Non è che devi essere un pianista per toccare il tasto giusto

Ebbene sì, son sparito. Non credevo fosse trascorso così tanto tempo. Invece vedo che il mio ultimo post è del 24 ottobre.

A esser sincero a un certo punto riflettendo sulla cosa credevo di aver abbandonato a titolo definitivo il blog.

Non mi è successo niente in questo periodo tal da impedirmi di scrivere. Soltanto che mi sembra di non trovare mai tempo per far tutto. Una volta gli articoli che pubblicavo me li ero già formulati in testa nel corso della giornata e, quando mi sedevo al computer la sera, non facevo altro che trascrivere quello che avevo già pensato.

Adesso cosa mi tiene occupata la mente durante il giorno?

– Cose di lavoro da fare
– Un altro lavoro da cercarmi
– Esami/Tesi da completare*
– Cosa diavolo mangiamo stasera?
– Devo curarmi la spalla/lo stomaco/il raffreddore/altro malanno occasionale sopraggiuntomi
– Se vado via alle…arrivo alle…farò in tempo per occuparmi di questo…e poi andare in palestra/piscina?


* La settimana scorsa comunque ho sostenuto il penultimo. Vedo il traguardo.


Oggi ho detto basta a questo circolo abbastanza triste di pensieri.

Già, ma cosa scrivo? Mi sento fuori allenamento.

Per riprendere confidenza col mezzo offerto da Parolastampa, riprendo un articolo che in realtà era in bozza da parecchio e che riformulo per adattarlo a delle considerazioni.

Tempo fa regalai a M. delle mutande un po’ porcelle, come capita di far in una coppia. Nello specifico erano del genere con apertura sul davanti.

Ci siamo poi accorti che doveva averle ideate o un uomo poco pratico o comunque una persona che concepisce un incontro porcello solo con modalità, come dire, di inserimento.

Come mi spiego meglio? Faccio un esempio: immaginate di comprare una cover per il telefono che lascia scoperto lo schermo ma che copre però il tasto centrale. Voi potete comunque utilizzare il telefono con la cover indosso perché lo schermo è touch: ma se il tasto centrale è coperto direi che non è comodo. E senza utilizzare il tasto centrale ci si perde un bel po’ di funzionalità, credo possano confermarmi le proprietarie di telefono!

La mutanda ha lo stesso problema: è aperta sì ma copre il tasto centrale.


Certo, la cosa si risolve rimuovendo il capo in questione e liberando le parti interessate. Ma se uno progetta una mutanda aperta è per un utilizzo senza la rimozione della suddetta, presumo? Non lo so, non mi sono mai interrogato se, oltre a mutanda mutandis, in certi frangenti valga sempre il mutanda rimuovendis o no.


Mi scuso comunque per la pessima similitudine e l’analogia con il pulsante di un telefono, sono arrugginito alquanto come dicevo.


Questa progettazione mutandara discutibile mi fa pensare a quante cose vengono ideate, messe in piedi, organizzate, giusto per rendere tutto meno semplice, scomodo, magari dietro l’apparenza di funzionalità estetiche o connesse all’ordine.

Le panchine individuali. Perché poi magari su quelle lunghe ci si coricano i senzatetto e a noi poi rovina la giornata un’immagine del genere, signora mia che tempi.

Le stazioni senza posti a sedere e senza più sale d’attesa. Sempre antibivacco, così lei è serena signora mia.


Esiste una definizione per tutto questo: design ostile o architettura ostile. Per approfondire (PDF).


L’università che tiene le aule non utilizzate chiuse a chiave perché «Sennò poi entrano gli studenti», come mi hanno detto. I quali studenti, vivendo la giornata in facoltà, cercano dei posti dove potersi sedere a studiare, perché le aule studio sono

– piccole e non sufficienti
– chiuse
– non ci sono aule studio

Ma a quanto pare signora mia anche questo è brutto da vedersi.

È chiaro che ci sono anche altre esigenze di cui tenere conto ed è difficile conciliare gli interessi di tutti, ma se le soluzioni proposte sono per il rendere l’ambiente che ci circonda meno accogliente lo trovo un po’ triste.

Come una mutanda che sceglie di ignorare un tasto.

Non è che nella staffetta tra religiosi ci sia il passaggio del Testimone di Geova

Conosco un tale, il quale – tale e quale – è un convinto meridionalista. Di più: è un Borbonico. Di più: fa parte di un movimento che mira a riportare a galla la verità storica, ridare dignità al Sud, denunciare l’oppressione nordista e assicurare ricchi premi e cotillon per il giorno del Ritorno del Re.


Che non è Aragorn.


Questo tale diceva “Siamo tanti e il potere ci temono” prima che diventasse mainstream e appannaggio di altri movimenti.


Però non ho mai sentito il potere dire “Siamo il potere e ci caghiamo sotto”.


Questo tale da quando lo conosco non fa che parlare solo di questo argomento: la questione meridionale, per l’appunto.  Né io né altre persone che lo incontrano per strada l’hanno mai visto o ascoltato intavolare un discorso che vertesse su altri temi. A volte sembra un venditore di Bibbie.

Sono convinto anche io sia necessario rivedere l’analisi storica sul Meridione e combattere i pregiudizi su di esso. Mi sono reso conto, ad esempio, che altrove c’è a volte una visione distorta sul Sud. Alcuni secondo me pensano che viviamo tutti nel set di Gomorra.


È un’opinione difficile da contrastare. All’ultima persona che parlava così ho dovuto sparare nelle gambe per fargli cambiare idea.


Per riportare a galla la verità storica, ridare dignità al Sud eccetera, insieme ad altri movimentisti borbonici, organizza dei piccoli dibattiti – dove nel 90% dei casi l’ospite è sempre il Marco Travaglio borbonico, Pino Aprile -, va in pellegrinaggio sui luoghi dei massacri tra esercito piemontese e esercito reale, scrive a volte degli articoli su qualche giornale locale. Un giorno, a tal proposito, venne da me  – condividevamo lo stesso ambiente di lavoro, purtroppo – sventolando, trionfante, una fotocopia di un articolo di giornale. “Ho risposto a Paolo Villaggio”, disse. Il Villaggio, in quel frangente, in uno dei vari deliri arteriosclerotici della sua epoca senile aveva detto qualcosa contro il Sud. Il nostro, dovendo vendicare l’onore meridionale, aveva replicato indignato.

Chissà se Paolo Villaggio ha mai saputo di ciò.

Il tale l’ho rivisto quest’estate dopo esser tornato dall’Ungheria.


O meglio, me lo son ritrovato davanti girato l’angolo come un Testimone di Geova che ti sorprende mentre sei sovrappensiero e non hai fatto in tempo a schivarlo cambiando direzione.


– Ma te ne vai sempre girando all’estero, ma che vai facendo
– Eh sai com’è, il lavoro
– Sì ma guarda ma se vai sempre fuori poi non combinerai mai niente qua, cioè per me chi non realizza niente nel posto dove è cresciuto e se ne va fuori ha fallito. Ha fallito
– Quindi io sarei un fallito?
– No che c’entra il mio è un discorso generale, sei un guaglione intelligente, ma se vai fuori nessuno ti conosce qua
– Quelli che conosco credo mi bastino e avanzino…
– Come?
– No, dico non conosco abbastanza gente, è vero…

Il tale non crede al vecchio adagio secondo cui Nemo (il Capitano o il pesce?) propheta in patria.

Il discorso sul conoscere diventa chiaro quando ti informa che lui sta lavorando, grazie a un amico di famiglia che l’ha preso con sé. “Se non era per lui”.

Sono sicuro sia bravo nel proprio lavoro, ma mi domando quanta gente brava ci sia in giro. E lui, il tale, sarà il più bravo in quel che fa, non dico dell’universo, ma almeno di un campione rappresentativo di potenziali impiegati in quel ruolo? Non lo sapremo mai, perché il suo amico non ha fatto alcuna selezione.

Allora a volte penso che per ridare dignità al Meridione, oltre a discutere, puntuali ogni anno in occasione della strage di Bronte, su chi fosse realmente Nino Bixio – abbreviazione di Nino Biperio, secondo una leggenda metropolitana su un ignorante studente maturando – a volte sarebbe anche utile valorizzare gli individui sulla base delle loro capacità, e non sulla base dei propri rapporti amicali e/o familiari.

I canali informali per il lavoro potrebbero sembrare pratiche innocenti: non c’è nulla di male a rivolgersi a chi si conosce già o a fare un favore a qualcuno. Ma se il sistema diventa la normalità o quasi, i canali lavorativi formali si ingolfano. Inoltre, utilizzando come criterio selettivo quello della conoscenza, si apre la gara ovviamente a chi ce l’ha più forte.


Beninteso, è una pratica diffusa non solo a Sud di Roma. In realtà esiste ovunque – anche all’estero – ma diciamo che in certi luoghi esiste più che in altri.


Non è che l’automobilista scettico non creda che l’uomo sia andato sulla Duna

Quando leggo notizie e articoli online faccio una cosa che non dovrei mai fare ma in cui puntualmente ricasco.


No, non è ravanarmi nel naso in cerca delle mie radici. Almeno non sempre.


Parlo dell’occhio che mi cade sui commenti.

Ce ne sono di vari tipi, alcuni però si possono far rientrare in tipologie fisse:
– C’è il complottista, secondo il quale è tutto falso messoci davanti agli occhi per distrarci. Al che mi sorge il dubbio: e se il complottista comparisse per distrarci e quindi ci fosse un complotto al quadrato?
– C’è l’allorista, per il quale a ogni notizia fa da contraltare qualcos’altro di peggio. Sono stati avvistati degli americani che mettevano il ketchup sulla pasta? Io ho visto italiani mettere il parmigiano sugli spaghetti con le vongole, perché nessuno ne parla? Eh?
– C’è lo sgrammaticato che lascia virgole, vocali, consonanti e sintassi lungo la strada. Forse potrebbe anche dire qualcosa di sensato ma non lo si capirà mai.
– C’è il grammar nazi fuori tempo massimo che è un po’ come il giapponese rimasto nel bunker a combattere in eterno la Guerra Mondiale: se la notizia è “Esplode fabrica di cazzate, 100 rincoglioniti”, lui interverrà a muso duro dicendo Si scrive fabbrica con due b, ignoranti…
Quello che butta il due di bastoni quando regna denari: l’uomo fuoriluogo, che, qualunque sia l’oggetto della discussione, dal cercopiteco grigioverde dell’Etiopia alle sonde nasogastriche, interviene per mettere in mezzo questioni politiche che non c’entrano niente.

È sempre esistita la figura del disturbatore della rete, forse da ancor prima che venisse inventato internet: si narra che quando Meucci inventò il telefono il giorno dopo ricevette una chiamata da uno che cercava una certa Gina Lava e quello scherzo può essere ricondotto al primo caso di intervento fuori luogo.

Ma andando ancor molto più indietro nel tempo possiamo tornare all’epoca degli Egizi: geroglifici e papiri erano i mezzi di scambio e condivisione di informazioni privilegiati. Anche gli unici, se vogliamo. Pare che alla notizia del suicidio di Cleopatra tramite morso di un aspide, si diffusero papiri con i commenti più disparati.

Grandeobelisco23
Vabbe è morta ma almeno le ha uscite!!!! #grandipoppe #milfdelnilo #chesièpersomarcoantonio

fioredelnilo
Ma il serpente??? Che fine ha fatto???? Perkè nn scrivete come sta?

cesareunicoduce
almeno in egitto i governanti si suicidano, mica come a Roma dove vivono mangiando a sbafo!!!! E io pago!!!…

adamkadmon
Sì…l’aspide, certo…guarda caso il serpente è sparito…poi qualcuno ha visto quando l’ha morsa?!…vi stanno ingannando, gente…la vera Cleopatra è morta anni fa quando ha dato alla luce Cesarione (che poi sarebbe Cesariano, ces+ariano perché figlio degli Arii perché Cesare si era convertito ai culti misterici della valle dell’Indo e per questo fu ucciso, altro che senato e dittatura!) ed è stata sostituita da una sosia…meditate gente…

Attualmente però costoro si sono moltiplicati e diffusi: se una volta internet e i forum di discussione erano considerati roba da asociali sfigati, oggigiorno chiunque invece si sente in dovere di dire la propria in modo superficiale e imbecille, dalla massaia di Vergate sul Membro al commercialista di Cunnilinguo sul Clito.

E io ho paura. Perché mi chiedo se siano persone che incontro ogni giorno.

Magari mi ci sono seduto allo stesso tavolo, senza sapere che di fronte avevo uno che commenta in modo idiota i fatti del mondo, anche quelli gravi e tragici.

La luce della lampada riflette il mio volto sulla scocca del portatile. Mi guardo e mi viene un dubbio: e se anche io fossi un idiota?

E tu, sai farlo in modo discreto?

AVVERTENZA: post dal contenuto ureico.
Sottotitolo: la demenzialità delle cose che leggo su internet non ha confini.
Sto pensando di fare una rubrica a periodicità casuale sulle cose più astruse, demenziali, esilaranti, imbarazzanti (e altri vari aggettivi simili in ordine alfabetico) lette in rete.

Facciamo un passo indietro. Esistono siti che fungono da archivio di articoli sul “Come fare per”, ad esempio Sapere.it, Ewrite.us e via dicendo; in realtà, lo scopo del sito non è fornire guide agli utenti ma accumulare visite, perché da lì proviene il guadagno. A volte questo accade a discapito della qualità dei contenuti, dovendo rispettare delle regole di ottimizzazione (come l’inserimento obbligatorio di determinate keywords) per comparire nei risultati delle ricerche. 3 anni fa scrivevo per un sito del genere che offriva guide e recensioni. Mi occupavo di tecnologia, ma per guadagnare qualche spicciolo in più (si veniva pagati ad articolo + il numero di visite) capitava di dover scrivere articoli assurdi del tipo “Come acquistare palloncini colorati” o “Dove acquistare un pc 486 (in un museo, forse)”. Ma chi diavolo deve ricorrere a cercare su internet una cosa simile?

Quando pensavo appunto di averle viste tutte, sono capitato su wikiHow (che, a quanto ho capito, non è manco un paid2write e non paga per gli articoli: quindi certe cose vengono scritte volontariamente e gratuitamente!). E navigando navigando tra le varie guide, ho trovato questo articolo e mi son detto Fermo! Deve finire nel mio museo virtuale degli orrori!:

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Non linko l’articolo perché non voglio incrementare le visite al sito, però giuro che è la roba più esilarante che io abbia mai letto. E con tanto di disegnini esplicativi su come mingersi nelle mutande o nei jeans e andarsene in giro inzuppati, perché sarebbe così più discreto (???). Ma perché, mi chiedo, perché?
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Ci sono alcune perle encomiabili:

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Sentito? E staccatevi un po’ da Facebook, dal cellulare o da chissà quale altra perdita di tempo! Chiudetevi in bagno a fare esercizio, è divertente! E poi, volete mettere la sensazione di freschezza: la pelle sarà più bella e più idratata. E se avete qualche blocco psicologico nel farlo all’aperto, ecco alcuni consigli:

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Forza! Uscite nel cuore della notte e innaffiate il vostro cancello di casa. Quando sarete pronte, potrete anche organizzare dei pee-party:
– Ciao cara, che si fa stasera?
– Io stavo organizzando una uscita per una bella pisciata di gruppo, tu ci sei?
– Oh, non vedo l’ora! Mi sono allenata tutta la settimana di notte sullo zerbino del vicino!

Ma dove ho compreso la genialità perversa di chi ha scritto una cosa simile, è stato alla fine dell’articolo:

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Non scherziamo su queste cose. Conosco gente che è entrata nel tunnel e non esce più. Se un giorno dovessi avere una figlia, sarò categorico: figliola, drogati pure, ma non iniziare a pisciare di nascosto.

Mi son sentito quasi invidioso e ho cercato una guida per gli uomini. Non c’è, però ho trovato questo

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Giustamente, uno arriva a quasi 30 anni e ha ancora dei dubbi su come funzioni (per non parlare del “quando”!). Ho riso, poi mi è tornata in mente l’immagine dei bagni della mia Università che mi hanno fatto compagnia per 6 anni e ho pensato: oddio, forse c’è veramente qualcuno che non sa come si faccia in modo corretto. Volete sapere com’era entrare in quei bagni a metà mattinata? Vi faccio ascoltare una registrazione: ciaff! ciaff! ciaff!.
E non sto esagerando. Ma c’è tanta gente con problemi all’impianto idraulico o siamo proprio noi maschi a essere zozzi?

Perla finale:

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Caspita, che idea! E io che ho sempre scavato una fossetta nel terreno oppure innaffiato piante e porte!…Beh, sono un gatto, in fondo.

In ogni caso, non ho parole.

E ora, visto che va di moda in fondo agli articoli: dopo questo aver letto questo post ti senti
>=( Arrabbiato
=D Felice
=X Schifato
=( Triste
8′) Scusa, devo andare a mingere in pubblico