Non è che ti compri una lampadina per avere un’illuminazione

Stasera mi trovavo a riflettere e condividere opinioni sulla condizione di difficoltà che vive il Mondo. Virus, crisi economica, conflitti, peli incarniti.

Guardavo il fondo di un bicchiere vuoto in attesa di un qualcosa che neanche io comprendevo.

Una guida, un faro, un gps, un’Alexa.

Un nuovo partito? No, è banale e troppo locale.

Poi ho ricevuto l’illuminazione.

La rivelazione si mesceva in me come il vino che prodigiosamente, per Grazia (la proprietaria dell’enoteca), colmava il calice. Su un tovagliolo ho trascritto le cose che ora vado a condividere di quello che è il vero e unico credo cui dovremo votarci per uscire dalla crisi.

Ho deciso di chiamarla Religione Pecorina, in omaggio al bianco Pecorino di cui mi son abbeverato.

I caratteri della Pecorina sono i seguenti:

– Esiste un’unica divinità. Ma ha migliaia di sessi: è parente alla lontana dello Schizophyllum commune, un fungo – fatto vero (come tutti quelli che scrivo qui, diamine!) che ha 23.328 “sessi” diversi. Può quindi accoppiarsi con altre migliaia di sessi. Ma essendo unico al mondo non fa mai sesso, se non a pagamento.

– Dalla verità di cui sopra deriva la sua non-binarietà. Si fa chiamare quindi Di*.

– Di* ha concesso agli umani due vite: se in entrambe ci si comporta bene, l’anima è salva. Se in entrambe ci si comporta male, è maledetta. Se in una ci si comporta bene e nell’altra male, si avrà a disposizione una vita supplementare (di durata ridotta) per definire il risultato. In caso di parità, si va ai calci di rigor mortis.

– Di* esiste ma solo nei giorni feriali e comunque raggiungibile solo dalle 8:30 alle 17:30.

– A Di* fa arrabbiare l’odore di ascella dei mezzi pubblici.

– A Di* piacciono i gatti ma anche i cagnoni gioconi simpaticoni.

– A domande quali: Ma perché esistono le malattie?, Ma perché ci sono le zanzare?, e altre simili, Di* risponde che è colpa dei governi precedenti.

– Di* è amore ma non sempre: delle volte solo sesso. Delle altre restiamo amici che è meglio.

– Di* non si arrabbia se non credi in lui e non ti giudicherà per questo. Però avrà un calo di autostima.

– Di* non fa miracoli. Però concede botte di culo per trovare parcheggio.

– A Di* non piace che lo stai a pregare. Piuttosto, mandagli un modulo con un elenco di richieste. Lo ignorerà, però è più pratico.

– Festeggia le festività che ti pare oppure non festeggiarle. Però comunque niente regali brutti o riciclati.

– Di* ti vede se commetti atti impuri. Ma non gliene frega niente. Al massimo si ecciterà.

Cosa aspettate? Convertitevi alla Pecorina!

Non è che per un ballo in maschera devi prendere quella chirurgica

La proprietaria dell’enoteca ha voglia di chiacchierare. Io avevo solo chiesto un’informazione. «È ora di riaprire» dice, «Voglio tenerci chiusi solo per vendere il vaccino». Capisco, le dico. Lei sembra non badare a me e prosegue argomentando che regole e restrizioni sono solo finalizzate a venderci cose. «I disinfettanti. Questi dispenser di igienizzante».

Ché, giustamente, tra tutte le cose che potrebbero venderci, perché non organizzare una bella quarantena per dei dispenser?

Ha ragione, vorrei dirle. Il culo l’hanno infatti inventato per venderci la carta igienica, vorrei proseguire.

Tutto quel che mi vien fuori invece è un accenno di sbadiglio, che lascio sfuggire ben protetto dalla mascherina, stando attento a non tradirmi con la parte superiore del viso. Io non so se gli occhi siano lo specchio dell’anima, di sicuro sono lo specchio di quanto te ne freghi. Un osservatore ben attento potrebbe anche scoprire che espressione stai facendo sotto quel pezzo di garza e tela che porti appeso alle orecchie.

E lì ho provato un brivido. Il piacere di fare qualcosa un po’ sconveniente, ben nascosto in mezzo alla gente. La mascherina è un’allegoria dell’oscenità. C’è chi, per sfida e sfregio, si mostra a bocca e naso scoperti, dando sfogo a tendenze esibizionistiche. Chi invece è molto ligio e pudico e ti fa segno di coprirti, perché nel girare il capo ti è uscito il naso fuori. L’ultima volta che mi ero vergognato per qualcosa che era uscito fuori ero al mare e indossavo dei bermuda.

Bocca e naso come le pudènda.

La mascherina oggetto feticistico. Già immagino modelli più elaborati, fatte di sole striscioline di tessuto che occultano giusto gli orifizi, lasciando quel gioco di contagio/non contagio che lascia poco all’immaginazione.

Abbassati la maschera suonerà osceno e intimo.

Ma soprattutto noi annoiati cronici sbadiglieremo sommessamente senza che gli altri se ne accorgano. Mi sento già tutto preso dall’eccitazione.