Non è che i piccoli delle pulci siano i pulcini

Ricordo una volta attirò la mia attenzione un annuncio in cui una ragazza cercava lavoro come baby sitter. Alla voce Esperienza aveva scritto «Ci so fare con i bambini, ho due figli».

Indubbiamente è un’esperienza non discutibile.
Mi chiedevo: può bastare? Mi rendo conto che mettere in dubbio le capacità di gestione dei bambini di un genitore sia un campo minatissimo (e l’unico posto che non è minato in questo campo è dove fabbricano le mine, cit), soprattutto se chi commenta genitore non è.

Ma ripropongo la domanda: avere figli vuol dire essere in grado di gestirli, educarli?

Mi sono fatto la stessa domanda qualche giorno fa mentre attraversavo il parco pubblico cittadino. Lo stagno al centro è abitato da un folto gruppo di oche e anatre. Un’oca avrà figliato, c’erano 3 pulcini.

Mentre mi allontano dallo stagno sento un gran starnazzare. Qualcuno sta dirigendo un’automobilina radiocomandata verso i pulcini a riposo. La madre di questi sbatte le ali e gonfia il petto verso il mezzo radiocomandato come a volerlo impressionare, ma la macchinina ovviamente continua la propria corsa. Gli animali quindi scappano via terrorizzati. I pulcini inciampano e rotolano.

Mi volto a vedere chi sia il cagacazzo che rompe le scatole agli anatidi. Un bambino. Con accanto i genitori che assistono divertiti alla scena, esaltati anche magari dalle prodezze del loro campione.

Ora, magari costoro sono degli ottimi genitori in tutto e per tutto, non posso saperlo. Di sicuro son meno ottimi quando il figlio decide che deve disturbare gli animali. Ecco, quindi, il fatto di avere un figlio e di portarlo al parco non li rende edotti in materia di gestione bambini all’interno dei parchi pubblici, posso legittimamente dedurre.

E, in linea di massima, se in giro vediamo che ci sono bambini/ragazzini coglioncelli, non credo di andar lontano nell’identificare la causa in adulti coglioncelli.

Eppure, come dicevo in apertura, credo che uno dei più grossi tabù della società sia il mettere in dubbio le capacità genitoriali. Mai che insegnante, allenatore o un altro adulto a caso discutano del metodo educativo utilizzato da un genitore verso un figlio. È un reato morale che scatena l’indignazione e la rabbia. Una reazione di difesa, come l’oca che sbatte le ali a cercare di difendere la prole. Ci sta, per carità anche se sarebbero da discuterne gli eccessi.

Ad esempio se ti dicono che a scuola tuo figlio rompe, non puoi lamentarti che ti hanno detto questa cosa: o sei tonto da non accorgerti che è uno che rompe, o sei conscio che rompe e non te ne frega niente. E alla fine quel che fai in entrambi i casi è negare la realtà e offenderti perché si sta sfidando il tabù della messa in discussione.

Certo però che pesantezza gestire questi adulti.

Non è che puoi menare il can per l’aia: al massimo potrà dire “bau”

Oggi mi hanno raccontato una delle storie più divertenti e interessanti che ho ascoltato nell’ultimo anno. È un fatto vero, o almeno il tizio che me l’ha raccontata così dice: non so se sia tutto reale, mi piace comunque pensare che lo sia. Non mi sento, purtroppo, di riportarla integralmente qui perché sarebbe uno spunto interessante per scriverci un racconto e non vorrei quindi rovinare la storia all’amico, diffondendola in rete. Basti sapere, per farne capire il livello di interesse, che ci sono: una blatta (soprannominata Gregory), un cocktail con degli orsetti gommosi dedicato a un tizio che si è urinato addosso, pompieri che irrompono in casa e pensano a un sequestro, Carabinieri che irrompono in casa (chiamati per il sequestro), uno zio che sviene e tante altre cose ancora. Se non è questo materiale di qualità per un racconto, che altro, dico io: pensate che con del materiale di sterco sono riusciti a fare ben 5 stagioni della Casa di Carta!


Attenzione: questa affermazione potrebbe urtare la sensibilità dei fan della Casa di Carta.


E tutto ciò è avvenuto al tizio nell’arco di una serata/nottata.

Il mio agosto in ferie non è stato così movimentato e particolare come la storia di cui sopra: posso al massimo segnalare un cinghiale che di notte ha attraversato la strada davanti l’auto, per dire. Diciamo che l’eccezionalità dell’evento sta nell’averlo incontrato in un paesino di montagna: oggigiorno i cinghiali li trovi in spiaggia, in centro città, sembra che alla fine nei boschi non ci viva più nessuno.

Sempre in tema di animali, un cane durante le vacanze mi ha aggredito tentando di mordermi. Era uno di quei cosi grandi come un topo ma rabbiosi, ringhiosi e rancorosi come Vittorio Sgarbi. Avrei potuto calciarlo in touche in stile rugby o provare un tiraggiro come Insigne, solo che poi avrei dovuto vedermela con la padrona. Padrona che, per giustificarsi, ha detto che purtroppo il cane da quando sono entrati i ladri in casa ha paura quando vede estranei.

Ho capito, ma io cosa c’entro coi ladri?

Mi ricorda la tizia che una volta incrociai in un sentiero tra i boschi di Monfalcone: andava a spasso con dei cani, sciolti. Io stavo per fatti miei e camminavo usando un bastone come rinforzo. I cani mi vedono e mi inseguono e provano ad addentarmi i polpacci. La padrona non batte ciglio e mi fa: “Eh hanno paura del bastone”.

Ah, chiedo scusa: guardi cosa faccio, per punirmi ora me lo infilo nello sfintere, così da farlo sparire e chetare i suoi botoli.

Non ho problemi coi cani; non nascondo che non è che mi facciano impazzire – a parte i cagnoni giocosi e un po’ tontini in stile Mr Peanutbutter – e la mia attenzione per loro è la stessa che potrei avere per un Potamocero (un parente africano di maiali e cinghiali): ok, interessante, ma poi il mio interesse scema e mi guardo in giro a cercare dei gattini.

Il mio problema sono i padroni. I padroni, quelli sì, sono proprio delle belle rotture.

In vacanza sulle spiagge ho potuto ammirare anche diversi tatuaggi interessanti, da un punto di vista antropologico: credo esista una categoria – forse è un fetish – che definirei “Padri Pii brutti”.

Sempre in spiaggia ho potuto ascoltare un tizio che dispensava la sua conoscenza a un gruppo di persone; in sintesi lui affermava:
– siamo delle cavie per i vaccini;
– i vaccini ci modificano il DNA;
– e comunque ricordiamoci che se non fosse stato per Trump non saremmo riusciti ad avere i vaccini.

Mi ha lasciato parecchio confuso su quale fosse quindi il suo orientamento in merito. Poi mi sono immerso in acqua per cercare sollievo da questi discorsi calpestando dei ricci.

Poi ci sarebbe altro ancora da raccontare ma il post rischia di diventare una proiezione di diapositive delle vacanze. Quindi chiudo bruscamente mettendo un’immagine che sento mi rappresenta molto.

(Nota: trattasi di una linea abbandonata-don’t try this at your linea di metropolitana)

Non è che ti serva un calzolaio per fare la scarpetta nel sugo

In Incontri alla fine del mondo, in cui Werner Herzog racconta della sua vita e dei suoi film, viene narrato l’aneddoto di quando Herzog mangiò una scarpa per una promessa fatta al regista (all’epoca aspirante tale) Errol Morris:


«Il giorno che vedrò un tuo lavoro ultimato, mi mangerò una scarpa». Alla fine è riuscito a girare Gates of Heaven, un film bellissimo su un cimitero di animali.
Quando sono arrivato a Berkeley avevo le stesse scarpe che portavo quando avevo fatto la mia promessa a Errol. Il guaio è stato che, al momento di cucinarle, al ristorante c’era anatra come piatto del giorno e io ho trovato un’enorme pentola di grasso d’anatra. Avevo stimato che il grasso d’anatra sarebbe giunto al punto di ebollizione a 140° e che quindi sarebbe stato meglio cucinare le scarpe nel grasso piuttosto che nell’acqua bollente. Purtroppo è successo che nel grasso caldo il cuoio si è ristretto ed è diventato ancora più duro. Non c’era modo di mangiarlo se non sminuzzandolo con un trinciapollo e mandandolo giù con un bel po’ di birra. Avevo con me una confezione da sei lattine; le ho bevute tutte e alla fine ero abbastanza ubriaco. Ricordo di essere uscito da quel posto barcollando. Ma niente paura: il cuoio è molto facile da digerire.
[…] Un uomo maturo dovrebbe mangiarsi una scarpa ogni tanto, o fare qualcosa del genere. Oggi si sente parlare di quell’episodio fuori contesto e probabilmente sembra una cosa bizzarra, ma per me non si è trattato di una trovata da circo. […] Comunque la gente dovrebbe mangiare scarpe più spesso».


Io la penso esattamente come lui. Soltanto che la gente credo che a livello culinario ne sappia poco sulle scarpe: ce ne sono di specie diverse, ognuna con caratteristiche organolettiche peculiari. Conoscerle, vuol dire non sbagliare in cucina come ha fatto Herzog, che ha provato a cucinare la scarpa nel grasso di anatra. Che errore! Non shi shiamo, non mi piashe avrebbe detto Alessandro Borghese.

Per aiutare le persone, ho deciso di fare un po’ di chiarezza e fornire qualche utile indicazione.

FALCON-W-HI-RES-YELLOW-ADIDAS-ORIGINALS_12810Scarpa da ginnastica (Scarpae Gymnicus) – Nata nell’ambiente sportivo, la scarpa da ginnastica è entrata da anni a far parte della fauna urbana quotidiana pur mantenendo inalterate le sue peculiarità selvatiche. La più nota di queste è la sua arma di difesa dai predatori: se minacciata da uno sfruttamento umano eccessivo, la scarpa da ginnastica incomincia a emanare un fetore di cadavere in putrefazione dalle proprie ghiandole puzzorifere. La cosa curiosa è che una volta che la scarpa ha iniziato a emanare tale odore, non smetterà più fino alla fine della propria esistenza.
In cucina: la carne della scarpa da ginnastica è molto morbida ma gommosa, pertanto si consiglia una cottura lenta e a bassa temperatura che la renda masticabile e non rischi di rinsecchirla. Provatela con una marinatura di vino bianco, limone e spezie.

11822600Dr. Martens (Scarpae Carissimus) – La specie Dr. Martens appartiene al genere mimetico: sembra appartenere a un habitat naturale underground, quasi schivo e fuggente la luce del giorno ma in realtà la sua natura è quella di animale fashion e in cerca di visibilità tra le altre specie.
In cucina: ideale allo spiedo con contorno di insalata di camicia a quadri.

I520x490-elehot-donna-taurus-tacco-a-spillo-15cm-leather-scarpe-col-tacco-nero-39-amazon-shoes-neri-con-taccoScarpa con tacco a spillo (Scarpae Doloris) – La tacco a spillo è una delle specie più insidiose. Attira le sue prede grazie a un aspetto piacevole e affascinante, a tratti sensuale, per poi riservar loro tremende torture ai  piedi, alle caviglie financo alla schiena. Nemici naturali di questa specie sono porfidi e basolati, per non parlare delle terribili grate, cacciatrici infallibili specializzate nello spezzare alla scarpa il proprio stiletto e decretarne la morte istantanea.
In cucina: la scarpa ha poca carne, essendo di ridotte dimensioni e col tacco non edibile e infatti è la prima cosa che viene gettata quando la si prepara per cucinarla. Ciò la rende un piatto prelibato, da esaltare magari con una riduzione all’aceto balsamico, accanto a delle verdure croccanti e con un bicchiere di buon vino.

FINE PRIMA PARTE

Nella seconda parte analizzeremo altre specie con altre proposte per succulente ricette.

Non è che l’amante dei cani metta nel presepe pure un pastore tedesco

Sono passato davanti a un negozio che vende articoli da cartoleria, strumenti per hobby come il decoupage e la pittura, decorazioni e amenità varie. Le vetrine sono state abbellite per le festività. In bella mostra al centro c’è un presepe. Vi ho dato uno sguardo di sfuggita passandovi davanti. Qualcosa ha colto la mia attenzione e mi sono fermato a osservare meglio.

Il presepe è di quelli classici napoletani. Case che si innestano le une sulle altre, vita varia che si snoda tra gli anfratti, tra un pizzaiolo che inforna e una donna che si affaccia al balcone e che sembra Sophia Loren.

Al centro non c’è la Natività: a essa è affidata un anfratto in un angolo. Le linee di convergenza della struttura presepiale conducono invece verso una scalinata. Sui gradini è seduta una ragazzina. Bionda, una lunga veste rosa. Le ginocchia ravvicinate al petto, le braccia appoggiate sopra le rotule. Lo sguardo è triste e fissa un punto nel vuoto, in basso.

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Il vetro e le luci della vetrina purtroppo non hanno consentito una testimonianza fotografica migliore

È lei ad aver attirato la mia attenzione: cosa ci fa lì in mezzo? Perché nel contesto del clima festoso lei è triste? Perché è giusto lì al centro? Qualcuno vuole comunicarci qualcosa?

Perplesso, ho provato a chiederlo direttamente all’interessata:

– Oh!
– …
– …ciao?
– Ah allora sai salutare. O in genere dici “oh” alla gente che incontri?
– …Scusami…Senti, va tutto bene?
– Alla grande! Non vedi come me la spasso? Il tizio delle capre laggiù ha appena finito di raccontarmi, per la centesima volta, la barzelletta di quello che chiede al pastore se è Lucano e lui risponde No io so lu pastore, lui è lu cano!. Da sganasciarsi, eh?
– …Va be’. Senti, ho visto che sei triste.
– Wow, a te non sfugge niente. Come ti chiami? Occhio di Falco? Di’ la verità, sei un X-Men in incognito?
– Tecnicamente Occhio di Falco era affiliato ai Vendicatori e il suo potere non era cogliere i dettagli ma la mira che lo rendeva un incredibile arciere…
– Senti, che vuoi? Mi lasci deprimere in pace sì o no?
– Va be’, scusa. È che la gente passa vede il presepe e tira dritto. Io invece ho notato che al centro di questo quadretto che sembra felice c’eri tu triste e sola e mi chiedevo il perché…Niente, ero curioso. Comunque io sono Gintoki.
– Piacere, sono Orfana.
– Ah, mi spiace. Ma come ti chiami?
– Orfana, te l’ho detto.
– Non capisco.
– Ooooh, ma sei un ciuoto allora! Così come c’è Madonna, Sangiuseppe, Bambinello, ci siamo tutti quanti noialtri: Caldarrostaio, Pastore, Zampognaro, eccetera. Ci chiamiamo coi nostri ruoli. Io sono Orfana, la figlia di Nessuno. Nessuno è un altro personaggio che però non c’è mai.
– Ah, quindi siete tutti dei figuranti?
– Essì, che t’aspettavi che nel presepe ci fossero personaggi veri? Scusa, ma se tu vai a vedere Star Wars per caso credi che Chewbecca sia davvero un cane peloso bipede alto due metri? O che esistano davvero i draghi del Trono di Spade? Ma che vivi nelle favole? Son figure di fantasia. Piglia quella che fa Madonna: quando stacca qui va a fare il turno in un call center. Siamo quasi tutti al doppio impiego per arrotondare.
– Pure il pizzaiolo? Scusa, volevo dire Pizzaiolo.
– No lui c’ha davvero una pizzeria. Ma lascialo stare, si è rotto le palle. Una volta fare la pizza era semplice, era una roba da poveri. Oggi con ‘sta mania di fare gli chef e gli esperti di alta cucina pure alla pizza cagano la minchia. Adesso se non ti inventi le pizze speciali con la granella di pistacchio di ‘ndocazzoviene, il lardo della maiala di tua suocera e l’ombra di cipolla di Ascellasudata sul Minchia non vali niente. Oh, certo che avete un palato fino per rompere i coglioni, guarda…
– Tu invece vedo che hai una proprietà di linguaggio oxfordiana. E una cosa non mi torna: tu sei una bambina. Com’è che lavori?
– Ma quale bambina, io ho 30 anni! È che m’hanno truccata peggio di Barbara d’Urso e sembro appena uscita dalle elementari. Pensa invece che ho due lauree e un master e son qui a fare la figurina. Che figurina di merda! Ah, scusami, ho detto merda: il mio linguaggio ti offende? Cos’è, solo perché sono donna non mi è concesso essere volgare?
– Per quanto mi riguarda puoi pure dire l’alfabeto ruttando.
– Una volta sono arrivata fino alla G. Poi quando ho detto l’H ho rigettato sul tavolo. Avevo bevuto troppo.
– Interessante.
– Già. No, comunque devi sapere che il CCCP (Codice di Condotta Corretto Presepe) vieta l’uso di bambini. Una volta c’erano, adesso è considerato sfruttamento.
– Pure il bambinello è un adulto? Pardon, Bambinello.
– No, lui è un Cicciobello. Sai com’è, gli sponsor. Comunque ‘sta roba del Codice di Condotta ha un po’ rovinato il mercato. Cioè, una volta prendevi i bambini pure per fare qualche ruolo adulto, magari gli mettevi una barba finta, davi loro due lire e stavi a posto. C’era più trippa per gli attori adulti. Trippa in senso figurato, eh, chiarisco visto che non mi sembri sveglio.
– Avevo capito. E quindi?
– E quindi adesso devi prendere dei maggiorenni e ti tocca pagarli e quindi ora c’è meno da mangiare per tutti, poi se soprattutto se sei l’ultimo arrivato ti danno lo stage, i voucher, il Co.Co.Dé…
– Il Co.Co.Co. vuoi dire?
– No no proprio Co.Co.Dé: ti mettono al reparto recinto animali, galline, tacchini e se hai sfiga anche maiali. Immagina tutto il giorno in mezzo a questi esseri che cagano e puzzano. Amo gli animali e potrei anche essere vegana se eliminassi pesce e carne dalla mia dieta, però puzzano.
– Oddio che lavoraccio…
– Eh. Per carità, non sto dicendo che era meglio quando sfruttavano i minori, anzi: dico solo che in un modo o nell’altro devono sempre trovare il modo di sfruttare qualcuno. E alla fine noi ci riduciamo a farci la guerra tra poveri. L’altro giorno ho detto a Pescivendolo che dovremmo ribellarci e lui m’ha tirato una cernia dietro dicendomi di non parlare di queste cose, che a lui mancano solo 20 Presepi alla pensione e non vuole rovinarsi. La pensione, capisci? Ma quando cazzo mai la vedrò io, invece?
– Non dirlo a me…
– No però non cominciare a raccontarmi i tuoi guai. Guarda, sembri un bravo ragazzo, ma oggi proprio no. Ho pure i piedi gelati perché ‘sta cacchio di Orfana ovviamente è povera e non ha i soldi per un paio di sandali. Ho solo questa veste e un paio di mutande sotto, capisci? Ho chiesto almeno un paio di calze, di quelle che non si vedono. Niente. Secondo il regista è “Per realismo”. Mi fa: “Ma ti pare che 2000 anni fa mettessero le calze? Gli unici 30 denari che conoscevano erano quelli di Giuda, ah ah ah. A noi ci piace il realismo”. E mentre diceva quest’ultima cosa mi ha strofinato l’interno coscia con la mano. E ho dovuto pure impuntarmi per tenere le mutande. Secondo lui le orfanelle dell’anno 0 non le avevano.
– Secondo me questa è molestia.
– Noo, se vai a dirlo in giro sei una pazza mitomane che c’ha lei il sesso in testa perché affamata di mazza e quindi vede il marcio dappertutto. Oh certo che voi maschi (e pure qualche donna) come rigirate la frittata quando si tratta di sessismo, guarda…Lasciamo stare. Senti, a proposito di mazza, quand’è che te la levi dal sedere? Mi sembri tutto rigido.
– Oh?!
– Scherzavo, né. Mammamia e come prendi tutto sul serio. Dovresti scioglierti un po’. Oppure ti alleni a fare il pastore da presepe?
– Divertente. Senti, ma da dove vieni? Hai delle inflessioni regionali varie.
– Eh è perché siamo sempre in tournée. Mai un Natale nello stesso posto. Alla fine parlo come capita.
– Ho capito. Senti, non dirmi niente ma ora devo andare…ti disturba se ripasso a trovarti?
– Oh sì, guarda, mi dai proprio tanto fastidio. Una fa tanto per starsene tutto il giorno a rompersi i coglioni da sola e poi arrivano a distrarla. Che tempi.
– Ho capito. Ho capito che con te debbo evitare la retorica.
– Allora non sei così addormentato…Testina, passa quando vuoi!

Che incontro strano. Che conversazione assurda!

Non è che il marinaio utilizzi estremi rimedi a mari estremi

C’è una persona su negli uffici dirigenziali con la quale, a distanza, non credo di aver instaurato un buon rapporto.

Diciamo pure che mi sta sul cazzo, per usare un termine sociologico.

Non mi piace il suo modo di porsi, un po’ maestrina e un po’ indisponente. Un atteggiamento che purtroppo ricorre anche in me, per questo so riconoscere subito una persona che si comporta così.

Ci siamo solo scambiati delle mail e non avendo mai parlato di persona o a voce (tranne la prima volta che me la presentarono, al telefono, quando lei esordì dicendo “Comunque noi siamo già in contatto su Linkedin”- nota, non era affatto vero), non abbiamo familiarizzato. C’è sempre un po’ di tensione nei nostri testi, per non dire che sembra che ci manderemmo volentieri a fare in culo se non ci trovassimo in un contesto professionale.

Mi conforta aver scoperto che non sono il solo a non tollerare i suoi modi.

Una volta credo di averla proprio fatta sporca. Lei mi aveva cercato al telefono e, non ricevendo risposta, scrisse una mail mettendo in copia il mondo intero esordendo con Gintoki, ho provato a chiamarti ma non ti ho trovato, facendomi fare brutta figura come se io non fossi reperibile in orario di lavoro.

Siccome non sono per niente rancoroso e vendicativo, risposi alla mail scrivendo: Ciao, sentiamoci pure domani per il confronto da me richiesto in data xx (vedasi mail di quella data) e già che ci siamo parliamo pure di quell’altra questione, da me richiesta in data xx (vedasi sempre mail di riferimento).

Ero dalla parte della ragione, in quanto da 3 settimane attendevo un feedback mai ricevuto. Se mi si fa pesare un’assenza, io faccio pesare una mancanza.

Ahimè questo mi avrà precluso le porte della sua simpatia. Dopo altri simpatici scambi, oggi mi ha scritto:

Carissimo Gintoki, in attesa di vederci il XX, ti chiedo un feedback […].

A luglio dovrò salire su per un “momento formativo” – lo definiscono così – con altri colleghi di altre zone d’Italia. Quel in attesa di vederci il suona come una minaccia. A parte che dove sta scritto che dovremmo vederci? E magari parlarci?

Mi sta facendo capire che mi aspetta al varco. Forse vuol mettermi pressione con questa dichiarazione.

Sun Tzu mi sconsiglierebbe di presentarmi: sto per andare incontro al nemico in casa sua. Condizione sfavorevole.

Potrei anche rinunciare a partecipare, in fondo già qualcun altro ha negato la presenza causa impegni. Però non credo mi disporrebbe bene con tutti gli altri. Inoltre fuggire sarebbe da codardi. Sun Tzu magari non troverebbe vile evitare un confronto svantaggioso. C’è però un’arma cui Sun Tzu all’epoca non aveva pensato perché forse troppo gentiluomo e che io mi trovo a questo punto invece costretto a utilizzare dopo tanti anni dall’ultima volta che l’avevo usata.

ATTENZIONE: Ciò di cui sto per parlare non vuole nel modo più assoluto essere un invito o un’istigazione a utilizzare questo strumento. Anzi, ne sconsiglio fortemente l’uso, già vietato in 53 Stati delle Nazioni Unite per il suo coefficiente di pericolosità e per chi lo mette in atto e per chi lo subisce.

A mali estremi, comunque, estremi rimedi.

Alla mia nemica dovrò fare Il Sociopatico.

Il Sociopatico è un individuo totalmente privo di emozioni e reazioni. Non ostenta indifferenza, lui È l’indifferenza. Non muove un solo muscolo del viso, ha lo sguardo fisso ma non perso: pensa sempre a qualcosa di cui gli altri non hanno idea. Potrebbe essere come cucinare un trancio di tonno o come trasformare chi ha di fronte in un trancio di tonno. L’unico movimento corporeo che si concede è magari un leggero tic. Ognuno può trovarsi quello che più sente congeniale. Ad esempio, può essere un bel vezzo sociopatico quello di toccarsi in sequenza e con ritmo la punta del pollice con gli altri polpastrelli.

Il Sociopatico abbiamo detto che non lascia trasparire niente. Anzi, magari dà feedback – i tanto cari feedback della mia avversaria – spiazzanti pur di fronte a situazioni allarmanti.

Es. Indicano al Sociopatico la sua auto in fiamme:

– Beh…pazienza…tanto dovevo cambiarla…Certo che col fuoco bisogna stare attenti…un mio amico per accendersi la sigaretta aveva dimenticato che il gas fosse aperto…eh la vita è proprio un attimo. Tu fumi vero? Eh sta attento. Va be’ tanto tutti dobbiamo morire, no? In fondo l’essere umano è solo un parassita per il pianeta, gli animali sono meglio.

E se ne va dando all’interlocutore una pacca sulla spalla che sa di malaugurio.

Per poter attuare il Sociopatico avrò bisogno di parlar da solo con la tizia. In questo modo, lei penserà che io non stia bene con la testa e mi lascerà più in pace prossimamente. Se anche dovesse parlarne con gli altri non verrebbe presa sul serio. Hanno tutti una buona opinione di me, lo so per certo. “Sociopatico? Ma chi, Gintoki? Si presenta sempre bene, parla in modo impeccabile”.

Un’unica cosa potrebbe disinnescare Il Sociopatico. Che sia lei stessa una Sociopatica!

Non è che porti il cane su un aereo da guerra perché è un cane da caccia

Mentre ero in giro per i boschi in cerca di funghi trifolati e castagne arrostite mi sono imbattuto in una donna armata di fucile. L’arma l’ho notata dopo in realtà perché sono rimasto colpito dal fatto che la donna fosse bionda naturale. E che fosse completamente nuda.

Quando poi mi è caduto l’occhio sul fucile – dopo che avevo terminato una sessione di autoerotismo – l’ho guardata male perché a me non piace la caccia né i cacciatori. Lei, leggendomi nel pensiero e leggendomi la maglietta con la scritta “Non mi piace la caccia né i cacciatori” che indossavo, mi ha rassicurato:

– Tranquillo…non uccido animali, perché sono meglio delle perzone. Io sono una cacciatora solo di buone opportunità. E di promotori finanziari.

E mi ha mostrato la sua sacca con un paio di belle occasioni e un agente Mediobanca ancora caldo e dall’espressione veramente euforica.

Dato che mi ispirava fiducia – la cacciatora, non l’agente – abbiamo proseguito insieme la passeggiata chiacchierando un po’. Quando si è fatta ora di pranzo ho pensato di invitarla a casa sperando che la conversazione poi potesse evolversi in modo favorevole a me. Cioè con dei consigli su come abbattere quelli che vogliono proporti delle polizze vita.

Purtroppo distratto dal pensiero del pelo – l’agente di Mediobanca aveva un taglio di capelli invidiabile – avevo dimenticato di avere il frigo vuoto. All’interno c’era solo un polletto transgenico (aveva fatto l’operazione per il cambio di genoma suscitando le ire degli oppositori della teoria genomagender).

Occorreva arrangiarsi per non far brutta figura. Ebbene, questa è la storia di come sono riuscito a mettere insieme un superbo pollo da servire alla cacciatora.

Ricetta pollo alla cacciatora

Tempo di preparazione: tre mesi
Ingredienti: 1 pollo, 1 cacciatora, 1 olio di palma, 1 aglio, 2 carote, 1 sedano, pelati (o capelloni da rapare a zero) a caso, 1 pizzico di sale urticante, petardi quanto basta, 1 aromi, 1 Netflix (se gradito).

1) Si prende un pollo. Il mio l’ho agganciato in un centro scommesse promettendogli un sistema infallibile per vincere facilmente.

2) Il pollo va un po’ battuto. Scegliete un gioco o uno sport in cui vi sentite forti e battetelo ripetutamente.

3) Fate a pezzi il pollo umiliandolo verbalmente e sminuendo le sue prestazioni sessuali. Mettetelo da parte a meditare sulla sua vita.

4) Prendete due carote. Una tritatela in modo grossolano, l’altra usatela per dei giochi erotico-vegani come aperitivo. Non tritate due volte la carota perché poi saprà di cosa trita e ritrita. Dovreste poi compiere la stessa operazione con del sedano ma io non lo avevo in casa e questo mi ha dato un’intuizione: l’ho seminato e ho atteso di poterlo raccogliere tre mesi dopo, per avere un prodotto fresco, totalmente km 0 e bio: l’ho infatti lavato col Bio Presto prima di utilizzarlo.

5) In un tegame si scalda dell’olio di palma e si getta dell’aglio che avrete in precedenza pestato a sangue. Gettate nel tegame il trito di carota e il sedano bio. Gettate nella spazzatura la carota erotico-vegan.

6) Mettete nel tegame il pollo che avevate prima lasciato a meditare. Prendete dei pelati e sciacquateli prima con l’Alpecin. Mostrate loro che prodotti simili sono inutili per la ricrescita dei capelli e gettateli nel tegame. Io avevo soltanto dei pomodori capelloni e quindi li ho rapati a zero.

7)  Gettatevi addosso del sale urticante fino a sentire una sensazione di pizzico sulla pelle.

8) Fate un po’ saltare il tutto con qualche petardo.

9) Aggiungete delle erbette aromatiche a piacere. In casa io non avevo niente tranne che delle infiorescenze di canapa quindi ho usato quelle.

10) Potete insaporire il pollo come volete. Io ho preso un po’ di pancetta (è bastata una settimana sul divano a guardare Netflix accompagnato da birra e prodotti precotti).

Quando il tutto è cotto a puntino impiattate e servitelo alla cacciatora. Oppure fate come me e mangiate direttamente nel tegame così risparmiate di lavare i piatti dopo.

Purtroppo la cacciatora nel frattempo si era scocciata ed è andata via prima di assaggiare la mia ricetta. Ha anche preteso del sesso da me che non avevo pronto e le ho dovuto improvvisare lì sul momento.

Nella prossima puntata vi parlerò quindi della ricetta del sesso alla cacciatora!

Non è che devi aprire un postribolo per farti la clientela

Da più di un mese ha aperto un bar vicino casa mia. È sempre vuoto in modo desolante.

Magari non ci va nessuno perché il caffè è orribile (il che, considerati gli standard dell’Estero, estende l’orribile a una nuova dimensione) o perché i camerieri sono antipatici (il che, considerati gli standard ungheresi, estende l’antipatia a una nuova dimensione).

O forse è perché, non vedendo nessuno all’interno, la gente si scoraggia e questo crea un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

È dura riuscire a farsi un nome e una clientela.

Va anche detto che il bar sembra anonimo e privo di stile e, si sa, lo stile è tutto. È il primo impatto quello che conta.

Ho deciso quindi di iniziare a dare consigli di stile. Non ai bar, perché non me ne intendo.

Però riguardo il fashion credo di poter dire la mia. Se non altro perché oggi è il must. E il must inoltre è dire must. Il must del must è fingere di essere impegnati in attività importanti e qualificate, come appunto scrivere di moda su internet facendo credere che sia attività importante e qualificata.

Oggi quindi vado a presentare il mio ultimo – perché nel negozio in cui vado di solito non mi faranno più entrare per vilipendio alla decenza – acquisto.

È un capo d’abbigliamento must have, qualunque cosa voglia dire. Anzi, è più di un capo, è il boss della lobby dell’abbigliamento:

La camicia è moderna e vintage allo stesso tempo, perché la moda 2017 vuole l’uomo che sa essere moderno tornando all’antico. Quindi sì al vintage, no alla Terra rotonda, sì al morbillo.

È il capo (anzi il boss) ideale per chi ama la natura, in particolare gli animali che, si sa, sono meglio delle persone che alla fine sono tutte false, a parte l’uomo 2017 che è l’unico vero e infatti questa camicia è vera per vere persone. Se provate a metterla su una falsa persona – ad esempio un cartonato o un manichino – vedrete non gli cascherà benissimo. È per questo motivo che nel negozio non era esposta su nessuna sagoma ma giaceva in un angolo buio: le persone false non possono averla.

Sta bene con tutto, come provano alcuni esempi qui sotto.


Per una uscita informale, ad esempio prendere una birra (oppure prendersi il bicchiere perché piaceva):


Per una elegante cena vegana:


Per un vernissage di arte moderna:


La versatilità e adattabilità della camicia è incomparabile, seconda solo a un parlamentare che cambia più schieramenti.

Se siete uomini del 2017 non potete non averla nel vostro armadio e vedrete che la vostra donna/il vostro uomo riconoscerà in voi un vero uomo 2017.

Non è che per liberarti del mistico lo mandi a fare in culto

Ho un amico che afferma che, da ragazzino, per ingannare il tempo durante le lunghe estati solitarie e tedianti nell’entroterra irpino, ribaltava le mucche.

La procedura non sarebbe difficile. È necessario puntare le mani sul ventre dell’animale e iniziare a spingere con un movimento ondulatorio. Quando l’oscillazione – favorita dal fatto che per quanto grossa la mucca poggia su caviglie sottili – avrà raggiunto il punto critico, una spinta più forte farà accasciare di lato il bovino, che poco dopo si rialzerà come se nulla fosse.

Sono invidioso di non avere un passato di cui vantarmi così interessante come appunto può essere l’esperienza del ribaltamento mucche. Certo, la cosa sembra un po’ scortese nei confronti di animali placidi e tranquilli. Si sa inoltre che gli animali sono meglio di quelle persone che dicono che gli animali sono meglio delle persone e le mucche rientrano nella categoria di animale “meglio” a mio avviso.

Inoltre, sono anche capaci di procedere in fila indiana. Cosa che non riesce ai ciclisti.

O anche ai fedeli di una mini processione religiosa che ho incrociato lunedì. Erano in dieci. Quattro reggevano un baldacchino con sopra la Vergine Maria, gli altri erano disposti in fila. Affiancati. Occupavano lo spazio di due camion.

Mi sfugge il perché, ma credo sfuggisse anche alla Madonna. Insomma, credo che potendo scegliere eviterebbe di essere sballonzolata in mezzo a smog e traffico.

Mi incuriosisce sempre la forte compenetrazione del culto mariano nel Sud. Una passione, se così si può dire, che sembra sovrastare quella verso le figure religiose principali, fino a raggiungere risultati – se vogliamo e senza offendere nessuno – un po’ kitsch, come questa opera che ho immortalato sabato all’ingresso di un campo di calcetto tra le campagne incolte e impresentabili dell’agro-nolano:

Che il mondo non sia un posto giusto e perbene lo si evince dal fatto che se una simile opera fosse stata prodotta da Cattelan varrebbe milioni. Lui verrebbe accusato di vilipendio e blasfemia. E quindi varrebbe ancora di più.

La portata dissacratoria nell’opera la si evince dalla sua struttura vagamente vulvare: siamo d’accordo che Malizia sia sotto le ascelle di chi se lo spruzza, ma non posso fare a meno di ricondurre la forma della composizione a “l’origine del mondo”.

Un mio amico scrittore che la penna non l’ha vista, tant’è che sono anni che deve completare il suo libro, vorrebbe dedicare un capitolo proprio alla simbologia femminile presente nelle raffigurazioni mariane.

Nulla di nuovo, ricordo che nell’unico libro suo che ho letto – un errore di gioventù – Dan Brown ci fece una testa così lui e il calice sacro, il femminino sacro, il triangolino sacro eccetera.


Alcuni potrebbero non essere d’accordo col mio commento sprezzante sullo scrittore, d’altro canto la mia è un’opinione dall’alto di un niente, ma la scrittura di Dan Brawn, almeno ne Il Codice da Vinci, trovo che fosse scialba, troppo elementare e senza stile.


Ma se Dan Brown è diventato famoso così allora spero possa diventarlo anche il mio amico.

E come si suol dire: che la vulva lo accompagni.

Non è che un’uniforme la prendi in due pezzi perché è una divisa

Il vantaggio di riprendere un lavoro che già si è svolto è il non aver a che fare con il trauma dell’apprendimento.

Nulla qui è cambiato nel Laboratorio ACME di Budapest.


Sì è lo stesso che produce marchingegni per Wile E. Coyote.


A parte che non c’è più il precedente amministratore, il Doctor Who. Ora, c’è un duopolio formato da un tacchino e una castora.


A volte ho l’abitudine di immaginare le persone sotto forma di animali antropomorfi. Non riesco con tutti, solo con le persone che fisicamente sembrano ben adattarsi a un loro alter ego bestiale.


Il vero capo sarebbe il Tacchino, ma la Castora è diventata la sua ombra.

Il Tacchino, che all’epoca della mia prima esperienza girava sempre con un maglioncino a righe verde e nero tutti i giorni – come se fosse la propria divisa ufficiale – da adesso che è il capo mette i maglioncini da Steve Jobs.


Io son sempre dell’idea che la buonanima di Steve Jobs abbia fatto molti danni nelle menti altrui.


La Castora pretende riunioni per qualsiasi cosa.

Ma è così che si fa in una grande azienda!

Giusto.
In una grande azienda.

Mi chiedo se sia necessario in una compagnia di 7-8 unità dove io per dire cosa tengo aperto sul pc al momento mi basta farlo davanti la macchinetta del caffè.

Sembra sia diventato indispensabile.

Quindi invece di dire davanti alla macchinetta del caffè cosa ho aperto sul pc, si programma una riunione, ci si siede attorno al tavolo, la Castora porta il proprio notebook col quale apre la stessa cosa che vedrebbe guardando il mio pc, io dichiaro cosa tengo aperto sul pc, quindi grazie a tutti e arrivederci.

Oggi al mio secondo giorno mi sono beccato il raffreddore.

Mi soffio il naso di nascosto in bagno perché ho paura che si possa invocare una riunione per stabilire gravità del malanno, numero di fazzoletti utilizzati e quantità di secrezioni nasali prodotte.

Non è che l’anziano lento sia un vecchio adagio

Pomeriggio.
Sono in un negozio per animali per comprare dello scatolame per gatti che costa quanto una fetta di chianina.

Mentre la proprietaria imbusta il tutto, mi fa

– Tutti quanti con questa barba, ma che dovete fare non capisco
– È bella la barba, se curata
Dico, e nel frattempo getto un’occhiata a una cliente entrata dopo di me, intenta a esaminare una confezione di croccantini come se stesse leggendo la trama di un libro di Pinchon. Una ragazza molto giovane. Per un attimo ho il pensiero di aggiungere “E poi la barba piace alle donne”, cercando conferma e complicità nella giovane, poi qualcosa nella testa mi dice che nonostante il caldo sia meglio evitare di far calare il gelo.
– Aé, ma che dovete fare, sembrate tanti vecchi. Pure mio figlio, 26 anni, con ‘sta barba, glielo dico sempre, tagliala, e lui dice che si scoccia. Sembri un vecchio, gli ho detto. Tu quanti anni hai?
– 31
– Va be’, mio figlio però è più giovane
– Eh infatti, giustamente io invece già son vecchio, quindi posso pure tenerla…
Dico mentre prendo la busta e me ne vado.

Signora, ma se ne vada a quel Paese lei e suo figlio.

Sera.
Sono a un concerto nel giardino di una elegante villa. Suona un pianista di cui non riesco a fissare il nome pur avendolo letto una decina di volte.


Lubomyr Melnyk.


L’artista ama molto parlare e prima di ogni pezzo fa una lunga introduzione. In inglese, ma molto comprensibile.

A un certo punto si avvicina al palco un omino. Un tipo occhialuto e bassino e con la pancia a marsupio.


La pancia a marsupio è quella conformazione tipica che si sviluppa negli uomini. In pratica, stringendo i pantaloni fin sotto l’ombelico, la pancia in eccesso strasborda oltre la cintura creando questo sacchetto che grava in avanti a mo’ di marsupio.


L’omino marsupiale interrompe l’artista mentre sta presentando un pezzo, proponendosi come traduttore.

Inizia traducendo parola per parola, molto bene. Poi inizia a saltare delle frasi.
Il culmine lo raggiunge quando l’artista si produce in un’ampia metafora sulla bellezza nel mondo e il male, arrivando a citare poi l’ultimo episodio di Twin Peaks nella stanza dalle tende rosse con il nano. Il discorso viene mal riproposto dall’omino marsupiale.


Metafora di cui purtroppo ho perso il filo e che non saprei riproporre a parole mie, quindi credetemi sulla parola sul fatto che fosse un discorso interessante.


Sul finale al suddetto omino poi suona il cellulare. “Mia moglie, scusate”, esclama. Raffazzona in qualche modo il resto della traduzione e poi si allontana. Penso fosse per raggiungere la moglie che lo aspettava col battipanni.

Sono rimasto nel dubbio se fosse un intermezzo comico o ci fosse un qualcosa di lynchiano anche lì.

Sulla via del ritorno a casa ho tentato di collegare i due episodi della giornata, giungendo a delle riflessioni.

La barba in ogni caso non mi invecchia, perché mi danno sempre meno anni rispetto a quando non la avevo.
Inoltre, non potrò essere ufficialmente vecchio finché non avrò un marsupio di pancia da sfoggiare.


Il pezzo introdotto dal discorso su Twin Peaks è questo:


Non è che per uno schiaffo il maiale porga l’altro guanciale

Come accennavo nel precedente post, CR è tornata ad avere paturnie sentimentali. Questa è la conversazione che abbiamo avuto venerdì.

G: Ciao!
CR: Ciao Gintoki!
G: Allora, l’Ingrugnito ha trovato finalmente casa, eh?
CR: Lasciamo stare, sono due giorni che non ci parliamo.


(nel frattempo, all’interno della mia testa)
COMANDO 1 A SQUADRA ALPHA: RITIRARSI, È UNA TRAPPOLA! RIPETO, RITIRARSI!


G: Congratulazioni! Avete trovato il segreto per una coppia felice. Ora non vi resta che non parlarvi per i prossimi 30 anni almeno e starete benissimo insieme come tante coppie sposate.


COMANDO 1 A SQUADRA ALPHA: OTTIMA MANOVRA DIVERSIVA


G: Comunque, come mai? Cosa è successo?


SQUADRA ALPHA! NON IN QUELLA DIREZIONE! RISPONDETE!


CR: Lui mi fa innervorsire. Va bene io sono fatta in un certo modo e sono pure cagacazzo, ma non è possibile che…


COMANDANTE, LA SQUADRA ALPHA È CADUTA NELL’IMBOSCATA


CR: …ogni volta debba sempre dirgli cosa fare o cosa non fare. Non capisco perché gli uomini debbano essere così immaturi.
G: Beh, ma non siamo tutti così, dai. Ti invito a correggere quest’affermazione o ti terrò il muso tutto il giorno.
CR: Per esempio, è mai possibile che finalmente trova una casa che gli va a genio e la prima cosa che fa è chiamare gli amici per farli venire a vedere? Stavamo ancora parlando con la proprietaria, manco aveva messo piede che deve chiamare i compagni suoi? Ti pare?
G: Molto scortese. Poteva almeno organizzarsi prima per accoglierli con bibite e qualche salatino invece che a mani vuote.
CR: E poi uno dei due amici viene col cane. E lui senza problemi fa: Sì sì entra, entra.
G: Mah, a casa mia se mi garantisce che è pulito e non sporca, il cane può anche lasciar entrar dentro l’amico per non lasciarlo fuori.
CR: E poi quando finalmente gli amici hanno detto che la casa è un buon affare, lui si è convinto. Quando lo dicevo io sembrava che non mi ascoltasse nemmeno. Ti pare giusto che uno non ti dia retta quando parli?
G: Scusa ero distratto a togliermi del cerume dall’orecchio e non ti stavo seguendo.
CR: Ma poi non è solo questo, io mi sono scocciata di dover stare sempre a riprenderlo, come con un bambino. Non voglio trovarmi, se avremo un figlio, a doverne poi gestire due.
G: Vedila così, se avrete un figlio avrai già un buon allenamento alle spalle. Sai quanta ansia da madre e quanto Xanax potresti risparmiarti?
CR: E poi un’altra cosa che mi irrita è che si giri sempre a guardare le altre. Sai che dice lui? Eh ma noi maschi siamo bestie, che ci vuoi fare. Non so più come farglielo capire che mi dà fastidio. Ho provato a fare finta di niente, a prenderla sul ridere, ad arrabbiarmi.
L’ho preso pure a schiaffi!
G: No, questo non va bene. Potrebbe crearti problemi con la Protezione Animali.
CR: Pure domenica scorsa, stavamo a pranzo dai miei parenti e lui che commentava mia nipote di 19 anni.
G: Ha un futuro da Presidente del Consiglio.
CR: Sai cosa mi preoccupa? In lui vedo gli stessi atteggiamenti di mio padre.
G: C’era uno psicanalista austriaco che ti avrebbe trovata interessante.
CR: E comunque io sono stanca.
G: Sapessi io.
CR: Come dici?
G: Che comprendo la tua frustrazione e il tuo scoramento.
CR: Comunque, tu come stai?
G: Ho la colite. Mi piglia sempre quando sto nervoso.
CR: Eh sta girando questa influenza.
G: Già, è veramente brutto quando parli e non ti ascoltano.

Non è che il monarca criticone dia opinioni perché è un re-censore

Un’amica mi ha chiesto il favore di lasciarle una recensione su Tripadvisor per il B&B che gestisce per conto di un amico.

Non essendoci mai stato nella suddetta struttura, se non per cordiali  e conviviali visite di cortesia, mi era quindi richiesto di inventare.

Dopo aver lottato con la mia morale sulla circostanza di contribuire ad alimentare il mercato di false recensioni online e aver convenuto che in fondo è una cosa che fanno anche gli altri quindi tanto vale farlo per chi conosci e sai che fa le cose per bene, classica giustificazione sempre in voga – tutti colpevoli, nessun colpevole -, ho messo a punto una bozza di recensione che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.

Ho soggiornato per caso in questa struttura e ne sono rimasto piacevolmente colpito.

Alla reception sono gentili e disponibili: anche se non sono ammessi animali, al mio arrivo mi hanno consentito di tenere in camera il mio gatto a nove code.

Avrei preferito una stanza col bagno in camera, ma non era disponibile, così ho avuto la stanza col bagno in Comune. Ma ho trovato un po’ scomodo andare ogni volta al Municipio per le mie necessità.

Il lavandino perdeva. Poi ho fatto il tifo per lui e si è ripreso.

L’aria non è condizionata da nessuno.

Il wifi è libero e abbastanza veloce per vedere i film porno. Peccato durante il soggiorno io abbia trovato soltanto film dove i registi avevano inserito delle discutibili scene di “buffering” nel video.

Il letto è abbastanza comodo, anche se quando mi ci son sdraiato ha perso una vite. Non sapevo come rimetterla a posto e così ho passato la notte sveglio a interrogarmi sul senso della vite.

Per la colazione non ho assaggiato la cucina: mi sembrava un po’ dura da sgranocchiare.

Il parcheggio non è custodito, cosa che mi son trovato a constatare quando ho preso l’auto per andarmene.
Fortuna che ero arrivato a piedi.