Non è che la sarta non possa fingere l’organza

È stato un fine settimana di scoperte.

Scoperta I – Per cominciare, avendo l’aereo alle 6 di mattina, ho pensato bene di trascorrere la notte in aeroporto. Mi ero preventivamente informato: su internet ho letto qualche post (anche se non recentissimo) in cui si diceva che qui al Ferihegy fosse possibile trascorrere la notte nell’area oltre i controlli.

Considerando che ci sono dei comodi divani all’interno, era una scelta conveniente.

Quale è stata la mia sorpresa quando ai varchi mi son sentito dire che non fosse più possibile farlo. Quindi, considerando inutile alle 23 di sera tornare indietro in centro a Budapest per poi ripartire di nuovo verso l’aeroporto qualche ora dopo, ho trascorso la notte nell’area comune, dove ci sono delle “comode” panche di ferro.

Dopo aver girovagato a vuoto mi sono accomodato in un’area appartata e ho dormito con una ragazza. Letteralmente: io di qua e lei dall’altro lato delle panche, per nulla turbata dalla mia presenza tanto da russare sonoramente. È stato molto romantico, fino a che alle 2 lei non ha deciso di svegliarsi e telefonare al fidanzato per trascorrere un’ora al telefono.


Come so che fosse il ragazzo? Chi altri una ragazza chiamerebbe alle 2 di notte e resterebbe un’ora al telefono, senza essere mandata a quel paese (la qual cosa potrebbe generare equivoci, perché in un aeroporto una persona in genere va per andarci a quel paese!)?


In realtà la pazienza telefonica è inversamente proporzionale alla durata del rapporto: nei primi mesi della storia lui ascolterà e sarà accomodante a qualsiasi orario. Trascorso un tot periodo, lui risponderà (se risponderà) con un grugnito e un peto per poi tornarsene a dormire.


Così alle 3 ho girovagato come uno zombie prima di attaccare il telefono a una presa di corrente e ascoltare musica random fino a che non si fosse fatta ora di attraversare i controlli.


Tutto questo è nato dal fatto che mi sono fidato di ciò che avevo letto in rete. Se non ci si può più fidare di internet, dove si finirà? Come faccio poi a erudirmi e conoscere tutto del mondo? Ora sono preda del dubbio universale. E se ad esempio non fosse vero che con un bicchiere di acqua e limone al mattino posso sconfiggere tutte le malattie, il debito pubblico ed Equitalia?


Scoperta II – La seconda scoperta in realtà sarebbe la prima: giovedì sera, mentre mi preparavo lo zaino ho messo su i Tame Impala. Il primo disco, perché io sono così indie che ascolto soltanto i primi dischi di una band perché dal secondo in poi sono diventati commerciali.

Quale è stata la mia sorpresa nel sentirmi dire dalla CE “Ehi, ma sono i Tame Impala?”. E così ho scoperto che è una indieana.


Avevo dimenticato di dirlo: CE si è trasferita a casa. Dopo aver trascorso un mese da quando aveva firmato il contratto in cui non ha fatto altro che spostare roba in casa senza vivere qui, giovedì ho aperto la porta e me la sono trovata davanti che mi fa “Ehi! Surprise!”. Non sto scherzando. Mi sa che è un’altra personaggia pure questa qui.


Scoperta III – La terza scoperta è stata venire a sapere che CC non avesse idea della mia provenienza.

Ogni tanto ci sentiamo su whatsupp. L’altro giorno mi chiede se io fossi di Nabules (o come la trascrivono in cinese), mostrandomi una foto del Golfo. Io ho risposto affermativamente, facendo però notare che le avevo già detto che fossi di Naples.

Lei mi ha detto che aveva sempre capito “Nipples”.

Anche qui, non sto scherzando: è tutto vero.

Va bene che il mio inglese non sarà quello di uno speaker della BBC. Va bene che tra Neipols e Nipols ci passa soltanto una “e” di differenza nel suono. Va bene che lei era una stordita.

Ma io mi chiedo se qualcuno possa credere che esista una città che si chiama Capezzoli.


Anche se va detto che la toponomastica italiana è sempre fantasiosa. Tra Belsedere (Siena), Strozzacapponi (Perugia), Femminamorta (credo Pistoia) e chi più ne ha più ne metta è tutto un divertimento.

Comunque vince sempre Fucking in Austria, la città che vanta più foto di fianco a un cartello stradale.


Scoperta IV – Più che una scoperta è una considerazione. Credo che siamo rimasti l’unico Paese al Mondo a utilizzare come documento di identità un foglietto di carta stampato (male).

Me ne sono reso conto arrivato a Francoforte, per lo scalo. Vista l’epoca della paranoia universale in cui stiamo entrando, appena usciti dall’aereo (nel vero senso della parola, non ti fanno neanche mettere piede in aeroporto) ora c’è la polizia a chiedere i documenti.

Tutti sono andati avanti dopo un rapido controllo dei loro tesserini elettronici, mentre quando è arrivato il mio turno il Sig. Otto mi ha bloccato lì.


Non so se quell’omone grosso, baffuto e dalla prominenza addominale circondariale si chiamasse Otto realmente, però aveva l’aspetto di uno che avrebbe potuto chiamarsi Otto.


Guarda la foto, poi guarda me, poi guarda la foto, poi guarda il documento, lo gira, lo rigira, lo gira di nuovo perché magari pensava che fosse come quelle figurine che se le inclini cambiano colore o mostrano un’altra immagine.

Non convinto, chiama a sé la collega, che telefona a qualcuno e gli legge tutto il mio documento, altezza e capelli compresi. Poi mi lascia andare, spiegandomi che ci sono stati casi di carte d’identità italiane clonate.

La collega era secondo me una Franziska. Mi ispirava quel nome. Biondissima, azzurrissima (gli occhi), bianchissimi (i denti), dall’età indefinibile che poteva andare dai 18 ai 28.

Scoperta V – La cosa che mi ha colpito di più, comunque, è stata quando mia nonna mi ha detto di aspettare l’arrivo della sarta che doveva sistemarle una gonna.

Esiste ancora la figura della sarta a domicilio. Probabilmente è una scoperta dell’acqua calda, ma non per me che l’unico sarto che conosco è quello di Panama.


E poi ci sarebbe quello sportivo romano, il sarto con l’asta.


È un tipo di mestiere che pensavo fosse scomparso. Non quello della sartoria in generale, beninteso, ma quello della signora sarta che col passaparola da un rammendo a un altro si crea un proprio giro di conoscenze.

Mi chiedo: c’è ancora oggi chi intraprende la professione di sarto a domicilio?

Non è che se entri per comprare le sigarette sei mogio perché sali e t’abbacchi

Mi sono svegliato questa mattina carico di buone intenzioni e voglia di fare.
Almeno credevo.
Avvertivo infatti la sensazione che un carico mi gravasse dietro al collo. Poi mi sono accorto che il dolore sulla nuca era stato causato dal cuscino che era scivolato via e si era messo di traverso tra spalla e testa facendomi dormire in posizione scomoda e causandomi dolore sulla nuca.

Non so cosa io combini durante il sonno per spostare il cuscino così, non è la prima volta che mi capita.
Ho fatto anche di peggio. Qualche mese fa mi sono svegliato trovandomi nudo dalla vita in giù, con pantaloni e boxer appallottolati ai miei piedi.
Preciso che ero solo in casa.
Credo.

Appurato che non erano buone intenzioni quelle che mi pesavano addosso, ho sistemato il cuscino e sono tornato a dormire.

Alzatomi verso le 11, l’idea di uscire a passeggio come di consueto la domenica mattina è stata rimpiazzata da un programma casalingo.

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Non ho neanche terminato l’ultimo Toscanello che mi restava dall’Italia, perché fuori al balcone si gelava troppo.
Non sono ancora entrato in un tabaccaio locale per controllare se qui ne abbiano. Mi inquietano i tabacchi qui: sembrano locali proibiti. Porte e vetrine sono completamente oscurate e coperte da un pannello bianco su cui campeggia un divieto con su scritto “18”. Le poche persone che a volte vedo entrare si guardano intorno come se entrassero in un sexy shop.


Mi correggo: ho visto persone entrare in un sexy shop in modo disinvolto. Quindi qui per indicare l’atteggiamento furtivo e pieno di vergogna immagino si dica “Ehi! Vai dal tabaccaio?”.


Ho poi fatto il bucato e rassettato la stanza. Mi è tornata in mente la CC che mi diceva di stupirsi sempre nel vedere un uomo fare faccende di casa.

Le mie “faccende di casa” consistono nel
– lavare i piatti che ho utilizzato;
– passare la scopa con una frequenza variabile: pavimento chiaro, più spesso, pavimento scuro, di rado;
– lavarmi i vestiti dopo aver fatto la prova olfattiva.


La prova olfattiva consiste, come si può dedurre, dall’annusare il capo e decidere se può andare bene per essere riutilizzato subito, se può essere riutilizzato dopo averlo lasciato prendere aria una nottata o se necessita di essere lavato.

ATTENZIONE: la prova annusata non si applica mai su mutande, calzini e canottiere, che vanno direttamente in fase lavaggio.


Li ritengo atti basilari di sopravvivenza urbana.

Non contento della mia straordinaria attività di casalingo, mi sono preparato la pasta al forno con la mozzarella comprata ieri. Lo Spar sotto casa ne ha una decente proveniente dalla Campania. Costa un occhio di Polifemo rispetto all’Italia, ma ogni tanto si può fare uno strappo all’economia, purché non si esageri. Già ho rinunciato a comprare i fazzoletti monovelo da 50 cents a pacco passando a quelli da 1 euro perché in pratica mi soffiavo il naso sulle mani. È un attimo poi che queste dispendiose abitudini ti portino a indugiare nel lusso.

Mentre attendevo che il forno facesse il proprio dovere, con mia sorpresa sono arrivati a casa CE e genitori. Da quando tre settimane fa lei ha firmato il contratto d’affitto non ha mai abitato qui. In compenso ogni due-tre giorni passava a portare roba in casa. Montagne di roba. Ho cominciato a temere che si trasferisse qui con tutta la famiglia, poi quando oggi il padre mi ha salutato dicendo che lei e la madre tornavano in Ecuador martedì, mi sono tranquillizzato.

Col padre ogni volta che ci siamo incrociati mi sono sempre sentito un po’ imbelle nell’interagire. Non sapevo mai in che lingua parlargli, tra inglese, spagnolo e italiano, e il cervello mi si bloccava.

E ogni volta lui mi parla sempre con un italiano stile Papa Bergoglio.

Andata via l’allegra famigliola e consumato il mio lussuoso pranzo, ho dato un’occhiata a qualche foto che ho scattato ieri sera. Mi sono reso conto che lo smartphone è una rovina per qualsiasi sana abitudine.

A me piace scattar foto per avere dei ricordi personali.
Pazienza se vengon fuori brutte o storte o storte e brutte insieme: non devo mica esporre in una galleria. E riguardando una foto penserò Ehi, ora ricordo: quella volta ero brutto e storto in quel posto là!

Questo meccanismo, date le possibilità molteplici offerte da uno smartphone, si trasforma in compulsivo. Fotografo molte cose inutili e di cui non ricordo neanche il motivo per cui ho deciso di immortalarle.

La foto seguente è un esempio:

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Ed ero sobrio, ma non ricordo cosa mi avesse colpito. Forse la neve che aveva cominciato a cadere, prima che diventasse sozza e nera.

Non ho cancellato la foto, anzi ho deciso che ne farò un progetto artistico perché vivendo in un’epoca di artisti non posso sentirmi da meno.
Si intitolerà:
Globi luminosi gialli attaccano passanti distratti/Sembra neve ma è forfora e per questo nessuno si siede sulla panchina
Attrezzatura: Samsung S3 vintage (c’ha un paio d’anni ormai, un pezzo da museo) + supporto di due braccia fornite di mani che reggono lo strumento
Esposizione: in genere non mi espongo affatto, poi co’ sto freddo figuriamoci, meglio rimaner coperti
Filtro: biglietto del tram arrotolato, cartine Rizla Silver
Effetti: indesiderati anche gravi.

Prezzo: 1 milione di euro oppure una caramella Goleador gusto cola che qui non si trovano.