Non è che un parente incapace sia il cug-inetto

Tutti hanno delle abilità più sviluppate rispetto ad altre. In genere, per ovviare, in questi casi agisce il principio del prestito: ci si appoggia a un altro individuo che ha quantità di skill sufficiente da fornire per ciò che serve.

In alcuni casi la questione assume i connotati dell’assurdo.

Come quando un collega di università mi disse che aveva bisogno di un pacchetto di programmi e non sapeva come fare. Gli dissi:

– Ti do il cd, è già attivato
– E quindi che devo fare?
– Fai partire l’installazione e quando ha finito è tutto fatto
– Ok

Tre settimane dopo, mi telefonò:

– Ciao, senti come devo fare per quel programma?
– Cioè?
– Come si installa?
– …Il programma parte in automatico, devi solo dare conferma a ogni passaggio
– E quindi che faccio, metto il cd nel computer?
– Sì
– E poi che succede?
– Parte il programma di installazione e tu clicchi Ok, Avanti, Installa
– Ok

Non lo installò mai.

Un mio amico invece ha un problema con gli acquisti online.
Non ha una carta prepagata.
Quindi mi dà i soldi e compro io per lui, tanto io so come fare acquisti protetti. Infatti metto un condom alla mia prepagata.


Scherzo, ovviamente.
Il condom lo indosso io quando compro online.


Non ho mai capito perché non si procurasse una carta né gliel’ho chiesto, un giorno però si è deciso da solo ad andare in Posta per averne finalmente una. Non ne ha cavato un ragno dal buco e ne stava uscendo con un fondo pensione.

Allora ho capito che forse non ha la skill per queste cose.

Io invece soffro di inabilità sociali.

Ad esempio, ci ho messo anni a imparare a salutare scambiando il bacetto sulla guancia. È un gesto che cominciò più o meno alle scuole medie, ma nel cui utilizzo sono stato a lungo un inetto. Non ricordavo mai se bisognava salutarsi prima a sinistra e poi a destra o il contrario. Con tutti gli inconvenienti del caso. Credo di aver dato il mio primo bacio a un maschio, ma ho rimosso l’episodio.

Misi a punto allora una tecnica: rimanevo piantato immobile come se avessi una gruccia nelle spalle e sporgevo leggermente in avanti la testa senza muoverla di lato, aspettando che fosse l’altra persona ad approcciarsi per il saluto. In pratica, era come dare un bacetto a Lurch il maggiordomo della Famiglia Addams.

Dopo ho imparato, tengo a precisare.

Un’altra mia inabilità riguarda il momento di congedarsi da un gruppo dove c’è una persona appena conosciuta: è richiesto il saluto sulla guancia o meno? Per alcuni ho notato sembra un eccesso di confidenza ma, d’altro canto, per altri la sua assenza sembra un gesto di scontrosità.

Per ovviare, io saluto tutti a distanza con un cenno della mano amichevole e solenne come il Presidente che scende dalla scaletta dell’aereo e saluta balle di fieno che rotolano.

Sono diventato così bravo in questa posa che penso che dovrei fare il Presidente.

Non è che tu possa giudicare un catalogo di lenzuola dalla copertina

I libri di Coelho sono citazionistici: se ne può espungere un pezzo a caso e si otterrà sempre un aforisma valido per ogni occasione. Del resto la tematica è più o meno sempre la stessa: l’impossibile è solo possibile con un altro nome, quando si chiude una porta si apre un portone, l’infelice è solo un felice che non sa come essere felice e via dicendo.

Un libro del summenzionato, dato in pasto a generazioni di giovani donne che vivono con un romanzo a lustro e che lo eleggono a Bibbia personale, è causa di tedio e ambascia per l’umanità un po’ come le citazioni a cazzo di Alda Merini.

Ma tutto ciò io un tempo lo ignoravo. Era molti anni fa, il poo popopo po poo era solo una canzone appena uscita dei White Stripes.

Conobbi una ragazza che mi intrigò. Saranno stati i suoi magnifici occhi marroni pensosi. O forse la sua terza piena. Di silicone.


Non è una illazione. A 18 anni le fu regalato un impianto mammellare nuovo.


Le piaceva Coelho. Io me ne interessai, perché mi piace sempre allargare i miei orizzonti prendendo in considerazione cose che non avevo considerato sino a quel momento.


Dimenticando che se non le considero di proposito forse è perché ce ne sarà un motivo.


E anche per avere un argomento di conversazione.
Le altre opzioni tra i suoi interessi erano la religione wicca e i videogiochi di ruolo online.

Ho sempre avuto un rapporto molto pragmatico con qualsiasi religione, insomma, ognuno crede di essere il migliore, ma cosa fate per essere i migliori?-mi domando. Almeno offritemi qualcosa per convincermi, se mi volete come cliente. Quindi evito sempre l’argomento.

Dei giochi di ruolo online invece mi annoia eliminare 100 volte lo stesso mostro imbecille che si fa uccidere 100 volte senza imparare, per aumentare di livello e…ottenere una beneamata ceppa.

Così mi buttai su Coelho. Una lettura prima di andare a letto bastò per un ebook de L’Alchimista e la sua scrittura elementare (di quinta, direi) era molto scorrevole.

Sfortunatamente, la ragazza non la rividi più.
Il Coelho poi mi fu però utile con un’altra ragazza che conobbi dopo, stesso genere maestri di vitacitazioni a cazzo.

Promisi comunque a me stesso che non mi sarei più interessato a letture che non mi interessavano.

Sfortunatamente (ancora), ci ricascai.
Questa volta toccò a un altro scrittore che o si ama o si odia. Che sa tanto di frase fatta, in realtà ci sono anche scrittori che tu li vedi e sei un po’ così così però alla fine va bene, come quando non c’è nulla di pronto e potendo scegliere tu ordineresti una pizza, ma ti fai andare bene le melenzane grigliate trovate in frigo.

Baricco io invece non riesco a sopportarlo. Non so se è perché trovo il suo modo di scrivere onanistico o perché in realtà non odio lui ma il suo pubblico, fatto dei programmi di Fabio Fazio, dei film di Sorrentino, magari anche un Ligabue e anzi alle volte sono comunista ma non mi sono sempre interessato (cit.).

In ogni caso lo lessi perché piaceva a una mia ex. E avrei dovuto capire che quella era la punta dell’iceberg, fatta di tutte le cose che ho testé citato.

Un paio di anni fa, invece, avvenne un episodio divertente.

Era il 24 dicembre e mi fiondai in libreria per un regalo last minute. Tra libri, dvd, cd, matite colorate di legno, legnetti colorati di matita e colori matitati legnosi, insomma tutte quelle cazzate rubasoldi che vendono nelle librerie, scelsi un libro di Baricco per andare sul sicuro (il solito discorso Leggo un libro all’anno e solo Baricco).

Incrociai un conoscente, trafelato, nervoso e bestemmiante perché stava mettendo insieme anche lui dei regali last minute.

– Regali, eh?
Dissi, sfoderando il mio Capitan Ovvio d’occasione.

Il conoscente rispose scuotendo la testa in segno di sconforto. E con una bestemmia.

– Io ho dovuto comprare un libro di Baricco.
Aggiunsi.

Lui allora mi fissò negli occhi, mi mise una mano sulla spalla e disse:
– Hai avuto un Natale peggiore del mio.

Non riesco a superare la mia adolescenza perché ha il motore truccato

Guidare un’auto presa in prestito ti mette di fronte a curiose innovazioni nella tua vita. Ad esempio che l’auto sia fornita di lettore cd. Sì quei cosi di policarbonato con incisa della musica. Da tempo mi sono votato allo streaming, all’immateriale e ho perso il gusto di comprare dischi. E anche di masterizzarli.

Ieri, scartabellando tra i vecchi dischi, tiro fuori Nevermind e mi dico perché no?. È stato strano, era da anni che non lo riascoltavo. E la cosa curiosa è che mi ha trasmesso le stesse sensazioni di 10, 15 anni fa.

Ho sempre pensato che su certe cose cui siamo legati in determinati momenti della vita le impressioni variassero poi con gli anni. Alcune cose magari possono non piacere più, come quei pantaloni che ho scoperto sono ancora nel mio armadio dal 2005 e che non metto più da allora. Probabilmente un giorno usciranno da soli per strada. Alcune cose possono essere percepite in modo diverso. Kafka a 12 anni non è lo stesso a 22 o a 29, secondo me. I Nirvana, ovviamente mi piacciono ancora, ma non immaginavo che riascoltare quel disco mi avrebbe fatto ripercorrere gli stessi pensieri di una volta.

A volte ho la sensazione di non essermi mai staccato completamente dal me stesso di anni fa. Cosa voglia dire maturità io credo di non capirlo ancora bene. E già questo è un segnale preoccupante.

Le mie camicie e le magliette mi sottraggono anni mentali, soprattutto se mi si mette di fianco a Collega Onicofago (a proposito, è un po’ che non porto news dall’Arkham Asylum dove lavoro), che ha 2 anni meno di me ma è vestito sempre come un uomo fatto e finito e ha un sarto che gli fa le camicie su misura a casa.

Però poi la madre gli rifà ancora il letto e la mattina gli fa trovare la colazione pronta. Insomma, son cose che io darei per acquisite in terza media, poi non so. Ciò che mi domando è: ma quando abbandonerà il tetto genitoriale per andare sotto quello matrimoniale (perché credo il passaggio sia strettamente consequenziale), la moglie gli rifarà il letto e gli preparerà la colazione e tutto quanto appresso anche?

Buona la prima…?

La prima volta che ho fatto qualche tiro di canna non ho aspirato perché non sapevo come si facesse.

La prima volta che ho sentito parlare di droga fu quando Maradona fu trovato positivo all’antidoping. E non capii bene il senso delle parole di mia madre: “Gli hanno trovato la cocaina addosso” e io pensavo che proprio fisicamente c’avesse della roba sparsa sul corpo.

La prima volta che mi sono eccitato consapevole di ciò fu sfogliando un catalogo Postalmarket. E, vorrei dire, quanto erano lascive le pagine dell’intimo? Pizzi e trasparenze ovunque, altro che le mini robe elasticizzate di oggi che son buone per tirar di fionda.

La prima volta che ho avuto una fionda è stata anche l’ultima, perché non ne ho fatto un uso accorto.

La prima volta che sono andato in farmacia a comprare dei preservativi sono entrato con l’atteggiamento di un tossicodipendente che va a cercare il metadone. Avvicinandomi al bancone chiesi alla giovane farmacista, indicando l’espositore, quali fossero i più sottili (perché il primo pensiero era che “qualcuno” si tediasse e si ritirasse sdegnato sulle proprie posizioni). Lei rispose:
“Non ne ho idea, non ne ho mai indossato uno”
“Sì, ma…ehm…pensavo che come farmacista conoscesse i prodotti…va be’ prendo questi” dissi io, a disagio come una giornalista quando non parte il servizio e finge di usare un telefono giocattolo.
Sono uscito augurandomi che il suo partner li trovasse tutti bucati. A pensarci su dopo capii che era proprio una domanda del cazzo (o “sul” suddetto…), ma, mi chiesi: se fossi andato a chiedere un consiglio su una marca di supposte, mi avrebbe risposto “Ah non lo so, mica mi infilo cose su per il…”?

La prima volta che ho giocato a calcio sono tornato a casa con le gambe che sembravano di marmo. E neanche di Carrara.

La prima volta che ho fatto scuola guida sono riuscito a mettere la retro al posto della prima tutte le volte che fermavo l’auto. Era una Mini Cooper e la R è appunto in alto a sinistra.

La prima volta che ho ricevuto del denaro per un lavoro da me fatto, fu da mia zia per averle venduto dei miei disegni. La cosa mi convinse di avere delle spiccate capacità artistiche. Cosa che non ho mai avuto.

La prima volta che ho sentito parlare del Big Bang ho pensato: “Se c’è stata un esplosione che ha scagliato roba nell’Universo per 14 miliardi di anni, poi dovrà esserci qualcos’altro: la roba tornerà indietro come un sasso lanciato in aria? Si fermerà?”. Nessuno ci crede, ma io da bambino ho teorizzato quindi il Big Crunch e la Morte Fredda dell’Universo (fa niente che non ci voleva tanto ad arrivarci e che l’avesse pensato già qualcuno prima di me, dettagli).

La prima volta che dubitai dell’esistenza di un dio fu quando pregai perché la mia console Atari 2600 che si era rotta tornasse a funzionare e così non accadde.

La prima volta che sono andato al cinema fu per vedere il film di Mr Bean.

La prima volta che vidi Berlusconi in tv pensai: “Toh, che viso sorridente e tranquillo. Dev’essere proprio una brava persona”

La prima volta che sono potuto andare su internet in totale libertà non sono andato a cercare pornografia ma musica gratis.

La prima volta che ho cercato pornografia su internet ho riempito il pc di virus.

La prima volta che ho scritto su questo blog ho pensato avrei smesso dopo poco, pentito. E in realtà me ne pentii e me ne pento ogni volta che pubblico qualcosa, fortunatamente ho più egocentrismo che rimorso.

La prima volta che ho comprato un cd è stata per quello delle Spice Girls. Credo a convincere un bambino 11enne fu il video (mostrato dal Tg2) con l’attaccapanni della Sporty Spice in primo piano. E mò ve lo ribeccate perché al trash non c’è mai fine.

Sono intorno a noi

Dopo aver esaminato le strane presenze che popolano il mio ufficio, è il momento di una carrellata generale sulle entità soprannaturali in cui è possibile imbattersi negli ambienti lavorativi, cercando di capire chi siano, cosa vogliano, perché sono tra noi.

La donna bionica – Qualsiasi donna normale il secondo giorno dopo aver fatto lo shampoo deve ricorrere alla coda, perché i capelli sono così unti che ne esce fuori olio d’oliva. La donna bionica, invece, ha sempre i capelli in perfetto ordine, anche a costo di usare ogni settimana l’equivalente di acqua contenuta nel lago Bajkal. Iperattiva ed energica come Ben Johnson, è sempre elegante e curata: probabile che si alzi alle 4 di mattina per passare in sala trucco anche se, cosa inspiegabile, il suo aspetto è sempre fresco e riposato. Va in palestra per tenersi in forma, non mangia nulla durante la pausa pranzo per mantenere la linea e non si capisce come si regga in piedi per 8 e più ore. Anfetamine?
Le più agguerrite possono trasformarsi in Supertope (si veda voce corrispondente).

Il Signore del Tempo – Lo si vede più in piedi intento a gironzolare che seduto al proprio posto. Ha una relazione extraconiugale con la macchinetta del caffè e relazioni diplomatiche con tutti i dipendenti, anche col parcheggiatore abusivo sotto gli uffici, perché per ingannare il tempo chiacchiera con tutti. I colleghi gli mormorano alle spalle, perché sembra che non lavori mai. In realtà è un genio, non si sa come faccia, ma ha il superpotere di condensare il lavoro di 8 ore in giusto un paio. Probabilmente è in grado di viaggiare nel tempo e sfruttare qualche paradosso temporale.

Cazzima Z* Il grande robot che lascerebbe gli alieni a sterminare l’umanità perché lui è in pausa pranzo, quello che alle 17:29 ha già raccolto la sua roba ed è pronto per uscire alle 17:30 e un secondo anche se c’è del lavoro da sbrigare, perché tanto “se la vedrà qualcun altro”. È sempre in prima linea nel fiondarsi sul buffet quando qualcuno offre qualcosa, ma poi è più facile che Zio Paperone regali denaro che vedere lui offrire un caffè.
* Per i lettori oltre la Linea Gotica: come spiegare la “cazzimma”? Ecco…non voglio dirvelo! Questa è cazzimma.

Il Dottor Divago – Dopo essere stato morso da un politico radioattivo in piena campagna elettorale, è diventato l’uomo capace di investire di chiacchiere inutili e fuorvianti chiunque entri nel suo raggio d’azione. Gli si chiede che fine avesse fatto una pratica e si finisce con lui che racconta dei talloni screpolati di sua cognata. Gli si chiede l’ora e lui comincia a parlare delle vacanze al mare. La regola principale è quella di non farsi mai trovare con le spalle al muro di fronte a lui, se lo si incrocia nei corridoi bisogna essere lesti o a entrare nella prima porta o a dire di essere di fretta prima che lui apra bocca. Massimo rischio quando ci si ritrova soli in ascensore.

Il brontolosauro – Avrà sempre qualcosa di cui lamentarsi. Si lamenta perché è lunedì mattina, si lamenta perché fa troppo caldo, si lamenta perché l’aria condizionata è gelida, si lamenta del cibo della mensa, si lamenta del lavoro, insomma è il re delle lamentele: il Regio Lagno. Il suo cattivo umore è contagioso come un raffreddore, col suo potere è capace di contaminare col malumore chiunque abbia intorno.

L’uomo invisibile – Quello che è internato in un angolo dell’ufficio e non si muove, non parla, non respira. Alcuni lo scambiano per un oggetto d’arredamento, viste le sue elevate capacità di mimetizzazione (o l’inconsistenza della sua presenza in azienda). Quando si palesa dando un segno di sé – uno starnuto, una parola detta per caso – le persone si spaventano prima di accorgersi di lui: “Chi ha parlato?! Chi c’è?!”.

Matrix – Come Neo faceva coi proiettili, lui è in grado di schivare con riflessi incredibili compiti e incombenze, riuscendo ogni volta a farla franca. Oltre che campione olimpico di schivata, è esperto nella delega non richiesta, abilità con la quale scarica lavori ingrati a qualche poveraccio(si veda Lo schiavo).

Houdini – Quello che all’improvviso scompare. Un giorno è in ferie, l’altro in malattia, l’altro in permesso per le nozze del criceto. È lo stratega delle sparizioni. Quando riappare, i colleghi si stupiscono ogni volta. Come avrà fatto? Dov’era finito? Un giorno sparirà sul serio senza lasciare traccia di sé. Un vero mago.

Il microcefalo – Non serve un grande cervello, ma un pennello grande! È il motto dell’uomo da ufficio i cui discorsi vertono sempre e solo su una cosa che inizia per f- e termina per -iga. Il lunedì è il giorno deputato ai racconti delle sue avventure del week-end, sempre con dovizia di particolari vitali per l’esito della narrazione, come il tipo di taglio (non dei capelli) e i dettagli anatomici ginecologici. Il suo potere è la benedizione: quando arriva una nuova presenza femminile in ufficio, lui afferma di doverla battezzare.

Galactus – Anche noto come il Divoratore di Mondi, è un individuo noto per la sua incommensurabile, insaziabile, infinita fame. Quando si spegne l’aria condizionata, quando si fermano le dita sulla tastiera, si può sentire il rumore delle sua mascelle all’opera. La sua postazione è riconoscibile dalle briciole lasciate un po’ ovunque come Pollicino e dalle impronte digitali fatte di unto sul pc. Nei cassetti della scrivania non ha documenti e faldoni, ma riserve di cibo, perché non si sa mai. Il suo nemico naturale è il collega scroccone che arriva all’improvviso e infila la mano nei suoi snack per attingere senza ritegno.

La supertopa – Parente stretta della donna bionica, con la quale condivide la cura per l’aspetto fisico e l’energia, è la donna che in ufficio quando cammina fa venire il mal di mare, a causa degli ancheggiamenti simili al dondolio di una nave sulle onde. I vertiginosi tacchi a squillo che causerebbero problemi alla schiena a qualunque donna normale ne slanciano oltre misura la figura, come se già non si notasse abbastanza. La supertopa soffre di costrizione epidermica ed è pertanto costretta a ricorrere ad ampi spacchi e scollature per far respirare la pelle. Il microcefalo vorrebbe farne la propria preda, ma è lei furba quanto basta per prenderlo in giro senza sganciargliela.

Lo schiavo – Il suo superpotere è la schiena di mulo, atta a sopportare carichi pesanti, la sua abilità speciale è la remissività con la quale piegarsi a 90° e senza pretrattare. È lo stagista, quello che che dovrebbe tornare a casa prima degli altri perché per legge non potrebbe rimanere senza un senior accanto, in realtà è quello che rimane a chiudere l’ufficio. A volte vi pernotta anche. È quello che “deve fare esperienza”, come gli ricorda il collega che è entrato in azienda a 20 anni con un contratto a tempo indeterminato e che quando ha visto un pc pensava che il supporto per il cd del lettore fossa un portabicchieri.

Per la stesura di questo articolo sono stati sacrificati venti stagisti. Il mulo della foto è interpretato da Nicolas Cage, attore noto per la sua faccia da…mulo.

Se ci sono altre categorie, l’ufficio brevetti etichette è sempre aperto 😀