Non è che chiami un batterista per il trapano perché serve la percussione

Sono sempre pronto a riportare conversazioni assurde che mi capitano ma questa volta devo essere onesto e fare un atto di autodenuncia. Devo confessare che in questo caso sono stato io il tipo assurdo della situazione.

È solo di recente che sto facendo pratica di ferramenta e bricolage, con qualche soddisfazione, invero, ma è un campo in cui mi muovo ancora a tentoni e si nota.

Così, nello scegliere dei reggimensola, mi sono avvicinato all’addetto del reparto, chiedendogli se fossero idonei a reggere 20 Kg.

Lui mi fa: 20 Kg di cosa?
E io, senza esitazione: 20 Kg di peso.
Lui mi guarda, con paterna comprensione. Poi mi fa: Sì…non c’è dubbio che 20 Kg rappresentino un peso…ma parliamo di un singolo oggetto o di pesi distribuiti?.

Dopo aver preso coscienza che peso singolo e pesi distribuiti vanno considerati diversamente per le mensole, arrivato a casa ho fatto un’altra, importante, scoperta. L’impregnante per legno, una volta aperto, dopo qualche tempo (un paio di mesi dalla prima volta che lo avevo utilizzato) è da buttare.

Così la prima tavola di abete è venuta di un colore più scuro di quel che doveva essere. E io mi son detto Va be’, è comunque un bel colore. La seconda, invece, dipinta pochi minuti dopo la prima, è venuta fuori di un altro colore ancora.

Ma la cosa più bella ancora è che dopo aver dipinto le tavole, l’impregnante residuo nel barattolo si è trasformato in una massa gelatinosa refrattaria al pennello e impossibile da raccogliere. Mi ha fatto quasi paura. Ho richiuso il barattolo, chiudendolo dentro una busta e chiudendolo poi fuori il balcone perché avevo paura che nottetempo prendesse vita e mi aggredisse nel sonno.

Com’è come non è, l’operazione mensole si è comunque conclusa bene e si può notare come reggono bene i kg di peso che rappresentano indubbiamente dei kg di peso.

Mentre mostravo, tronfio e soddisfatto, il risultato del lavoro a degli amici, M. fa: Sì bello il trapano fare i buchi eccetera però quando avremo casa nostra poi facciamo fare queste cose a qualcuno.

Ma come? La soddisfazione di aver attaccato delle mensole al muro, con tasselli, viti e sudore&bestemmie, la mettiamo da parte così?

Ma non voglio che ti stanchi, per questo lo dico, si corregge.

Esiste stanchezza e stanchezza, lo sappiamo tutti. Esiste l’esser stanchi a fine giornata per aver risposto per lavoro a questioni inutili e puntigliose da parte di gente neghittosa e indolente ed esiste l’esser stanchi dopo una giornata di mare, incrostati di sale e cotti dal sole, ma rilassati e felici.

E nella scala Stancalli (la scala che misura l’intensità di stanchezza), a un livello non di felicità come quello della giornata al mare ma neanche di pessimismo cosmico come quello del lavoro, metto l’esser stanchi per aver fatto qualcosa di produttivo con le proprie mani.

Sento ancora il braccio e il resto del corpo che vibrano alla percussione del trapano come nei cartoni animati di Paperino, Pippo e Topolino che fanno cose e mi compiaccio di ciò: vuoi tu forse togliermi il piacere di trapanare, ergo?

Sulla cosa del trapano non tiratemi in ballo questioni freudiane: Freud non ha mai messo un Fischer nel muro altrimenti avrebbe avuto meno tempo per le sue speculazioni e più tempo per le mensole.

E tu vieni a dirmi che mi vuoi togliere il piacere del Fischer per affidarlo a uno sconosciuto, che lavorerà al muro rigorosamente con un portabici peloso in bella mostra dai jeans mentre chiede Ma chi l’ha fatto questo muro? No no qua è tutto sbagliato, hanno usato male ecc ecc, perché, fateci caso, quando chiamate qualcuno a fare un lavoro in casa dirà sempre che la cosa cui sta mettendo mano è stata costruita male, peccato solo una volta capitò che l’idraulico che venne a casa a sistemare la vasca chiese chi mai avesse fatto quell’impianto e la risposta fu Voi, 10 anni fa.

Libero trapano in libero Stato!

Non è che ti serva una siringa per un’iniezione di fiducia

Mi sono vaccinato.

Ma ho dimenticato di farmi fare la foto e quindi ora temo che non sia valido.

Il processo di vaccinazione è stato alquanto curioso.

Martedì mi arriva la convocazione per il giorno successivo, ore 19.

Mercoledì mattina, alle 9, ricevo una telefonata.

«Pronto, parlo con il Sig. Gintoki? La chiamo dal Centro Vaccinale, lei è convocato per oggi alle 19. Potrebbe venire anche stamattina?»
«A che ora?»
«Quando vuole, anche ora»
«Va bene, mi dia una mezz’ora»

E quindi vado al Centro Vaccinale. Mi avvicino al soldato dell’esercito di guardia e gli dico che sono stato convocato.

«Lei è?»
«Gintoki»
«Aspetti un attimo»

Va dentro. Ne esce in compagnia di un altro soldato:

«Lei è?»
«Gintoki»
«Eh ecco forse c’è stato un Qui Quo Qua…mi lasci vedere»

E rientrano tutti e due dentro.

Ne escono stavolta in tre.

«Lei è?»
«Sempre Gintoki»
«Sì come pensavo c’è stato un problema, non hanno avvisato il Responsabile del Centro che lei sarebbe arrivato»
«E io che devo farci? A me hanno telefonato dicendo di venire anche subito»
«Eh non posso farci niente»
«Io da qua non me ne vado»
«Aspetti un attimo»

Stavolta rientrano in due, lasciando la prima guardia fuori. Dopo 5 minuti dall’interno mi fanno cenno di entrare.

Mi mandano all’anamnesi, dove mi attende una dottoressa con una soldatessa che scrive i dati al pc.

«Lei è?»
«Gintoki, presumo»

Dopo le domande di rito su Covid, tamponi, allergie, arriviamo ai medicinali:

«Prende regolarmente medicinali?»
«Nulla, a parte degli integratori per il cuoio capelluto»
«Quelli alla mela?»
«Sì esatto»
«Anche il mio fidanzato li prende»
«Ah»
«Comunque bisogna aspettare arrivi l’età che non ci si pensa più»
«Ah»
Poi si gira verso la soldatessa, che non era per niente interessata alla conversazione
«Comunque lui è fortunato è solo stempiato, il mio invece li sta perdendo dietro, non può neanche farsi il trapianto perché non sono ancora caduti tutti, quando cadranno poi gli resterebbe il vuoto intorno»
«Ah»
Poi scrive
«Va bene, quindi…non dichiara patologie…a parte i capelli…va be’»
«Grazie, tornerò a casa carico di autostima»

E mi mandano allo step successivo, la sala d’attesa. Ci sono 20 sedie libere, 3 persone sedute vicine, senza distanziamento. Io faccio per sedermi a una sedia di distanza dagli altri, ma vengo ripreso da un’infermiera che mi invita a sedermi accanto a un signore.

Arriva da una stanza un soldato, che fa:

«Qualcuno è stato convocato stamattina?»
«Io»
«Lei è?»
«A questo punto non lo so più…Gintoki?»

E rientra nella stanza. Non è più tornato.

Vengo convocato nella stanza per l’iniezione. Me la faranno al braccio sinistro. Segnalo che ho un tatuaggio fatto da poco che, in via di guarigione, sta spellando come di norma.

«Ma è vero o è finto?» mi fa il medico.
«…È vero…»
«Quindi la pelle tatuata quando guarisce perde pellicine?»
«…Ehm sì»

Mentre mi sorgevano dei dubbi sulle sue competenze mediche, mi aveva già infilato ed estratto l’ago.

Come dicevo, non ho autoscatti o foto del momento del vaccino da pubblicare sui social e quindi non so se sia valido o meno. Però ho una foto del post tatuaggio, di cui posso quindi dire che è vero.

 

Non è che ti serva un croupier per mischiare le carte in tavola

Avevo delle cose da sistemare in banca.

L’impiegata, colei che ci ha dato un appuntamento, un appuntamento in cui si presume che, per essere stato fornito dopo circa un anno di attesa, le cose sono a posto.

Invece arriviamo e parla di intoppi, procedure, cose da fare e da non fare. Intanto smista carte. Sono tutti i documenti che le sono stati forniti.

Lo fa di continuo. Dice una mezza frase e poi prende in mano tutto il pacchetto di documenti e lo mischia come un croupier.

A volte fa come il giornalista che dà le notizie al telegiornale: prende un foglio e lo gira a faccia sotto mettendolo di lato.

A un certo punto nella mia mente inizia un bombardamento di sensazioni diverse. Ho un déjà vu, per iniziare: mi sembra di aver già vissuto questo momento in cui di fronte ho qualcuno che blatera e mischia i documenti, senza logica alcuna.

Poi mi si apre una finestra sui ricordi: ricordi scolastici, di quando all’interrogazione non sapevi cosa rispondere e intanto allora sfogliavi il quaderno, il libro, cercando qualcosa che non avresti mai trovato ma tanto quel gesto serviva per darti sicurezza, per non affrontare lo sguardo inquisitore dell’insegnante.

E allora realizzo: costei, qui, davanti a me, che gira e rigira fogli in realtà non sa un cazzo.

Mi lascio andare appoggiando la schiena sulla sedia. Non pongo domande, non oppongo obiezioni, non faccio niente. La mia presenza, muta, gelida, basterà a farle capire che ho svelato il suo gioco e non potrà più continuarlo. Ché risolva orsù la situazione e non mi faccia perdere tempo menando i fogli per l’aia.


La situazione si è risolta ma lei comunque per tutto il tempo ha continuato a girare fogli, a dire “Ma qui manca il…” per due-tre volte, costringendo ogni volta a farle notare che il documento mancante era ovviamente tra i fogli che lei mischiava e metteva in disordine.


Non usate l’arte di mischiare i fogli per prendere tempo, se non sapete realmente padroneggiarla.

Non è che per l’imbarazzo prendi un asciugamano per asciugare il pudore

Quando arriva il periodo estivo ritorna, prepotente, una domanda che mi viene sempre rivolta:

«Ma non hai caldo con la barba?».

La risposta è NO.

Ora, sarà un fatto di abitudine, ma io sono certo di non avere problemi di sudorazione al mento e alle guance. E non ho mai visto altri esseri umani avere caldo al mento. Quindi, la presenza o meno di barba non fa alcuna differenza.


Anche nel linguaggio comune, si sente parlare di fronte imperlata di sudore, ascelle pezzate, irritazione tra le cosce causa sfregamento e sudore, ma mai e dico mai ho letto o sentito di “mento incorniciato dal sudore”.


Certamente il sudore può gocciolare dal mento, ma sono gocce che scivolano dall’alto, zona fronte-tempie.


Certo, ho visto persone sudare il prolabio: e questo nonostante non avessero lì manco un pelo. Al limite la presenza del baffo aiuta quindi a celare delle antiestetiche gocce di sudore, svolgendo un’utile funzione.

Comunque, potrei quantomeno capire stessimo parlando di zone notoriamente interessate da surriscaldamento e sudorazione, tipo le ascelle: se uno avesse del pelo di 20 cm sotto le braccia allora sì che la domanda “Ma non hai caldo?” avrebbe un senso.

Ma, ripeto, al mento non gliene frega niente, pelo o non pelo, quindi smettetela di fare questa domanda ai barbuti.

In tema di domande, in questo periodo storico quelle più in voga sono:

«Che vaccino ti hanno fatto?», che mi ricorda la domanda classica al ristorante: «Tu che prendi?».

A quelli come me che ancora non hanno avuto accesso alla vaccinazione, la domanda invece è: «Ma se ti fanno il…te lo fai fare?»

E io rispondo sempre che mi possono dare pure la ‘nduja nella siringa, basta finisca questa storia.

Domande, sempre domande.

Io chiedo poco e il più delle volte non chiedo per una questione di imbarazzo: non il mio, ma quello che penso possa provare l’altro alla mia domanda.

Ma se poi l’altro si imbarazza perché non mi vede domandare?

Quanti problemi!

Non è che per tirarti su chiami il carro attrezzi

C’è una villetta di fronte il mio balcone. È l’unica che resta nell’isolato, ormai composto solo di condomini di 3-4 piani (e qualcuno anche oltre). Non mi è chiaro se sia ancora abitata o meno. È sempre chiusa, ogni tanto vi ho visto aggirarsi all’esterno una coppia di anziani.

Aveva – devo parlarne al passato – un giardino rigoglioso di piante e alberi, ornamentali e da frutto.

La settimana scorsa piante e alberi sono stati tutti tagliati via.

Non ho capito se la villetta verrà ristrutturata o sia stata rilevata per abbatterla e farne un altro condominio, uguale a tutti gli altri.

I condomini di nuova costruzione sono fatti con lo stampino: bianchi e grigi, con i balconi con ringhiere di ferro curvi e con appartamenti piccoli.

Ho un po’ di problemi coi cambiamenti. Almeno di questo tipo, di dimensione estetica. Poi ci sono cambiamenti che trovo positivi e per i quali non tendo a rifugiarmi nel nostalgismo.

Tanto per dire, ci sono quelli che ricordano quando per prendere l’ascensore bisognava infilare 10 Lire nella cassettina (“Noi che mettevamo 10 Lire nell’ascensore…). Anche io me lo ricordo. Capisco che la 10 Lire sia in realtà un’ancora per agganciarsi ai ricordi d’infanzia o di un periodo passato, ma forse sarebbe il caso di usare un altro tipo di ancoraggio. Io sono più contento di prendere oggi un ascensore gratis e di vedere le cassettine di quelli vecchi ormai in disuso. Costringere la gente a portarsi dietro monetine fuori corso per prendere l’ascensore la trovavo una bestialità bella e buona e lo trovo tutt’ora, a ripensarci.

Viviamo in un’epoca in cui molte cose sono semplificate rispetto al passato. La variabile di complicazione del sistema resta molto spesso quella umana.

Per esempio: l’altro giorno ho contattato l’assistenza della mia assicurazione, perché dovevo far trainare l’auto fino a un gommista.

L’operatrice mi dice che non ho più diritto a un’assistenza stradale.
Vado in agenzia. Mi dice che è tutto in regola e mi invita a richiamare l’assistenza.
Un operatore mi dice la medesima cosa, ma che ora chiederà verifiche. È possibile che nel rinnovo qualcuno si sia dimenticato di aggiornare i dati.

Mi richiamano: è tutto a posto. Mi chiedono, per la segnalazione al carro attrezzi, dove si trovi la mia auto, come ci si arriva, riferimenti per identificare la strada, tipo di problema e destinazione precisa.

Mezz’ora dopo mi chiama il carro attrezzi. Mi chiede dove si trovi la mia auto, come ci si arriva, riferimenti per identificare la strada, tipo di problema e destinazione precisa.

Al che ho pensato:

a) l’operatrice ha finto di prendere nota dei dati ma in realtà chattava per svagarsi
b) l’operatrice ha trasmesso le informazioni ma il tipo del carro attrezzi non le ha affatto prese in considerazione
c) era in realtà un test per verificare se ci fossero contraddizioni nella mia storia.

A proposito di innovazioni e variabili umane, quando mi sono trasferito ho apprezzato come salto di qualità di vita avere un secondo bagno. Anche se siamo solo in due, può far comodo.

Poi in realtà ne utilizziamo sempre e solo uno perché facciamo tutto insieme (tranne l’opzione 2 dell’esigenza fisiologica, beninteso, che resta un momento privato, personale e solitario).

Il secondo bagno resta comunque una valida opzione per gli ospiti.

Solo che tutti gli amici che vengono a casa utilizzano sempre il bagno principale.

Il primo dubbio che mi sorge è perché, appena saliti su, magari venendo giusto da casa propria, abbiano bisogno del bagno. A me non capita mai con gli altri.

Il secondo è perché non utilizzino quello degli ospiti: forse non si fidano degli altri ospiti che potrebbero aver utilizzato il bagno e si fidano di più di me? Ma se tutti gli ospiti utilizzano il bagno principale c’è comunque un problema di contaminazione generale!

Sono dubbi che mi restano.