Padre è sempre in ottima salute. Meno male, ovviamente.
Meno male, aggiungo, anche perché quella volta all’anno che si ammala, che sia un mal di gola, un mal di denti, un mal d’orecchi, è una tragedia.
Il dolore lo ispira nelle capacità melodrammatiche. La tonsilla infiammata è la Musa di un dramma epico, la cefalea l’incipit di un romanzo tragico, il ginocchio dolente il vaso di Pandora di tutti i mali del mondo.
Esaurite le declamazioni drammatiche – in genere diffuse in più atti, distanziati nel tempo – comincia per lui la ricerca del medicamento miracoloso che dovrebbe far sparire il problema in un lampo. Vorrebbe un ritrovato farmacologico che facesse effetto immantinente, che sia il più potente esistente sulla faccia della Terra. Se la farmacia non esaudisce la richiesta, dandogli un farmaco di scarsa efficacia – laddove per scarsa efficacia è da intendersi che fa effetto dopo alcune ore, come qualsiasi farmaco – è perché il farmacista o non ha compreso le sue gravi condizioni o perché in quel momento aveva da smerciare solo quel farmaco lì, che si sta vendendo poco.
Una volta ho provato a suggerirgli che forse per quello che cerca non ha bisogno di un farmacista ma di uno spacciatore.
Adesso invece sto pensando, con l’aiuto di un grafico, di fabbricare una finta confezione di medicinali con delle scritte sullo scatolo, del tipo:
- SOLLIEVO ISTANTANEO
- POTENTISSIMO!
- DAVVERO, QUESTA ROBA È PURA DINAMITE!
- IL SOLO LEGGERE QUESTA SCRITTA GIÀ TI FA STARE MEGLIO!
e infilarci dentro poi le classiche aspirine o l’Oki, ecc. È per il bene della scienza, per studiare l’effetto placebo.
E anche per il bene delle mie orecchie.