Novembre.
Sull’autobus sale un tale che sembra Edward Nygma 10 anni più vecchio. Ha anche gli stessi occhiali. Si siede davanti a me. Ha degli atteggiamenti ansiogeni: si tiene le mani nervosamente, guarda fuori con aria preoccupata.
A un certo punto, con accento barese, mi chiede:
– Scusi, sa…se questo autobus ferma in qualche posto…
– Come?
– Se si ferma in un qualche posto…un deposito…cioè un posto…
– Al capolinea?
– Sì! Al capolinea!
– Certo, arriva sino alla Stazione San Pietro
– Ok, grazie.
– Però non è un deposito di autobus – preciso – cioè è uno spiazzale e basta, eh
– Sì sì, sta comunque fermo 2-3 minuti e poi dopo riparte, vero?
– Sì, certo
– Grazie (appare tranquillizzato).
– Sa, io sono a Roma a cercare lavoro e casa (aggiunge)
– Ah (non te l’ho chiesto. E li cerchi ai capolinea?)
– Ma non è facile, sa
– Eh, lo so.
Uno dei motivi per cui potrei ritenermi un disadattato è che fatico ad abituarmi ai comportamenti umani. Elencherò una seria di esempi per dare l’idea di ciò che intendo.
I miei vicini di casa, una coppia sposata che non ci saluta mai e quando ci incontrano o si girano dall’altra parte o cambiano percorso, al funerale di mia nonna si presentano e si avvicinano a darmi le condoglianze. Si potrebbe dire che fare le condoglianze sia un atto di umanità da non negare a nessuno, ma se dal giorno dopo riprendi a cambiare strada quando mi incroci, di quale umanità ti ammanti?
Ho apprezzato di più la coerenza di un’altra vicina, che praticamente quando mi vede fugge. Proprio così. Sta stendendo il bucato oppure potando delle rose, vede scendere in giardino me o mio padre e puff! scompare più veloce di Goku col suo teletrasporto. Al funerale si è presentata, ha salutato solo mia madre e poi puff! è svanita. Qualcuno potrebbe giustamente chiedersi cosa io le abbia fatto per traumatizzarla, se la spiassi col binocolo o le rubassi la biancheria*; la risposta è no, non le ho mai fatto nulla. Però sono tentato di cominciare a farlo, così, giusto perché sono un sadico. * Che poi figuriamoci, è una zitella over 40: fosse stata una procace ventenne, allora sì! Ehm ehm
In tema di atteggiamenti irritanti, chi mi legge avrà notato la mia idiosincrasia per le domande inutili. Fin quando le pongono a un colloquio si fa buon viso a cattivo gioco, ma se arriva un conoscente noto per il suo essere impiccione a fartele, è dura mantenere un atteggiamento zen.
Nel caso specifico, una persona che conosco perché vi ho lavorato insieme in passato mi contattò su Facebook mentre ero in Giappone. Mi fa: O japponé Ma ogni tanto te ne vai Così
Avrei dovuto già evitare di rispondere perché sapevo a cosa andavo incontro, ma per educazione replico in maniera generica e distaccata: Ogni tanto ci vuole Mi piace vedere, conoscere
Lui Te la fai con la gente coi soldi (eh?) Bravo Comunque per il lavoro non è buono il Giappone (doppio “eh?”) Brasile, India, Cina, queste Il prossimo anno ti consiglio il Brasile
Nella mia testa ringrazio per il consiglio non richiesto, chiedendomi cosa mai gli faccia pensare che stia lì per lavoro. Non pago, insiste: Ma così all’improvviso, te ne vai in Giappone
Io qua avrei dovuto chiudere la conversazione con un bel silenzio, invece provo a troncare con un commento lapidario: Sì Si vive una volta sola, bisogna cogliere le occasioni
Lui: Perché colte, sai di morire
Ho smesso di rispondere.
Non contento, appena sono tornato mi contatta scrivendomi Allora quando riparti x una nuova avventura? Nn ce nessuno che va da qualche parte…cosi ti aggreghi? La vita e breve
Mi son fatto una grattata, ho pregato per la grammatica estinta e ho chiuso la pagina senza rispondere.
Parlando di socialità digitale, un pensiero lo voglio dedicare agli haters. Non parlo di quelli che passano il tempo a insultare le ragazzine sotto i video di Justin Bieber: per quanto li comprenda benissimo, mi chiedo perché non si trovino altro da fare. Io odio con tutto il cuore la musica di Lady Gaga (per quanto debbo ammettere che non so per quale motivo lei mi fa sesso, ma proprio da unghiate sulla schiena) e semplicemente salto a piè pari i suggerimenti su Spotify e Youtube, non mi metto certo a commentare per dire quanto mi faccia schifo. Vorrei concentrarmi, invece, su un’altra categoria, che comprende i commentatori delle notizie dei quotidiani online. Quelli che replicano a un articolo su una donna stuprata con un “Ben le sta”, “La prossima volta impara”, “Se le è andata a cercare”; quelli che, di fronte a dei finanziamenti per una categoria di disoccupati, rispondono con un “Perché dovrei pagare questi fannulloni”, “Si cercassero un lavoro da soli”; quelli che augurano la morte a Bersani. Che, vorrei dire, neanche a me sta politicamente simpatico, ma che la sua vita abbia meno valore di quella di uno stupratore nella testa di tali individui, me lo devono spiegare.
Quando li leggo mi viene da chiedermi se la gente sia così stupida anche nel mondo reale oppure se sia internet a innalzare il livello di stupidità globale. Oppure, ancora, se è un modo per farsi notare con un atteggiamento di dubbia originalità e provocatorietà. E in quest’ultimo caso, a che pro, mi chiedo.
Per concludere l’excursus sul virtuale, una menzione va ai nostalgici. Quelli che sentono il bisogno di condividere quanto fosse bello dire a una ragazza carina “mi dai il tuo numero?” invece di “ti posso aggiungere su Facebook?”, sentirsi per telefono invece che su WhatsApp, uscire per una passeggiata invece che stare davanti al computer, a tavola parlare con i presenti invece di smanettare con lo smartphone e così via. Mio giovane e ingenuo amico, posso farti notare che potresti fare benissimo anche oggi queste cose? Alza il telefono e racconta a qualcuno quanto sei nostalgico invece di scriverlo su Facebook, genialoide.
A proposito di nostalgia, credo che la mia generazione stia invecchiando più velocemente del previsto. Passi per i nostri genitori, che ci raccontano che loro facevano merenda con il pane olio e zucchero, che mangiavano la frutta cogliendola dall’albero e senza lavarla, che si tuffavano nei ruscelletti senza problemi e così via. Ma non posso tollerare invece un mio coetaneo che ricorda con gli occhioni lucidi che 10-15 anni fa si ballava con gli Eiffel 65 e Gigi d’Agostino e oggi le nuove generazioni invece ballano con Pitbull. No, vi prego. Non fatelo.
Ciao, sono Pitbull e sono famoso per la mia sobrietà ed eleganza
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.