Non è che ti porti in gita uno sbruffone perché serve un pallone gonfiato per giocare

Che si tratti di gita fuori porta, vacanza, escursione di relax al mare o in montagna, se c’è un gruppo di napoletani nei paraggi farà la sua comparsa, a un certo punto, lui.

Il Super Santos.

Non è giornata e non è divertimento se per l’uscita non c’è un pallone da prendere a calci.

Il bisogno di calciare è antico. Pare che quando fu inventata la ruota, qualcuno, vedendola tondeggiante, provò ad assestarle un destro di collo pieno. La ruota però era di pietra e l’improvvisato calciatore iniziò a rotolarsi per terra, rantolando dal dolore e alzando il braccio per chiedere un rigore all’arbitro. Che però purtroppo per lui non era stato ancora inventato.

Il Super Santos gode di vita propria. Prova ne è il fatto che va un po’ dove vuole seguendo l’istinto. Un istinto difettoso, visto che si dirige spesso o verso una testa altrui o la cima di un albero o un roseto.

Se ci sono donne nel gruppo, si gioca di solito al Sette si schiaccia. Il gioco serve in realtà come coadiuvante dell’approccio con finalità di accoppiamento: il maschio gaudente gitarolo, difatti, cercherà di colpire col pallone la femmina gaudente gitarola di suo interesse. Se al giro successivo la femmina cercherà di colpire lo stesso maschio, vuol dire che si è instaurato un collegamento e l’approccio può proseguire. Il rituale di accoppiamento del Super Santos può coinvolgere anche un’ignara femmina che si trova in zona per fatti propri: il maschio gaudente la colpirà con una pallonata dietro la testa di proposito e poi correrà a scusarsi, invitandola a partecipare alla partita per discolparsi.

Che è un po’ come pestare il piede a qualcuno e invitarlo poi a fare un giro con le proprie scarpe, così, per rimettere le cose in pari. Ma le strategie riproduttive degli animali, si sa, sono sempre particolari e apparentemente prive di logica per gli esseri umani.

Così come vive al limite, così la sua vita ha limite: il Super Santos dura in genere il tempo di una scampagnata, perché poi o finisce perduto o bucato o dimenticato e così ne verrà ricomprato per strada uno nuovo la volta successiva.

Da qualche parte esisterà un paradiso dei Super Santos perduti.

Il Vocaboletano – #3 – Intalliarsi

Terzo appuntamento del corso di napoletano facile tenuto da me e crisalide. Da oggi sarà presente anche in edicola: e se il vostro edicolante non ce l’ha, rimproveratelo in modo aspro denunciando un complotto dei poteri forti.


La parola di oggi è: intalliarsi. Detto anche intallearsi o ‘ntalliare, non ha niente a che fare con la tecnica artistica dell’intaglio. Con questo termine si indica invece l’indugiare, il perder tempo, il ciondolare in modo pretestuoso senza far ciò che si deve.

Non si tratta di un mero ozio né è equiparabile con l’abbandonarsi su un divano a poltrire. Questo ultimo, infatti, è un semplice atto passivo.

Intalliarsi richiede invece un’azione concreta e attiva da parte dell’individuo, tal dal distoglierlo dalle attività da compiere.

Immaginate di avere un appuntamento a un orario preciso. Voi arrivate di corsa in anticipo, mentre c’è sempre quello che si presenta con comodo, perché ci mette un’ora per essere pronto:

  • mette i vestiti sul letto
  • accende la radio
  • si fa la doccia
  • dopo la doccia resta a guardarsi allo specchio grattandosi come una scimmia
  • va in cucina a farsi uno spuntino
  • torna in bagno: se è maschio decide di cagare, se è femmina si mette con la pinzetta a togliersi dei peletti invisibili e isolati sparsi sul corpo che nota soltanto lei
  • mette i pantaloni
  • cambia musica
  • cambia pantaloni
  • si mette a ballare
  • torna in bagno per cagare di nuovo o per strappare altri peli
  • termina di vestirsi
  • prima di uscire telefona a qualcuno e resta mezz’ora al telefono

Questa è una tipica sequenza di intalliamiento. E se vi capita spesso di fare cose del genere, siete degli intalliatori. Compiacetevene, perché in fondo è una vera filosofia di vita.

I gatti sono capaci di intalliarsi per ore

I gatti sono capaci di intalliarsi per ore

Intalliarsi è un atto di ribellione verso l’ordine costituito: spesso eludere un’attività può comportare un dispendio di tempo ed energie superiore a quello richiesto dal compito da svolgere. Ma a chi si intallea non importa, fondamentale è scansare momentaneamente qualcosa perché “Lo faccio quando decido io, non quando mi viene imposto”.

Intalliarsi non ha solo l’accezione negativa di scansare le fatiche.
Vuol dire anche prendere la vita in modo rilassato. Probabilmente è una cosa tipicamente meridionale, anzi, mediterranea: significa non vivere lo stress delle scadenze e non considerare il tempo solo ed esclusivamente come denaro.

A me non è mai capitato di intalliarmi quando ho un appuntamento, anzi, ho la malattia dell’anticipo. Purtroppo.


“La vita di un puntuale è un inferno di solitudini immeritate” (Stefano Benni).


In compenso, mi intalleo quando ho delle scadenze per le cose da fare. Mi riduco sempre all’ultimo, perché nel mentre intraprendo altre attività e non sento alcuna pressione per il tempo che scorre.

Avere a che fare con chi si intallea può avere risvolti positivi: penso alla scena classica di una ragazza che giocherella con le chiavi prima di scendere dall’auto. Si sta intalliando perché magari ha piacere a restare con voi. Buon segno!

Se invece ha le chiavi in mano prima di salire sull’auto e si getta dal finestrino a motore ancora acceso…beh, di sicuro non si intallea e dovreste chiedervi il perché.

Etimologia
Le origini sono sconosciute. Qualcuno lo fa risalire al greco antico, al verbo θάλλω (tallo), ipotesi non assurda in quanto nel dialetto non è raro trovare influenze del greco. θάλλω vuol dire fiorire, il che farebbe riferimento in modo figurato all’atto di chi si si pianta in un posto e non si smuove, anzi, mette radici e frutti.

Un salto logico forse azzardato.

Una seconda ipotesi vorrebbe che fosse un composto latino in+talos (talloni): star sui talloni, nel senso di esser statici. Oppure, potrebbe indicare l’atteggiamento di chi ciondola e gioca stando in equilibrio sui talloni e poi sulle punte e poi di nuovo sui talloni. Interpretazione più compatibile con un comportamento attivo e perditempo.

Qualunque sia l’origine, mi sto intalleando invece di congedarmi da questo post.

The Gintoki Show – 50 sfumature di micio

gintoki show_IV

Calcio, arte, musica, divinità…ormai il Gintoki Show spazia a 720 gradi (perché per sicurezza fa due volte il giro) su qualsiasi argomento!

Eppure…qualcosa manca. Un pizzico di sensualità, ecco cosa. Ed è per questo che ho coinvolto la spumeggiante, con-turbante (le sta benissimo il copricapo) m3mango!

G: Ho di recente guardato un video dell’Huffington Post: le 48 cose che le donne si sentono dire (luoghi comuni, frasi sessiste eccetera). Tra queste c’era “Ah, ti interessi di calcio?”: esempio di come ci siano settori ritenuti di appannaggio esclusivo maschile, per i quali una donna che ne parla o è un “caso strano” o deve comunque in qualche modo giustificarsi del proprio interesse o “lottare” per ritagliarsi una nicchia come se dovesse dimostrare qualcosa. Tu cosa ne pensi? Ti sei mai sentita dire “Ma come, parli di sesso?”
M: No, nessuno mi ha mai fatto direttamente questa domanda, ma magari l’hanno solo pensato, non saprei. Sicuro sono stata criticata da qualcuno sull’uso di parole forti, eccessivamente esplicite, o sul fatto che è meglio far immaginare al lettore, piuttosto che descrivere, il ti vedo non ti vedo, come quando guardi i film americani, c’è la telecamera puntata sul lettone e l’immagine sfuma. Ma non era quello che volevo io quando scrivevo.
Tutto ciò ha contribuito a mostrare un’immagine di me molto aggressiva e spregiudicata, cosa che in realtà non credo di essere.
Certo, un po’ ho calcato la mano, ammetto che dire ‘lecca il mio miele’ mi fa orrore, preferisco dire ciucciami il clitoride, non sono mica un’ape!
Volevo in qualche modo contrappormi all’immagine romantica che alcune donne hanno nei confronti del sesso, che il vero amore è quello con la A maiuscola, femmina con maschio, uno a uno, che il porno è roba da perversi, ecc. Tutti concetti che ci inculcano fin da bambini. Come ho cercato di spiegare nelle avvertenze del blog il sesso è qualcosa di meraviglioso, ma arrivi all’età in cui potresti iniziare e spesso non sai nulla. O hai un’idea romantica e aspetti il principe azzurro (tipicamente le ragazze) o hai una versione porno in cui cerchi la sborrata galattica (generalmente i ragazzi), in ogni caso rimani deluso.
Poi io non voglio fare la paladina di alcun che, non penso di essere femminista, sono antisessista e vorrei offrire uno spaccato della sessualità femminile, senza pregiudizi, senza tabù o preconcetti.

G: Da cosa dipende secondo te questo atteggiamento con dei pregiudizi? Mancanza di una sana educazione al sesso, ignoranza o anche forse del timore: pensi che questa immagine che alcuni possono vedere di donna aggressiva sia frutto di una ingiustificata “paura” che incute chi semplicemente si esprime senza nascondersi?
Ps: ho immaginato una versione dei Simpson hardcore in cui domina lo slogan “Ciucciami il clitoride”…
M: Paura non credo. Anzi, mi sono resa conto che c’è la fila degli uomini che vorrebbero essere sottomessi e spesso non hanno il coraggio di chiederlo alle loro compagne.
È pura ignoranza, anzi una semi conoscenza distorta. Da chi vengono educati gli adolescenti? I genitori spesso non ne parlano e si nascondono, la scuola se fa educazione sessuale parla dell’apparato riproduttore e degli anticoncezionali, per carità cose sacrosante, ma ti ritrovi a 15 anni a non sapere da che parte iniziare. La società meno che mai. Vidi un intervento di Erika Lust ad un Ted in cui diceva che lei faceva i porno per educare i ragazzi al sesso e che i suoi film li avrebbe mostrati tranquillamente ai suoi figli. Questo bisognerebbe insegnare: consapevolezza e rispetto, non esiste un limite alla perversione (a parte zoofilia e pedofilia e poco altro), parola che comunque ha valenza negativa, tabù, forse esprime meno un giudizio.

G: Tocchi un tasto particolare. Ad esempio, l’unico “discorso” se vogliamo definirlo tale che ho avuto da Madre è stato “Non portarci a casa nessun guaio, capito?”. Ma per spezzare una lancia o un’arancia in favore dei genitori, forse è difficile per chi proviene da un’altra epoca approcciarsi a certi argomenti. Spetterebbe forse alle generazioni successive che ora sono diventate padri e madri fare un passo avanti. Ma credi sia possibile? Oppure oggi le persone sono messe male ancor peggio di un tempo?
M: Mi auguro fortemente di sì! Anche se è difficile generalizzare. Sicuramente internet aiuta parecchio, almeno sul reperimento di conoscenza, sull’aggregare le persone, sulla condivisione di passioni, interessi, ecc. Hai accesso alle informazioni in maniera completamente diversa da un tempo, a un età che una volta era impensabile. Ma tutto ciò non deve sostituire l’educazione al rispetto e alla consensualità, compiti fondamentali da non demandare al web, ma dovere dei genitori, della scuola e della società. Chissà se qui in Italia siamo pronti? Il dibattito di questi giorni sul family day mi fa tremare, ma io sono pronta e nel mio piccolo ci credo tanto.

G: Alla luce del discorso che stiamo facendo sul mondo virtuale, torniamo sull’obiettivo che ti sei posta per il blog di non offrire un semplice intrattenimento ma di ispirare anche riflessioni e lasciare qualcosa di più profondo: ritieni di averlo raggiunto o credi si possa sempre andare avanti, avere una crescita continua? Mi riallaccio anche al discorso che faceva Zeus sull’evoluzione del blogger: c’è una dimensione a cui tendi?
M: Credo fermamente nel kaizen, il miglioramento continuo giapponese, che studiai anni e anni fa sui banchi di scuola!
A parte gli scherzi, non so proprio se sono minimamente riuscita a comunicare cosa sta sotto i post, non voglio essere troppo didascalica, preferisco che i concetti emergano in modo naturale, e poi il blog da raccolta di brevi testi erotici, si è trasformato anche in altro, per non rischiare di essere ripetitiva.
Ho provato a raccontare di me, a mixare testi scritti da altri con qualcosa di mio, a scrivere pseudo poesie, a recensire. Insomma, mi piace molto sperimentare, sempre in tono un pò scanzonato, senza mai prendermi troppo sul serio.
Trovo molto gratificante la collaborazione con altri blogger, scrivere qualcosa a quattro mani, mettersi in discussione, trovare spunti di riflessione, su cui soffermarsi. Lo chiamano il Web 2.0 alla fine si tratta di persone che condividono e partecipano a progetti comuni.

G: Ah, io mi baso molto sul kaizen, la mia vita procede proprio a kaizen di cane!
Ehm, lasciamo perdere.
L’interazione tra blogger è quindi per te importante. Ricevi anche messaggi del tipo “posta del cuore”, come ricordi nella tua presentazione? Non vogliamo sapere i dettagli, ovviamente, incuriosisce sapere che tipo di pubblico hai radunato intorno a te.
M: Devo dire che ne ho ricevuti parecchi e non solo di uomini! Questo è un grande motivo d’orgoglio: attrarre indistintamente entrambi i sessi.
In generale immagino che tutti siano accomunati dalla curiosità di sapere chi c’è dietro Mango. Una squilibrata oppure una persona pensante? Poi parlando di sesso alcuni ritengono (sbagliando!) che sia matematico che la dia via come un frisbee, ma devo ammettere che non mi dà fastidio, non ho mai trovato gente insistente.

G: Adesso però vogliamo sapere di più: sei una squilibrata o no?!
Scherzo! Ma com’è Mango nella vita reale (cose private escluse, ovviamente)? E per rispondere, ti chiedo di prender parte al gioco che ha fatto uscire di testa gli psichiatri di tutto il mondo: raccontati inserendo in frasi di senso compiuto queste parole: guepiere, cicisbeo, bacheca.
M: Ma tu, Gintoki sei curioso come un gatto cicisbeo!
Non posso fare a meno di citare un post spassoso dell’amico blogger Ali di velluto che immaginava chi potessi mai essere:
“A tutti appariva come un uomo disfatto, la pancia sformata dalle troppe bevute, la tuta sempre più lurida, la barba e i capelli incrostati”. (https://alidivelluto.wordpress.com/2015/12/18/il-post/)
Scherzava, ovviamente! Però in effetti scelsi un nick apparentemente maschile perché mi piaceva l’idea dell’ambiguità. Mi ritrovo però poi Avvocatolo, che fa sempre finta di non ricordarsi se sono uomo o donna.
Per rispondere alla tua domanda: sono una donna in guêpière (!) che non sa gestire gli imprevisti, con un lavoro gratificante, che ha voglia di giocare e divertirsi, ha una passione per i viaggi, che non sopporta le feste comandate, curiosa, senza il senso dell’orientamento, con notevoli problemi di memoria, introversa, ma che prova a mascherare bene, alla mano, che non ama essere messa in bacheca, ma strapazzata (mannaia a te, Gintoki che mi fai dire ‘ste cose zozze!).

G: Non è curiosità, lo faccio solo per il pubblico!


(applausi registrati)


Infatti, sempre a beneficio di chi ci segue: hai degli spunti che vorresti offrire loro su cui riflettere in materia di amore & sesso?
Ho detto spunti non a caso: i consigli siam bravi tutti, ma lo spunto (o lo spuntino se viene fame) è da fini divulgatori!
M: Colgo l’occasione per ringraziarti tanto, gatto Gintoki, perché è davvero una bella domanda la tua. Parlare al tuo meraviglioso pubblico è un onore. Però più che spunto, sul quale mi sento poco preparata, perché ognuno sull’amore & sul sesso deve trovare la propria strada, potrei suggerire di concentrarsi sulle spinte e sugli sputi, il resto verrà a… cascata!

G: Domanda per chiudere: se invece dovessi dare dei consigli in materia di cinema erotico, cosa suggeriresti a un pubblico “vergine” in materia (tra tanti aggettivi quale prendo!) per approcciarsi all’argomento?
M: 
L’elenco è interminabile! Quanti titoli potrei citare? Visto che mi piace fare l’originale ne citerò solo quattro: bellissimi, tutti francesi, molto raffinati, su quattro argomenti che mi stanno a cuore:
Jules e Jim, di François Truffaut (1962), sull’amore a tre
Une liaison pornographique (1999), sull’amore tra sconosciuti, su cui scrissi anche un post (link: https://m3mango.wordpress.com/2015/09/28/une-liaison-pornographique-liberamente-tratto/)
Incontri d’amore con Daniel Auteuil (2005) sullo scambismo
La vita di Adele (2013), sull’amore lesbico
Non posso però non ricordare il mitico Clercks (1994) e la citazione ormai passata alla storia su mister ‘palla di neve’. Dopo di che c’è tutta la filmografia del classico porno all’italiana dagli anni ’80 al duemila… ah, no, scusa tu hai parlato di erotico, allora mi fermo qui :).

Signore e Signori, era la divina m3mango!

Non è che lo squalo fedifrago si trovi la manta

Si dice che la mela non cada lontano dall’albero.


A meno che il terreno non abbia un declivio e la mela non rotoli via, ovviamente. 


Non ho mai conosciuto mio nonno paterno. Anche se era ancora vivo quando io venni alla luce.

Di lui so poco e niente. Ciò che conosco l’ho messo insieme negli anni attraverso i resoconti spontanei resi da mio padre. Siamo molto simili io Padre: tendiamo a fornire tutt’al più dichiarazioni spontanee, mentre più sovente non parliamo affatto.

Io sono andato anche oltre e, dato che tutti vogliono il figlio dottore, per far contento il babbo mi iscrissi sin dalla giovane età alla facoltà di non rispondere.

Vorrei saperne di più sulla storia familiare.
Mi sembra di non avere una risposta personale a un interrogativo esistenziale dell’essere umano: da dove vengo?

Eppure non ho mai chiesto a mio padre da dove io provenissi, a parte l’ovvia storia delle cicogne che si accoppiano sotto i cavoli.

Ho il timore di invadere una sfera delicata: quella del rispetto del dolore.

Un dolore del quale ho messo insieme qualche frammento attraverso i già citati resoconti spontanei. Un dolore fatto di stenti, di soprusi, di abbandono subìti da mio padre e i suoi fratelli da parte di mio nonno.

Il nonno, dopo aver sperperato il denaro in una vita godereccia, se ne andò con un’altra, dalla quale ebbe due figli, un maschio e una femmina.

Seppi di avere uno zio in più soltanto 17 anni fa. Quando ne persi un altro per un infarto. E me lo presentarono in modo conciso e secco: Questo è un altro zio della famiglia Gintoki. Nessuna altra spiegazione.


L’altra zia acquisita invece l’ho incontrata soltanto l’anno scorso.


Con gli anni, lui si è molto avvicinato alla nostra famiglia. Siamo diventati suoi confidenti, ci ha presentato ogni volta le ragazze cui si accompagnava, rischiando sempre di farci fare brutte figure perché se ogni volta ne arriva una nuova tu rischi di sbagliare nome perché eri rimasto a quella precedente.

Fortunatamente – e furbescamente, direi – se le è sempre scelte con nomi molto diversi. Non come mio cugino, un Gintoki anche lui, che è passato da Michela a Marilena a Milena. Fortuna che ha sposato quest’ultima e la sequenza è finita.


O ha sposato Marilena? Non mi ricordo più.


È sempre stato un po’ sventato. Lo zio acquisito, intendo. Spendeva e spandeva il denaro guadagnato con le missioni all’estero con l’esercito. Cambiava un’automobile all’anno. Fatti suoi, come è ovvio.

Poi anni fa ha conosciuto una ragazza e, come si suol dire da queste parti, ha messo la testa a posto.


E io mi chiedo sempre perché tenere la testa a posto sia uguale all’incontrare una ragazza e sposarsi. Forse per caso io vado in giro come il cavaliere de La leggenda della valle addormentata (Sleepy Hollow), senza portare nulla sul collo, perché a trent’anni non sono, come sempre si suole dire, accasato? Misteri (e non di Sleepy Hollow).


Gli anni son passati nella normalità.

Almeno così sembrava.

Un giorno, come un fulmine a ciel sereno, veniamo a sapere dalla moglie che lui, dopo un furioso litigio in cui le ha mollato un paio di schiaffi, se ne è andato di casa.

Non le ha lasciato soldi, ma solo dei saldi da fare: conti, conti e ancora conti.

A detta della madre di lui, lei lo teneva a stecchetto, impedendogli di godersi la vita. Non lo faceva più respirare.

Qualche settimana dopo l’hanno visto a braccetto con una molto più giovane. Lui respirava ancora a fatica, infatti lei gli praticava la respirazione bocca a bocca.

Adesso sarà questione di avvocati.


Di questa storia conosciamo soltanto la versione di lei, che qualcuno potrebbe considerare suscettibile di tutti i dubbi o le esagerazioni del caso: io invece pongo l’accento sul fatto che lui, anche quando ha compiuto altre cazzate, è sempre venuto a confidarsi dal nostro lato della famiglia mentre questa volta è completamente sparito dalla circolazione: questo la dice lunga su quanto sia stato breve il moto di caduta dall’albero di una tale mela.


E qui ho pensato che per il momento potrei trattenere la mia curiosità e non chiedere ancora nulla a mio padre. Perché credo che questa storia, seppur più soft, ricordi una già accaduta.