Non è che puoi imbrogliare per vincere la stanchezza

Sono stanco. È probabile che io l’abbia scritto qui altre volte. Purtroppo la mia stanchezza è un’orbita planetaria, si allontana ma poi ritorna sempre vicino. La sento ora al perigeo. Forse anche al perineo perché mi rode da quelle parti.

Mi ha scritto la padrona di casa. Per la seconda volta in 7 mesi, capita che mi contatti di lunedì mattina per chiedermi se ci sono dei disguidi o inconvenienti, perché non ha trovato il bonifico dell’affitto.

Allora.
Il bonifico deve pervenire il 7 del mese. Io lo effettuo sempre il 1° per star tranquilli. Chiaramente, il primo giorno del mese ha collocazione variabile: può capitar a inizio settimana così come alla fine. Se faccio il bonifico il venerdì, lunedì mattina non sarà arrivato.

Non serve che mi contatti chiedendomi “se c’è un disguido”. La finta gentilezza è irritante.

Ho risposto in modo cortese, gentile (finto), passivo aggressivo. Si è schermita:
«Nooo! Assolutamente!!! Mi dispiace !!! Scusami!!! Non ho considerato il sabato e domenica!!! So che persona sei e mi dispiace se ti sei risentito!!!!»

Mi dispiace. Ma anche no. Quando è stanco al Cavaliere Nero nun je devi rompere.

Mi stanco. C’è poco da fare.

Dovevo avere un aumento di livello al lavoro.
6 mesi fa.
Poi hanno detto che per procedure interne dovevano passare prima 6 mesi.

Poi una decina di giorni fa il capo, che però è un capo che non decide niente e deve chiedere a un altro capo, mi dice:
«Ciao Gintoki, la questione non è finita nell’archivio generale (?), sto lavorando per superare i passaggi burocratici posti».

Come se fosse Antani?

Non mi sono neanche arrabbiato. Ero troppo stanco.

Mi stancano le telefonate di Madre. Mi stanco sentirmi una brutta persona per questo motivo. Mi stanco sentirmi arrabbiato, dopo 30 anni in cui non mi sono sentito visto dai miei genitori.

Sono stato cresciuto amorevolmente, non mi è mancato nulla. Davvero.

Mi è mancato solo il riconoscimento delle cose che facevo, che però evidentemente non rientravano nel limes genitoriale dell’accettabile. E non parliamo di andare a 17 anni a vivere nella Comune stile Mad Max di Mutonia e vivere facendo l’artista di strada (che non ci sarebbe nulla di male, ma magari può sembrare un cambiamento un po’ estremo).

Anni di: «E che devi fare?», «Ma perché?», «No non sono d’accordo». Senza mai sentirmi chiedere «Ma come mai questa cosa ti interessa?», «Ma di cosa si tratta?». Un semplice interessamento.

Ho sopportato per anni, fino al 2021.

Quando ho detto che avevamo trovato casa e saremmo andati via da quella che era casa dei miei nonni, il giorno dopo, come se non avessi comunicato nulla, Madre dice che avrebbe sistemato la discesa del garage per far parcheggiare le nostre auto.

M. mi fa: «Ma…tu gliel’avevi detto, vero, che cambiavamo casa?».

Quando ho detto che avremmo firmato il contratto di casa mi ha fatto «Va be’» e nient’altro.

Quando ho detto che l’avevamo firmato, ha fatto «Se hai deciso così. Comunque non sono d’accordo che vai in affitto».

Neanche chiedere dove fosse questa casa, come fosse, se fosse una palafitta o un grattacielo. Così preoccupata di dover esternare la propria insoddisfazione da non provare nemmeno a fingere un minimo di interesse.

Mi stanca l’uomo della strada.

Mi stanca il pirata della strada.

Mi stanca sentirmi stanco.

Non è che per un focolare domestico serva legna da ardere

Buone nuove.
Non sono più un homeless. Mi sono insediato nella mia nuova stanza, di cui allego qualche testimonianza fotografica.

2015-12-05 17.09.31

Il simbolo della conquista di una nuova stanza è la camicia a quadri gettata sulla sedia.

2015-12-05 17.17.56

E così ampia che potrei montare un canestro da basket su una parete e organizzare tornei 3 vs 3. C’è pure il parquet.

Mi accompagna sempre il caro Jesus, perché, si sa, ci vuole un Jesus personale come dicevano i Depeche Mode.

20151204_225746

Notare la asettica semplicità di un arredamento IKEA.

Ho notato che qui a Budapest sembra essere tutto IKEA.

Ho notato anche altro. Che, ad esempio, in tutte le case che ho visto e compresa la cucina dell’ufficio, il mobiletto sopra il lavandino non ha lo scolapiatti.

Non esiste lo scolapasta.
Ho notato però in più case, compresa quella in cui ora vivo, la presenza di un oggetto cilindrico e bucherellato, che pensavo fosse appunto usato per quello scopo.

Ho scoperto poi che serve per metterci le posate ad asciugare.

Come avevo anticipato, avrò una coinquilina cinese.
Non è un soprano e credo abbia abitudini alimentari sobrie e parche. È già un buon punto di partenza.

Non ho ancora capito che opinione abbia di me.

La prima volta che ci siamo incrociati, mi ha guardato con un misto di preoccupazione e perplessità.

Quando ci incontrammo la seconda volta, per un caffè organizzato dalla proprietaria per darci modo di conoscerci, mi ascoltava rispondere alle sue domande con un’espressione del tipo “Non ce sto a capi’ un cazzo di quel che dici” o anche “Sì aspetta che mo me segno che nun me ne frega un cazzo”.


Per scelta stilistica, i pensieri di CC (coinquilina cinese) saranno espressi in romanesco.


Forse mi odia perché voleva la stanza grande, ma, dato che sono stato il primo a rispondere all’annuncio, la proprietaria ha dato precedenza a me.

La sua stanza è più piccolina e col letto su un soppalco.

Ieri, quando mi sono trasferito, lei mi ha chiesto se potesse dare un’occhiata alla mia stanza, esclamando poi “Aò, stanotte dormi come er Papa”.

Sapete, per un attimo ho pensato di proporle di scambiarci le stanze. Tanto il contratto non era stato ancora firmato e il suo andava anche modificato a causa di un errore.

A me in fondo non costava niente, anzi, avrei risparmiato 30 € di affitto mensili investibili poi in bagordi e trastulli.

Poi forse fa più per me una stanza piccolina. Sono un gatto, noi amiamo infilarci nei posti piccoli.

Per un attimo ci ho pensato.
Poi l’ho guardata e mi son detto “Nah, non ne vale la pena”.

Secondo me questo doveva essere uno di quegli eventi Sliding Doors che mettono la vita su due binari differenti. Se le avessi proposto di scambiare le stanze la nostra convivenza avrebbe preso un’altra strada, forse.
Adesso invece è possibile che tenti di uccidermi nel sonno.

Comunque sono contento. Ho trovato un posto che è in ottima posizione. A 30 mt ho tram, metro, taxi. Anche se credo mi asterrò dal prendere un tram con le lucine.

12342756_10208271013997902_6632592089957771932_n

Ho il supermercato sotto casa. C’è un sushettaro (da verificare), un greco e due kebabbari che ho visto frequentati da arabi, quindi presumo debbano essere buoni. C’è una farmacia a 50 mt e un H&M a 40.

Mi manca internet al momento, infatti adesso sto scroccando il wifi di uno Starbucks e credo farò lo stesso domani per seguire le partite del campionato.


Ma come, Gintoki, fai tanto l’anticonformista e poi vai da Starbucks?!
In assenza di meglio, perché no. Non ho problemi con Starbucks, ho problemi con gli starbucksminchia.


A proposito di H&M, ho già fatto i primi incauti acquisti. Volevo un pigiama e ho optato per questo abbinamento.


La maglietta di Topolino credo comunque non sia un pigiama ma venga venduta come t-shirt da esterno.


20151205_152430

Insomma, qualsiasi tipo di emergenza, alimentare, sanitaria, trasporti, camicie a quadri, può essere soddisfatta immantinente.

Il tutto spendendo un niente rispetto ai prezzi romani.

Eppur mi manca Roma.

Ma che gli faccio io alle donne non so

I più attenti lettori ricorderanno il mio incontro con la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare; da allora l’ho rivista altre tre volte e sono rimasto alquanto perplesso da un suo comportamento.

Venne a casa qualche giorno dopo il nostro incontro, per discutere di alcuni dettagli riguardo la nostra pratica di affitto. Conversammo amabilmente (questa volta, giocando lei in trasferta, fu molto cauta con i suoi discorsi ampollosi e retorici) in cucina e, poi, all’atto di congedarsi se ne andò via correndo.

Non sto scherzando o enfatizzandola cosa: lei mi salutò e poi raggiunse la porta correndo lungo il corridoio, scappando.

Io rimasi alquanto sconcertato, temendo che un qualche mio atteggiamento l’avesse spaventata. Sono molto sensibile al non dare una cattiva impressione, pensate che quando in una strada poco frequentata mi ritrovo a camminare dietro una donna, prima segnalo la mia presenza con un discreto colpo di tosse, poi cambio lato e infine la supero. Come a dire: guardami: non ti sto seguendo!

L’altroieri è venuta di nuovo a casa con un architetto che doveva effettuare un sopralluogo. Salutato il tecnico, è rimasta qualche minuto a parlare con me degli affari che abbiamo in comune. Poi, mi ha salutato con una stretta di mano e si è esibita nuovamente nel suo sprint di fuga da corridoio.

Ieri mattina è ritornata per prendere dei documenti. Ho atteso il momento che mi salutasse per la prova definitiva: dopo aver esclamato “non c’è bisogno che mi accompagni alla porta, tanto qui son di casa, eh eh eh (risata finta)“, se ne è andata di corsa. E con di corsa non intendo di fretta, ormai si sarà capito: intendo correndo. Lo scalpiccìo frenetico dei sandali sul pavimento ha accompagnato la sua uscita di scena.

A questo punto comincio a credere di non essere io il problema, ma che sia lei disturbata mentalmente e mi sono quindi messo il cuore in pace. E sto coltivando la segreta speranza che mi inviti di nuovo a casa sua, perché vorrei tanto potermi congedare esibendomi in una corsetta e, perché no, anche battendo i talloni con un saltello. Perché non mi si dica che io rinuncio a una sfida!