Non è che l’estetista pignola cerchi per forza il pelo nell’uovo

Ristorante, una ventina di anni or sono. In un tavolo più là c’è una famiglia, padre, madre e figlio.

Il padre scuro, la madre molto castana, il fanciullo rosso come Anna dai capelli rossi che è caduta nel succo di pomodoro.

Passa un cameriere che fa una carezza in testa al piccolo ed esclama, a voce alta

– Ué, e ‘sto rosso da dove è uscito?

Io sono sicuro che tutti i presenti avranno rivolto qualche irriverente pensiero alla fedeltà della signora.*

Mi son sempre chiesto chi stesse sbagliando: il cameriere che son certo volesse fare lo spiritoso o chi si mette a pensar male? Si dice che Malizia sia sotto le ascelle di chi lo spruzza, quindi…


* In realtà questa mia sicurezza su cosa possano aver pensato gli altri potrebbe anche essere tutto frutto di una mia errata “lettura del pensiero”, avendo la pretesa di capire cosa pensano gli altri sulla base di ciò che io stavo pensando. Pur avendo 10 anni, pensai infatti a) il padre non è il vero padre; b) è stato adottato. Non mi sfiorò l’idea di qualche gene nella famiglia che avesse prodotto il piccolo rosso, anche perché non ne sapevo nulla di genetica, ovviamente. Fino a poco tempo prima credevo che chi aveva i capelli neri fosse semplicemente stato di più al sole rispetto ai biondi.


Mi ha sempre un po’ incuriosito la genetica sui colori dei capelli e degli occhi.

Rimasi colpito nell’apprendere che il biondismo è in via di estinzione. Il biondismo puro, intendo. Il prudore erotico della maggior parte dei maschi mediterranei che tra qualche decennio non potranno più raccontare di quella volta in Riviera di quella tedesca che era bionda sopra sotto e anche ai lati – ho visto che in Germania va molto l’ascella col pelo – perché non ce ne saranno più.

Biondismo pubico


Saranno 20 anni, cioè da quando io ricordo di averle sentite per la prima volta, che sento raccontare queste favolose storie sulle tedesche in Riviera, ma di sicuro tali epici eventi narrati dai rapsodi delle spiagge affondano radici nei decenni precedenti.

Considerando quindi tutte le tedesche che in almeno mezzo secolo dovrebbero aver ceduto al fascino dei viveur nostrani, le nuove generazioni tedesche dovrebbero parlare italiano. Altro che biondismo, dovremmo aver estinto il popolo teutonico.


Un mio rammarico riguarda il fatto che se in futuro avrò un figlio non credo possa avere colori degli occhi/capelli diversi dal nero/castano scuro, almeno a giudicare come si presentano tutti i rami della mia famiglia.

Certo, ciò eviterebbe commenti da parte di camerieri simpaticoni: ma gli si può sempre rispondere

– Ué, e invece da dove è uscito ‘sto coglione?.

Non è che “via dei Fori!” sia un incitamento sessuale


NOTA INTRODUTTIVA
Questo post sarà ricco di note come il registro di una classe indisciplinata.


“Ehi, Mister! Can you help me?” esclama indicando una enorme Reflex.
Siamo all’altezza del Vittoriano, di fronte al Foro Traiano. Un giovane dall’aria affabile, con i capelli sparati in aria tipo Saiyan, dei baffetti da portoricano e un abbigliamento che costerà quanto un’automobile, richiama la mia attenzione per farsi scattare una foto con sullo sfondo le rovine romane.

Non l’avevo proprio visto, primo perché era in un cono di buio oltre l’illuminazione stradale e secondo perché camminavo con la mente impegnata nell’analisi semantica di una frase di Tutor. Quando sono immerso nei pensieri innesto il pilota automatico e la mia mente incrocia le braccia dietro la testa, allunga i piedi poggiandoli sul tavolo e si mette a guardare il soffitto, cogitabonda.


FLASHBACK
Brevemente, quando le abbiamo detto “Scusa se ti facciamo fare tardi, avrai la tua vita”, lei ha risposto “Macché, figuratevi, non c’ho proprio nessuna vita” con aria rassegnata. Mi interrogavo se per caso fosse quindi andata male nei giorni scorsi col suo sconosciuto conquistatore.

Oppure poteva significare altro, essendo in quel periodo nel mese voleva dire che per stasera niente vita: plaid e tisana sul divano e via a dormire.


NOTA AL FLASHBACK
Quella sull’attuale attività ormonale di Tutor è una mia deduzione basata su un esame estetico-comportamentale sommario.


NOTA DELLA NOTA AL FLASHBACK
La nota precedente potrebbe sembrare vagamente inquietante, ma io, in generale, come si vedrà anche dal prosieguo della storia qui sotto, tendo a scannerizzare le persone che ho di fronte.


NOTA DI AUTOCRITICA
Ok forse ciò è inquietante lo stesso.


Mi sono quindi fermato ad aiutare il giovane, avendolo giudicato non pericoloso in base a un veloce scanner biometrico. Non sono diffidente a prescindere con gli sconosciuti, io li squadro e cerco di valutarli. È difficile da spiegare, ma diciamo che essere stati abituati a Napoli ti fa comprendere in genere di chi ti puoi fidare quando ti fermano per strada.


Con l’affermazione qui sopra potrei contribuire ad alimentare immagini distorte di Napoli che circolano spesso tra chi non l’ha mai vista: non è questa la sede per fare classifiche e statistiche di pericolosità o vivibilità, però un dato che ritengo certo è che Napoli è una buona palestra di vita per insegnarti a campare. Prendete la viabilità, ad esempio: guidare al Sud ti allena ad avere riflessi pronti e occhi sempre vigili. Rimango sempre sconcertato nel constatare che al Nord ci sia troppa fiducia nel codice della strada: chi ha la precedenza si immette nella corsia senza decelerare e io penso sempre che se comparisse qualcuno che non rispetta la precedenza sarebbe la fine. Dalle mie parti invece anche se hai diritto a passare abbiamo l’abitudine di rallentare e controllare se la strada è libera. Questo evita molti problemi.


Gli ho specificato di non essere Steve McCurry (lui ha riso) e che inoltre quando tocco macchine così sofisticate vado in crisi perché non so che pulsante premere.

Abbiamo dovuto rifare la foto molte volte, perché: a) era troppo scura; b) era troppo luminosa; c) l’avevo fatta venire sfocata; d) è passato un autobus in quel momento coprendo il Foro; e) sono passate delle persone in quel momento davanti all’obiettivo; f) due o più degli inconvenienti descritti in precedenza insieme.

Durante i tentativi ha scambiato qualche parola con me. Mi ha detto che viene dal Brasile, è in giro per l’Europa (prima Parigi, tre giorni a Roma e poi Amsterdam), gli piace viaggiare, cose così. Mi ha chiesto se fossi single e che donne mi piacessero. Poi mi ha detto: ieri sono stato con un’asiatica, da urlo, amico. Però io voglio divertirmi e fare esperienze – ha proseguito – Oggi voglio proprio cosare un coso.


Ho provato a pensare a molte metafore per riportare la cosa senza essere troppo sfacciato o scollacciato, ma mi venivano sempre esempi che si riferivano all’ingerire ortaggi o prodotti di origine suina oblunghi, quindi ho lasciato perdere.


Mettere un riferimento nelle note potrebbe essere stata la soluzione, in quanto la nota è più discreta e timida.


E poi mi ha chiesto: dove posso andare stasera per cosare un coso? Io gli ho risposto che non ho idea perché non mi sono mai preoccupato di simili interessi. E lui ha replicato:
– Dovresti provare.
– No amico (ridendo), preferisco le donne.
– Certo, anche io. Ma poi ho scoperto che provando cambia tutto. Un uomo sa meglio di una donna cosa piace a un altro uomo (abbassa gli occhi verso la mia cintura).
– Sarà anche così, ma
– Non vorresti provare? (mi interrompe)…Sai, io ho proprio voglia di cosare un coso (abbassa di nuovo gli occhi).
– Mi dispiace, senti ho l’autobus che mi parte.
– Ok amico, bye, grazie di tutto (saluta stringendomi calorosamente la mano).

L’unico dubbio che mi è rimasto è se mi avesse fermato perché mi aveva notato o perché ero il primo che capitava: no perché cambia tutto tra l’una e l’altra cosa, è comunque una questione di orgoglio. La mia eleganza (ben evidenziata da un giubbetto comprato in saldo in una nota catena di moda giuovine, una pashmina a quadretti e quadrotti, un jeans sdrucito e un paio di scarpe simil Converse consumate) e il mio nobile portamento (le mani perennemente nelle tasche e l’incedere di uno che sta andando a fare una rapina ed è nervoso perché non l’ha mai fatto prima) devono essere apprezzate per quel che sono, perbacco!

La signora indossa capi di lino. Ma come: mette vestiti di un maschio?

In allegato: consigli per essere perfetti conversatori

Puntata II della telenovela Io e la mia Pdc (vedasi post precedente).

Innanzitutto ringrazio l’artista trascendentale ysingrinus e il suo tutorial per la postura digitale, che mi ha aiutato ad assumere un’aria di autorevole saccenza.

Come avevo avuto modo di intuire dalle mail e dalla telefonata, PdC è molto esperta nella conversazione ampollosa e retorica, una tecnica in cui mi sto impratichendo anche se il mio scopo non è essere uno specialista ma un duttile giocoliere di qualsiasi tipo di conversazione, da quella con le ricche e aristocratiche signore PdC a quella col black blogger che minchia frate stai tranzollo perché cioè dobbiamo spaccare tutto perché cioè wordpress.

Consiglio I – Occorre elasticità mentale e flessibilità linguistica.

Amabili e ampollose conversazioni nel secolo decimonono

Per raggiungere PdC percorro una stradina immersa in tantissimo verde, arrivo in un residence presidiato da un custode che non ti lascia passare se prima, come fosse un perfetto maggiordomo, non ha provveduto ad annunciarti. Le megaville dei residenti all’interno del residence sono cinte da muri in mattoni rossi, alte siepi e/o alberi che creano delle bolle di verde in modo che nessuno possa vedere nel giardino dell’altro. Così si risolve l’annoso problema del confronto con l’erba del vicino: non c’è che dire, i ricchi ne sanno una più del diavolo.

A proposito di erba, mentre conversavamo io e Pdc un giardiniere era all’opera nella villa di fianco. Quando il rumore del tosaerba è cessato, Pdc ha tirato un sospiro di sollievo:
“Ah, finalmente. Sa, qui siamo abituati al canto degli uccellini tutto il giorno e quindi al minimo rumore uno pensa oddio ma che succede! Ah ah ah ah (risata finta)”.

Consiglio II – La risata finta è sempre un buono strumento, ma va usata con parsimonia e attenzione. Altrimenti si rischia di essere come quei pessimi comici che mentre recitano il loro sketch ridono da soli alle proprie battute per invogliare il pubblico alla risata.

Andiamo con ordine: all’ingresso nella villa sono stato accolto da questa donna dall’età intorno ai 55 anni, dai lunghi capelli d’argento, il fisico asciutto e vestita interamente di lino bianco: era la signora PdC in persona. Ho avuto l’impressione di ritrovarmi di fronte l’adepta di una setta parareligiosa. Non so perché ma i membri di una setta li immagino sempre magri, con la pelle liscia, vestiti di lino bianco.

Come dicevo, PdC è esperta della conversazione ampollosa e retorica:  una persona così per esprimere un concetto userà locuzioni articolate e complesse che impiegheranno il quintuplo del tempo normale.

Ma tutto ciò che mi ha detto era sintetizzabile semplicemente così: loro non vogliono esporsi a problemi fiscali o legali, vogliono un contratto ma non sanno da chi farlo scrivere perché il famoso avvocato che l’ha fatto a titolo di favore non è reperibile. Mi ha chiesto se avessi io contatti di fiducia, ho negato categoricamente.

Ho evitato di riportare parola per parola la conversazione perché avrei bisogno di fare altre tre puntate di questo post, dato che anche io mi ero adeguato ricorrendo alle locuzioni articolate.

Consiglio III – Sintonizzatevi sul registro linguistico dell’interlocutore, ma non copiatelo: siate simmetrici, siete artisti della conversazione, non scimmiottatori.

Così, per spiegare che io sarei anche pronto a fare le valigie e togliere le tende perché non voglio restare a certe condizioni, ho usato queste parole (non invento nulla, mi sono espresso proprio così):
Ecco, avevo premura di far presente a lei e la sua famiglia che onde evitare di porvi in uno stato di disagio con la reiterazione di pagamenti monitorabili ma non legalmente giustificabili, nel caso non si giungesse a una soluzione che sanasse la situazione mi dichiaro pronto a congedarmi in via anticipata.

Abbiamo concluso che parlerà con Marito sia riguardo il poter giungere a stilare un nuovo contratto sia riguardo quest’ultima cosa e mi farà sapere.

Detto ciò, si è concessa una decina di minuti a delle chiacchiere generiche. È buona norma, tra conversatori, dedicare infatti un po’ di attenzione alla chiacchiera generica. Dovendo evitare argomenti che possano creare conflitti o urtare la sensibilità, come politica, religione e via dicendo, in genere si discorre del tempo, ad esempio. Altro argomento molto in voga è “la situazione italiana odierna”. Che non va specificata aggiungendo chissà quale altro commento, basta buttare lì la frase e qualsiasi persona troverà qualcosa da dire al riguardo, sulle opportunità per i giovani, sulla ricerca, sulla burocrazia…ci sarà sempre qualcosa da dire sulla “situazione italiana”. Essendo PdC maestra della conversazione formale, mi ha anticipato e ha tentato tre volte di introdurre l’argomento accennando alla “situazione italiana”. Io non ho raccolto l’invito né la prima né la seconda volta e non mi sono agganciato al discorso. Ho atteso la terza per dar modo di far capire che non era lei a introdurre la chiacchiera generica, ma ero io che decidevo quando sarebbe stato il momento.

Consiglio IV – Abbiate sempre pronta la chiacchiera generica e non fatevela soffiare.

In conclusione, in trasferta su un campo difficile e con un avversario ostico non ho concluso granché riguardo la mia situazione abitativa (se non il far presente che sarei orientato ad andarmene al più presto) ma riguardo la conversazione ampollosa e retorica ho riportato un bel pareggio a reti inviolate.

Il mio mito resta comunque costui e spero un giorno di poter raggiungere tali vette artistiche.