Non è che la fidanzata di un giardiniere rischi sempre di essere piantata

Scartabellando tra vecchie fotografie me ne è capitata davanti una che mi ha riportato alla mente vecchi ricordi:

albero

Questa foto risale all’epoca in cui ero domatore di alberi.

Forse voi siete abituati a pensare gli alberi come semplici vegetali fermi, tranquilli, pacifici. Oggi forse è così. Ignorate che gli alberi selvatici possono essere molto pericolosi. E anche gli alberi cittadini, prima di essere messi a dimora, necessitano di essere domati per addomesticarli e metterli in condizioni di non diventare aggressivi verso gli esseri umani.

In questa foto avevo appena avuto la meglio di un grosso esemplare in un giardino pubblico, imbizzarritosi dopo che un bambino lo aveva innaffiato con una copiosa minzione.

Fortuna che ero lì nei paraggi e sono potuto intervenire, altrimenti non so come sarebbe andata a finire.

La domatura si è rivelata lunga e sfiancante, ma soprattutto per la pianta feroce, che, come potete vedere dalla foto, si è stesa priva di energie mentre io avevo sudato giusto appena un po’.

L’albero furioso aveva provato a trarmi in inganno con un trucco fingendosi morto, ma io ho subito mangiato la foglia. Accortosi che io non ero caduto nel tranello, ha iniziato ad aggredirmi in maniera caotica. Aveva proprio le pigne in testa! Ho deciso di piantarla lì con quella storia risolvendo il problema alla radice: ho finto di darmi alla fuga, lasciandolo lì a dormire sugli allori – ce ne erano diversi nei dintorni perché era di mattina e, come si sa, il mattino alloro in bocca. Che incosciente! Ne ho approfittato per metterlo ko mentre era distratto! Tra gli applausi dei cittadini me ne sono andato, dopo che mi avevano scattato la foto, lasciando lì la pianta ormai sedata.

La domazione degli alberi è una pratica che è andata in anni recenti estinguendosi. Un po’ perché gli alberi moderni, figli e nipoti di alberi domati, sono ormai addomesticati. Un po’ perché la selezione delle specie in laboratorio ha creato esemplari sempre più docili, rendendo superflua la nostra professione.

Infine, da segnalare l’intervento di questi giovani di moda oggi, questi Greta Thunberg, che hanno iniziato a prendersela con tutti e anche con noi domatori di alberi, accusati di essere crudeli verso le piante come se fossimo dei sadici violenti. La nostra arte è diventata invisa all’opinione pubblica e così io, di fronte al cambiamento dei tempi, ho scelto di ritirarmi.

Ma ricordate, se un giorno un albero verrà a minacciarvi, chi chiamerete?

Non è che se al mercato trovi un piccolo ortaggio allora quella è una rapina

Ieri ho guardato American Animals: il film racconta la storia (vera) di quattro studenti che nel 2004 decisero di rubare dei libri rari dalla biblioteca dell’università. Il film è intervallato dai commenti dei veri protagonisti della vicenda.

Ciò che traspare dalla storia è che la motivazione alla base di un simile gesto è legata a un senso di frustrazione e impotenza dei protagonisti nei confronti della propria vita. Ragazzi cresciuti con l’idea di essere speciali e che ciò che faranno conterà qualcosa, che poi scoprono che fuori non c’è nulla per loro a meno di non crearselo da soli.

Loro hanno scelto la via più veloce, semplice e illegale per farlo, tra l’altro con modalità che si riveleranno grossolane.

È per questo motivo che ho deciso di scrivere una pratica guida su come dovrebbe ipoteticamente essere una perfetta rapina in stile cinematografico.
Per gli amici delle FdO che leggono da casa: rassicuro che nessuna rapina è stata maltrattata nella guida.

1. Bisogna essere in gruppo perché è difficile fare tutto da soli. Il gruppo però non si costituisce mai all’inizio per risparmiare tempo, ma lo si crea in corso d’opera, quando ci si rende conto a piano già avviato che non c’è nessuno che sappia disinserire sistemi d’allarme/scavare tunnel/guidare un’auto per la fuga e solo a quel punto qualcuno si ricorderà che conosce un tale che sa disinserire sistemi d’allarme/scavare tunnel/guidare un’auto per la fuga.
2. Nel gruppo serve una donna perché c’è sempre almeno una donna nelle rapine quindi trovate il modo di inserirla.
3. Nel gruppo deve esserci uno che è stupido o che fa lo stupido.
4. Serve una parete grande perché bisogna attaccarci fogli, piantine, fotografie e magari prendere anche puntine da disegno e filo rosso per unire il tutto e dare un gradevole tocco estetico.
5. È necessario che qualcuno si incazzi e molli tutto per poi ripensarci e tornare.
6. Gli attrezzi adatti per la rapina devono essere forniti da qualcuno molto losco che non concede a credito ma che per voi farà un’eccezione in cambio di una parte dei proventi.
7. Siate consci che il tizio del gruppo che si occupa di informatica è in grado isolare le telecamere, disinserire l’allarme, riprogrammare i semafori a distanza con qualche click da un portatile. Però non può fare nulla per i sistemi di sicurezza dell’ultima stanza, quella da scassinare, perché non si è mai preso l’ultimo esame di Ingegneria Informatica, Sistemi di sicurezza dell’ultima stanza da scassinare.
8. Ci sarà un intoppo non previsto durante la rapina che potrebbe far pensare di abbandonare il tutto ma bisognerà andare avanti cambiando i piani con un po’ di improvvisazione. In realtà sarebbe opportuno avere già pronto un piano di emergenza, ma così l’intoppo non previsto sarebbe previsto e questa non sarebbe più una perfetta rapina in stile cinematografico e questo non lo vogliamo.

Non è che Dante a una donna middle class avrebbe detto “Tanto gentry e tanto onesta pare”

L’altro giorno Kit Harington, che di mestiere interpreta L’uomo che non sa niente, era a Napoli per girare uno spot per una nota coppia di stilisti dallo stile coppole e machismo.

Credo che anziane & babà non facessero parte della coreografia dello spot.

Confesso che a volte mal tollero l’esagerato macchiettismo di noi napoletani nel modo di vivere la città e la sua cultura. Qualsiasi cosa qui è “come da nessun’altra parte”, perché tutto è

– bello
– caloroso
– festoso
– gioioso
(continua ad libitum)

Neanche vivessimo in un sambodromo perenne, cosa che non è affatto vera.

D’altro canto guardando immagini come quella testé postata ci si rende conto che certe cose realmente siano possibili soltanto qui.

Io me lo immagino KH se fosse andato invece a Milano.
Ce lo vedo nell’aperibar aperto a orari casuali – solo su invito nel gruppo segreto su facebook – a mangiare sushi finger style, con gli XX in sottofondo e il dj resident (ma con domicilium sul divano di un suo amico) che muove una levetta che aziona una poetessa iconoclasta che fa performance artistiche facendosi il segno della croce con la mano storta, mentre su un divano un tizio che vive di caffeina e onanismo lavora al nuovo logo di una ditta di spurghi&clisteri sul suo MacBook, cosa che potrebbe anche fare a casa propria ma lì non si farebbe notare. Il tutto al modico prezzo di 20 euro (solo l’entrata per dare una sbirciata all’interno per vedere com’è la tizia abbordata su Tinder che ama i gatti asiatici, le fotografie scolorite e il sesso con la frutta ma solo con la buccia perché fa bene) + consumazione (di un atto sessuale nei bagni perché oggi con l’indietronica si rimorchia).

Una coppia con stile che condivide ansia tramite cloud

La gentryfication non è comunque un fenomeno di cui Napoli è esente.

Ho visto apparire anche qui bar che servono frullati e centrifughe vegane/km0/bio/no additivi, su sgabelli di pallet che d’estate con le gambe scoperte ti lasciano schegge di legno nella pelle. Ma puoi star tranquillo perché è legno bio friendly.

Dovrebbero spiegarmi cosa sia un frullato vegano: non ho mai visto servire frullati di carne. Magari esistono. Madre mi propinava dei beveroni strani quand’ero piccolo, perché ero un bambino piuttosto gracilino: quando disegnavo uno stickman lo scambiavano per un autoritratto fedele.


Lo so che “vegano” in senso esteso riguarda tutto ciò che è compatibile con questa visione, un frutto vegano è un prodotto coltivato senza arrecar danno all’ambiente e ad altri esseri viventi, quindi per transizione un frullato vegano non ha arrecato danno a nessuno, a parte il tuo portafogli.


 

Non è che al re amante della birra piaccia solo la Corona

Ogni tanto mi vesto anche io da turista e faccio cose turistiche.
Ieri sono andato a visitare il Parlamento ungherese, cosa che in più di un anno complessivo da quando mi trovo qui non avevo ancora fatto. E, citando DFW, è una cosa divertente che non farò mai più.

Il biglietto d’ingresso costa più o meno 7 euro, per mezz’ora di tour in cui vi verranno spiegate le cose che non si possono visitare perché non accessibili al pubblico.

L’acquisto può essere effettuato online o direttamente alla cassa (in questo caso solo per il giorno stesso), selezionando la visita guidata nella lingua desiderata.

All’inizio ero tentato di acquistare il biglietto per il tour in inglese, perché io son cittadino del XXI secolo, la generazione Erasmus, abbiamo imparato la lingua con Super Mario e i porno online, non perdiamo mai occasione di far pratica di lingua perché siamo sempre un passo avanti.

In realtà volevo acquistare il biglietto per la visita in inglese perché detesto i turisti italiani.

Detesto i turisti in generale, chiariamo, ma almeno per quelli stranieri posso evitare di prestare attenzione alle baggianate che dicono, disattivando il filtro linguistico.

Il Parlamento all’interno è suggestivo e la visita fornisce al visitatore dettagli statistici utili per una partecipazione a un quiz a premi.

Alcune pillole:

  • È alto 96 metri come la Basilica di Santo Stefano in centro
  • Le due ali sono simmetriche
  • L’edificio è il terzo più grande del mondo dopo quello del Parlamento di Buenos Aires e quello di Bucarest
  • Il soffitto della scalinata è decorato da 40 kg di oro zecchino
  • Per la sua costruzione sono stati utilizzati quasi totalmente materiali ungheresi
  • La sala a cupola in cui sono custoditi i simboli d’Ungheria (corona, scettro, spada e globo crucigero) sotto una teca è l’unico posto dove non è permesso scattare fotografie

Attendevo con ansia quanto ci sarebbe voluto prima che qualcuno del gruppo venisse redarguito per aver tentato di scattare una foto. Dopo due secondi dall’ingresso nella cupola, una ragazza è stata colta in flagrante.

Un gruppetto di perdigiorno di non più di 25 anni invece ne ha scattata una di nascosto perché “Col cazzo che torno a casa senza, l’ho scattata a (non sono riuscito a capire dove) mo vuoi vedere che qua non ci riesco”. Ho provato a immaginare che il gesto di questo giovane non fosse per sfida ai divieti. Magari ha una triste storia alle spalle, un padre prepotente che lo malmena: “Non ti ho mandato a fare il turista in giro per tornare a casa senza uno straccio di foto!”. Purtroppo la mia immaginazione peggiora sempre più, quindi per me il giovane resta una semplice testa di cazzo.

La croce in cima alla corona dal 17° secolo è inclinata e non è mai stata rimessa a posto. Secondo la guida “Gli scienziati non sono d’accordo sul perché”. Non è chiaro il perché di cosa, il perché sia inclinata o il perché non sia stata rimessa a posto.

Comunque è inclinata perché è caduta a terra. Sappiatelo ma non ditelo alle guide.

L’Emiciclo che viene mostrato ai turisti non è più utilizzato, dato che l’Ungheria ha un sistema monocamerale dal 1944. È osservabile da un balconcino, punto in cui ho scattato questa pessima foto, aggravata dal fatto che lo smartofono con una risoluzione migliore l’avevo dimenticato a casa:

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È vuoto perché sono andati tutti a ka$aaaaaaaaaa1!1!!!!11!!

Alla fine della visita il gruppo ha fatto un applauso alla guida. Calatomi nell’atmosfera, ho applaudito anche io complimentandomi per l’ottimo atterraggio.

Non è che un vestito nuovo ti ingrassi, a meno che tu non te lo mangi

Per concludere l’anno, niente di meglio che una rassegna delle parole chiave che qualcuno ha utilizzato su internet e per qualche arcano motivo lo hanno condotto a questo blog!

mondi paralleli che corrono senza guardarsi in faccia
Se ci si volta poi ci si distrae e si perde velocità, lo sanno tutti.

non sono asociale è che le persone sono così belle foto
Sì è vero, anche io evito contatti umani e mi limito a guardare le fotografie perché in foto sembrano tutte belle persone.

a cosa serve la tavoletta del water
A far incazzare le donne e a fornire dal 1950 materiale per sketch comici che non fanno ridere, in cui il sedicente comico a un certo punto, parlando di uomini e donne, tirerà fuori la storia della tavoletta.

come si diventa ciechi
Passando troppo tempo sui siti con le donnine nude.

come si chiamano i calzini con le righe
Calzini con le righe.
Lo so che è difficile da pronunciare, prova a esercitarti davanti allo specchio. A me non riesce di dire “righe”, infatti. Ogni volta che voglio una camicia a righe e chiedo a una commessa, mi esce sempre “quadri” perché la pronuncia è simile.

cosa significa se hai il buco del culo più vicino alle vagonate?
Sei una carogna di sicuro perché hai le vagonate troppo, troppo vicine, al buco del culo.


Faber, perdonami.


culu ca cammisa vidisti
Nenti sacciu, nenti vidi e nenti vogghiu sapiri.

cosa chiederesti a charles bukowski?
“Azzeccare i cavalli vincenti”.

foto ragazze che coi jeans si vede la vulva grossa
È proprio una rottura accompagnare una ragazza a fare shopping, diciamocelo.
“Come mi sta la gonna?”
“Pensi che questo vestito mi ingrassi?”
“Tesò, ma questo jeans secondo te mi fa la vulva grossa?”.
E poi uno non sa mai cosa sia giusto rispondere. Anche dire “Ma noo, la tua vulva sembra persino dimagrita!” sembra non funzioni più.

orsi baffoni e beffati
Io vorrei sapere che gente c’è in giro che si permette di farsi beffe degli orsi baffoni. Ma non avete altro da fare? Prendetevela con le caprette barbute!

shock anafilattico tatuaggio
È da tempo che vorrei farmi un tatuaggio e stavo proprio pensando di farmi disegnare un bellissimo shock anafilattico su una spalla.

rotto piatto in negozio
E adesso lo paghi e i cocci sono tuoi.

apparsi siti non visitati nella cronologia perche?
Lascia stare, non funziona come scusa. Ho provato anche a raccontare che deve esserci una scimmia malefica nell’armadio che di nascosto visita siti porno sul mio computer, ma nulla.

youtubeporn zio geek
Ah, quel vecchio sozzone di zio geek!

topolino fuori contesto
Tipo a Paperopoli?

assassin creed da anziano
Ashiashin -coff coff sput- cveeed (scusate, è la dentiera che balla).

le persone dicono che sono esaurito ma secondo me ce l’hanno con me
Nessuno ce l’ha con te, davvero. Dai, parliamone con calma, siediti qui. Adesso arrivano le medicine che ti fanno stare bene, ok?

attualmente la beghelli quante azioni fa girare in borsa
626.

canzone da discoteca che fa uh tutututu papi tutu
Forse è questa qui. A un certo punto mi sembra proprio di sentire tutututu papi tutu.

ministro boschi una giornata
Sogno al mio risveglio di trovarti accanto
intatta con le stesse mutandine rosa
non più bandiera di un vivissimo tormento
ma solo l’ornamento di una bella sposa
Ma che colore ha
una giornata con Maria Elena Boschi

Sezione a luci rosse

figa si lava nel bidet
Anche nel lavandino, nella fontane pubbliche, nelle pozzanghere, nei torrenti…

come tenere pene slip wikihow
Mah, se non ti serve io ti direi pure di lasciarlo a casa quando esci. È un ingombro inutile.

foto donne con verdure nella figa
ragazze si infilano verdure nel culo

Sentite, credo che il veganesimo stia diventando un po’ troppo estremo.

45enni senza mutande
Eh sì. È una bella piaga quella dei 45enni senza mutande. Ma è una piaga pure quella dei 20enni coi jeans sotto al culo e le mutande a vista.

donne con foca rasata
È l’ultima moda tra le donne inuit in Groenlandia, catturare una foca e rasarla. E, se capiti da quelle parti, sappi che usanza locale vuole che se una donna ti mostra la propria foca, è un buon segno perché vorrà dire che forse forse ci sta.
Se invece tira fuori un tricheco, beh, son fatti tuoi.

la più bassa donna porno
Una volta ne ho vista una così bassa, ma così bassa che quando si eccitava rischiava di affogare.

Quelli che si fanno foto in campagna sono dei selfie della gleba?

Ho realizzato che dall’età infantile a quella dell’epoca digitale foto di me stesso sono assenti o rare. Il che forse non è un male, perché con lo sviluppo (non quello delle foto) per un periodo ho attraversato una fase in cui sembravo Milhouse, da cui ne sono uscito anni dopo.

Fino alle scuole medie ero un bel giovinetto, perennemente abbronzato perché passavo ore a giocare fuori. Poi son diventato più chiaro e miope, due cose che si potrebbero imputare entrambe ai computer.

Attualmente, nell’epoca del contagio digitale, esistono invece molte fotografie che mi ritraggono. Pur non avendo il culto della mia immagine – anzi, spesso quando vogliono ritrarmi esprimo tutto il mio vaffanculto – ogni tanto vengo colto dallo strano piacere del farmi catturare da un obiettivo, purché sia gestito da altri. Non amo gli autoscatti perché devo avere entrambe le mani libere e intente a far qualcosa di estremamente importante, come reggere il mento o la testa o un bicchiere o le tre cose insieme.


Reggere mento e testa insieme con una sola mano è molto semplice. Il pollice è sotto la mascella inferiore e non esercita pressione, il mento deve essere semplicemente poggiato ma non a peso morto: bisogna raggiungere la condizione di compiaci-mento, mentre indice e medio leggermente flessi indugiano sulla tempia. Le altre dita sono piegate su sé stesse. L’altra mano regge un bicchiere o è poggiata placidamente su un oggetto quale un sasso, un albero, un mobile, un soprammobile in vera finta porcellana. La posa va accompagnata da uno sguardo serio e pensieroso: non malinconico, non severo, soltanto serio e pensieroso. Per esercitarsi, basta figurarsi nella mente una domanda, quale Chi schiero al fantacalcio? o Che maglia metto su quel pantalone?. Esercitatevi su tutti gli esempi che ritenete opportuni.


A volte mi soffermo a pensare (con sguardo serio e pensieroso), cosa ne sarà di tale overdose di immagini che stiamo producendo.

Una volta – ancor oggi vedo che accade, a dir il vero – poteva capitare di trovare vecchie foto in giro per casa, in soffitta, in cantina.

Domani nessuno scaverà tra scatole e mobili e ne tirerà fuori per caso vecchie immagini: un mio discendente non rimarrà sorpreso esclamando Toh! Guarda il prozio Gintoki con lo sguardo serio e pensieroso!. Quando il mio hard disk passerà a miglior vita, io sparirò con esso. Magari resterò tra i meandri di un social network, ma a che pro se nessuno andrà a scavare per ritrovare il mio sguardo serio e pensieroso?

Ma poi avrà tanto importanza se sullo stesso schermo ci saranno 10-100-1000 altri sguardi seri e pensierosi confrontabili? La specificità del ritratto dovrebbe risiedere nella sua unicità: nel mobile di casa mia c’è il mio prozio, nel mobile di casa tua, il tuo.

Nel mondo digitale, saremo tutti con tutti nello stesso posto. E senza mobili.

Perderemo la mobiltà.