Non è che all’ingegnere edile piacciano i libri corposi perché son dei mattoni

Da qualche mese in città ha aperto una libreria. Non una di quelle appartenenti alle grandi catene. Anzi, a dire il vero ospita libri di case editrici minori o poco conosciute.

Il proprietario è uno di quelli che lavora per passione. A volte ti dà l’impressione che le opere che ospita nel locale li abbia lette tutte. Se gli chiedi un consiglio dandogli indicazioni riguardo genere/contenuti/romanzi-letti-in-precedenza lui comincia a metterti in mano libri su libri che conosce invitando ad accomodarti e a sfogliarli con calma.

Ho imparato a dirgli Stop! al quarto volume che mi impila addosso. Se non altro perché:

  1. Avere troppa scelta mi getta nell’indecisione;
  2. Avere troppa scelta mi fa sentire obbligato a studiarle tutte in modo approfondito;
  3. Avere troppa scelta mi fa sentire in colpa perché poi lui dovrà rimettere a posto i libri.

Ho deciso di sostenerlo rivolgendomi sempre a lui per i miei acquisti. Sia perché trovo cose che mi piacciono e di cui non verrei a conoscenza in modo normale sia perché quantomeno lui è un vero lettore e sa capire i gusti altrui.

Ho avuto a che fare in passato con personale di libreria che aveva il modo di fare di un salumiere:

– Qualche consiglio su qualche romanzo…Qualcosa con personaggi introspettivi, che si interrogano sulla propria vita e le relazioni con gli altri…Tipo Il Senso di una fine di Barnes, oppure anche Pastorale Americana metterei in questa categoria…
– Lì ci sono i nuovi arrivi, c’è l’ultimo di Fabio Volo
– Ah.

Questa libreria sta diventando invece per me un rifugio sicuro. Un luogo dove scambiare due chiacchiere e prendere un caffè.

All’interno vi trovo sempre anche un tizio un po’ strano. È amico del proprietario. O forse solo un complemento d’arredo.

È del tipo strano ma innocuo. Almeno credo. Oggi mi chiedeva se fosse penalmente perseguibile un omicidio in acque internazionali.

Costui dice che ho una faccia conosciuta.
Quando mi dicono così io rispondo di avere la stessa sensazione. Anche se magari non è vero e il volto del mio interlocutore mi è più anonimo di un Anonymous.

In realtà questo tizio da libreria mi sembra realmente di averlo già visto. Non lui in persona, ma il suo genere. Esistono persone che appartengono a dei generi: sembrano somigliarsi tutti, frequentano la stessa tipologia di ambienti, magari parlano anche allo stesso modo. Tra di loro forse non si conoscono nemmeno, ma tu che li vedi vivi in una perenne sensazione di déjà-vu: Ma questo mi sembra di averlo visto….

Un esempio di genere sono ad esempio le Devastate da Concerto. Quelle che l’unico sprazzo di lucidità l’hanno avuto nel 1995 mentre ordinavano un caffè macchiato.

Gli occhi sporgenti, indice di ipertiroidismo o di abusi di ketamina. Capelli tagliati corti davanti (male) a formare una frangetta da paggetto o novizio sacerdote. Magre come un Fassino e naso aquilino. Calze a rete nere anche a ferragosto. Una Tennent’s in mano anche se in quel posto non le vendono. Età indefinibile tra i 18 e i 40.

A ogni concerto dove vado vedo una tizia così.

Il dubbio orrendo che poi ti sorge è: quando sono gli altri ad aver l’impressione di averti già visto da qualche parte, non è che sei anche tu parte di un genere? E quale?

Ricorda: il prossimo genere potresti essere tu.

Non è che il sommozzatore consapevole sia il subconscio

L’ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze non poteva trascorrere senza le consulenze sentimentali offerte a CR.

Ieri è arrivata in ufficio con l’aria infastidita e triste di chi si è recato all’ultimo momento a comprare un regalo di Natale e quel che cercava è andato esaurito e il commesso ha detto “Posso farglielo arrivare, ma se ne parla dopo il 1° gennaio”.

Con vigliaccheria, pur avendo colto il suo stato d’animo, non le ho chiesto cosa avesse per timore che mi coinvolgesse in una conversazione che sfociasse in una richiesta di consigli. Quindi ho immerso la testa nello schermo del computer.

Lei ha resistito un’ora.
Poi, mentre io ero intento a scuoiare un mandarino, mi ha colto di sorpresa dicendo
– Tu credi che il nostro inconscio conosca le risposte giuste anche se noi non ce ne rendiamo conto?

Il cervello è una macchina prodigiosa.
Il mio in una frazione di secondo è andato a ripescare negli archivi qualcosa da utilizzare per risponderle:

Una citazione di Fabio Volo.


Ebbene sì. Una quindicina d’anni fa ho letto un libro di Fabio Volo.
Mi è servito.
Per dirottarmi su altre letture.


Uno spezzone di un film di Hugh Grant degli anni ’90.
Una battuta di Woody Allen. Idea scartata perché non credo avrebbe apprezzato il sarcasmo.
Il testo di una canzone a caso.

Poi mi sono ricordato di aver visto Inside Out della Pixar.

E quindi le ho detto:
“Credo che il nostro inconscio registri tutto ciò che ci accade, anche se non ce ne rendiamo conto. Ed è in grado di prendere decisioni in maniera più distaccata rispetto a noi che siamo distratti dall’esperienza concreta. Qualsiasi turbamento che viene a galla, è indice di qualcosa di più profondo che già è stato interiorizzato ed è maturato dentro di noi. Quindi, per tornare alla tua domanda, le risposte le abbiamo, basta solo porci le domande giuste”.

Applausi a scena aperta da un pubblico immaginario. Una spia di Fabio Volo appesa alla finestra ha suggerito allo scrittore (o al suo ghostwriter, probabilmente) di inserirla nel suo prossimo libro.

Non so bene dove io volessi arrivare e se io abbia detto qualcosa di giusto, ma l’importante in ogni caso è dirlo con tono leggermente saccente e autorevole, prendendo delle fittizie pause prima di rispondere, come se si stesse soppesando bene le parole (che con la pausa fittizia acquistano appunto un peso specifico maggiore, perché sembrano ben ponderate), ma in realtà magari stai pensando: “Ma senza la goal line technology, il pallone calciato da Marek Hamsik su calcio di rigore sarebbe stato visto entrare dall’arbitro di porta?”.


Per i non addetti ai calcioni: lasciate perdere, non ci pensate.


Per tagliare corto, visto che CR mi parlava di tutte le problematiche di questo periodo, le ho poi detto che tutto si riduce a una semplice domanda. “Sono felice?”. Se la risposta è affermativa, le incomprensioni, gli intoppi, i turbamenti del quotidiano passano via. Se la risposta è negativa o tentennante, allora c’è da farsi un esame.

Non ha risposto.

Potrei sembrare un po’ cinico in questo resoconto, ma le persone oscillanti mi destabilizzano e infastidiscono. Il copione di CR segue quello di una soap opera. Un giorno arriva in ufficio con l’espressione più triste di un Piero Fassino*, e si lagna perché ha litigato con il ragazzo, perché magari le ha detto che è ciotta (rotondina), o perché lui si aspetta sempre che sia l’altra persona a cucinare o a fare i piatti e via dicendo o perché lui dice che la persona giusta non esiste e quindi ci si deve accontentare, il giorno dopo dormono assieme e lei arriva in ufficio allegra e pimpante e la vita è meravigliosa.


Beh se non rendesse allegri e pimpanti l’umanità si sarebbe già estinta, forse.


Insomma, deciditi. Ne va della mia sanità mentale, non della tua. Anche perché non so per quanto tempo ancora io possa fingere di essere persona in grado di dare pareri saccenti e autorevoli. E sul mio cv questo non c’era scritto e non era previsto che io lavorassi per questa mansione di consulente.

E c’è un di più, inoltre.
Per ciò che riguarda sentimenti, vita, razionalità e scelte, io predico bene, ma Ruzzle male.

Quindi, non chiedetemi consigli.
Al massimo, opere di bene ma non in orario pasti.


*Oh Oh Oh…buon?…Natale a tutti!


Interpretazioni di geometria euclidea sui migliori mali dei nostri tempi

Da un punto passano infinite rette, ma tra due punti se ne può tracciare una e una sola.

Indi per cui, un individuo solitario posizionato in un punto dello spazio può guardare in tutte le direzioni, ma tra due persone in un dato istante di tempo N può sussistere uno e un solo tipo di interazione ben definita. A volte decisa da uno solo dei due.

Amici, nemici, indifferenti, amanti, odianti. Una e una sola.

È il nome che vogliamo dare a questo tipo di interazione che ci causa un disagio. Accade quando le aspettative son superiori (o anche inferiori) a quella che è la realtà connessa.

Viviamo di connessioni.
Ringrazierò qualche ignoto internato in un call center che me ne ha data una. Uno delle migliaia di schiavi che valgono 3/4/5 euro l’ora che riempiono tali piantagioni di cotone del XXI secolo. Prima o poi finiranno anch’esse tutte delocalizzate. Chiedo assistenza e già mi rispondono dall’Albania o dalla Polonia. Adesso resta solo che ci delocalizzino le bestemmie e poi non avremo più nulla; forse possiamo ancora resistere, perché all’estero non hanno l’inventiva e la creatività nostrana nel vilipendio alla religione. Modestamente ne so qualcosa e tu lo sai, mi hai ascoltato in auto, continuando a dire quanto buono e bravo sia io. Come tante altre cui non so come far cambiare idea. Mi darò un’aria da duro andando a spaccare lampioni con la mia fionda-stecco del Doctor Strabik della Eldorado, un gelato apparso e scomparso nel giro di poco tempo secondo me, perché non è stato capito.

Ho sempre la terribile sensazione di non essere compreso, come una X posizionata tra 0 e infinito, impressione che si amplifica quando mi si pongono determinati discorsi.

Tu hai bisogno di una donna fatta in questo modo, afferma quest’altra, passando a elencare le caratteristiche del profilo ideale: e ho sempre l’impressione che mi stia facendo uno spot elettorale con lei stessa come candidata.

Nulla di male in ciò, ma c’è un problema. È vegana.

Per carità, è una cosa bellissima e lodevole, ma io non voglio che mi mandi le foto del suo pranzo a base di pasticcio di seitan e tofu, non voglio che se usciamo e ordino una fiorentina da 1 kg mi conti i giorni che mi restano da vivere e non voglio che mi dia il buongiorno con le migliori frasi di Fabio Volo o chi per lui. Dimenticavo questa attitudine al citazionismo spicciolo, con tanto di foto di un tramonto in spiaggia con due ali di gabbiano a forma di sopracciglia nel cielo e una frase di contorno.

Anche io amo le citazioni, ho una Moleskine dove annoto quelle che mi piacciono. Però porco cane io le prendo da libri che ho letto o film che ho visto, non apro il primo link a caso su Facebook condividendo con tutti che

Là c’è una porta rossa, la vorrei tinta in nero.
Niente colori tutto dipinto di nero.
Io volterò la testa fin quando arriva il nero.
Là c’è una fila d’auto, sono tutte nere, coi fiori e col mio amore che non tornerà più.
Io se mi guardo dentro vedo il mio cuore nero.
Poi forse svanirò e non dovrò più guardare la realtà.
Come si fa… ad affrontar le cose se tutto il mondo è nero?

Bella vero? È Garcia Lorca.

Sbagliato.
Mick Jagger.

Alla fine si tratta di trovare la quadratura del cerchio.

Se parli di me, io ti bloggo

Ho di recente superato il traguardo dei 300 followers. Un numero importante, che mi mette addosso anche una certa pressione e ansia da prestazione: riuscirò a soddisfarli tutti o no?

Ho pensato, per sfoltire un po’ il numero di lettori, quale trovata migliore di un bel post in cui mi rendo antipatico? No, scherzo. Ma ho constatato che nella mia liste di categorie sociali non ho ancora analizzato quella più rilevante: il blogger. Pertanto, eccoci qui.

Premessa: le categorie, come tutti i miei scritti, sono frutto di ironiche estremizzazioni e non aderenti esattamente alla realtà, quindi non riferite a nessuna persona specifica.
Nessun blogger è stato maltrattato per la produzione di questo post e per i test e gli esperimenti sono stati usati solo blogger i cui corpi sono stati volontariamente donati alla scienza.
Per eventuali reclami, l’URB (Ufficio per le Relazioni con i Blogger) è aperto il 31 settembre, il 31 novembre e il 30 febbraio. Munirsi di numero. Le blogger carine e intelligenti dovranno lasciarlo, invece.

I blogger (questi sconosciuti)

Casa Vianello – Ovvero, la blogger (ma spesso è anche un maschio) che racconta la propria vita tra le mura domestiche, tra sveglie a orari impossibili, gatti che vomitano sui tappeti, coniugi con strane fisime e pranzi bruciati nel forno. La vita è sempre movimentata da assurdi contrattempi ed esilaranti scenette, come in una sit-com. Nei periodi di maggiore frustrazione e soprattutto se ci sono figli in casa può tramutarsi in una Casalinga disperata, che troverà nel blog l’unico momento di relax, dopo una giornata passata ad ascoltare i capricci dei figli, le lamentele dell’insegnante e, dulcis in fundo, i capricci e le lamentele del marito.

Bridget Jones – La sua domanda esistenziale è: “Solo a me capitano gli uomini sbagliati?”. Nel proprio blog racconta le disavventure sentimentali di cui è costantemente vittima a causa di incontri sfortunati. In genere i suoi uomini rientrano in una di queste specie:
– è bello ma noioso, a cena non fa altro che parlare di quando ha vinto il torneo di calcetto condominiale segnando il gol decisivo in finale e della crescita dell’azienda di spurghi & clisteri che dirige;
– è carino e simpatico ma una frana a letto;
– è bravo a letto ma ha i modi garbati di un Neanderthal, terminata la prestazione la caccia via con un calcio, un rutto e una bestemmia (ai più abili riesce di bestemmiare ruttando);
– è bello e bravo ma poi si scopre che è uno che cercava soltanto un’amante (perché ovviamente non aveva detto di essere sposato).

Fabio Volo – Il nome dice tutto. Poeta (secondo lui) e seduttore (sempre secondo lui), ci racconta di quando ha incontrato lei e l’ha conquistata dicendole “Io sono un uomo. Tu sei una donna” e così via tra ovvietà e aforismi che fanno presa sul pubblico femminile e anche su quello maschile, che lo identifica come maestro di saggezza e ne assimila le perle.

L’Enigmista – Sottotitolo: “Ma che minchia dice?”. È quello che scrive post criptici, ermetici e oscuri, narrando di “Squarci che liberano la pressione costretta lasciando a terra le nostre velleità…” mentre chi legge penserà “Wow, che bello”. In realtà sta descrivendo di quando ha forato con la bicicletta ed è rimasto a piedi.*

Il confuso – Quello che non sa perché mai abbia aperto un blog, perché mai continui a scriverci e perché mai non si decida a chiuderlo. Ogni tanto pone questa domanda anche ai lettori, che dovranno rispondere “nooo, non smettere” perché sennò fa brutto.

Una fashion blogger

La fashion blogger – La mutazione genetica frutto degli scarti della società moderna sversati nella blogosfera, il Godzilla emerso da acque di colonia radioattive. Ogni giorno c’è una donna che si sveglia e all’improvviso decide che lei dovrà fare tendenza e orientare la moda della stagione (come altre centinaia di migliaia di proprie simili: quante mode escono all’anno, quindi?). Il primo passo dopo il risveglio è l’invasione: facebook, twitter, instagram, pinterest, tumblr, le piattaforme sulle quali sbarca con lo stesso impeto delle truppe Alleate in Normandia. La sua giornata tipo inizia su Instagram, dove pubblica la foto della colazione su un tavolino con vista mare, perché lei non è come i comuni mortali che a casa si fanno un caffè e due fette biscottate, no, lei prende cappuccino (con la cremina e il cacao che formano un cuore), ciambelle e torta, che viene da chiedersi a quanto abbia la glicemia se ogni giorno comincia così. Il dubbio è che vada in realtà a importunare le persone al bar e a fotografare le colazioni altrui. Ci sono poi due scuole di pensiero per ciò che concerne i vestiti da indossare, pardon, per l’outfit: la foto di tutto l’armamentario disposto con cura sul letto e la foto di lei con i vestiti addosso davanti allo specchio. La data dello scisma tra queste due chiese non è ben precisa. Le fotografie sono molto importanti, purché fatte con stile, cioè basta che ci sia una smorfia. Parafrasando Lo Stato Sociale:
Sono così fashion che devo comunque fare una smorfia quando mi fotografo e se non faccio una smorfia allora faccio la smorfia come se non mi accorgessi che mi sto fotografando.
Ogni anno molti fashion blog muoiono di morte naturale per consunzione dell’autrice, nell’indifferenza generale.

La cavia da laboratorio – Una fashion blogger che ha seguito un percorso evolutivo diverso, magari per povertà; convinta del messianico compito di portare luce nel mondo del make up, è la tester per eccellenza di prodotti cosmetici e altre sostanze sconosciute da recensire sul proprio blog. Vista la propria indigenza perenne, si nutre o di campioncini gratuiti che raccatta stando tutto il giorno su internet o di prodotti che scrocc…fa acquistare alle amiche.

Benedetta Parodi – Così come sembra ci sia più gente che scrive che gente che legge libri, ci son più blog di ricette di piatti che di gente che ne mangia. Il mondo dei blog di cucina è lo youporn del cibo, una volta entrati in questa dimensione se ne diventa dipendenti, ci si perde in mezzo a tutti i generi, vegan, slow, bio, fusion, asian, sembrano etichette di video porno invece sono categorie di ricette. La blogger in cucina è la pornografa della tavola, ti mostra piatti che credi di poter replicare anche tu a casa: povero illuso, perché non verranno mai uguali.

Adam Kadmon – È parente di Quello delle verità nascoste che agisce sui social, a volte è la stessa persona. Anche lui si sente investito del ruolo – conferito non si sa da chi – di portatore di luce nelle coscienze ottenebrate degli esseri umani. Il suo blog vi darà la vaga impressione di entrare in un negozietto cinese Tutto a 1 euro, dove non ne uscirete se prima non vi sarete fatti convincere da qualcosa. Non usa mai lo stesso colore consecutivamente per sottolineare una frase chiave, perché non sia mai che cali l’attenzione del lettore. Tutto ciò che racconta è INCREDIBILE, SCANDALOSO e VERGOGNOSO, questi tre aggettivi sono necessari per la certificazione D.o.c. (delirio occulto complottista). La tattica di approccio col lettore è aggressiva come quella di un venditore di Folletto col cliente: se non compri la merce, sei un povero fesso che si lascia sfuggire l’occasione.

Amélie – Quella che si piace e si compiace della propria stramberia, di essere uscita di casa con i calzini di colori diversi, di aver comprato un paio di scarpe Lelly Kelly e di amare abbinamenti alimentari inusuali che sarebbero classificati dalla CIA come armi chimiche. Tutte cose di cui poi racconterà nei propri post. Ama scattare foto artistiche di altalene appese agli alberi e biciclette appoggiate ai muri. Attenzione: lei in realtà non ama affatto la fotografia, ma ama sé stessa che scatta le foto. Sempre con la testa fra le nuvole e i piedi nelle pozzanghere, perché dovrà poi raccontare sul blog di essersi schizzata i jeans, può avere diversi sviluppi evolutivi una volta adulta, da una Casa Vianello a una perenne incazzata col mondo, ma talune si bloccano a questo stadio di eterna pupa e non sfarfallano. Ne esistono anche versioni maschili che a volte sconfinano nel nerdismo, dove nei casi più gravi dalla crisalide si può assistere allo sviluppo di un tremendo Sheldon Cooper.

Sheldon Cooper – Il saccente nerdone che conosce tutto e il contrario di tutto, o almeno ne è convinto. Odia l’umanità con la quale purtroppo è costretto a relazionarsi e, a differenza della Amélie, pur essendo uno stramboide non è conscio di esserlo, al contrario sono gli altri a risultargli anormali mentre lui si piace e si compiace della propria presunta “normalità”. Può essere una creatura placida e tranquilla, ma è anche in grado di scatenare i propri peggiori istinti quando vede toccate le proprie passioni, potrebbe invocare la pena di morte per chi ha sbagliato la pronuncia di un nome di Game of Thrones, tanto per dirne una.**

Poi ce ne sarebbero tante altre ancora, c’è l’Ulisse, quello che è sempre in viaggio e regala ai lettori reportage fantastici che però gli attirano tante bestemmie per invidia, c’è lo Scrooge che ha sempre qualcosa da lamentarsi e ce l’ha con tutti, c’è la neomamma che fa tenerezza anche se sente la necessità di raccontare con orgoglio della produzione intestinale del proprio figlio, c’è quello che scrive guide su qualsiasi cosa, anche su come si scrive una guida su un blog, c’è il Marchese de Sade e la Lady Godiva coi loro blog a luci rosse, c’è il poeta maledetto/cimiteriale…e poi c’è quello che sfotte gli altri perché non sa che altro scrivere!

* Faccio outing: I did it.
** Secondo outing: mentre ne scrivevo, mi sono accorto di riconoscermi in parte. Però non chiedo la pena di morte, anche perché sono il primo ad avere un problema coi nomi e poi in GOT ce ne sono troppi. ” A morteee!”.

Dopo questo articolo ti senti:
=) Felice
=( Triste
>=( Arrabbiato
=D Segnati le ossa che ora vengo a mischiartele

Esemplari social che ti rendono asocial

La bellezza (o la bruttezza) di Fb è che ti fa scoprire cose sulle persone che conosci di cui non avevi alcun sentore o sospetto. Il che ti lascia con la domanda: ma davvero ho questi personaggi tra le mie cerchie?
Mi sono addentrato nel loro habitat naturale a rischio della mia incolumità per cercare di carpirne i segreti.

Il Dagospia – Il contestatore, il “Vergogna!”, quello che “Chissà cosa c’è dietro”, l’uomo del “Quanto hanno speso?”. Solitamente si interessa all’attualità, spaziando tra politica ed economia. A volte commenta la cronaca nera per dire la sua versione che non coinciderà ovviamente con quella degli inquirenti. Non definitelo giornalista mancato, perché odia i giornalisti. Quando è stanco utilizza la tecnica del “Show, don’t tell” e diventa contestatore silenzioso: non scrive alcun commento per le cose che pubblica ma si limita a condividere articoli, immagini, video scomodi o provocatori per dimostrare qualcosa. Romanziere.

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Quello delle verità nascoste – L’unico scopo della sua presenza su Facebook è quello di rivelare a voi comuni mortali la presenza di basi militari segrete sotto le vostre cantine, esperimenti per creare ibridi uomo-Borghezio, tunnel sotterranei creati da un popolo mitico per evitare i caselli autostradali. La sua distribuzione di bufale supera quella di un caseificio di Agropoli, trovando anche consenso tra qualche suo contatto che condivide perché “non si sa mai, magari è vero”. Coincidenza? Io non credo.

Il buon pastore – Non passa giorno che non ricordi ai suoi contatti la grandezza di Dio, citando qualche passo del Vangelo o pubblicando immagini di Angeli e Gesù. Sostanzialmente innocuo, può diventare rancoroso e feroce in presenza di temi scottanti e molto sentiti. Può occasionalmente entrare in contrasto con Quello delle verità nascoste quando si ritrovano in territori di interesse comune: il Vaticano, la Bibbia, i miracoli e così via.

Il ninja – Non aggiorna il proprio profilo da quando si è iscritto, non pubblica nulla dal 2008. Qualcuno pensa che sia estinto, qualcun altro ha dimenticato anche di averlo tra gli amici. In realtà la sua caratteristica principale è quella di essere invisibile ma presente. Quando lo incontri per strada ti dirà cose del tipo “Ehi, ti ho visto in foto con quella tizia, quella che frequenta il corso di accordatura di violino ed è stata a Orgiate di Sopra, è la tua ragazza?” e tu cerchi di ricordare a cosa diavolo si stia riferendo e perché sappia più cose lui di te. Inquietante.

La Volina – Quella che passa le proprie giornate a condividere immagini artistiche di un uomo e una donna abbracciati/che si tengono per mano/che si baciano, magari nudi in penombra, con accanto scritte del tipo “L’amore vero è quello che bussa alla porta e ti prende e ti porta via e la vita è un mazzolino di speranze nell’angoscia della notte”. Il suo guru è Fabio Volo, del quale oltre a condividerne estratti dei libri comincia a imitare lo stile, scrivendo perle di saggezza del tipo “Se non hai emozioni non ti emozioni”, “Se non ami non stai amando”, “Se non hai chiuso il gas occhio che ti scoppia la casa”. Si consiglia di assumere Brunello Robertetti.

La bocciofila – Quella che cambia immagine del profilo due-tre volte al giorno, rigorosamente mettendo in primo piano le sue generose ghiandole mammarie. Il commento tipico alle sue foto (proveniente dal pubblico maschile) è “Come sei bella!”. I più originali tentano di sviare dall’oggetto delle loro attenzioni scrivendo “Che bel sorriso!” o “Che begli occhi!”. I più arditi si lanciano in un “Bellissima, sei un amore”. In realtà stanno pensando tutti a una cosa sola e non è la squadra del Fantacalcio da schierare domenica. Il nemico tipico di questa donna è Il Dagospia, che nella sua veste di moralizzatore e contestatore pubblico le farà notare con tono pungente l’uso e abuso delle bocce. Al che la nostra eroina reagirà rivendicando la libertà di una donna di esibire quanto le pare le proprie mammelle e aggiungendo che se uno si focalizza solo su quelle è evidente che sia un cosiddetto morto di f. e così via, perpetuando uno scontro che va avanti dai tempi di Adamo ed Eva (che mostrò le sue grazie al serpente tramite Whatsapp).

Il collezionista Per lui Facebook dovrebbe chiamarsi Fuckbook, da bambino collezionava le figu, ora da adulto colleziona le fighe; l’elenco degli amici è in realtà un catalogo IKEA dove andare a pescare i pezzi più convenienti tra un vasto assortimento. Cacciatore instancabile, la sua tecnica si basa sulla quantità: più contatti uguale più possibilità. La sua preda preferita è La Volina, da lui ritenuta ingenua e desiderosa di attenzioni e perciò cedevole. Il suo nemico naturale è La donna cornuta, per questo motivo la specie del collezionista non gode di un’elevata longevità. Non è inusuale, infatti, che un esemplare finisca spesso pubblicamente sputtanato da un’amante tradita o raggirata. Ho visto account craccati dove donne furiose rivelavano tutte le trame di questo individuo. Ma come l’araba fenice, Il collezionista è in grado di risorgere dopo un periodo di oscurità sotto le spoglie di un altro account. Per ricominciare imperterrito.

Il PR – Appena dopo che l’hai aggiunto dovrai immediatamente bloccarlo, perché comincerà a inondarti di notifiche. Il PR si nutre di eventi, da lui organizzati o pubblicizzati da altri. La sua tecnica è la raffica di inviti. L’habitat naturale è costituito da un divano e un tavolino basso. Presente in migliaia di foto sempre con un sorriso a 64 denti come un politico in campagna elettorale, ha il suo alleato principale nella Fashion Victim che partecipa alle sopracitate serate, quella che non va in discoteca ma va “nel locale”, perché discoteca è un termine antico. La F. V. pubblica regolarmente reportage fotografici dei suoi fine settimana, passati sotto una decina di filtri Instagram che, aggiunti agli strati di trucco – pardon, di make up – del soggetto, le donano l’aspetto del clown del McDonald’s.

L’aquila – È responsabile dei maggiori traumi da craniate sul muro, perché quando vedi una persona che non è in grado di afferrare concetti elementari o di cogliere l’ironia, l’unica reazione possibile è una testata contro il cemento per dimenticare. Vive in simbiosi con Quello delle verità nascoste, come il pesce pilota per lo squalo o l’uccello-guardiano per il rinoceronte: per la sua boccalonaggine è infatti il primo a cibarsi delle baggianate del sopracitato individuo.

ScroogeWebEbenezer Scrooge – Quello che passa il tempo a contestare tutte le mode e le tendenze della rete, a denunciare futilità e consumismo delle feste comandate, a etichettare tutto come una fandonia, una bubbola. Ovviamente odia tutte le categorie presentate qui sopra.

E adesso provate a indovinare che tipologia sia io 😀