Sono tornato in telelavoro – volontario in quanto non siamo obbligati ma tanto se in sede non ci va nessuno non sarò certo io a presentarmici – e, devo confessare, oggi non ho concluso nulla. Non che ci fosse tanto da fare, ma comunque mi sento come se mi fossi fatto i casi miei per 8 ore col pc acceso.
Che è in effetti ciò che è avvenuto.
In questa modalità non riesco a darmi una routine, un’abitudine, come è con l’andare in ufficio, attaccare e staccare per poi tornare a casa. Sono diventato un umano da cartellino.
Chiariamo, lavorare da casa ha tanti vantaggi, come lo svegliarsi 5 mn prima dell’orario in cui accendere il pc e rispondere alle mail mentre ancora ci si sta amichevolmente grattando i gioielli post risveglio.
Ma, sarò sincero, su altri aspetti preferisco andare in ufficio.
Non mi lamento per carità, avendo ancora un posto di lavoro cui far riferimento e dove andare.
Intorno a me vedo gente che chiude, abbassa serrande, dice basta.
Non mi lamento.
Perché poi vedi o senti delle cose e a te viene un buco nero in petto in cui vorresti farti collassare come una stella morente per pura vergogna perché magari prima di uscire di casa stavi bestemmiando per il rubinetto che gocciolava e pensavi che la vita ti volesse punire per solo sadico diletto.
È una roba strana, da una parte ho le ansie di cui non riesco a parlare a nessuno che mi sembrano come quelle fastidiose alghe che quando esci dal mare te le ritrovi tra le dita dei piedi, tu ci provi a evitarle ma poi ce le hai addosso e ti viene lo schifo e scuoti il piede ma quella resta attaccata.
E quelle alghe sono lì anche nella tua testa e nel petto e nel cuore e nello stomaco e l’unico momento in cui riesco a scrollarmele è quando si apre il buco nero che mi risucchia, quindi devo scegliere tra sentirmi avviluppato tra tutte le mie paure e le mie paranoie e farmi invece ingoiare dal buco nero per aver solo pensato di avere dei problemi.
Che poi non è che uno scelga realmente, accade e basta. Oh comunque non è sempre così, ci stanno pure momenti di sana serenità in cui frega un cazzo di niente perché uno si sente bene e basta.
Mi sono chiesto cosa mancasse al mio blog e quali campi io potessi ancora esplorare. E sono giunto alla conclusione: ci vuole una posta del cuore! Non ho però a disposizione esperti o professori per fornire consulenze, quindi mi adopero io in prima persona. Tanto ho imparato su Google tutto il necessario.
Appena ho pensato di iniziare questa rubrica sono arrivate già le prime lettere. Alcune erano finite per sbaglio nella posta di altre poste del cuore: che distratti!
Caro Gintoki, il mio fidanzato è diventato gay. Mi ha lasciata, svicolando sui motivi e poi sparendo. Poi un giorno riaccompagno un amico che ha un coinquilino gay a casa e lì sotto trovo lui, il mio ex, col coinquilino, in atteggiamenti piuttosto confidenziali. Era gay e io non l’avevo mai capito, mai sospettato. Siamo stati insieme due anni, mica due mesi. Facevamo sesso, ovviamente, e solo ora mi sembra di notare certe sue stranezze, come quando mi chiedeva di non far la ceretta ai baffi o di schiaffeggiarlo col mio clitoride (ho un clitoride di 10 cm e questo mi ha sempre creato qualche imbarazzo). E da conoscenze comuni mi hanno confermato che si sta vedendo con quel ragazzo. Mi chiedo che cosa ho per aver attratto questa persona bugiarda che è diventata gay e si è presa gioco di me.
Gioia Maina, Chepalle (SO)
Cara Gioia, io eviterei di correre a conclusioni affrettate e giudizi severi. Magari il tuo ex è un amante dei baffi. Se vuoi riconquistarlo, lascia perdere la ceretta e comprati una buona cera per baffi e un pettinino per prendertene cura. Suggerisco di adottare lo stile Fu Manchu, quest’estate va molto. Riguardo il tuo clitoride, comprendo che 10 centimetri possano creare qualche imbarazzo sotto la doccia in palestra. Però ti rammento che dicono che le dimensioni non contano ma basta saperlo usare. Un caro saluto.
Ciao Gintoki, ho 24 anni e ho un problema…credo proprio di aver trovato il ragazzo perfetto…intelligente, laureato, ottima famiglia, lavora, è affidabile è religioso, credente e praticante come me. L’unico problema è che lui crede nell’importanza del matrimonio e non vuole saperne di rapporti. Io gli ho proposto in alternativa l’anal, in modo da mantenermi illibata per la prima notte, ma lui dice che vuol conservare la purezza del suo cero (e così che chiama il suo membro, da quella volta che ci conoscemmo nel coro della chiesa e io gli dissi Hai un cero in tasca o sei solo contento di vedermi?). Che devo fare?
Devota Cappella, Piove di Sotto (PD)
Cara Devota, credo ci sia un fraintendimento. Probabilmente col mantenere la purezza del cero il tuo ragazzo si riferisce ad altro. La prossima volta che gli proponi un anal usa prima un microclisma o un clisterino per la pulizia del retto. Fammi sapere.
Caro Gintoki: vengo al dunque. Io la amo. E lei dice di amarmi. Solo che mi accusa di essere soffocante. Dice che sono opprimente, che il mio amore è assillante, assillante, assillante. Ok, forse debbo mettermi nei suoi panni. Ma nei miei chi ci si mette? Mi domando perché se è libera la sera non ha voglia di vedermi, perché devo insistere e insistere e poi quando ci vediamo sta bene. Perché devo insistere per portarla fuori per un weekend, lei dice che non ama viaggiare, poi la volta che ci riesco, mi sembra sia felice. Ma allora, perché fa tante storie? Perché devo essere io a insistere per cenare insieme, poi viene da me, e si gode la serata… Non capisco perché tante storie, perché quando è libera non sempre ha voglia di vedermi… è così sfuggente che a volte penso abbia un altro.
Sonoro Acufene, Trebbiano nella Botte (PE)
Caro Sonoro, vengo al dunque: sei un vero cagacazzi. E ha ragione lei a dire che sei fastidioso. Ripeti le stesse cose, hai scritto tre volte di fila assillante e a me la gente che ripete quello che dice dà ai nervi. Hai capito? Hai capito? Hai capito? Son certo che lei veda un altro uomo: lo psicoterapeuta che la ha in cura per lo stress.
Gin, ho una questione molto semplice da porti. Sono andata a letto con quasi tutti i miei migliori amici e non me ne pento per niente. Solo che ora ho un fidanzato che ha una visione del mondo un po’ meno liberale della mia. Che cosa dovrò dirgli quando dovrò presentarglieli?
Malvasia del Salento, Bucchinasco (MI)
Cara Malvasia, credo tu abbia preso alla lettera il concetto di “farsi degli amici”. Non fatico inoltre a credere che, andandoci a letto, tu sia la loro migliore amica. Venendo alla tua questione, io credo che una relazione debba basarsi su sincerità ed equilibrio tra le parti. Quindi per pareggiare i conti il tuo fidanzato deve fare sesso con i tuoi migliori amici.
Ebbene sì, anche questa mattina mi ritrovo a fissare il telefono in attesa di un messaggio da lui. Lui che è affascinante ma sposato. Forse per questo ai miei occhi affascinante. Lui che con classe e ironia è riuscito a trascinarmi in un vortice di passione e felicità, ma che ancora non chiama. Sono una quarantenne bella e disinibita ma sempre sola. Scappano tutti, sposati e no. Anche se confido nel grande amore… Uffa, sempre da sola non ce la faccio più. Help. P.S. Scusa la punteggiatura inadeguata, ma sono una patita dell’Ulisse di Joyce.
Sevizia Bonazzi, Ratto delle Sabine (VT)
Cara Sevizia,
scusa se ti rispondo in blu ma sono un patito del primo Picasso. Se parli come scrivi non fatico a credere che scappino.
Caro Dottor Gintoki, so che lei si occupa di cuore ma mi chiedo se fosse anche esperto di medicina generale. Volevo chiedere un parere su una cosa che mi vergogno un po’ a raccontare. In pratica, quando ingerisco alcuni alimenti noto che dopo un po’ la mia urina ha lo stesso odore di ciò che ho mangiato! E non mi succede solo con gli asparagi, che come saprà hanno questo effetto collaterale. Mi succede anche con i funghi, la pizza, l’ananas, il pesce e i mufloni grigliati. Cosa dovrei fare?
Candida Albicans, Sega Adduemani (VE)
Cara Candida, è vero, mi occupo di cuore, ma solo perché, rimasto privo di connessione internet, non ho avuto modo di specializzarmi in altro. Ti consiglio di sfruttare la tua condizione per un’attività di pissing gourmet. Ti auguro di diventare mistress stellata.
Alla prossima settimana (forse) con altre lettere del (o dal o per o in con su per tra fra) cuore!
* Per una volta prendo un titolo in prestito, in questo caso è citazione di Corrado Guzzanti.
Ci sono persone che hanno bisogno di certezze nella vita.
Tipo sapere che la Terra stia continuando a girare intorno al Sole, che i Rolling Stones continuino a fare tour o che Leonardo DiCaprio continui a non vincere l’Oscar.
Una di queste certezze è appena crollata.
A scanso di equivoci e per restare fedele all’intento didascalico di questo blog, anche se c’è chi dice che la Terra non gira intorno al Sole (vi rimando a una esauriente letteratura reperibile in rete) io propenderei per considerare la vittoria di DiCaprio come caduta di una certezza.
Il mio personalissimo punto fermo che invece è venuto meno è che Ex² da oggi ha un cane.
La cosa mi tange nella misura in cui il possesso del cane abbia efficacia retroattiva: io sono quindi stato con una persona che, seppur gattara, un giorno avrebbe poi avuto un cane.
In realtà nella sua famiglia che io ricordi ne avevano avuto un altro, ma l’età del possesso effettivo dell’animale per me scatta quando ce ne si occupa direttamente.
Difatti anche quando ero io piccolissimo la mia famiglia ha avuto un cane, salvo poi io essere cresciuto un’intera vita in mezzo ai gatti.
Ciò fa aumentare a 3 le fidanzate che avevano a che fare con i cani. Le altre 2, esclusa quindi Ex², sono state cattive esperienze, imputabili sicuramente al possesso del cane perché io ho una mia teoria secondo la quale gattari e canari non possono stare insieme per differenti visioni di vita.
Ovviamente arriverà qualcuno a smentirmi parlando di felici coppie gattari/canari, gattari/canarinidi, canari/canarinidi e via dicendo. Buon per loro.
Questo episodio, seppur io e lei non stiamo più insieme da 3 anni e un paio di pannocchie, mi turba. È come se i già citati Rolling Stones si sciogliessero: fa niente che non ascolto più qualcosa di loro da 20 anni, mi turba lo stesso.
Una doverosa precisazione è che io non ho nulla contro i cani.
Seppur di vecchia concezione, l’atto di mettere le mani avanti oggi gode ancor più di maggior impulso, in un’epoca contrassegnata da scontri di valori su diverse materie: umanità, religione, sessualità e via dicendo. Premettendo di non avere nulla contro qualcosa si sgombra il campo dall’accusa di essere intolleranti, seppur poi inserendo nella successiva subordinata un’affermazione inconfutabilmente intollerante.
Escluso da questa regola resta in modo ignobile il cibo, sul quale si possono apertamente dichiarare intolleranze o lanciare accuse di perniciosità per la salute.
Ricordiamoci però sempre che la prima causa di morte resta la vita stessa. Soltanto dopo viene tutto il resto.
Ho conosciuto cani simpatici.
Sono i padroni a volte a essere idioti.
Avere un cane non ti rende idiota, ci mancherebbe. Ma così come, ad esempio, un’automobile non ti rende idiota ma esistono idioti che esplicitano la propria idiozia con l’automobile (il tipo con gli abbaglianti che ti acceca dallo specchietto, per dire), ci sono idioti che estrinsecano idiozia col cane.
Mi riferisco a quello che porta in giro senza guinzaglio in pubblico un cane della grandezza di un puledro, probabilmente per mostrare al mondo la propria potenza di essere umano capace di esercitare un biblico controllo e dominio sulle bestie.
Oppure la sciura che, con la sua bella bustina, raccoglie le deiezioni del proprio cane per poi gettare il tutto nella prima aiuola che trova, forse pensando che l’utilità del sacchetto sia appunto quella di confezionare, a mo’ di pacco regalo, il prodotto del proprio animale.
Sperando di far cosa gradita, un giorno vorrei farle trovare fuori la porta il contenuto della lettiera dei miei gatti, ovviamente confezionato come neanche una commessa di Lush potrebbe fare.
Dovrò prima però imparare da una commessa di Lush.
Una cosa invece fastidiosa che fanno i cani è quella di annusare tra le gambe.
E l’idea che lo faccia anche con la propria padrona mi dà ancor più fastidio: sarò possessivo, ma non è carino pensare che, mentre stai con una persona, c’è qualcun altro che metta il naso tra le sue zone intime (ginecologo escluso, ovviamente).
Sulla cosa del ginecologo avrei aneddoti su mariti che esigono che le proprie mogli si facciano visitare esclusivamente da medici donna e mogli che vanno da ginecologi maschi di nascosto per tal motivo.
E, no, non si tratta di integralisti religiosi ma di persone di una dichiarata mentalità progressista. A detta loro.
Adesso che so che Ex² ha un cane penso che non avrò mai più possibilità di vederla.
Se volessi chiederle, un giorno che mi trovassi in Italia, di vederci per un caffè e parlare serenamente come qualche volta abbiamo fatto, non potrò fare altro che pensare che potrebbe avere peli di cane addosso, odorare di cane, magari si presenterebbe addirittura con il cane al seguito!
Considerando la vita media di un cane e augurando tutto il meglio all’animale, direi che dovrò aspettare almeno una ventina d’anni circa per incontrarla di nuovo.
Ho il cuore a pezzi: oggigiorno le certezze crollano come le mura di Pompei e non ho manco un commissario straordinario o un sovrintendente da nominare per gestirle affinché cadano in modo commissariato o sovrainteso.
Avete mai fatto caso che in Italia per risolvere un problema basta nominare un commissario straordinario?
Sono a corto di eventi curiosi da narrare, la cosa più interessante che ho fatto in questi due giorni è la visita di idoneità agonistica.
Non sono in genere ansioso durante le visite mediche ma ero preoccupato che uscisse fuori qualcosa che non andava. Può capitare quando l’ultimo ECG l’hai fatto 15 anni fa.
E dire che sono un sostenitore della medicina preventiva. Dal mio punto di vista il medico non è uno specialista da cui farsi visitare solo quando si sta male: beninteso, fare esami inutili non serve a niente ed è controproducente, ma ci sono alcune cose – come cuore, colesterolo, organi riproduttivi – che a mio avviso ogni tanto andrebbero controllate in via preventiva.
Da bambino, situazione abbastanza comune, avevo un soffio al cuore, sparito con la crescita.
Non avevo idea di cosa fosse: il cuore soffiava? Tipo i gatti? O c’era qualcuno che soffiava sul cuore (sembra il titolo di un romanzetto: Qualcuno soffiava sul suo cuore, il nuovo libro di Favio Bolo)?
Finché un giorno una dottoressa gentile non mi ha spiegato che cosa fosse.
Anche se quella del medico è una figura ‘neutra’, non collegata quindi a un sesso, nella mia vita ho riscontrato che i medici donna sono in genere più gentili e simpatici dei colleghi uomini.
L’altra caratteristica è che il mio muscolo cardiaco è un po’ più spostato a sinistra del normale. E non è una metafora politica per darmi del comunista.
Lo studio dove ho svolto la visita era alquanto lontano da dove abito, praticamente la parte opposta di Roma (non conoscendo nessuno avevo chiesto in Federazione di indicarmene uno. Ho chiesto alla persona sbagliata perché il coach invece ha poi indicato altri studi più vicini, con delle dottoresse, tra l’altro!). Ho trovato buffo attraversare la città con un vasetto della mia urina – mi era stato chiesto il campione – nella borsa. Ho temuto per tutto il tempo che si aprisse e si spargesse o che oppure a me venisse un colpo all’improvviso e le ultime cose che avrei avuto con me sarebbero state un libro di Michael Chabon (bellissimo) e un campione di urina.
Ho smesso di pensare al mio campione – campionissimo! – quando due signore hanno iniziato a battibeccare sull’autobus.
All’improvviso, infatti, si era diffuso sul mezzo un odore simile a quello dello spray insetticida per mosche, abbastanza fastidioso. Una delle due signore ha accusato un gruppo di turisti – tedeschi, credo – saliti in quel momento di aver sparso tale puzzo. Forse era una specie di amuchina o forse loro non c’entravano nulla.
Signora 1: Guarda questi, vengono in Italia e pensano che c’abbiamo le malattie, je facciamo schifo, si dovrebbero vergognare, che schifo
A essere sincero pure io ho paura di prendere malattie sui mezzi pubblici: credo vengano lavati all’interno solo quando piove approfittando del fatto che le guarnizioni dei finestrini perdono acqua.
Signora 2: eh ma Roma fa schifo, guardi, io me ne sono andata…
Signora 1: ma che cazzo c’azzecca Roma, c’avete sempre in bocca Roma Roma Roma, se non je piace se ne vada e non rompa i cojoni
Signora 2: ma non ce l’ho con Roma o i romani, ma lei è una stronza, dico è colpa di chi l’ha ridotta così, è colpa loro
Signora 1: macché loro, questi non so del Terzo Mondo, sono bianchi, parlano inglese, ma che cazzo dice
Veramente anche nel “Terzo Mondo” si parla inglese, Signora 1 forse lo ignora.
Signora 2: ma che cazzo ha capito, io parlo dei politici
Signora 1: eh e chi li ha votati, io no di certo, forse lei
Signora 2: e manco io, ma guarda questa
Insomma sono andate avanti così e io pensato che le città fanno schifo perché la gente è sempre rissosa e irascibile come delle bertucce.
Chiedo scusa alle bertucce per la battuta poco felice su di loro.
Allo studio sono arrivato in largo anticipo e ho potuto dare un’occhiata all’arredamento. In un post di qualche tempo fa mi sono soffermato a analizzare la bruttezza dei quadri delle sale d’aspetto degli studi dei medici generici.
Una categoria a parte è invece rappresentata dagli studi di dottori specializzati in chirurgia estetica: rimango sempre colpito dalla loro pacchianeria.
Non frequento studi di chirurgia estetica; capita, come in questo caso, che lo specialista che debbo vedere sia ospitato in tali ambienti.
Questa qui è la reception, molto sobria:
Ma nulla in confronto alla beltà e alla leggiadria di questa imitazione in plastica di una scultura di un torso di donna dalla tonalità rosso cremisi variegato, posta accanto al divanetto della sala d’attesa:
La visita è stata breve ma intensa. Il mio cuore è a posto. Almeno fisicamente. Quasi speravo vi trovasse qualche stranezza e la spiegasse. Ad esempio il perché diventi così rumoroso quando si tratta di donne.
Ricordo un episodio, quando feci preoccupare una ragazza. La stavo abbracciando da dietro – niente scene erotiche, era un abbraccio puro e Castro (essendo come detto il cuore spostato a sinistra); ci piacevamo ma era ancora quella fase di attesa della prima mossa. All’improvviso il mio cuore iniziò a martellare come un muratore bergamasco. Lei si staccò e si girò dicendo: Ma hai il batterista dei Nile nella giacca o sei solo contento di abbracciarmi?
Dato che forse li abbiamo presente solo io e Zeus, allego un file esemplificativo delle virtù musicali dei suddetti Nile:
Io credo di aver balbettato qualcosa e poi aver indicato un piccione morto per distrarla. Quando la riabbracciai lei poi mi disse: Ma mi fai preoccupare, non è che ti faccio venire un infarto?
Il cuore è strano. E poi ha questo vizio di fare scherzetti al cervello: sempre quando si tratta di ragazze, si diverte a premere sull’arteria che va verso il cranio cosicché la testa comincia a comportarsi in modo poco lucido per la mancanza di ossigeno.
Come si suol dire sempre: il cuore ha le sue minchiate che la ragione poi se ne sbatte.
Chiusa la parentesi cardiovascolare, sull’autobus del ritorno mi è capitato di cedere il posto a una signora e lei, facendo l’espressione che di solito si fa quando si guarda un neonato o un gattino in una cesta, ha esclamato: Ma che carino!
E allora ho pensato che le città non facciano proprio tanto schifo.
I più attenti lettori ricorderanno il mio incontro con la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare; da allora l’ho rivista altre tre volte e sono rimasto alquanto perplesso da un suo comportamento.
Venne a casa qualche giorno dopo il nostro incontro, per discutere di alcuni dettagli riguardo la nostra pratica di affitto. Conversammo amabilmente (questa volta, giocando lei in trasferta, fu molto cauta con i suoi discorsi ampollosi e retorici) in cucina e, poi, all’atto di congedarsi se ne andò via correndo.
Non sto scherzando o enfatizzandola cosa: lei mi salutò e poi raggiunse la porta correndo lungo il corridoio, scappando.
Io rimasi alquanto sconcertato, temendo che un qualche mio atteggiamento l’avesse spaventata. Sono molto sensibile al non dare una cattiva impressione, pensate che quando in una strada poco frequentata mi ritrovo a camminare dietro una donna, prima segnalo la mia presenza con un discreto colpo di tosse, poi cambio lato e infine la supero. Come a dire: guardami: non ti sto seguendo!
L’altroieri è venuta di nuovo a casa con un architetto che doveva effettuare un sopralluogo. Salutato il tecnico, è rimasta qualche minuto a parlare con me degli affari che abbiamo in comune. Poi, mi ha salutato con una stretta di mano e si è esibita nuovamente nel suo sprint di fuga da corridoio.
Ieri mattina è ritornata per prendere dei documenti. Ho atteso il momento che mi salutasse per la prova definitiva: dopo aver esclamato “non c’è bisogno che mi accompagni alla porta, tanto qui son di casa, eh eh eh (risata finta)“, se ne è andata di corsa. E con di corsa non intendo di fretta, ormai si sarà capito: intendo correndo. Lo scalpiccìo frenetico dei sandali sul pavimento ha accompagnato la sua uscita di scena.
A questo punto comincio a credere di non essere io il problema, ma che sia lei disturbata mentalmente e mi sono quindi messo il cuore in pace. E sto coltivando la segreta speranza che mi inviti di nuovo a casa sua, perché vorrei tanto potermi congedare esibendomi in una corsetta e, perché no, anche battendo i talloni con un saltello. Perché non mi si dica che io rinuncio a una sfida!
La punta del naso si appiattisce contro il vetro, che si appanna di una condensa ovale. A volte ancora mi perdo a giocarvi facendone disegni. Osservo l’acqua che scende copiosa da nubi cineree. Anche l’atmosfera sembra appannata. Sullo sfondo, alberi, colline e tessuto urbano sono soltanto delle opache figure. Il cielo si illumina all’improvviso. Vedo il fizz e conto i secondi che mancano al kaboom. Seguo con lo sguardo le gocce che scorrono lungo le maglie romboidali di una rete. Immagino che stiano gareggiando le une con le altre. Punto su una di esse, scommetto che scenderà prima dell’altra. No, invece: è precipitata a metà strada. È un vero peccato.
Penso.
Ti piace la pioggia? mi chiedesti inclinando la testa, sorridendo.
Mi piace nella misura in cui non comporti il bagnarsi e prendere freddo. Se sto al coperto, al caldo. Altrimenti, è solo un gran fastidio.
Non è sempre tutto così fascinoso come in un quadro del Romanticismo tedesco. Ma stabilendo le opportune distanze, io di qua e le intemperie di là, si può andar d’accordo.
Ci sono persone che si deprimono durante un temporale. Altre che sono terrorizzate da lampi e tuoni. Un po’ come il mio gatto, che quando infuria la tempesta gli viene il pelo sulla schiena a pinna di squalo e vuole accucciarsi addosso a qualcuno.
Io invece mi rilasso. Seguo il cielo che si scarica e percepisco fuggir via anche i pensieri. Le tensioni si allentano. Non amo le giornate con il cielo coperto da una cappa grigiastra, senza pioggia. Mi opprime il cuore e mi crea attesa d’altro. O che si apra svelando il Sole o che lasci scorrere l’acqua, purché si decida prendendo una strada.
Come spesso dico a me stesso. Prendi una strada.
Nel cielo mi rifletto come se fosse il mio specchio d’acqua.
Ho rotto la macchina.
Mentre attraversavo le terre di Gomorra (non quelle di Scampia, altre), ho fatto un testacoda su una superstrada e poi bum. Io sto bene, la macchina un po’ meno. Queste terre si distinguono in base alla puzza. Sul serio. Lungo l’Asse Mediano puoi capire il punto in cui ti trovi in base al diverso tipo di fetore che viene fuori dai campi e dai Regi Lagni (che non sono i piagnistei di un monarca, ma canali).
Però ha retto bene. Per fortuna che ho la mia Fiesta.
Mi piange il cuore. Il mio primo pensiero non è stato lo spavento, né ora mi sento scioccato da quanto successo. La mia paura è per l’auto, che non si possa rimettere in sesto perché non ne varrà la spesa.
Ho dei ricordi.
Ci ho fatto l’amore sui suoi sedili.
E dire che giusto qualche ora prima pensavo di comprare un mini aspirapolvere da auto per pulirla. Poverina, si era fatta un po’ sporchina e volevo darle una pulita.
Non se lo meritava, non dopo 16 anni di onorato servizio.
Poi son successe due cose curiose.
Mi hanno prestato soccorso 3 muratori, mi hanno aiutato a spostarla e segnalato l’incidente alle auto che accorrevano. Dopo alcune domande di rito (stai bene, hai chi chiamare ecc), uno mi fa:
– Sei un carabiniere?
– Eh?
– Sei un carabiniere?
– No.
– Ah, ok. Comunque hai chi chiamare, sì?
Ancora non ho capito il perché della domanda. E vi assicuro non ho la faccia da carabiniere. Insomma, avete mai visto un carabiniere con la barba da Wolverine (sì perché porto la barba così, senza baffo)?
L’altra cosa curiosa, ma non tanto, è che il carro attrezzi accorso, amico di mio zio (che era in zona ed era stato contattato) e che quindi ci ha fatto un prezzo di favore (senza fattura, sennò il favore non lo faceva…e io ho accettato perché in questo momento 100 euro in più o in meno fanno la differenza…lo so, non si fa), aveva fretta di abbandonare il luogo dell’incidente. Sapete perché? Beh, perché i carro attrezzi sono territoriali, dove succede qualcosa è di competenza di chi segue quella zona.
Ignoravo che fossero come leoni con i propri territori di caccia.
Comunque è un bene che io guidi sempre con la cintura. Primo perché sono prudente e secondo perché ho paura di prendere multe. Non ne ho mai preso una in vita mia e di questo sono orgoglioso. Intendo multe al volante, perché poi ho due multe per aver viaggiato col biglietto non obliterato in treno e in tram, ma ero minorenne e quindi ora è tutto in prescrizione.
L’altroieri ho pensato invece mi avrebbero beccato senza cintura. Al semaforo, per prendere il portafogli e dare due monete a un ragazzo senegalese, ho tolto la cintura e non l’ho rimessa, “tanto sono 500 metri fino al lavoro”. E poi son sbucati i caramba appostati. Io non li ho guardati in faccia perché anni fa ho capito che se li guardi ti fermano. Uno dei due però mi ha guardato, anche quando l’ho superato.
Con le persone a volte dimentico di usare le cinture di sicurezza emozionali. In verità mi tedia proprio mettermi alla guida nei territori inesplorati dell’animo, perché non mi fido delle capacità altrui, è una cosa proprio tra me e il resto dell’umanità. Il buffo è che non è che io abbia avuto poi chissà quali incidenti relazionali. Oddio, cos’hai fatto? Un frontale vis-à-vis con colpo di frusta sul cuore e versamenti emotivi? No, mai. Son già rotto di mio. È buffo, ancora, che io nonostante questo mio atteggiamento di chiusura continui ad avere persone intorno a me e persone che mi avvicinano e vogliono fare la mia conoscenza.
Comunque i carabinieri si appostano anche dietro le curve di una donna, per beccarti mentre procedi a fari spenti e senza cintura. Li ho visti i caramba dietro i tuoi fianchi, ho finto di ignorarli ma loro mi hanno preso la targa e, un mese dopo, m’è arrivata la contravvenzione.
Per chiudere questo post, ho pensato una cosa. Due post fa raccontavo delle mie abitudini canore, in particolare proprio al volante. harahel13 e liberadidire79 hanno detto “vogliamo sentirti cantare!”, del tutto ignare di quale sarebbe stato il risultato. Non mi sarei mai sognato di farlo, ovviamente, per tre motivi:
1) Non so cantare
2) Sul serio, non so proprio cantare
3) Non so cantare, veramente.
Poi mi son detto: ma in fondo è il mio blog, il mio blog di cazzeggio e qui dentro faccio ciò che voglio perché noi gatti così agiamo, senza pudore. È tuo quel divano? Sbagliato. Ora è mio! E ho bisogno di esorcizzare l’accaduto e magari non potrò più cantare in quella macchina. Quindi questo sono io in auto che cazzeggio cantando i Corvi. Senza base e con sottofondo di pioggia battente, registrato l’altroieri fermo nel traffico.
Qualche anno fa ascoltai una frase che mi colpì:
“Il corpo si può guardare quanto ci pare, ma bisogna pensarci due volte prima di guardare nel cuore”
È una frase fraintendibile, nel senso che si può pensare “ah, quindi vuoi guardarmi il culo o nella scollatura e basta?”.
In realtà io la intendo in modo diverso.
Il fatto è che il corpo è lì, è quello e basta. Lo si può cogliere con uno sguardo, è un atto molto semplice.
L’interiorità invece è complessa, articolata. È labirinti e stanze e scale e porte e complessità varie. E una volta entrati bisogna stare attenti a non mettere in disordine. E non è detto che ci si imbatta in cose piacevoli.
È questa la chiave di lettura che attribuisco alla frase. Bisogna riflettere prima di decidere di varcare o meno una soglia.
La cosa di fermarsi a guardare il fondoschiena mi fa tornare invece in mente un ricordo di anni fa.
Uscivo con M., eravamo agli inizi. Quando passeggiavamo, avevo a volte l’abitudine di lasciarla passare avanti. Non era per fare il galante a tutti i costi, cioè non era un gesto forzato. Veniva spontaneo. Una volta, invece, passando i tornelli di un parco divertimenti, entrai per primo. Lei esclamò: “Non mi fai passare? Non ti piace più il mio culo?”. Scoppio di risa di entrambi.
Sì, certo, il culo è bello. Ma io ho anche un interesse morboso verso l’interiorità altrui. Devo conoscere, sapere. È probabile che si tratti di una forma di pornografia, del resto mi faccio delle gran seghe mentali di fronte ai pensieri degli altri.
Si dice che l’onanismo sia un modo di scoprire sé stessi. Se stessi qui? Ci potremmo scoprire?
O forse è meglio smettere di cercare di varcare certe soglie. Una porta chiusa è una porta chiusa, inutile grattare le unghie fuori.
E adesso so che di te ho solo una scala mobile mare e sabbia che non conduce da alcuna parte.
Peccato.
Speravo che noi si potesse vederne l’uscita.
Io son rimasto lì.
Se mi vedessi
fuggiresti via e pianto l’unghie in terra l’argilla rossa
mi nasconde il viso ma vorrei
per un momento
stringerti a me qui sul mio petto ma non posso
fuggiresti
fuggiresti
via da me
Ammetti che vorresti una calzamaglia e un cavallo bianco.
Sì, certo. Come no.
È stata il mio incubo da bambino. Ogni Carnevale ero costretto a indossare travestimenti ridicoli esibendomi in calzamaglia con le mie gambette secche che pure se non fossero state due stuzzicadenti come le gambe di Lupin, sarebbero stato ridicole lo stesso.
E poi suvvia, come si fa a prendere sul serio eroi conciati in questo modo?
E ammesso e non concesso che voglia sentirmi eroico, il cavallo lo preferirei nero.
E allora vuoi fare Zorro?
Sì, mi garba. Primo perché indossava i pantaloni. E poi perché era tutto vestito di nero.
Si fa per dire, comunque. Non voglio certo fare l’eroe. Tanto per cominciare non ne ho la stoffa, quindi non posso farmici il vestito. Di tessuto ne ho giusto un quadrato, al massimo potrei ricavarci un fazzoletto.
È tutto quello che ho da offrire. Te lo porgo, se hai lacrime da asciugare. E pure se non le hai o non le mostri, tieni lo stesso il mio fazzoletto. Facci un nodo, se vuoi. Che tu possa ricordarti di me.
E io come farò a ricordare senza fazzoletto? No, non c’è problema. La mia testa immagazzina sempre tutte le cose, anche troppo. Infatti vorrei chiamare un architetto e fare un po’ un restyling degli ambienti per fare spazio. Vi ricaverò qualche stanza luminosa e accogliente. Oh, no, non è per me. Già ho le mie, di stanze, in cui mi ci infilo. No, questa sarà una stanza dove poter fare quello che pare e piace. Pure danzare, perché no. Senza téma magari di cadere, perché ci sarò a prenderti.
E poi voglio una piscina. La metto al piano di sotto, all’altezza del petto.
Per ogni volta che al cuore verrà voglia di farsi un tuffo. Pare che stia accadendo di frequente, da quelle parti.
(va bene Simon & Garfunkel, ma il Man in Black è il Man in Black)
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.