Non è che la lumaca sia fedifraga perché ti fa le corna

Un uomo savio mi ha raccontato un aneddoto riguardo certi suoi vicini di casa, che sul terrazzo avevano una capra.

Lo sbigottimento del resto del vicinato era notevole. È comprensibile: la capra non è animale di facile gestione. Anzi, la domesticazione e le origini di tale essere sono argomenti sconosciuti ai più. Ed è per questo che con la massima umiltà ho deciso di colmare un po’ di lacune in merito.

La capra nasce negli anni ’50 nei laboratori sovietici nel deserto del Nevada, in seguito a un esperimento finito male con dei vegetali e dei lupi. Dopo l’iniziale sconcerto per l’apparizione di questo nuovo animale, gli scienziati provarono a salvare capra e cavoli e quello che sembrava un atto di pietà segnò l’inizio dell’infestazione di capre nel mondo.

La capra, infatti, si diffuse rapidamente ai 4 angoli del mondo grazie al paziente 0 : lo Sgarbi.

Nemico giurato della capra è la panca, che uccide l’animale posizionandosi sopra di esso fino a provocarne la morte per schiacciamento. La capra, a sua volta, non fugge la panca ma tenta di soverchiarla stazionandovi sopra per esprimere il proprio potere. Questa eterna lotta e capovolgimento di dominazione tra panca e capra è un fenomeno che gli scienziati stanno tentando di studiare, per creare un motore ecologico a rotazione di capra come si vede nello schema qui sotto.

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La capra è entrata nella vita di molte persone anche nella sfera più intima. Difatti, la capra è una pratica sessuale molto diffusa. La particolarità è quella di svolgersi con un soggetto terzo rispetto al proprio partner, che nell’atto reciterà invece la parte, inconsapevole o meno, del capride, detto anche becco, detto anche cornuto, identificando l’animale con la sua specifica particolarità.

FINE PRIMA PARTE

Certi atteggiamenti non sono proprio canini

Una storia di ordinaria follia.

Un conoscente (che definiremo Conoscente), l’altro giorno recandosi al lavoro in una ridente città – che chiameremo Ridente Città – ha trovato un barboncino che vagava in strada. Senza segni evidenti di malesseri o maltrattamenti e con il collare al collo (in fondo un collare in che altro posto dovrebbe stare?), ma senza medaglietta.

Di sera, uscito dall’ufficio, ha saputo che il cane era stato preso in custodia da un anziano signore, che aveva anche provato a chiedere in giro se fosse di qualcuno senza ricevere alcun riscontro positivo.

Conoscente, una volta parlato con Anziano Signore, decide di portare il cagnolino a casa. Lo fa controllare dal veterinario che gli pratica anche un’iniezione preventiva non so per quale infezione.

Il giorno dopo Conoscente si reca all’Asl per identificare il microchip e tramite esso risalire al/la proprietario/a. Rintracciato il numero di telefono, chiama e risponde una donna che conferma di essere la proprietaria del cane e che sostiene che l’animale fosse scappato. Piccolo particolare: la non tanto ridente città – che chiameremo NTR Città – dove abita la donna è a 28 km da dove il cane è stato ritrovato.


Un cane di nome Forrest Gump, non c’è che dire.


La donna poi aggiunge: “Sai che ti dico, a me mi ha scocciato ‘sto cane, tienitelo”. <Clic>.

Conoscente prova a richiamarla ma lei si inalbera e riattacca.

Conoscente, ormai avendo preso a cuore e anche un po’ nel pancreas la questione barboncino, da buon cittadino si dirige dai Carabinieri, cui spiega la situazione. I CC chiedono a Conoscente di  chiamare nuovamente la donna, col telefono in viva voce. La signora conferma di non volere più il cane e inizia a urlare improperi. Al che interviene il carabiniere che spiega alla signora che rischia grossi guai per abbandono dell’animale. La donna riattacca e spegne il telefono.
Il carabiniere consiglia a Conoscente di rivolgersi ai Vigili per la denuncia di ritrovamento (non è mi è chiaro il perché questo passaggio di consegne).

Il giorno dopo, i Vigili fanno un tentativo telefonando alla signora e spiegando che in quel preciso istante stavano per procedere a un verbale da 10mila euro. La signora allora si scusa per lo spiacevole malinteso, affermando che quella che aveva risposto al telefono sino a quel momento fosse sua figlia, nota in famiglia per avere un carattere fumantino e un po’ borderline.


Piccola pausa lettura per esclamare Ahhh, certo.
Fatto? Andiamo avanti
.


Dice che è sua intenzione risolvere al più presto la cosa e farà avere sue notizie per concordare il recupero del cane.

Trascorrono due giorni, nei quali il barboncino – diventato tra l’altro un po’ aggressivo – resta a casa di Conoscente. Poi i Vigili ricevono una telefonata dalla signora per l’appuntamento per il ritiro. I Vigili avvisano Conoscente, che carica il cane in auto e si reca al comando.

A prendere il barboncino si sono presentati 3 gentiluomini (poi qualificatisi come il padre e due fratelli della proprietaria del cane) che dall’aspetto e dal modo di parlare si capiva che dovevano essere iscritti a qualche club letterario ospitato nella Curva A dello Stadio San Paolo, praticanti di sport come lo sputo del nocciolo di oliva e il lancio del mozzicone di sigaretta. Insomma, persone che hanno le qualità intellettuali per confutare la Critica della ragion pura di Kant, perché tanto la ragione se la prendono sempre loro e se è pura sanno come tagliarla e smerciarla.

I tre letterati prendono in consegna il cane – non senza difficoltà perché l’animale alla loro vista diventa feroce come un Vittorio Sgarbi che ha visto una capra – rassicurando che da loro starebbe stato bene, perché “hanno un intero campo dove ci sono altri cani”.


Un camposanto?


E con questo termina la storia.
Conoscente avrebbe volentieri tenuto il cane ma non poteva certo farlo.

Se non c’è più religione assumeranno un supplente?

Una vignetta di Natangelo sul suo vecchio prof di religione mi ha ispirato dei ricordi sui miei trascorsi scolastici e i professori di “dottrina” (come ho sentito dire da persone di una certa età).

Ho avuto un solo professore di sesso maschile, che assunse la cattedra per gli ultimi due anni di liceo. Il percorso dalle elementari in su è stato invece accompagnato da maestre e professoresse. Mi sono sempre chiesto se in generale l’insegnante di religione fosse un ruolo più maschile o più femminile, non trovando mai una risposta esauriente.

Il prof del liceo era un insegnante non convenzionale, di quelli che religione la divulgano a modo loro. Preferiva far lezione con gli studenti tutti raccolti attorno la cattedra, chi seduto sul banco, chi in braccio a qualcun altro, chi in piedi. Si dialogava a ruota libera su qualsiasi tema ed era un modo produttivo per impiegare un’ora che altrimenti sarebbe stata sprecata.

Fu un cambiamento di impostazione rispetto alla precedente insegnante, che lasciava dialogare ma non offriva molto spazio a interpretazioni personali. Se la Genesi afferma che l’uomo è stato fatto con la polvere e la donna con una costola – diceva – allora è accaduto tutto letteralmente così e non va considerata come una metafora o un’allegoria.
Ciò che all’epoca mi pento di non averle chiesto è cosa pensasse delle edizioni della Bibbia e dei cambiamenti nel testo che sono stati effettuati di volta in volta dai traduttori: se il libro è la parola letterale di Dio, quale sia il bisogno di modificarla non si comprende. Certo, se la scrittura è opera di Dio forse lo saranno anche le richieste di modifica? È alquanto strano: non è che Umberto Eco dopo aver pubblicato un romanzo telefona di tanto in tanto alla Bompiani per chiedere di cambiare il testo. Ma Eco non è Dio, quindi forse il vantaggio di essere una divinità è quello di poter contattare il proprio editore quando più aggrada.

La professoressa delle medie è stata l’unica tra tutti gli insegnanti di religione che ho avuto a interrogare e distribuire anche voti negativi. Amava le storie dell’Antico Testamento, difatti un giorno mi salvai durante una raffica di interrogazioni a sorpresa raccontando la storia di Esaù e Giacobbe, che ricordavo perché mi aveva colpito per il puzzolente inganno perpetrato da Giacobbe ai danni del padre e del fratello.
Si racconta infatti che Giacobbe, per avere la benedizione del padre morente al posto del fratello, si presentò da lui sotto mentite spoglie. Il vecchio Isacco, cieco, riconosceva i figli al tatto. Esaù era molto peloso, così Giacobbe si ricoprì di pelli di capra – che non credo avessero un buon odore, ma forse non lo aveva neanche il buon Esaù – per ingannare il padre. Mi lasciava sempre perplesso come un uomo potesse essere villoso quanto una capra e mi chiedo cosa ne avrebbe pensato Vittorio Sgarbi a proposito di un tal individuo caprino.

Della maestra delle elementari ricordo la tinta di capelli rosso mogano, sempre la stessa per tutti i 5 anni. Una decina di anni dopo la incontrai per strada e sfoggiava la medesima tinta: non ho mai visto una simile coerenza di stile, encomiabile.
La maestra Pina (così la chiamavano) oltre per il capello, era nota per fare da coordinatrice per le recite scolastiche, soprattutto per ciò che concerneva i cori. In quelle recite ho sempre avuto un ruolo marginale o insignificante. come quella recita di Natale dove a me e altri due tapini fu affidato il compito di fare da intermezzo pubblicitario tra primo e secondo tempo, parodiando uno spot della Melegatti. Avevo imparato a memoria la mia battuta, se non che due giorni prima della recita le maestre la cambiarono. Provammo e riprovammo il nuovo sketch ma sul palco la mia sicumera mi tradì e feci confusione tra le battute, tra l’ilarità del pubblico formato dalle altre classi.
Non era colpa mia se non avevo esperienza di recitazione perché qualcuno aveva voluto così. Non era neanche colpa della maestra Pina che con me fu sempre buona. Una volta mi difese quando, durante le prove del coro che sarebbe stato inserito in una recita, fui sbattuto fuori dall’aula dalla maestra di matematica (che chiamavo “la maestra a quadretti”, mentre la “maestra a righe” era quella di italiano) con l’accusa di aver fatto lo spiritoso e aver cantato urlando.
Resto ancora convinto di essere stato vittima di un errore giudiziario.

Comunque a parte la maestra Pina e il buon samaritano del liceo, spero che le altre due siano andate in pensione e non esercitino più, perché non mi piacevano affatto.

E a pensarci non ho mai amato neanche l’ora di religione, ma questa è un’altra storia.