Non è che ti serva un pugile per stendere i panni

Ieri ci siamo ritrovati una mutanda, alquanto striminzita (un tanghino direi), sul balcone, piovuta da uno stendipanni dei piani superiori. L’abbiamo gettata nei rifiuti.

Convenivamo che, avendo 3 piani sopra di noi, non volevamo girare di domenica mattina (ma anche fosse stato un lunedì) bussando alle porte per chiedere chi fosse la proprietaria o anche il proprietario (metti caso) perché l’antica mutanda andava portata in salvo. Può essere anche una situazione imbarazzante per chi apre la porta e si vede davanti uno con in mano il proprio tanghino. Magari alla gente non piace o è gelosa della propria privacy.

L’episodio, così in fretta liquidato, mi ha invece immerso in dei dubbi morali.

Pensavo, se la proprietaria (o il proprietario) nel raccogliere i panni ha notato la sparizione forse sarà ora ancor più in imbarazzo perché pensa che c’è qualcuno nel palazzo in possesso della sua mutanda.

Anche gettare il capo nei rifiuti, ripensandoci, forse non è stata una buona azione: va bene che non sembrava certo un capo costoso però magari ci teneva per un qualche motivo. Liberatevi dei tangheri ma non dei tanghini. E il dubbio di coscienza che mi viene è: se fosse stata una mutanda tipo de La Perla, che hanno un rapporto di inversa proporzionalità tra dimensione e prezzo, l’avrei gettata? Non credo.


No, in quel caso la mettevo in vendita su internet al doppio del valore fingendomi una modella.


Quindi la discriminante è il valore del capo? Un maglioncino a collo alto sì, una mutanda no? Siamo diventati così materiali? Che tempi, signora.

La soluzione agli inconvenienti sarebbe, secondo me, che in un condominio venisse posizionata una scatola degli oggetti smarriti. Uno va, di notte magari, con impermeabile e cappello, a depositare l’oggetto o il capo rinvenuto. Chi ha smarrito qualcosa passerà, sempre con aspetto travisato, a controllare che, metti caso, qualcuno non abbia trovato ciò che ha perso. Mi sembra molto più discreto e per niente inquietante.

In ogni caso, tenetevi stretti le vostre mutande.

Non è che ti serva un frigo per servire fredda la vendetta

Il condominio in cui vivo è tutto sommato tranquillo. Fatta esclusione per delle cose poco piacevoli.

Per dire, qualcuno ogni giorno fuma nell’androne del palazzo o sulle scale, gettando la cicca o la cenere a terra.

La differenziata è un’altra nota dolente. Capitano buste conferite non nei giorni appropriati. Oppure di buste con dentro di tutto. Che bisogna farlo allora di proposito, perché se uno non è in grado di comprendere che il vetro va solo col vetro allora deve essere dichiarato incapace di intendere e di volere.

Avevo raccontato in un altro post poi di quando ho trovato un pacchetto del corriere aperto.

Il furbone del corriere, non trovandomi, aveva pensato bene di lasciare la busta incustodita sopra la cassetta delle lettere. Un furbone nel palazzo, poi, passando di lì ha pensato bene di aprirla e di prenderne il contenuto, lasciando però la busta sopra la cassetta. Immagino per gentilezza, perché se se la fosse portata via io non avrei mai saputo che il pacchetto era arrivato e magari me la sarei presa con chi l’ha spedita gridandogli di avermi ingannato.

Invece quando ho visto che era aperta mi sono tranquillizzato: mi era solo stato rubato il contenuto, il servizio clienti Fastweb è onesto allora.

Oggi ho pensato si fosse verificato lo stesso episodio.

Dal tracciamento sul sito del corriere vedo che mi è stato consegnato un pacchetto. Alle 13:19. Sono le 14, sono rientrato a casa alle 13:30. Sulla cassetta delle lettere non c’è nulla. Io in casa non c’ero, ne sono sicuro. Ho testimoni che provano fossi altrove.

Ho pensato a un nuovo furto, senza neanche, stavolta, l’involucro lasciato a disposizione.

Dopo le peggiori invocazioni ad Anubi, ho iniziato a pensare a come vendicarmi.

Ipotesi 1: fabbricare un finto pacchetto con dentro dell’antrace e lasciarlo incustodito sulla cassetta delle lettere.
Problema: dove la trovo l’antrace?

Ipotesi 2: fabbricare un pacchetto che all’apertura avrebbe inondato di inchiostro indelebile il ladro.
Problema: come fabbricarlo? Senza rischiare, soprattutto, di rimanere io stesso vittima dello scherzone?

Poi ho avuto l’idea.

Esistono negozi online che vendono animali per i terrari. Invertebrati, soprattutto.

Non sarebbe stata una scena divertente – se fosse possibile vederla – ammirare la faccia del ladro mentre apre il pacchetto e si ritrova degli scarafaggi giganti che prendono possesso della sua casa?

Delle belle blatte dalle antenne telescopiche?

Un simpatico ragnetto peloso di 15 centimetri?

Una scolopendra, di quelle dal carattere parecchio irrequieto e nervoso che sono capaci di saltarti addosso e morderti solo perché non gli piace il colore delle tue scarpe?

Mentre soppesavo tutte queste opzioni si sono fatte le 15 e 10. Il citofono suona. È il corriere che mi consegna il pacchetto che ritenevo trafugato.

In pratica lui aveva segnato la consegna prima di scendere dal furgone, non mi aveva trovato, era partito per un altro giro e poi, di ritorno, era tornato da me.

Che dire. Tutto è bene ciò che finisce bene.

Qualcuno per caso vuole una simpatica e amorevole scolopendra da salotto?

Non è che al fornaio puoi rendere il pane per la focaccia

Storie di incomprensioni.

Entro in panetteria e chiedo un pane con la denominazione di una località qui vicino. Magari non sarà notissimo ma è comunque una varietà diffusa, da queste parti.

– Scusate, avete il pane di…
– Eh?

Da dietro il bancone mi guarda come se avessi chiesto della carne di pipistrello.

– Il pane di…
– No no.

Scuote la testa, perplessa come la stessi perculando.

– Va be’, avete del pane con la crosta croccante…?
– No.

Asciutta e segaligna come per dire Mi hai stufato con le tue assurde richieste di pane in una panetteria.

Alla fine sono uscito con del pane che era comunque croccante, il che mi porta a chiedere perché dirmi no in modo tanto secco.

L’altro giorno invece dovevo portar su la bici in casa. Blocco la porta del condominio e faccio per prendere la bicicletta quando suona il telefono. Mi fermo lì all’ingresso per rispondere e nel frattempo sopraggiunge uno degli inquilini del terzo piano.

– La porta l’hai bloccata tu? Ti serve?
– Sì sì mi serviva tenerla aperta perché dovevo passare con la bici
– Ah…e la bici dove la porti?
– …Sul balcone…
– Ah ma tu vivi qui?
– Eh sì…
– Ah scusa scusa non lo sapevo no sai com’è bisogna sempre controllare…
– Ah certo certo…

Bisogna sempre controllare che non provino clandestinamente a introdurre biciclette nei condomini, immagino, una vera piaga sociale.

Ieri invece dovevo andare dal fruttivendolo. Erano le 19:25, avevo fatto tardi e alle 19:30 chiude. Lo vedo infatti che fuori ormai non ha più nulla esposto e sta portando all’interno le ultime cassette di mele

– Buonasera…ho fatto tardi…
– Non preoccuparti, prego prego chiedi pure
– Dei pomodori per l’insalata…?
– No non posso prenderli
– Dell’insalata
– Neanche
– Posso vedere dentro cosa c’è?
– Sì puoi guardare ma non si può entrare perché ho già messo tutte le cassette davanti e non posso prenderti niente
– Ah ok…

Giustamente, riflettevo andandomene, lui aveva detto Chiedi, mica Chiedi e ti sarà dato.

Sono confuso.

Non è che non ti serva un pizzico di sale in zucca per aggiustarti il sapere

Devo uscire dal parco di un condominio. Il cancello è chiuso. È sempre difficile riuscire a trovare il pulsante di apertura: c’è chi lo mette sul lato destro, chi lo mette sul cancello, chi lo mette a 50 metri di distanza.
È più facile trovare un Punto G.

Non trovando il pulsante chiedo a una signora nei paraggi:

– Scusi sa…
– No mi dispiace

(pausa)

– …dove si apre il cancello?
– Lì.

Chissà perché ancora prima di lasciarmi terminare la frase avesse il No pronto all’uso. Mi avrà preso per un postulante? Un seccatore? La signora a prescindere è una che non sa? È la madre di Jon Snow? Che cosa starà facendo Jon Snow ora?

Per quanto il non sapere sia diventato di moda, a me hanno sempre insegnato che rispondere Non lo so non è una buona cosa. Io invece l’ho sempre considerato un gesto di una grandissima umiltà oltre che grande un favore fatto all’umanità: meglio ammettere di non sapere piuttosto che gettarsi avanti senza alcuna competenza.

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Ci sono due ambiti però dove a una franca ammissione di ignoranza è preferibile lanciare supercazzole: scuola e lavoro.

Ovviamente chi supercazzola lo fa con tutti i rischi del caso: ricordo una volta alle medie il Professore di Musica, a tradimento mentre stavo cercando di scavare un buco nel banco con una penna Bic, mi rivolse questa domanda:

– Allora Gintoki, cos’erano i Carmina Burana?

E io, senza mostrare alcuna esitazione

– Erano dei balordi
– Dei balordi?
– Sì. Una comunità di volgari – pfui – gaudenti, balordi.
– Bene Gintoki. D.

All’epoca si usavano ancora le lettere dell’alfabeto come voto. La D stava per Deficiente, immagino.

Non so come mi venne fuori. Forse confusi “goliardi” con “balordi” e “corpus di testi” con “teste di c…orpus”. In ogni caso, bisogna stare molto attenti a non degenerare dalla supercazzola alla supercazzata.

Al lavoro ieri invece nel corso di una riunione un tale mi stava facendo spazientire. Diciamo che io e lui ci occupiamo di due ambiti totalmente diversi ma lui si stava comportando un po’ da maestrino cercando di impartirmi – senza cognizione di causa – rudimenti sul come avrei dovuto fare il mio lavoro.

Ho iniziato, un po’ per tedio un po’ per ripicca, a supercazzolarlo: Ma guarda tu quando mi proponi un progetto devi presentarmi un business plan, una swot analysis, mi devi fare un dettaglio costi benefici individuando i partner e gli sponsor…

 Lui ha ignorato le mie provocazioni chiudendo il discorso con No va be’ comunque poi non lo so.

Con il suo non lo so quest’uomo si è dimostrato molto più umile di me.

Ho mostrato il mio apprezzamento e la mia stima portandogli un caffè. Quello con la miscela low cost torcibudella che è da 4 mesi che non riusciamo a smaltire perché ci fa troppo schifo (oltre a causarci la dissenteria). Le cialde buone le teniamo invece nascoste in un armadio: anche perché siamo solo in 3 a versare i soldini nel salvadanaio per la tariffa delle cialde: l’uomo umile e tutti gli altri del suo staff ogni volta che vengono prendono il caffè ma non hanno mai versato un solo centesimo.

– Ma quand’è che vi arrivano le cialde nuove?
– Ah, non lo so.

L’uomo savio impara subito la lezione.

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Non è che Ajaccio sia impraticabile perché ci son sempre lavori in Corso

In chimica la normalità è la misura della concentrazione di soluto in una soluzione.

Io mi sento poco concentrato in questo periodo e fatico a trovare soluzioni.
Figuriamoci una normalità.

Nella via dove abito stanno costruendo un condominio da 6-7 unità abitative. I lavori dovevano durare 6-7 mesi. Ci stanno lavorando da un anno e mezzo. Non è normale.

Stamattina sono uscito con l’auto. Quando sono rientrato, un’ora dopo, la mia strada, in corrispondenza del condominio di Penelope, non c’era più. Al suo posto c’era un fossato tra un marciapiede e l’altro.


Il condominio di Penelope è quello che viene costruito di giorno e disfatto la notte.


L’operaio nella scavatrice mi fa Devi passare?.
No, guardi, mi piace stare in auto a farmi cullare dal borbottio del motore mentre osservo i lavori in corso.

Non era normale questa domanda.

Non sono potuto passare e ho abbandonato l’auto in strada. Pure questo non è normale.

Tutti i week end c’è il blocco della circolazione, tranne che per le auto Euro-qualcosa. Questo sabato, in giro c’era lo stesso volume di traffico che c’è di solito negli altri giorni. Non è normale.


In pratica l’unico a non poter circolare sono io che ho un’auto Euro-Numero Relativo.


Mi hanno chiesto 5000 euro per un’auto usata 1149 cc e 55 kw immatricolata nel 2010. Non è normale.

Sono uscito di casa il 30 ottobre a mezze maniche come fosse estate. Non è normale.

Il mio medico era raffreddatissimo. Prima di congedarsi, ha starnutito schermandosi con la mano. E poi me l’ha porta per salutarmi. Non è normale.

Le persone stanno male a causa di ciò che è giusto fare. Perché in certi casi se vuoi star bene in realtà stai sbagliando, quindi è meglio star male accettando ciò che è giusto sia fatto. Tutto questo non è normale.

Oggi un anziano signore in fila in posta cantava romanze in un dialetto meridionale indecifrabile. Ha proseguito cantando anche mentre era allo sportello. Ha continuato a cantare mentre abbandonava l’ufficio postale alzando la voce man mano che si allontanava. In barba all’Effetto Doppler.

Mi è sembrata la cosa più normale di questo mondo.

Lurido frutto dell’amor è la sambuca

Era primavera inoltrata dell’ultimo anno di liceo e noi ci inoltravamo sempre più volentieri nei fumi dell’alcool. La seconda sbronza cattiva della mia vita fu una domenica sera dopo aver finito una bottiglia di sambuca seduti sui gradini di un condominio. Da allora, ancor oggi mi sopraggiunge la nausea a sentirne anche soltanto l’odore.

Polacco dopo aver bevuto abbastanza per quella sera si alzò a svuotare la vescica contro un muro, non avvedendosi di un uomo affacciato alla finestra che lo richiamò al suon di “ehi tu, lurido”.

La cosa mi è rimasta impressa, in quanto lo trovo più unico che raro che qualcuno si esprima così. Ci si aspetterebbe un epiteto volgare, una bestemmia, un’imprecazione in dialetto, una secchiata d’acqua. A tal proposito, vorrei segnalare ai visitatori occasionali di Napoli di non attardarsi a svuotare la vescica in una stradina di via Mezzocannone, perché gli abitanti della zona si sono organizzati in squadre d’azione che organizzano raid di secchiate d’acqua per i luridi del caso.

Quell’uomo, dicevo, disse “ehi tu, lurido”. Con fermezza e senza scomporsi in alcun modo.

Non ero abituato né a sentire l’espressione né a quella composta serietà. Anche perché le persone trovo che abbiano spesso modi più spicci e nervosi.

Oppure sono io che la penso così essendo molto collerico. C’è un proverbio spagnolo che dice “Piensa el ladrón que todos son de su misma condición”.

Sono apparentemente tranquillo e molto controllato ma vivo sul ciglio della strada dell’esplosione di nervi. Se agissi di impulso, per un nonnulla distribuirei con molta facilità delle indicazioni per raggiungere in modo breve quel famoso paese.

Come quella volta, credo fosse il terzo anno di liceo, che rivolsi tale invito a un paio di compagne di classe.
Eravamo in aula video (una stanza con un televisore e un videoregistratore comprati in saldo all’euromercato negli anni ’90) a guardare non ricordo cosa. A un certo punto comparvero degli scimpanzé nel video. Il simpatico S. dalla retrovia disse “I parenti tuoi, Gintoki!”, provocando qualche risata negli astanti. Io mi girai verso di lui a rispondergli, non ricordo di preciso cosa dissi comunque si trattava di qualcosa riguardante le scimmie e lui. Dal mezzo dell’aula un paio di compagne invitarono al silenzio. Io chiesi loro la cortesia di non defecare sugli organi genitali, accompagnando le parole con un ampio gesto della mano che invitava appunto a visitare il famoso paese.

L’invito a non attentare ai miei summenzionati organi fu preso evidentemente molto sul serio, tant’è che di quella classe nessuna ragazza mai ci si accostò, né con buone né con cattive intenzioni. Io per prudenza mantenni sempre le cose in chiaro, reagendo sempre in modo spropositato (la si potrebbe definire una massive retaliation) al minimo attacco.

Eppure delle volte un “ehi tu, lurido” (che mi ricorda “ehi tu porco levale le mani di dosso”) può esser più efficace.