Una delle cose che mi spaventa della vita, a parte il provare dolore e le raccomandate dall’Agenzia delle Entrate, è che una relazione si trasformi in una situazione in cui la sessualità è relegata giusto a una timbrata di cartellino per raggiungere il monte ore minuti necessario per portare a casa la mensilità e stare tranquilli.
È una cosa maturata verso l’età adulta. Da adolescente diciamo che non me ne preoccupavo affatto, ma a quell’epoca ero devoto soltanto al Dio Onan quindi diciamo le priorità potevano essere altre, quelle di base. A quel tempo pensavo che la mia vita futura sarebbe stata soltanto una breve divagazione da tale culto.
(Ho sempre avuto un problema nel disegnare per me stesso scenari poco ottimistici, che vanno in una scala da umiliazione e pubblico ludibrio a olocausto nucleare).
Poi diciamo ci si rende conto che Onan è un dio ingannevole: offre sempre e comunque dei momenti di raccoglimento spirituale gradevoli, diciamocelo, ma diciamo anche che la vita è troppo bella e breve per sprecarla nel monoteismo.
Nel momento in cui si scopre e si viene a contatto con un’altra divinità, quella che esiste a livello metafisico (risiede infatti a metà fisico, tra addome e gambe) succedono due cose: la prima è che, come un Cavaliere Crociato, ci si immolerebbe per lei.
E qualcuno infatti ci resta anche: da qui l’espressione di morto di.
La seconda è che ne si è sempre alla ricerca di un segno, una rivelazione da parte sua.
Tutto questo preambolo per dire che io e il mio lavoro nel nostro rapporto pensavo non avessimo più nulla di nuovo da scoprire, per cui entusiasmarci, sorprenderci.
Poi capita che questa settimana io sia stato in malattia. Dando una scorsa alle mail di questi giorni ho visto una serie di “Questo lo lascerei a Gintoki”, “Gintoki ti giro questa la fai lunedì”, eccetera.
Il che in un certo senso è logico, son cose mie quindi è naturale le segua io.
D’altro canto, se mi vengono piazzate scaricate una serie di cose di una settimana tutte insieme, tutte considerate prioritarie, tutte fissate per lo stesso giorno, la sensazione che ne ricavo è un po’ così così.
Diciamo quindi che quando pensavo che in questa relazione nulla più mi avrebbe sorpreso, ecco che mi sento invece come se, per variare, me l’avessero messo nel sedere.
No, devo dire non mi è piaciuto.
“ma come ci si mancato!” te l’hanno già detto? Buon rientro, a prescindere. Spero tutto bene.
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Non me l’hanno detto, hanno avuto questo buon gusto. Però mi hanno detto “Come stai? Ti sei rimesso? Sei in forze? Puoi stare seduto?” che mi sembrava vagamente perculativo.
Tutto bene, comunque, grazie!
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E meno male che non t’è piaciuto! Oddio, qualcuno dice che tutti i gusti son gusti….però diciamo che io preferirei di no!
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