Banane a un euro!

Ammetto di essere figlio del consumismo e amare aggirarmi tra gli scaffali di un supermercato.

Penso anche che però non sarà mai paragonabile a un mercatino rionale. Col suo vociare, il via vai di persone, le mani da poter infilare nei sacchi di legumi e sementi (sì, ho qualche vizio da Amélie). Tra l’altro, in un mercato di Belleville a Parigi ho scoperto che “banane a un euro” urlato in francese suona uguale al napoletano.

Il mercato rionale odora di verdura, pesce e olive. Nel supermercato si viene invece sempre accolti da un afrore di formaggio e detersivo. Una forma di parmigiano fatta col detersivo in polvere. E dicono pure che gli odori tra gli scaffali siano studiati a tavolino dagli scienziati del marketing.

Ora, qualcuno mi dica se si può essere mai attirati da un simile odore. Non lo so.

Insomma, io entrerei volentieri in un supermercato che invece profumasse di buon cibo (pizze, maccheroni, lasagne) o al limite di La vie est belle di Lancôme.

E poi ci sono cose che in un supermercato proprio non sopporto.

  • I prodotti senza prezzi.
  • La gente che arriva alla cassa con un prodotto senza prezzo, la cassiera che invoca l’intervento di “brvshmiliano (non si capisce mai) alla cassa 2” e la fila chilometrica che si forma dietro.
  • I clienti che ti scambiano per un commesso e ti chiedono cose improbabili. Per un breve periodo della mia vita tra i 20 e i 22 anni ho indossato polo colorate a tinta unita nere, blu, verdi: me ne pentivo quando scoprivo che coincidevano con la divisa ufficiale del commesso. Ora capite perché indosso solo camicie a quadri? Non  è per fare l’hipster!
  • La signora in fila alla cassa col carrello riempito come se dovesse arrivare la guerra, che si gira, vede te che hai in mano solo una confezione di Proraso e si gira di nuovo dall’altra parte perché ha paura che tu le chieda di poter passare avanti.
  • La signora che bla bla di cui sopra alla quale chiedi la cortesia di poter passare e che acconsente con la faccia di una a cui hanno presentato una cartella Equitalia.
  • Le cose che ti servono posizionate a chilometri le une dalle altre (anche questo, studiato a tavolino).
  • Le cose che ti servono che sono esaurite mentre tutto il resto trabocca dagli scaffali!
  • L’immancabile pirata della Standa che ti sperona il fianco con lo spigolo del carrello perché chissà cosa guardava o pensava.
  • Un classico: il carrello con la ruota bloccata o che ha la convergenza strabica che rende lo spingerlo una fatica di Sisifo. Meno male ci sono i carrellini o le ceste in plastica. Se magari le pulissero, di tanto in tanto…
  • Il prodotto scaduto non rimosso dal banco che, prima o poi, finirà nelle tue buste. Controlli sempre ogni volta le confezioni, leggi le etichette in maniera critica e attenta manco fossero un saggio di Proust, ma il prodotto scaduto ti attende nascosto da qualche parte in maniera subdola per finire tra la tua spesa quando meno te lo aspetti.
  • La cassiera che lancia i prodotti come se fossero bombe e tu ti penti di aver comprato biscotti friabili e uova.
  • Beccare la cassa che non ha spiccioli per il resto.
  • Beccare la cassa che invece ti riempie di spiccioli, tutti in monete da 1, 2 e 5 cents di cui non vedevano l’ora di liberarsi. Esci tintinnando come la slitta di Babbo Natale.
  • Il panico che ti viene quando ti sembra di non ricordare dove fosse l’auto. Era U6? V6?
  • Questa è di Aida in risposta a un mio post; tra l’altro è stato rileggendo questo commento che mi è venuto in mente di scrivere questo articolo: “L’ebete da supermercato è quello che ti si mette davanti con un carrello stracolmo. solitamente sono due ebeti, marito e moglie. Lei spinge il carrello fuori dalla cassa, lui mette i prodotti sul banco per pagarli. attende che esce lo scontrino e paga. la moglie ebete, anzichè iniziare ad imbustare la spesa, attende che il marito ebete adempie all’increscioso lavoro, perchè lei ha il carrello in mano, con 1 euro dentro, e lasciarlo libero significa essere derubata di un euro. Intanto le due corsie della cassa sono occupate dalla spesa della coppia di ebeti. Tu aspetti un lasso di tempo di 30 secondi. loro non si sbrigano. il commesso ha fretta e inizia a passare la tua spesa lanciandotela addosso perché se la mette nelle due corsie si confonde con la spesa da ebeti. tu ovviamente spazientito ma educato accetti la sconfitta, mentre l’ebete della moglie, con aria altezzosa, si degna finalmente di infilare l’ultimo pacco di pasta nella busta della spesa. tu intanto hai già finito da un pezzo

INFORMAZIONE DI SERVIZIO:  Ho rimesso in bozze per lavorarlo un post che avevo pubblicato ieri sera ma che rileggendo non mi convinceva. Non mi sono autocensurato e i commenti di chi ha scritto sono ancora lì 😀

Se parli di me, io ti bloggo

Ho di recente superato il traguardo dei 300 followers. Un numero importante, che mi mette addosso anche una certa pressione e ansia da prestazione: riuscirò a soddisfarli tutti o no?

Ho pensato, per sfoltire un po’ il numero di lettori, quale trovata migliore di un bel post in cui mi rendo antipatico? No, scherzo. Ma ho constatato che nella mia liste di categorie sociali non ho ancora analizzato quella più rilevante: il blogger. Pertanto, eccoci qui.

Premessa: le categorie, come tutti i miei scritti, sono frutto di ironiche estremizzazioni e non aderenti esattamente alla realtà, quindi non riferite a nessuna persona specifica.
Nessun blogger è stato maltrattato per la produzione di questo post e per i test e gli esperimenti sono stati usati solo blogger i cui corpi sono stati volontariamente donati alla scienza.
Per eventuali reclami, l’URB (Ufficio per le Relazioni con i Blogger) è aperto il 31 settembre, il 31 novembre e il 30 febbraio. Munirsi di numero. Le blogger carine e intelligenti dovranno lasciarlo, invece.

I blogger (questi sconosciuti)

Casa Vianello – Ovvero, la blogger (ma spesso è anche un maschio) che racconta la propria vita tra le mura domestiche, tra sveglie a orari impossibili, gatti che vomitano sui tappeti, coniugi con strane fisime e pranzi bruciati nel forno. La vita è sempre movimentata da assurdi contrattempi ed esilaranti scenette, come in una sit-com. Nei periodi di maggiore frustrazione e soprattutto se ci sono figli in casa può tramutarsi in una Casalinga disperata, che troverà nel blog l’unico momento di relax, dopo una giornata passata ad ascoltare i capricci dei figli, le lamentele dell’insegnante e, dulcis in fundo, i capricci e le lamentele del marito.

Bridget Jones – La sua domanda esistenziale è: “Solo a me capitano gli uomini sbagliati?”. Nel proprio blog racconta le disavventure sentimentali di cui è costantemente vittima a causa di incontri sfortunati. In genere i suoi uomini rientrano in una di queste specie:
– è bello ma noioso, a cena non fa altro che parlare di quando ha vinto il torneo di calcetto condominiale segnando il gol decisivo in finale e della crescita dell’azienda di spurghi & clisteri che dirige;
– è carino e simpatico ma una frana a letto;
– è bravo a letto ma ha i modi garbati di un Neanderthal, terminata la prestazione la caccia via con un calcio, un rutto e una bestemmia (ai più abili riesce di bestemmiare ruttando);
– è bello e bravo ma poi si scopre che è uno che cercava soltanto un’amante (perché ovviamente non aveva detto di essere sposato).

Fabio Volo – Il nome dice tutto. Poeta (secondo lui) e seduttore (sempre secondo lui), ci racconta di quando ha incontrato lei e l’ha conquistata dicendole “Io sono un uomo. Tu sei una donna” e così via tra ovvietà e aforismi che fanno presa sul pubblico femminile e anche su quello maschile, che lo identifica come maestro di saggezza e ne assimila le perle.

L’Enigmista – Sottotitolo: “Ma che minchia dice?”. È quello che scrive post criptici, ermetici e oscuri, narrando di “Squarci che liberano la pressione costretta lasciando a terra le nostre velleità…” mentre chi legge penserà “Wow, che bello”. In realtà sta descrivendo di quando ha forato con la bicicletta ed è rimasto a piedi.*

Il confuso – Quello che non sa perché mai abbia aperto un blog, perché mai continui a scriverci e perché mai non si decida a chiuderlo. Ogni tanto pone questa domanda anche ai lettori, che dovranno rispondere “nooo, non smettere” perché sennò fa brutto.

Una fashion blogger

La fashion blogger – La mutazione genetica frutto degli scarti della società moderna sversati nella blogosfera, il Godzilla emerso da acque di colonia radioattive. Ogni giorno c’è una donna che si sveglia e all’improvviso decide che lei dovrà fare tendenza e orientare la moda della stagione (come altre centinaia di migliaia di proprie simili: quante mode escono all’anno, quindi?). Il primo passo dopo il risveglio è l’invasione: facebook, twitter, instagram, pinterest, tumblr, le piattaforme sulle quali sbarca con lo stesso impeto delle truppe Alleate in Normandia. La sua giornata tipo inizia su Instagram, dove pubblica la foto della colazione su un tavolino con vista mare, perché lei non è come i comuni mortali che a casa si fanno un caffè e due fette biscottate, no, lei prende cappuccino (con la cremina e il cacao che formano un cuore), ciambelle e torta, che viene da chiedersi a quanto abbia la glicemia se ogni giorno comincia così. Il dubbio è che vada in realtà a importunare le persone al bar e a fotografare le colazioni altrui. Ci sono poi due scuole di pensiero per ciò che concerne i vestiti da indossare, pardon, per l’outfit: la foto di tutto l’armamentario disposto con cura sul letto e la foto di lei con i vestiti addosso davanti allo specchio. La data dello scisma tra queste due chiese non è ben precisa. Le fotografie sono molto importanti, purché fatte con stile, cioè basta che ci sia una smorfia. Parafrasando Lo Stato Sociale:
Sono così fashion che devo comunque fare una smorfia quando mi fotografo e se non faccio una smorfia allora faccio la smorfia come se non mi accorgessi che mi sto fotografando.
Ogni anno molti fashion blog muoiono di morte naturale per consunzione dell’autrice, nell’indifferenza generale.

La cavia da laboratorio – Una fashion blogger che ha seguito un percorso evolutivo diverso, magari per povertà; convinta del messianico compito di portare luce nel mondo del make up, è la tester per eccellenza di prodotti cosmetici e altre sostanze sconosciute da recensire sul proprio blog. Vista la propria indigenza perenne, si nutre o di campioncini gratuiti che raccatta stando tutto il giorno su internet o di prodotti che scrocc…fa acquistare alle amiche.

Benedetta Parodi – Così come sembra ci sia più gente che scrive che gente che legge libri, ci son più blog di ricette di piatti che di gente che ne mangia. Il mondo dei blog di cucina è lo youporn del cibo, una volta entrati in questa dimensione se ne diventa dipendenti, ci si perde in mezzo a tutti i generi, vegan, slow, bio, fusion, asian, sembrano etichette di video porno invece sono categorie di ricette. La blogger in cucina è la pornografa della tavola, ti mostra piatti che credi di poter replicare anche tu a casa: povero illuso, perché non verranno mai uguali.

Adam Kadmon – È parente di Quello delle verità nascoste che agisce sui social, a volte è la stessa persona. Anche lui si sente investito del ruolo – conferito non si sa da chi – di portatore di luce nelle coscienze ottenebrate degli esseri umani. Il suo blog vi darà la vaga impressione di entrare in un negozietto cinese Tutto a 1 euro, dove non ne uscirete se prima non vi sarete fatti convincere da qualcosa. Non usa mai lo stesso colore consecutivamente per sottolineare una frase chiave, perché non sia mai che cali l’attenzione del lettore. Tutto ciò che racconta è INCREDIBILE, SCANDALOSO e VERGOGNOSO, questi tre aggettivi sono necessari per la certificazione D.o.c. (delirio occulto complottista). La tattica di approccio col lettore è aggressiva come quella di un venditore di Folletto col cliente: se non compri la merce, sei un povero fesso che si lascia sfuggire l’occasione.

Amélie – Quella che si piace e si compiace della propria stramberia, di essere uscita di casa con i calzini di colori diversi, di aver comprato un paio di scarpe Lelly Kelly e di amare abbinamenti alimentari inusuali che sarebbero classificati dalla CIA come armi chimiche. Tutte cose di cui poi racconterà nei propri post. Ama scattare foto artistiche di altalene appese agli alberi e biciclette appoggiate ai muri. Attenzione: lei in realtà non ama affatto la fotografia, ma ama sé stessa che scatta le foto. Sempre con la testa fra le nuvole e i piedi nelle pozzanghere, perché dovrà poi raccontare sul blog di essersi schizzata i jeans, può avere diversi sviluppi evolutivi una volta adulta, da una Casa Vianello a una perenne incazzata col mondo, ma talune si bloccano a questo stadio di eterna pupa e non sfarfallano. Ne esistono anche versioni maschili che a volte sconfinano nel nerdismo, dove nei casi più gravi dalla crisalide si può assistere allo sviluppo di un tremendo Sheldon Cooper.

Sheldon Cooper – Il saccente nerdone che conosce tutto e il contrario di tutto, o almeno ne è convinto. Odia l’umanità con la quale purtroppo è costretto a relazionarsi e, a differenza della Amélie, pur essendo uno stramboide non è conscio di esserlo, al contrario sono gli altri a risultargli anormali mentre lui si piace e si compiace della propria presunta “normalità”. Può essere una creatura placida e tranquilla, ma è anche in grado di scatenare i propri peggiori istinti quando vede toccate le proprie passioni, potrebbe invocare la pena di morte per chi ha sbagliato la pronuncia di un nome di Game of Thrones, tanto per dirne una.**

Poi ce ne sarebbero tante altre ancora, c’è l’Ulisse, quello che è sempre in viaggio e regala ai lettori reportage fantastici che però gli attirano tante bestemmie per invidia, c’è lo Scrooge che ha sempre qualcosa da lamentarsi e ce l’ha con tutti, c’è la neomamma che fa tenerezza anche se sente la necessità di raccontare con orgoglio della produzione intestinale del proprio figlio, c’è quello che scrive guide su qualsiasi cosa, anche su come si scrive una guida su un blog, c’è il Marchese de Sade e la Lady Godiva coi loro blog a luci rosse, c’è il poeta maledetto/cimiteriale…e poi c’è quello che sfotte gli altri perché non sa che altro scrivere!

* Faccio outing: I did it.
** Secondo outing: mentre ne scrivevo, mi sono accorto di riconoscermi in parte. Però non chiedo la pena di morte, anche perché sono il primo ad avere un problema coi nomi e poi in GOT ce ne sono troppi. ” A morteee!”.

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=D Segnati le ossa che ora vengo a mischiartele