Non è che non puoi perderti nei pregiudizi solo perché sono luoghi comuni

Ci sono una serie di aneddoti o curiosità che tutti ritengono veri ma che in realtà non lo sono. Pochi sanno che nel non-vero c’è in realtà del vero ma non ve l’hanno mai raccontato bene.

Con questo post spero quindi di far luce una volta per tutto su quel che i poteri forti non vogliono sappiate.

– Usiamo soltanto il 10% del nostro cervello perché il restante 90% non serve: è design.

– In Giappone gli insegnanti non si inchinano all’Imperatore perché sono gli unici ad aver capito che lui è un gran burlone e ama fare lo scherzo della saponetta a chi si piega.

– I tori sono innervositi dal rosso perché sono automobilisti indisciplinati e vanno sempre di fretta.

– Non tutti i girasoli seguono il percorso del Sole nel cielo. Alcuni hanno scoperto le lampade abbronzanti.

– Le unghie continuano a crescere dopo morti perché ancora non ci sono estetisti che offrono servizio funebre.

– Svegliare un sonnambulo è pericoloso per la salute. Di chi lo sveglia.

– Il pesce fa bene alla memoria perché con quel che costa è difficile scordarsene.

– La memoria dei pesci rossi dura tre secondi, perciò non prestategli denaro.

– I pipistrelli sono ciechi ma solo per truffare l’INPS.

– Il camaleonte cambia colore per farsi gli autoscatti da mettere su Instagram coi filtri anticati.

– Buddha non era grasso ma un falso magro.

– Lady Godiva girò nuda a cavallo. Il cavallo non ne fu felice perché lei aveva le mestruazioni.

– Che nel Medioevo si indossassero cinture di castità e un’invenzione dei secoli successivi. In realtà si utilizzavano le bretelle di castità.

– Maria Antonietta invitò il popolo a mangiare brioche perché aveva un’industria dolciaria. Questo i politici non lo dicono???????

– D’Annunzio non si fece asportare due costole per praticare l’autofellatio ma per avere più spazio per il pranzo di Natale.

– Einstein andava male in matematica. In particolare quando doveva pagare la sua parte di conto al ristorante.

– La birra fa ingrassare. Le tasche dei birrai.

Non è che l’impiegato nella galleria d’arte sia un “quadro”

Tanto tempo fa, almeno un paio di anni – che nel mondo di internet equivalgono a un’era geologica, giusto ieri infatti ho rinvenuto un fossile di MEDITATE GENTE MEDITATE del 2015 nel cranio di un imbecille -, su questo blog mi ero specializzato in liste.

Liste di persone, categorizzate in base alle loro specificità per identificarle e, se possibile, evitarle. Tutto questo per offrire un servizio pubblico, visto che c’è tanto bisogno di liste nella società.

Per riprendere le vecchie abitudini e offrire sempre di più al lettore, ho qui pronta una lista di individui che è possibile ritrovare, volenti o nolenti, come colleghi di lavoro.


L’Uomo Ombra
Non lo si vede mai. Forse non esiste nemmeno. Eppure se ne avverte la presenza oscura. Appone la sua firma sui documenti mentre voi vi assentate alla macchina del caffè. Contatta clienti anche se il suo telefono è impolverato dal 1990. Appare fisicamente soltanto se c’è un rinfresco aziendale, fa sparire qualche pasticcino e poi ritorna nell’ombra. Nessuno conosce il suo nome, l’amministrazione stessa ogni fine mese quando controlla le buste paga si chiede “Ma chi è questo qui che abbiamo a libro paga?”.
Frase tipica: – (nessuno l’ha mai sentito parlare).

Gola profonda
Colui o colei che tiene sempre aggiornati gli altri riguardo le proprie avventure sessuali, spesso con tal dovizia di dettagli che 50 Sfumature sembra un fumetto di Topolino. Di tali resoconti i colleghi farebbero ovviamente a meno, in particolare mentre stanno mangiando oppure revisionando un documento così importante e delicato che in caso di errori vedrebbero la propria testa finire su una picca. A Gola profonda tutto questo però non interessa, perché tutto ruota intorno al suo Ego.
Frase tipica: Ah, ti ho raccontato di…?

Il Dottor Stranodore

Il Dottor Stranodore ha sviluppato un efficace sistema di difesa della propria bolla prossemica. Spargendo nell’aria afrori molesti, come alito di gyros con cipolla e paprika, scarpa da tennis annata McEnroe ’79, ascella da autobus dell’Atac in sciopero bloccato a Corso Vittorio Emanuele, avrà la certezza di non essere avvicinato da nessuno. Il problema sorge quando è lui ad avvicinarsi agli altri.
Frase tipica: Ma sentite anche voi una puzza? Devono essere i lavori alle fogne qui di fianco.

Adolf
A dispetto dell’appellativo, l’Adolf non è una persona aggressiva. Ha soltanto il piccolo difetto di avere una concezione estrema di Lebensraum, ovvero di spazio vitale. Sentendosi troppo stretto all’interno dei confini della propria scrivania, l’Adolf comincerà a ritagliarsi spazio a danno dei vicini. I malcapitati, magari poveri stagisti posti come cuscinetto strategico intorno a lui, vedranno le proprie postazioni invase dalle sue carabattole. L’Adolf a volte è invadente anche a livello sonoro, costringendo gli altri a subire l’ascolto delle sue telefonate private o della musica che diffonde dalle casse del computer. Quest’ultima è una tattica di logoramento per costringere gli avversari alla resa e a concedere spontaneamente un Anschluss.
Frase tipica: Scusa, mica ti do fastidio se appoggio questo qui?

Occhio di falco
All’Occhio di Falco non sfugge niente, anzi le sue doti sono direttamente proporzionali ai vostri tentativi di occultamento. Più cercherete di tener nascosto quel pacchettino minuscolo che avete ricevuto poco prima di entrare in ufficio, più la sua vista si acuirà per individuare
– l’oggetto
– la forma
– il colore
– il costo
Come qualsiasi supereroe, l’Occhio di Falco è però geloso della propria identità e ci tiene invece a tener celate le cose che lo riguardano. Reagirà in maniera violenta ai vostri tentativi di intromissione nella sua privacy.
Frase tipica: Che cos’hai lì?

Ciccio di Nonna Papera

Probabilmente non è umano. Forse il suo stomaco contiene un buco nero. Con l’energia creata dal movimento continuo delle sue mascelle si potrebbe fornire elettricità a una città. Con le quantità di cibo che ingurgita si potrebbe sfamare una Nazione. Il Ciccio, nei cassetti non ha documenti e materiale da cancelleria ma provviste di cibo. Il suono che proviene dalla sua postazione durante le otto ore è soltanto quello di un crunch crunch continuo.
Frase tipica: Lo finisci quello o posso mangiarlo?

Legge 626
Risponde al telefono: lesione al timpano guaribile in giorni 30.
Finestra aperta: colpo di vento e dolore cervicale per una settimana.
Sposta il mouse: infrazione carpale con prognosi di venti giorni.
Suono delle sveglia: emicrania lancinante per giorni tre.
Il tutto sempre corredato da certificati rilasciati da un sedicente medico curante che in realtà ha il diploma da geometra. Acquistato online.
Frase tipica: Oggi non mi sento tanto bene…

Quinto Fabio Massimo ovvero Il Temporeggiatore
Per lui il tempo è un concetto talmente relativo che Einsten al confronto è un dilettante. Procrastinatore inveterato, qualsiasi cosa gli venga chiesta, qualsiasi cosa vada fatta, lui risponderà sempre con Poi vedo/Poi lo faccio/Poi telefono/Poi correggo.
Frase tipica: …(poi la scrivo).

Viaggi di nozze/Una mamma per amica
Viaggi di nozze è la classica collega che sta preparando il matrimonio. Comincia a fracassare le palle ai colleghi con questo argomento 2 anni prima delle nozze, ma probabilmente sta solo ripetendo discorsi che già faceva quando era bambina. Un giorno parlerà del vestito, un altro del luogo della cerimonia, un giorno del menù, un giorno del vestito di lui…per poi cominciare ciclicamente da capo perché nel frattempo saranno sorti imprevisti o saranno emerse cose nuove, anche se, gira e rigira, non si sa come alla fine tornerà sempre alle idee di partenza.
Attenzione: l’esemplare Viaggi di nozze non si spegne con il matrimonio e il resoconto del seguente viaggio. Un giorno si trasformerà in Una mamma per amica e qualsiasi suo discorso verterà sui figli e, in casi gravi, tale processo può durare fino a che il figlio non va all’università.
Frase tipica: Guarda questa/o che carinaaaaaaa/ooooooo (mostrando, a caso, foto di abiti da cerimonia, case, hotel, spiagge, neonati a caso, cucine, girarrosti, creme per arrossamenti anali…)

Dead man walking
Il contratto a progetto reclutato per coprire quello che è partito per un giro intorno al mondo di tre mesi. Lo stagista cooptato grazie a Fondi Regionali+Borsa di studio+Bollini spesa Coop+Sovvenzioni genitoriali, insomma a gratis, che spera di essere assunto anche se l’azienda non firma un contratto dal 1980. Il tempo determinato che non verrà rinnovato perché la ditta è in crisi. Insomma, quello cui è meglio non affezionarsi perché tanto alla fine muore. Ma tanto in fondo se deve succedere, meglio a lui, è giovane, a 35 anni ha modo di fare esperienza.
Frase tipica: Beh dai almeno fa curriculum…

Non è che serva Alan Turing per identificare un codice di condotta

Oggi la mia CR era assente dal lavoro, causa una brutta tonsillite.

Speravo di godermi la giornata, ma Aranka, detta da me Mekkanica, ha zampettato per un po’ avanti e indietro perché doveva impacchettare dei regali nella sala briefing. L’ufficio dove mi trovo è giusto in mezzo tra il suo e la suddetta sala, quindi era un tramestìo continuo.
Ha approfittato dell’assenza di CR per mostrare la sua natura malevola, disturbandomi alquanto.

No, non ha disturbato il mio lavoro: ha disturbato il mio piano di nullafacenza.

A proposito di disturbo, ieri sera (o forse l’altroieri: col fatto che pubblico i post dopo mezzanotte come un giornale non so più a quale tempo riferirmi) verso mezzanotte mentre mi preparavo la colazione per la mattina seguente* all’improvviso sguscia dall’uscio della propria camera la CC.


* Mi piace trovare tutto già bello e apparecchiato e il mattino dopo dover solo versare il latte – alla soia al cacao, info per diamanta – e spalmare la marmellata.


Era in sottoveste.


Tranquilli, non è l’inizio di un resoconto erotico. Quindi potete mettere a nanna gli adulti.


Una sottoveste bianco perla, serica, che terminava di poco sotto l’inguine, con due bretelline invisibili sulle spalle e dei ricamini floreali all’altezza del petto.

“Ah! L’hai guardata bene, eh?” ha detto il mio pubblico immaginario, tra risatine e gomitate d’intesa.


Il mio pubblico immaginario in questo frangente era costituito da Joey Tribbiani di Friends, Barney Stinson di HIMYM e Howard Wolowitz di TBBT, che si sono materializzati appena hanno sentito di una donna in déshabillé

Senza titolo-1


In realtà l’avrò osservata per un secondo e basta. Poi ho distolto lo sguardo cercando qualcosa da contemplare e non ho trovato di meglio che rimirare la caldaia. Una gran bella caldaia, a essere onesto. Però non ricordo come sia fatta pur avendola fissata 5 minuti. È colpa di Einstein: nel momento in cui inventò la relatività il tempo prese a non scorrere più allo stesso modo. Una volta Trenitalia ritardava puntuale.


Se pensate che un secondo sia poco per cogliere tanti dettagli, sbagliate. Tornando alla relatività, pensate a quante centinaia di migliaia di chilometri fa la luce in un secondo. I nostri occhi in un simile lasso di tempo vengono quindi bombardati da miriadi di informazioni e noi nemmeno ce ne accorgiamo.


Comunque, era uscita dalla stanza per chiedermi, se non fosse di disturbo, se non mi disturbassi a svegliarla l’indomani perché la sua sveglia era fuori uso. Sempre che non mi avesse disturbato interrompendomi in quel momento.

Certo che era un disturbo.
Donne che appaiono in sottoveste a mezzanotte è una cosa veramente fastidiosa. Il governo dovrebbe fare qualcosa!

A scanso di equivoci, non ho comunque pensieri impuri sulla CC in sottoveste.

Ho una regola che mi sono dato e che quando non ho seguito ne sono sempre stato punito: mai fare il provolone con donne facenti parte di una cerchia o un luogo che frequento abitualmente: scuola/università/lavoro/centri di recupero per indossatori di abbigliamento discutibile e così via. Figuriamoci con una persona con cui divido casa.

Credo molto nell’avere un codice di condotta.
Penso che ognuno dovrebbe avere una regola da scolpire sulla roccia: mai criticare a voce alta qualcosa perché arriverà sempre qualcuno che avrà da ridire sentendosi offeso, pure se tu stavi parlando dei suonatori di didgeridoo della Tasmania; mai aglio e cipolla prima di colloqui/appuntamenti; mai dire “Te l’avevo detto” a chi è innervosito perché qualcosa è andato male; mai cibo/acqua dopo mezzanotte (vale per i Gremlins).

Dovrebbero avercelo anche i disturbatori di professione un codice.
Perché esistono individui che realmente mettono a rischio l’integrità strutturale del sacco scrotale.

La cosa buffa è che chi non disturba si preoccupa sempre di non farlo e chiede conferma (l’ultimo esempio che mi ha dato spunto per riflettere è appunto la richiesta di CC), chi realmente disturba, non se ne cura per niente.

La cosa meno buffa è che mi sento spesso chiedere se qualcosa mi sia di disturbo o meno, sempre da parte delle persone innocue: a volte mi sento un po’ abbattuto perché ho come il timore di dare l’impressione di essere perennemente scazzato o pronto a mordere.

Ed è ironico che, ammesso e non concesso che io sia così, io non lo sia evidentemente abbastanza per tenere a bada i veri disturbatori.
Cioè quelli che ti impediscono di indugiare nell’ozio!

Il mondo di Dalí – L’eclissi (1)

I racconti del Capitolo I si trovano qui.
Ringrazio stephymafy  e i suoi “scarabocchi telefonici” che mi hanno ispirato lo scenario della Città del Tempo.

___Negli abissi dell’animo seppelliamo il nostro Io ancestrale per adattarci a regole e convenzioni della società civile. In rari casi avviene tuttavia che sia necessario per la propria stessa sopravvivenza immergersi in quel mare in cui è affondato l’Ego e riportarne a galla la primordiale dirompente forza.
___Mi chiamo C.. Ho 35 anni e sono, anzi ero, un agente assicurativo. Nessun mutuo da pagare, né una moglie o un animale domestico da mantenere, il sabato torneo di tennis coi colleghi e la domenica a pranzo dai genitori. Niente antifurti alle finestre e sempre un saluto cordiale per i vicini. Adesso sono l’uomo che ucciderà sé stesso.

__La scioccante visione allo specchio mi aveva gettato nello sconforto e nella disperazione. Sulla soglia della pazzia ho urlato e mi sono percosso come un ossesso per spegnere l’allucinante immagine che pulsava nella mia testa. Io, il demone. Ricordi, vita, solo mendaci realtà che mi ero costruito? Vagavo. Se la ricerca di un passaggio tra quella che credevo fosse la casa cui tornare e questo assurdo mondo mi aveva dato una ragione di vita, ora la verità mi aveva privato di qualsiasi scopo. Il mio unico desiderio era quello di spegnermi e porre fine ai tormenti.
___Avevo appena poggiato il piede su un basamento solido ondulato che mi accorsi di una singolare anomalia. Sporgendomi da un lato ero perfettamente allineato con il terreno circostante mentre spostando lo sguardo al lato opposto mi ritrovavo in alto di qualche metro rispetto al suolo. Senza rendermene conto ero incorso in un’altra illusione prospettica. Non diedi alcuna importanza alla cosa – a malapena ormai mi stupivo di quelle stranezze e nello stato in cui ero nulla poteva scuotermi – e mi avventurai a passeggiare nel cielo attraverso strane formazioni solide rette all’apparenza dal nulla. Guardando in basso constatai di quanto mi trovassi in alto, il paesaggio sottostante era soltanto una tavolozza di colori informi e privi di particolari. Un’idea malsana prese in modo rapido il possesso della mia mente. Avrei potuto gettarmi di sotto e porre fine alle mie sofferenze una volta per tutte.
___Immerso in tali pensieri di morte camminavo su uno stretto passaggio in discesa sospeso sul vuoto. Una cappa di nuvole sul mio capo mi faceva da soffitto. All’estremo opposto rispetto al punto in cui mi trovavo l’inusitato ponte del cielo si ampliava in una enorme formazione a conca. Il velo d’ombra che la rivestiva ne impediva di cogliere i particolari. Esploravo la vallata interna percependo al di sotto dei piedi solchi e canali come scavati da un corso d’acqua. Non so perché ma pensai a un paesaggio marziano che da bambino avevo visto su un libro. Un ricordo fittizio, probabilmente.
___Un enorme arco aperto incorniciava l’intero panorama alla mia sinistra, una conformazione che mi atterriva e affascinava nel medesimo istante. La propaggine partiva da un promontorio alle mie spalle per descrivere una volta sospesa in aria, mancando un appoggio che ne chiudesse la figura. Mentre lo attraversavo mi sentivo inquieto.
___Raggiunto il bordo esterno mi sporsi a osservare sotto di me. Notai qualcosa che non avevo colto prima o che in modo più probabile era apparso in quel preciso momento. Nel nulla di quella pianura emergeva una composizione di strane forme in bianco e nero. Era come ammirare un insieme di cristalli. Mentre tentavo di cogliere maggiori particolari socchiudendo gli occhi, la superficie sotto i miei piedi cominciò a tremare per poi inclinarsi. Voltandomi in cerca di un appiglio vidi ciò che non avevo potuto notare in precedenza: il volto di un vecchio uomo dalle enormi proporzioni che emergeva tra le nuvole che si diradavano. Stavo cadendo. Annaspavo in aria cercando di aggrapparmi a qualcosa, con il gigantesco essere che rivolse verso di me uno sguardo sadico. Quel che mi provocò maggior stupore e terrore fu il rendermi conto di cosa i miei piedi avevano calpestato sino a quel momento: era la sua mano!

La mano (1930)

____Precipitai nel vuoto. Dopo lo spavento iniziale cominciai a sentirmi sollevato. La fine di tutto, l’oblio, la pace. Questo mi attendeva in pochi attimi.
___Chiusi gli occhi. Speravo di perdere i sensi, ma non fu così. La caduta si fece angosciante, aprii gli occhi e sotto di me potevo distinguere i contorni sempre più nitidi di quella che avevo scambiato per una conformazione minerale e invece sembrava essere una città bicromatica. Forse svenni per qualche istante. Ricordo soltanto di aver percepito all’improvviso l’impatto sempre più vicino. Ho pregato ma solo di non soffrire, non per i miei peccati. Se ero un mostro speravo di esserlo al punto tale che anche l’Inferno mi avrebbe rifiutato.
___Non ebbi il coraggio di guardare. A occhi chiusi avvertii la sensazione di scivolare su di un piano inclinato. Guardai ma tutto ciò che vidi di fronte a me fu una enorme parete bianca contro la quale mi scontrai, seppur a velocità moderata. Qualcosa aveva smorzato il mio moto. Caddi. Questa volta verso l’alto, almeno credo. Sensazione di capovolgimento. Le tempie pulsavano, avevo la nausea ma non riuscii a vomitare.
___Quando mi rialzai potei ammirare uno spettacolo incredibile. Bianchi e neri come in una scacchiera si ergevano e si aggrovigliavano edifici e strutture squadrate, contornati da quelli che apparivano come alberi. Le strutture esplodevano da un unico punto per poi separarsi ed esprimersi in forme sempre più ardite e contrarie a qualsiasi logica di gravità e stabilità. Strade e percorsi si insinuavano tra pieghe e contorni delle costruzioni partendo dal suolo sino a perdersi nel cielo in mille circonvoluzioni. Tutto si dipanava senza interruzioni, come un immenso disegno tracciato senza staccare la punta della penna. Ero caduto in un ghirigoro tridimensionale.
___“Benvenuto, I25-8” la voce di un uomo calma e priva di alcuna inflessione tonale mi riportò alla realtà.
“Chi sei? Dove sei?” intorno a me non vedevo nessuno.
“Il Dove è un concetto non appropriato. Sarebbe corretto usare il Quando, I25-8” la risposta mi parve indisponente.
“Forse sono pazzo” pensai a voce alta.
“La pazzia vive agli estremi positivi o negativi. Contemplare la possibilità del dubbio espressa dai forse non è dato. Dunque, I25-8, dimmi: sei tu pazzo o non lo sei?”
“Smettila con i sofismi. E cosa vuol dire I258? Fatti vedere!” urlai stizzito.
“Non mi è concesso negarmi allo sguardo ma non sono padrone degli occhi altrui. Se tu non mi vedi come posso io farmi vedere da te pur essendoti davanti?”.
___Pensai di essere vittima di una presa in giro. Di fronte a me non c’era nulla. Uno spiazzale tra due edifici ricurvi circondati da alberi che facevano da contorno a uno squarcio su una piana senza fine che defluiva nel cielo. Nessun essere vivente.
___Stavo per andarmene per smettere di dialogare con i fantasmi, quando non potei credere a ciò di cui mi accorsi. Edifici e alberi incorniciavano la fenditura sull’infinito delineando il contorno di una testa umana. Enorme, si stagliava dinanzi a me. Uno scherzo della vista o era proprio l’uomo che mi stava parlando, non ne ero certo.
“Ti vedo” mi lasciai sfuggire.
“Mi vedevi anche prima ma la tua mente si rifiutava di guardarmi” disse la voce, adesso dotata anche di una figura.
Stavo parlando con una illusione ottica. La situazione mi sembrava normale tanto da proseguire la conversazione.
“Non mi hai detto ancora dove siamo”.
“Stai persistendo nel porre una domanda non congrua. È mio dovere avvertirti che l’ultimo a diffondere simili questioni è stato considerato un eresiarca”. La voce, o meglio, l’uomo, sembrava infastidito pur non avendo mutato tono.
“E cosa gli è successo?”
“Gli è stato negato il Tempo” la frase suonò come una sentenza.
“In che senso negare il tempo? Come è possibile fare una cosa del genere?”.
“Noi siamo la Città del Tempo. Produciamo, gestiamo e amministriamo il Tempo. Siamo ciò che scorre e quel che si ferma, siamo il battito del principio e il suono della fine. Siamo il regno del Quando e non abbiamo Dove perché quello è dominio della Città dello Spazio. Spazio è a Noi lontano e a Noi vicino, ne siamo in modo indissolubile legati e al contempo diversi, perché Quando e Dove non hanno forma in Assoluto. Per contemplare l’Assoluto è necessario trovarsi in una posizione da Assoluto. Ma come può esistere una condizione simile se il punto dal quale osservi può far variare i medesimi criteri di Quando e Dove?” detto questo, tacque.
“Sei per caso Einstein?” domandai schioccando la lingua, non mancando di inserire una punta di sarcasmo.
“Io sono l’Orologiaio” pronunciò ignorando la provocazione.
“Orologiaio, dunque, mi conosci? Prima mi hai chiamato I-qualcosa”.
“I25-8. Sei l’individuo al quale il Tempo sta cessando”.
“Mi sta finendo il tempo? In che senso?” chiesi turbato.
“L’Eclissi. Sta per arrivare”.

fine prima parte

Uomo con la testa piena di nuvole (1936)