Iniziando a uscire di nuovo di casa per qualche occasione di cazzeggio dopo le zone rosse, a pois e a losanghe, si è palesato un aspetto che non avevo considerato: sarà un anno e più che non compro un capo di abbigliamento.
E anche adesso che mi trovo a essere in giro più spesso non ho alcuna intenzione di entrare in un centro commerciale. Già avevo problemi a relazionarmici prima della pandemia, figuriamoci ora.
Essenzialmente quello che provo girando in un centro commerciale, anche in assenza di virus, è che vedo la gente intorno a me e vorrei avere dei respingenti come nel flipper per farla schizzare via. In particolare quelli che coi carrelli avanzano senza guardare.
Avrei bisogno di pantaloni nuovi. Pare che infatti servano, secondo la lobby del non si può andare in giro nudi. Ne parlavo in un precedente post.
Ho trovato la soluzione. Ho iniziato a rubare quelli della mia compagna. Ho un problema con i jeans stretti da uomo, che a me piacciono molto: mi fanno male al pacco.
I suoi invece sono più morbidi ed elastici. Lei dice che è perché non sono jeans veri ma dei leggings. Io dico che che hanno l’apparenza di un jeans, il taglio di un jeans, sono quindi dei jeans.
Ho rischiato un occhio nero per tenere il punto, ma non ho mollato la mia posizione.
La realtà è che lei non considera che pur se sono nati leggings magari vogliono essere jeans.
Voglio fare un ragionamento più ampio.
Ci sono nella società correnti radicali e/o conservatrici (e anche un po’ stronze, se mi è consentito) che ritengono che le persone trans sono e restano del sesso di nascita: quindi una persona trans m to f rimarrà maschio, una persona trans f to m rimarrà femmina. Con un chi se ne frega di cosa senta e cosa provi quella persona, perché, ovviamente, bisogna sempre arrogarsi il diritto di voler imporre alle persone cosa debbano essere e cosa debbano fare col proprio corpo.
La stessa cosa accade con i pantaloni protagonisti della mia storia: sono leggings e si sentono leggings? Oppure si sentono jeans? Perché non lasciamo quindi loro essere ciò che vogliono essere?
Io quindi dico sin da ora che mi sento jeander. Un jeans gender.
Questa notte ho fatto un sogno erotico con protagonista CR.
Ci trovavamo in un ambiente dai contorni sfumati, un corridoio deserto dai colori legno pastello mangiucchiato – da piccolo amavo assaggiare quelli a cera – illuminato da luci alogene tonde, di quelle che sembrano anche costose: infatti erano da incasso.
C’era un bancone appoggiato alla parete, stile reception di albergo due stelle.
Dietro di esso, noi due ci apprestavamo a consumar il piacer carnale (ma era disponibile anche quello vegan).
La prima stranezza era che i vestiti semplicemente le svanivano addosso. Bastava toccarla e si ritrovava denudata.
Come un vecchio spot Wampum che, tra l’altro, non ricordavo fosse così pornografico. E dire che andava in onda in fascia protetta (anche se questo era più pro-culo).
La seconda, era che il suo clitoride si spostava. A un certo punto le era finito sul petto.
La terza, quella più clamorosa (addirittura più di un clitoride itinerante), era che all’improvviso è apparso un indiano – indiano d’India – nudo. Era visibile soltanto dal busto in su, cioè io sapevo che fosse interamente nudo, ma lo vedevo soltanto a mezzo busto.
Costui, quando mi sono girato a guardarlo, ha esclamato:
– Non ti preoccupare, faccio fattura.
E poi si è avvicinato a intrattenere la CR. Io me ne sono andato, con una sensazione tra il perplesso e il convinto che fosse tutto nella norma.
Lì il sogno è finito.
Questa mattina sono andato in ufficio con un po’ di imbarazzo addosso. È difficile guardare una persona con cui hai avuto una relazione, seppur onirica e surreale quanto un video dei Radiohead, la notte precedente.
Lei ha poi contribuito ad accrescere il mio disagio.
Dopo una pausa sigaretta, è tornata con in mano un bicchiere XL di Coca Cola da una nota catena fast food. Non quella col pagliaccio, quella monarchica.
– Sì però è light!, ha esclamato in risposta al mio sguardo inquisitorio.
Ho avversione per alcune categorie di prodotti industriali di largo consumo – come bibite, snack – che non apportano alcun beneficio all’organismo.
Detto da un fumatore di sigari e abituale consumatore di alcolici può sembrar fuori luogo e vagamente ipocrita e, in effetti, lo è.
– Sappi che sono offeso, ho detto. Lunedì, quando per pranzo mi sono portato i cannelloni che mi ero cucinato domenica e ti ho chiesto di assaggiare, hai detto “No, sono a dieta“. E ora ti bevi mezzo litro di Coca Cola.
– Ma no, aspetta. Ti spiego. Non è che non lo voglio il tuo cannellone!
– Eh?
– È che se poi lo provo, voglio prenderlo tutto!
– Ah. Buongustaia…
– Lo so, sono golosona. Se voglio una cosa non mi trattengo.
Dato che Malizia è sotto le ascelle di chi se lo spruzza, ho pensato di cambiar discorso e ho disperatamente cercato qualche argomento che non aprisse nella mia mente finestre su doppi e tripli sensi.
Ho preso sottomano un giornalino pubblicitario di una catena di abbigliamento, sul quale avevo notato in vendita una camicia a quadri.
– Allora, ieri mi dicevi che nel week end fanno gli sconti?
– Sì, venerdì e sabato. Dammi qua.
E sfoglia il cartaceo. Poi fa, mostrandomi una pagina su cui troneggiava una modella-trampoliera
– Guarda questo vestito, se lo può mettere solo una che ha un metro e mezzo di gamba. E che non ha tette, perché qua sul davanti sennò il vestito fa effetto tenda da circo.
– Eh già…
– Ad esempio mia sorella non potrebbe mai. Pensa che l’altro giorno ho visto un video che mostrava tutti i problemi che hanno le ragazze con le tette grandi. Mia sorella li ha vissuti tutti!
– Ah…Intanto mi colava il sudore dalla fronte.
– Anni fa volle imparare a suonare la chitarra. Quando la imbracciava non sapeva come metterla perché le tette la intralciavano!
– Eh bel casino…
– E poi l’Ingrugnito mi sfotte sempre dicendo che gli è capitata la sorella sbagliata, perché ho poco seno. E pigliati mia sorella se vuoi una tettona, allora!
– …
Tale sorella, che ovviamente non è solo tette e distintivo, fu da me ribattezzata a suo tempo LSD, La Sorella Demoniaca, perché le due sorelle accanto sembrano diavolo e acqua santa.
Dal viso, tondo e fumettoso, ricorda Lamù, cosa che si ricollega anch’essa al soprannome, in quanto la popolare aliena del manga e dell’anime è di razza Oni, che nel folklore giapponese sono appunto creature demoniache.
Dopo, è suonato il telefono.
– Buongiorno, sono Tizio: vi ho mandato una mail con la mia fattura, l’avete ricevuta?
…
Ok non era indiano, ma sarebbe stato divertente (o inquietante) se lo fosse stato.
Visto che sono stati citati, il singolo appena uscito:
Oggi la mia CR era assente dal lavoro, causa una brutta tonsillite.
Speravo di godermi la giornata, ma Aranka, detta da me Mekkanica, ha zampettato per un po’ avanti e indietro perché doveva impacchettare dei regali nella sala briefing. L’ufficio dove mi trovo è giusto in mezzo tra il suo e la suddetta sala, quindi era un tramestìo continuo.
Ha approfittato dell’assenza di CR per mostrare la sua natura malevola, disturbandomi alquanto.
No, non ha disturbato il mio lavoro: ha disturbato il mio piano di nullafacenza.
A proposito di disturbo, ieri sera (o forse l’altroieri: col fatto che pubblico i post dopo mezzanotte come un giornale non so più a quale tempo riferirmi) verso mezzanotte mentre mi preparavo la colazione per la mattina seguente* all’improvviso sguscia dall’uscio della propria camera la CC.
* Mi piace trovare tutto già bello e apparecchiato e il mattino dopo dover solo versare il latte – alla soia al cacao, info per diamanta – e spalmare la marmellata.
Era in sottoveste.
Tranquilli, non è l’inizio di un resoconto erotico. Quindi potete mettere a nanna gli adulti.
Una sottoveste bianco perla, serica, che terminava di poco sotto l’inguine, con due bretelline invisibili sulle spalle e dei ricamini floreali all’altezza del petto.
“Ah! L’hai guardata bene, eh?” ha detto il mio pubblico immaginario, tra risatine e gomitate d’intesa.
Il mio pubblico immaginario in questo frangente era costituito da Joey Tribbiani di Friends, Barney Stinson di HIMYM e Howard Wolowitz di TBBT, che si sono materializzati appena hanno sentito di una donna in déshabillé
In realtà l’avrò osservata per un secondo e basta. Poi ho distolto lo sguardo cercando qualcosa da contemplare e non ho trovato di meglio che rimirare la caldaia. Una gran bella caldaia, a essere onesto. Però non ricordo come sia fatta pur avendola fissata 5 minuti. È colpa di Einstein: nel momento in cui inventò la relatività il tempo prese a non scorrere più allo stesso modo. Una volta Trenitalia ritardava puntuale.
Se pensate che un secondo sia poco per cogliere tanti dettagli, sbagliate. Tornando alla relatività, pensate a quante centinaia di migliaia di chilometri fa la luce in un secondo. I nostri occhi in un simile lasso di tempo vengono quindi bombardati da miriadi di informazioni e noi nemmeno ce ne accorgiamo.
Comunque, era uscita dalla stanza per chiedermi, se non fosse di disturbo, se non mi disturbassi a svegliarla l’indomani perché la sua sveglia era fuori uso. Sempre che non mi avesse disturbato interrompendomi in quel momento.
Certo che era un disturbo.
Donne che appaiono in sottoveste a mezzanotte è una cosa veramente fastidiosa. Il governo dovrebbe fare qualcosa!
A scanso di equivoci, non ho comunque pensieri impuri sulla CC in sottoveste.
Ho una regola che mi sono dato e che quando non ho seguito ne sono sempre stato punito: mai fare il provolone con donne facenti parte di una cerchia o un luogo che frequento abitualmente: scuola/università/lavoro/centri di recupero per indossatori di abbigliamento discutibile e così via. Figuriamoci con una persona con cui divido casa.
Credo molto nell’avere un codice di condotta.
Penso che ognuno dovrebbe avere una regola da scolpire sulla roccia: mai criticare a voce alta qualcosa perché arriverà sempre qualcuno che avrà da ridire sentendosi offeso, pure se tu stavi parlando dei suonatori di didgeridoo della Tasmania; mai aglio e cipolla prima di colloqui/appuntamenti; mai dire “Te l’avevo detto” a chi è innervosito perché qualcosa è andato male; mai cibo/acqua dopo mezzanotte (vale per i Gremlins).
Dovrebbero avercelo anche i disturbatori di professione un codice.
Perché esistono individui che realmente mettono a rischio l’integrità strutturale del sacco scrotale.
La cosa buffa è che chi non disturba si preoccupa sempre di non farlo e chiede conferma (l’ultimo esempio che mi ha dato spunto per riflettere è appunto la richiesta di CC), chi realmente disturba, non se ne cura per niente.
La cosa meno buffa è che mi sento spesso chiedere se qualcosa mi sia di disturbo o meno, sempre da parte delle persone innocue: a volte mi sento un po’ abbattuto perché ho come il timore di dare l’impressione di essere perennemente scazzato o pronto a mordere.
Ed è ironico che, ammesso e non concesso che io sia così, io non lo sia evidentemente abbastanza per tenere a bada i veri disturbatori.
Cioè quelli che ti impediscono di indugiare nell’ozio!
La mia CR, oltre che fonte di racconti sulla sua vita privata (ovviamente in questi giorni ci sono stati aggiornamenti), ispira anche delle riflessioni.
Oggi si parlava di complimenti.
Ho confessato di non essere molto avvezzo a elargirli e lei, scherzando, mi ha detto “Ah, sei un po’ orso eh”.
Il che è vero, anche se non capisco perché si debba usare un orso come metafora. Insomma, anche una scolopendra non credo sia tanto affabile eppure nessuno dice “Sei proprio una scolopendra!”.
La mia scarsa abitudine agli elogi divenne proverbiale al liceo.
Ricordo che, una volta, espressi un commento positivo sulla nuova tinta di capelli di una compagna di classe e lei a quel punto esclamò “Ooh! Fermi tutti! Gintoki ha fatto un complimento!”.
Va bene il mio essere una scolopendra, ma mi parve eccessiva la reazione. Oltretutto, non era neanche una gran tinta: sembrava che si fosse lavata nel concentrato di pomodoro.
O forse sto solo denigrando reagendo a posteriori al suo scherno (tra l’altro doveva essere uno scherno LCD, perché lo trovai alquanto piatto e freddo).
Il mio problema con i complimenti è che sembra che realmente mi costino molto perché non so come formularli. Quando mi cimento in un apprezzamento sono sempre sconnesso, impacciato e alla fine contorto, col risultato che ciò che doveva essere un complimento lascia interdetto il destinatario.
Il fatto è che odio le frasi banali, che sanno di retorico o di tantoper.
Mi chiedo sempre, inoltre, con riferimento alle donne, la credibilità che possa assumere un commento nei loro confronti, disinteressato, su materie su cui sono del tutto ignorante.
Il vestiario, ad esempio. Per me un jeans è bello o brutto e basta. E spesso confondo i due aggettivi perché non me ne intendo di abbigliamento. Indosso camicie a quadri, quindi di cosa stiamo parlando?
Insomma, va come va per i colori: laddove per un uomo esiste il rosso, il blu e il giallo, per una donna dall’occhio esperto esisterà il rosso cremisi, il rosso carminio, il rosso pompeiano e via dicendo.
DIDASCALIA STORICO-CROMATICA
Tra parentesi, il rosso pompeiano nemmeno esiste. È stato il Vesuvio a creare una simile variante cromatica.
DIDASCALIA FELINO-CROMATICA
È come la storia della pantera nera: non esiste e basta.
Chiariamo: Pantera è il sostantivo che identifica tutto il genere di grandi felini. La specie è quella che poi varia: Pantera Leo (leone), Pantera tigris (tigre), Pantera Pardus (leopardo) e così via. Non esiste la singola specie “Pantera Nera”: è soltanto un leopardo o un giaguaro nato nero. È come la tigre bianca: nessuno dirà “Pantera bianca”, è una tigre e basta con una variante cromatica. Quindi la definizione più corretta sarebbe quella di “Leopardo/Giaguaro melanico”.
Ecco, con i complimenti sull’abbigliamento funziona allo stesso modo: sono uno che dice “Che bella pantera nera”, confondendo quindi stili, tagli e dress codes.
Per la cronaca, io sono invece di genere Felis. Sono cugino dei Panteri, veniamo dalla stessa famiglia, ma non parlo molto coi parenti e quindi a Natale sto per i gatti miei.
Delle volte ho timore che il complimento sia fraintendibile.
Ad esempio “Mi piaci con questi jeans” potrebbe essere inteso come “Toglitelo un attimo che vorrei guardarlo da vicino…sì ecco proprio così, uh interessante la tua biancheria, fammi vedere da vicino pure quella…sì ecco scusa stenditi un attimo che vorrei parlarti…no no tranquilla i tuoi vestiti stanno lì da parte, non vorrei che capi così belli si sporcassero, anzi facciamo così, ci metto pure i miei così i tuoi non si sentono soli, che ne dici?…Uh che freddo all’improvviso, fammi stendere un po’ di fianco a te…No forse sopra si sta più caldi, che dici?
In certi casi in realtà avviene così.
Che il pensiero sia quello, intendo. Che poi ci si tolga i jeans è un altro discorso.
Che poi nel momento in cui si tolgono ci si rende conto che alla fine non era quindi vero che “Mi piaci con questi jeans”, perché sennò glieli avresti fatti tenere. Ma a quel punto saresti giusto un attimo feticista. Quindi se ti piace di più senza, sei stato invece uno sporco bugiardo con quel complimento. E torniamo al punto di partenza.
In realtà il modo migliore di fare un complimento è essere spontanei: nel momento in cui ci si riflette su è come se l’apprezzamento perdesse fragranza. Come dei biscotti la cui scatola non è stata richiusa bene.
Se invece è immediato, anche un semplice “mi piace” non è banale.
Con o senza jeans.
È il mio ultimo mese di permanenza a Roma.
Per adesso.
Un po’ mi mancherà questa casa che tanti spunti per aneddoti interessanti mi ha fornito. Ultimamente però non ho altre curiosità da raccontare. A parte che la cinese ha passato lo scorso week end a Firenze con un “amico”: il fatto che abbia rimorchiato e sia partita per un w/e mi ha sconvolto.
Poi ho capito che si trattava di un altro cinese che va alla scuola di italiano con lei e la cosa mi è sembrata più normale, così come il fatto che in questi mesi il suo italiano sia addirittura peggiorato: se parla solo con connazionali, non fatico a crederlo.
Coinquilino invece in vista della mia partenza mi ha chiesto aiuto nel reperire un altro inquilino, chiedendo se io potessi sondare nel mio ambiente, perché vorrebbe in casa un altro che si occupa di cooperazione.
Una richiesta un po’ strana: è come se uno dicesse “Voglio affittare casa solo a un assicuratore”, oppure “A uno che progetta impianti termoidraulici” e così via.
Gli ho detto che gli avrei fatto sapere, la classica formula evasiva che uso quando in realtà non farò sapere un bel niente.
Perplesso, comunque, sono uscito per una passeggiata. Poco più in là di casa, degli operai stavano ritinteggiando la segnaletica stradale della fermata dell’autobus. La vernice si asciuga in pochi minuti: uno degli operai, per constatare la cosa, con la suola calpestava le strisce. Ho desiderato in quel momento di farlo anche io: l’operaio mi ha rivolto un’occhiataccia come se mi avesse letto nel pensiero e questa cosa mi ha preoccupato perché a volte ho proprio l’impressione che le persone mi leggano nella mente.
Ho girovagato senza meta.
A un certo punto non so perché sono entrato in un outlet non visibile dalla strada, cui si accede scendendo delle scale. Ero convinto di poter fare qualche affare, perché gli affari migliori li ho sempre fatti quando non avevo intenzione di comprare qualcosa.
O forse è una giustificazione per gli acquisti inutili.
Era una boutique per donne. O forse l’abbigliamento maschile era nascosto in un ripostiglio.
Comincia a infastidirmi questa cosa che nei negozi di abbigliamento i vestiti da donna siano all’ingresso e quelli da uomo o in fondo la sala o al piano superiore o, infine, a quello inferiore.
Un commesso che somigliava a Domenico Dolce mi ha guardato scrutandomi come fanno i poliziotti all’aeroporto. Una commessa che somigliava a Mara Carfagna – con il medesimo tipo di cranio che sembra si stia rimpicciolendo causando quella inestetica impressione che gli occhi stiano per uscire dalle orbite mentre forse è solo l’abuso di cocaina a renderli così – non mi ha nemmeno guardato.
Sono andato via.
Deciso a dare una seconda possibilità al mio istinto, sono salito su un autobus a caso. Ho assistito con vivo compatimento al tentativo di un paio di turisti tedeschi di obliterare il biglietto, fino a che non mi sono deciso a dirgli che la macchinetta credo fosse andata in tilt.
Sono sceso a Piazza del Popolo e poco più avanti ho trovato un negozio equo-solidale in cui mi sono infilato, per uscirne con paté al peperoncino e un infuso balsamico che non so quando utilizzerò perché le cose balsamiche mi nauseano. Faccio uno sforzo sovraumano per riuscire a sopportare una Halls, quando capita, nonostante la prenda a causa del naso otturato e la gola in fiamme.
Il proprietario equo-solidale mi ha trattenuto mezz’ora a parlare. Nel negozio c’era in diffusione La isla bonita di Madonna. Lui fa: “Qui dentro siamo rimasti agli anni ’80…”. “Vedo”, dico io, ridendo.
Da qui poi è iniziata una conversazione senza né capo né coda che è partita da un’apologia degli anni ’80, culminata con la visione dello spot del primo Macintosh del 1984 che il proprietario ci ha tenuto a farmi vedere su YouTube (lo spot, non il Macintosh), passando poi per lo spot Superga del 1997 con la musica dei Prodigy, attraversando riflessioni sull’arte come forma di comunicazione figlia del proprio tempo, per finire col proprietario che vuole aprire un outlet dove il vero proprietario – secondo lui – deve sentirsi il consumatore. Nel senso che il cliente entra nel negozio e deve sentirsi a proprio agio, si collega con lo smartphone alla rete del negozio e mette in diffusione la musica che vuole; se poi fa pubblicità al negozio sui social network, ottiene il 20% di sconto.
Ha detto anche altre cose sul suo progetto ma non mi dilungo.
Sono andato via contento di una cordiale chiacchierata ma chiedendomi, ancora una volta, perché io, dall’aspetto così taciturno e perennemente sulle mie, ispiri conversazioni agli sconosciuti.
Delle volte, in stazione, mi soffermo ad ascoltare la voce sintetica che annuncia le partenze. Ricorda che esiste altro oltre un mondo fatto di alte velocità e grandi ritardi, di località note e gettonate.
Mi affascinano i luoghi più disparati dislocati lungo lo stivale. Il treno IC proveniente da Nduja Calabra e diretto a Vergate sul Membro è in partenza dal binario 14. Ferma a Sdraio a Mare, Santa Maria di Buonadonna, Città di Bordello, Reggipetto sul Reno.
Mi piacerebbe viaggiare più spesso lungo lo Stivale, seguire il paesaggio che scorre lungo il treno – perché è il mondo intorno che scorre, il mezzo è fermo, non so se ve l’hanno detto – esplorando la realtà di posti a me ancora sconosciuti.
Poi ricordo lo stress psico-fisico che comporta un viaggio in IC o Regionale e la voglia tende a scemare. Negli IC quando sali a bordo spesso trovi gente che dorme e considera lo scompartimento come composto da due letti, non da 6 posti a sedere. Oppure c’è una famiglia con un numero imprecisato di bambini che si comportano come delle scimmie evase da uno zoo, col beneplacito dei genitori che già sono costretti a subirli a casa e non si prendono quindi la briga di seguirli nel treno.
Non è sempre tutto negativo, però. A volte si fanno conversazioni interessanti con gli altri passeggeri.
Come quando m’imbattei in una coppia di anziani che da Modena scendevano ad Aversa dai parenti. La signora partì dall’Emilia parlando col tipico accento di quelle zone ma man mano che il treno scendeva giù incominciava a cambiare intonazione e parole. Arrivò ad Aversa che parlava come Nino d’Angelo.
Una volta invece mi stavo lamentando con un mio amico seduto di fianco, che mi aveva svegliato mentre mi ero assopito, facendogli presente che mi ero alzato alle 6 e che avevo sonno. La signora seduta di fronte mi fa: Poverino! Si è svegliato alle 6!…Sai a che ora mi sveglio? Alle 3, per prendere l’IC ed arrivare a Pomezia ed essere a scuola a insegnare alle 8:30.
Al che ho imparato una cosa: bisogna stare attenti a ciò che si dice in treno perché ci sarà sempre qualcuno intorno a te che avrà un interesse specifico nell’argomento e/o qualcosa da ribattere. Come quella volta che stavo spiegando a un amico che sul CV quando ci si candida a offerte di lavoro è utile espungere le esperienze non attinenti o poco rilevanti: se ti stai candidando per una banca, non scrivere che in passato hai fatto il bagnino, ad esempio.
DIDASCALIA LAVORATIVA
In teoria, uno dovrebbe preparare un cv fatto ad hoc per la posizione cui si sta candidando.
In pratica, per come la vedo io, nel mondo odierno questa minchiata non funziona più. Se non vuoi stare a casa a videogiocare tutto il giorno a retrogames sugli emulatori online, devi prepararti a fare tutto. Dal cameriere, al postino, al cassiere, all’arzigogolatore, in attesa poi del posto che ti permetta di fare ciò che volevi e/o per cui avevi studiato. Devo togliere quelle esperienze dal curriculum perché non attinenti? Perfetto. Salvo poi venire escluso a priori perché risulterà che dal 2011 al 2015 non ho fatto nulla, così il selezionatore dirà “Ah! Questo di sicuro passa le giornate sugli emulatori di retrogames e non ha mai lavorato!”.
per non parlare di archive.org che ha caricato online un catalogo di giochi DOS.
Io vi avverto. Questo l’OMS non lo dice: questa roba fa male più della carne rossa e dà dipendenza più del formaggio che dicono sia come una droga (infatti al contadino non devi far sapere quanto è buono il formaggio nelle pere).
In quel momento intervenne un tipo vicino a noi, dicendo: Scusa perché hai parlato di bagnini?…Sai io sono bagnino, che poi in realtà si chiama addetto alla sorveglianza balneare, ho anche il diploma… E io gli rispiegai la cosa del CV. E lui di nuovo insistette sul fatto che per fare il bagnino aveva fatto un corso ed era stato certificato.
Insomma, meno male che era arrivato il momento di scendere perché non ho capito cosa si aspettasse da noi, un riconoscimento ufficiale? Un posto di lavoro? Mah.
Un capitolo a parte meritano gli amori da treno. A volte innescati da qualche scambio di parole. Altre volte invece fatti di platonicismo puro, come il Sommo Poeta ci ha insegnato. Basta un dettaglio, il libro che legge, il tipo di abbigliamento, la musica che dalle cuffiette prorompe all’esterno, per farmi capire che può essere la donna della mia vita.
Insomma, una che ad esempio ha una borsa con dei gatti disegnati sopra può essere una cattiva persona? Può essere una ragazza non interessante? Io non credo.
Può essere una malata di mente? Questo è probabile.*
* Io credo che le donne che amano i gatti non stiano a posto con la testa. E lo dico da gatto, amante dei gatti, amante delle donne che sono amanti dei gatti e amato da donne che erano amanti dei gatti.
Almeno fino a che non è il momento di scendere dal treno.
I viaggi lunghi e con soste frequenti hanno quindi un loro perché: purtroppo noto in me un imborghesimento che mi porta a scegliere le alte velocità. E, a tal proposito: perché gli steward/le hostess a bordo di Trenitalia sono sempre scazzati mentre quelli di Italo sono giovani, splendenti e sorridenti come un spot Mentadent?
NOTA INTRODUTTIVA
Questo post sarà ricco di note come il registro di una classe indisciplinata.
“Ehi, Mister! Can you help me?” esclama indicando una enorme Reflex.
Siamo all’altezza del Vittoriano, di fronte al Foro Traiano. Un giovane dall’aria affabile, con i capelli sparati in aria tipo Saiyan, dei baffetti da portoricano e un abbigliamento che costerà quanto un’automobile, richiama la mia attenzione per farsi scattare una foto con sullo sfondo le rovine romane.
Non l’avevo proprio visto, primo perché era in un cono di buio oltre l’illuminazione stradale e secondo perché camminavo con la mente impegnata nell’analisi semantica di una frase di Tutor. Quando sono immerso nei pensieri innesto il pilota automatico e la mia mente incrocia le braccia dietro la testa, allunga i piedi poggiandoli sul tavolo e si mette a guardare il soffitto, cogitabonda.
FLASHBACK
Brevemente, quando le abbiamo detto “Scusa se ti facciamo fare tardi, avrai la tua vita”, lei ha risposto “Macché, figuratevi, non c’ho proprio nessuna vita” con aria rassegnata. Mi interrogavo se per caso fosse quindi andata male nei giorni scorsi col suo sconosciuto conquistatore.
Oppure poteva significare altro, essendo in quel periodo nel mese voleva dire che per stasera niente vita: plaid e tisana sul divano e via a dormire.
NOTA AL FLASHBACK
Quella sull’attuale attività ormonale di Tutor è una mia deduzione basata su un esame estetico-comportamentale sommario.
NOTA DELLA NOTA AL FLASHBACK
La nota precedente potrebbe sembrare vagamente inquietante, ma io, in generale, come si vedrà anche dal prosieguo della storia qui sotto, tendo a scannerizzare le persone che ho di fronte.
NOTA DI AUTOCRITICA
Ok forse ciò è inquietante lo stesso.
Mi sono quindi fermato ad aiutare il giovane, avendolo giudicato non pericoloso in base a un veloce scanner biometrico. Non sono diffidente a prescindere con gli sconosciuti, io li squadro e cerco di valutarli. È difficile da spiegare, ma diciamo che essere stati abituati a Napoli ti fa comprendere in genere di chi ti puoi fidare quando ti fermano per strada.
Con l’affermazione qui sopra potrei contribuire ad alimentare immagini distorte di Napoli che circolano spesso tra chi non l’ha mai vista: non è questa la sede per fare classifiche e statistiche di pericolosità o vivibilità, però un dato che ritengo certo è che Napoli è una buona palestra di vita per insegnarti a campare. Prendete la viabilità, ad esempio: guidare al Sud ti allena ad avere riflessi pronti e occhi sempre vigili. Rimango sempre sconcertato nel constatare che al Nord ci sia troppa fiducia nel codice della strada: chi ha la precedenza si immette nella corsia senza decelerare e io penso sempre che se comparisse qualcuno che non rispetta la precedenza sarebbe la fine. Dalle mie parti invece anche se hai diritto a passare abbiamo l’abitudine di rallentare e controllare se la strada è libera. Questo evita molti problemi.
Gli ho specificato di non essere Steve McCurry (lui ha riso) e che inoltre quando tocco macchine così sofisticate vado in crisi perché non so che pulsante premere.
Abbiamo dovuto rifare la foto molte volte, perché: a) era troppo scura; b) era troppo luminosa; c) l’avevo fatta venire sfocata; d) è passato un autobus in quel momento coprendo il Foro; e) sono passate delle persone in quel momento davanti all’obiettivo; f) due o più degli inconvenienti descritti in precedenza insieme.
Durante i tentativi ha scambiato qualche parola con me. Mi ha detto che viene dal Brasile, è in giro per l’Europa (prima Parigi, tre giorni a Roma e poi Amsterdam), gli piace viaggiare, cose così. Mi ha chiesto se fossi single e che donne mi piacessero. Poi mi ha detto: ieri sono stato con un’asiatica, da urlo, amico. Però io voglio divertirmi e fare esperienze – ha proseguito – Oggi voglio proprio cosare un coso.
Ho provato a pensare a molte metafore per riportare la cosa senza essere troppo sfacciato o scollacciato, ma mi venivano sempre esempi che si riferivano all’ingerire ortaggi o prodotti di origine suina oblunghi, quindi ho lasciato perdere.
Mettere un riferimento nelle note potrebbe essere stata la soluzione, in quanto la nota è più discreta e timida.
E poi mi ha chiesto: dove posso andare stasera per cosare un coso? Io gli ho risposto che non ho idea perché non mi sono mai preoccupato di simili interessi. E lui ha replicato:
– Dovresti provare.
– No amico (ridendo), preferisco le donne.
– Certo, anche io. Ma poi ho scoperto che provando cambia tutto. Un uomo sa meglio di una donna cosa piace a un altro uomo (abbassa gli occhi verso la mia cintura).
– Sarà anche così, ma
– Non vorresti provare? (mi interrompe)…Sai, io ho proprio voglia di cosare un coso (abbassa di nuovo gli occhi).
– Mi dispiace, senti ho l’autobus che mi parte.
– Ok amico, bye, grazie di tutto (saluta stringendomi calorosamente la mano).
L’unico dubbio che mi è rimasto è se mi avesse fermato perché mi aveva notato o perché ero il primo che capitava: no perché cambia tutto tra l’una e l’altra cosa, è comunque una questione di orgoglio. La mia eleganza (ben evidenziata da un giubbetto comprato in saldo in una nota catena di moda giuovine, una pashmina a quadretti e quadrotti, un jeans sdrucito e un paio di scarpe simil Converse consumate) e il mio nobile portamento (le mani perennemente nelle tasche e l’incedere di uno che sta andando a fare una rapina ed è nervoso perché non l’ha mai fatto prima) devono essere apprezzate per quel che sono, perbacco!
Premessa: i concorsi pubblici sono ormai dei concorsi pubici: perché è col padredeibambini che spesso sembrano gestiti.
DIGRESSIONE CONCORSUALE
Mi danno sempre fastidio quelli che chiedono: “Perché non fai il concorso per aiuto-vice-spazzacamino al Ministero delle Infrabrutture?”. “Perché non lo fai tu?” è la mia domanda.
Ho massimo rispetto di chi si fa il sedere a tarallo sui libri in nome della volontà di intraprendere una professione e poi si consuma sino alle viscere in attesa delle graduatorie e poi si consuma ancora sino al midollo perché pur magari vincente deve attendere i tempi geologici del caso per avere il posto che gli spetta.
Mi disturba invece la logica di chi propone di fare il concorsista di mestiere e provare il provabile perché tanto prima o poi qualcosa la si imbrocca e si raggiunge l’agognato posto dietro la scrivania su cui incastrarsi come un omino dei Lego con i buchi nel sedere* sui mattoncini.
* Cicciobombo Cannoniere era quindi un omino dei Lego?
Oggi ho fatto compagnia a Gianni e Pinotto che venivano a Roma per assistere a un dibattito-confronto-nonhocapitobene.
Una conversazione su whatsupp due settimane fa mi aveva preannunciato la cosa:
– we Ginto
– oi
– il 7 luglio ho una conferenza a Roma al Parlamento riguardante il mio concorso. Mi hanno chiesto di portare gente, anche esterni. Volevo sapere se fossi a Roma in quel periodo e se non ti rompevi le palle di venire
– Per me va bene. Sono libero.
– ok, alle 14:30. Posso comunicare il tuo nome per l’accreditamento?
– Certo, fai pure.
Quando ho accettato ho pensato che non mi sarebbe costato nulla e che poi non ho mai visto la Camera dall’interno e sarebbe stata una buona occasione. Inoltre, seppur nulla dava adito di pensare che ci fosse annesso alla conferenza un ricco buffet, io ho accettato avendo in mente proprio la possibilità che ci venisse offerto un ricco buffet perché io immagino queste situazioni sempre con dei ricchi buffet.
La gola è uno dei 7 vizi capitali e il peccato vien sempre punito.
Obnubilato dai possibili vantaggi del caso, non ho pensato tre cose:
a) 7 luglio
b) ore 14.30
c) per entrare a Montecitorio c’è un codice di abbigliamento specifico: camicia e giacca. Senza quest’ultima non ti lasciano entrare.
Unite i punti a), b) e c) e la figura risultante sarà sudaticcia.
È chiaro, nella Camera non ci puoi entrare come se fosse la tua camera personale: del resto io in camera mia di questi periodi sto come Madre non mi vorrebbe aver fatto tanto ero brutto*, quindi probabilmente il mio non-abito sarebbe ancor meno accettato.
* Scherzo, ero bellissimo, perché tutti i bambini lo sono, si dice.
DIGRESSIONE NEI RICORDI
Ero bellissimo ma già impertinente. C’è un aneddoto sulla mia nascita che mia zia racconta sempre e che ha giurato che racconterà anche al mio matrimonio: è anche per questo che non so se mai mi sposerò. Lo racconto qui perché io non vi conosco e voi non mi conoscete e al mio poco probabile matrimonio è più che probabile che non ci sarete o se ci sarete è molto probabile che non ci riconosceremo perché avrò barba e baffi ancor più lunghi di adesso: quando accorsero in ospedale parenti e amici per ammirare il divin gattino neonato, mi scappò di far pipì in faccia a mia zia. Una voce fuori campo esclamò “Ha riconosciuto la zia!” e giù risate.
Col tempo l’aneddoto si è ingigantito, lo spruzzo divenne una fontana, oggi è Grisù con la manichetta che spegne le fiamme.
Quando ho messo il piede fuori casa ho iniziato all’istante a grondare come una grondaia: tenere la giacca sulla spalla o sul braccio ha inoltre l’effetto di rendere ancor più sudaticcia la parte dove è appoggiata.
Alle ore 13 Roma era una fornace. L’asfalto sotto i piedi scottava come un ferro da stiro: difatti l’aria era Rowenta.
L’appuntamento era nella sede di Partito Politico Caduto in Disgrazia: hanno offerto caffè, dolcetti e acqua: ben lontani dal ricco buffet che immaginavo, ma li capisco, essendo caduti in disgrazia.
Quando ci siamo spostati a Montecitorio, la nostra meta non era la Camera ma una Cameretta al suo interno, in un ingresso laterale: che delusione! Il tutto per ascoltare Segretario di Partito Politico Caduto in Disgrazia dir due parole annoiate e poi rientrare nella sede di Partito Politico Caduto in Disgrazia.
La scritta è fuorviante: trattavasi di una cameretta!
Il bagno di P.P.C.D. era traboccante di campioncini di shampoo e docciaschiuma con le etichette degli hotel: forse fan razzie nei luoghi che li ospitano?
Deluso dalla mancanza di un ricco buffet e dalla possibilità di accedere a una vera Camera, ho ritenuto opportuno trafugare un campioncino.
Rubare da chi ha rubato non è reato, è equilibrio cosmico.
DIGRESSIONE CONCORSUALE 2
Come ho detto a Gianni (anche Pinotto era lì in veste di claque senza buffet), è buona cosa riuscire a portare avanti le proprie istanze e aver un appoggio da parte di chi può dare risonanza politica. Però tengano in conto che in un P.P.C.D., come in qualsiasi altro P.P. cerchino di farsi pubblicità e non altro.
Invece della barba ho tagliato la parte alta del viso così non mi riconoscerò al mio matrimonio
Ogni periodo ha le proprie mode in fatto di abbigliamento, che possono lasciar basiti o spiazzati se non ci si tiene abbastanza informati rispetto ai propri tempi. Un po’ come è successo a me.
Un tempo esisteva la mutanda ascellare (o forse esiste ancora in qualche nicchia ecologica), oggi secondo me esiste l’ascella mutandale. Sono entrato in un negozio di una popolare catena giuovanile e, nel reparto dell’intimo maschile, ho dato uno sguardo a delle canottiere da 5 €*.
Quando ho preso la mia taglia (M) ho notato qualcosa di strano: il giro ascella mi arrivava all’anca. Pensavo di essermi sbagliato e di aver preso un capo che andasse portato all’esterno: c’è tutto un reparto, infatti, di vestiti stretti e lunghi. Ho visto magliette senza le maniche e con lo spacco laterale che arrivano a metà coscia e sembrano simili a quei vestitini che indossano le donne sopra un paio di collant.
E ho pensato che fosse buffo che la moda sembri spingere sempre più verso il metrosexual e il crossdressing mentre la società è sempre omofoba**.
Il mio uso della parola crossdressing riferita alle mode è alquanto relativo, in quanto dubito si punti a una completa commistione di capi, come potrebbe essere ad esempio l’introduzione di una gonna da uomo (anche se credo che qualche bizzarro ed eccentrico stilista nelle sfilate l’abbia fatto): per quanto nulla vieti che un tizio si svegli una mattina e si metta una gonna, esiste il tabù sociale che vuole sia un capo esclusivamente da donna (eccezion fatta per gli scozzesi). È curioso che le donne siano potute passare ai pantaloni e non sia avvenuto il contrario. Eppur ci sarebbero dei vantaggi in una gonna, quantomeno d’estate: si starebbe più freschi (le gonadi maschili ringrazierebbero) e si eviterebbero fastidiose irritazioni da sfregamento nell’interno coscia. Poi ho visualizzato le mie gambe storte (tanto che se mi ritirassi a vita spirituale mi farei chiamare Fra Parentesi) e pelose sotto una gonna e sono stato assalito dai cognati di vomito (che arrivano quando il vomito, vigliacco, per farsi forza contatta il parentado)***.
Sono uscito dalla nota catena giuovanile senza canottiere, immerso nelle mie considerazioni. E constatando che, in fondo, è tipico dei vecchi contestare le mode coeve. Quindi io sono vecchio. Non lo sono diventato, perché credo di esserlo sempre stato e di aver sempre avuto abitudini invecchiate. Da adolescente ad esempio indossavo camicie di pile a quadri con dieci anni di ritardo, anche se in quel caso mi sento giustificato perché ero nato troppo tardi per vivere la Generazione X e quindi posso dirmi che ero discretamente vintage.
Fortunatamente non sono andato più indietro nel tempo con le mode, perché a pensarmi con un tipico mullet**** in voga negli anni ’80 mi risalgono i cognati di vomito con tutte le suocere.
* Per la precisione 4.99, perché i prezzi, come si sa, non contemplano mai la cifra tonda. ** Parafrasando una nota affermazione sul razzismo, io direi che l’omofobia sparirà quando la gente smetterà di dire “non ho nulla contro i gay”. *** Non che io creda che un uomo con le gambe dritte stia bene con la gonna. Credo che, al di là delle facezie, esistano e continueranno ad esistere capi femminili e capi maschili, soltanto i contenuti di questi due insiemi si spostano da una parte e dall’altra a seconda delle epoche. Un tempo, per dire, i leggings – o per meglio dire i loro antenati – erano un capo da uomo (avrete sicuramente visto un quadro d’epoca in cui un distinto nobiluomo esibiva il proprio pacco), per non parlare dei calzoni alla rhingrave che oggi non esiteremmo a definire alquanto effeminati. **** Sarebbe il taglio di capelli di Bowie quando interpretava Ziggy o anche quello di MacGyver o, se ricordo bene, anche il primo Walker di Chuck Norris sfoggiava un mullet.
Per chi si fosse perso la prima parte, nella fucina di idee che ho messo in piedi sono al lavoro le migliori de-menti disponibili sulla piazza e anche sulla statale per studiare possibili innovazioni che potrebbero migliorare le nostre vite oppure no ma tanto peggio di così non potremmo stare.
Quelle che vado a presentare sono altre cazzate idee che sono uscite fuori non si sa come e non sappiamo come far rientrare.
I libri da reggere
Stanchi di essere considerati atleti tutto muscoli e niente cervello? Stufi di essere additati come secchioni col fisico da lanciatori di coriandoli? Questi libri sono la soluzione per entrambi! Grazie alle pratiche (?) copertine in ghisa dal peso variabile dai 10 kg in su, finalmente potrete acculturarvi mentre fate esercizio fisico, oppure leggere l’ultimo volume di George R. R. Martin mettendo su un po’ di bicipiti! E per i body builder, la collana Grandi Classici: i Fratelli Karamazov, il Signore degli Anelli, Arcipelago Gulag, Alla ricerca del tempo perduto e altri grandi tomi della letteratura dall’enorme numero di pagine, tutti da reggere!
La gonna da masticare
Se esiste la biancheria intima commestibile, perché non pensare ad altri capi d’abbigliamento? Disponibile nelle colorazioni verde menta, rosa fragola, nero liquirizia, la gonna da masticare è la soluzione ideale quando si vuol avere freschezza e alito fresco sempre e dovunque! Immaginate l’emozione quando il vostro lui vi dirà “Tesoro…ti masticherei tutta!”!
L’autobusso
Servizio di trasporto urbano che vi aiuta nel caso viaggiate carichi di borse e valige e, quindi, con le mani impegnate: giunti sotto casa, l’autista si offrirà di bussare alla porta al posto vostro!…Ovviamente funziona quando c’è qualcuno in casa.
Il bar beer
Un bar specializzato in birre dove tra un boccale e l’altro è possibile anche farsi spuntare i capelli.
Loki antinfiammatorio
Dolori reumatici, articolari, cefalee? Chi meglio di una divinità norrena potrebbe risolvere i vostri problemi? E perché mai dovrebbe risolverli, direte voi? Ah non lo so, ma se non vi sta bene tenetevi il mal di testa, per Giove.
Il detersivo per i patti
Siete venuti meno alla parola data? Avete disatteso degli accordi? No problem. Con questo detersivo formula speciale, i patti da voi stipulati potranno tornare limpidi e immacolati e potrete rifarvi una reputazione. Disponibile anche profumato al limone.
Il pollo allo spiego
Se siete stanchi di spiegare ogni volta alla vostra fidanzata la regola del fuorigioco, se vi tedia il vostro amico che si addormenta durante il film e poi vi chiede delucidazioni sulla trama, questo snack al pollo arrosto fa al caso vostro: ingozzate il/la seccatore/trice fino a che non potrà più proferir verbo, perché il polletto si incaricherà per voi di trasmettergli tutti gli spiegoni possibili!
La metropuritana Nei vagoni della metropuritana non c’è spazio per disturbatori, cafoni e maleducati e per un abbigliamento volgare: immersi nell’atmosfera da Inghilterra del ‘600 viaggerete con tutte le buone maniere, la rigidità di costumi e l’afrore di letame e ascella tipica di quei tempi andati. Si raccomanda un vestiario consono. È gradito il cilicio purché eventuali rivoli di sangue da ferite aperte siano celati alla vista altrui.
Le strisce perdonali
Soluzione pensata per gli uomini che non sanno come chiedere scusa alle proprie compagne: questi attraversamenti stradali speciali in tutto e per tutto uguali a delle normali strisce dipinte sull’asfalto, sono la più efficace invocazione di perdono esistente. Basterà aspettare che la propria amata giunga in prossimità delle strisce per attraversare la strada in un verso e nell’altro di continuo, impedendo il transito all’auto della fanciulla che, per quieto vivere, concederà il perdono purché l’idiota il ragazzo si decida a togliersi dalle palle dal pericolo. Eventuali investimenti non sono di responsabilità dell’inventore. Per un effetto più drammatico è possibile percorrerle a piedi nudi. Si possono anche organizzare attraversamenti in comitiva, ma ricordatevi che il terzo della fila è uno che è morto ed è stato sostituito da un sosia.
Alla prossima (forse) puntata per nuove e strabilianti idee cui nessuno aveva pensato (per decenza e dignità)!
Ma cosa c'è dentro un libro? Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto. (Bruno Munari)
Come quelle coperte, formate da tante pezze colorate, cucite insieme tra loro.
Tessuti diversi, di colore e materiale eterogeneo, uniti in un unico risultato finale: la coperta.
Così il mio blog, fatto di tanti aspetti della vita quotidiana, sempre la mia.