Non è che ti serva una stireria se prendi una brutta piega

Oggi a un colloquio il selezionatore mi ha detto che cercavano “una figura orizzontale”. E, nel corso dell’incontro, mi ha ribadito che “le mansioni sarebbero orizzontali”.

Io mi chiedevo cosa intendesse e, intanto, avrei voluto urlargli in faccia Come parla? Come parlaaaa? Le parole sono importanti!.

Sì, perché mi chiedo se si possa legittimamente parlare di lavoro orizzontale, a meno che non stiamo parlando di un’occupazione come collaudatore di materassi. O impersonificatore di cadaveri.

Prima di ridere, sappiate che una volta mi hanno proposto di impersonare un cadavere. Ero all’ultimo anno di liceo e per una rappresentazione teatrale di una tragedia greca rivisitata serviva un morto. O uno che si fingesse tale. Poi non se ne fece nulla perché sono alquanto irrequieto e stare immobile più di 10 secondi non mi riesce.


Le mie radiografie vengono sempre mosse infatti.


Non chiedetemi cosa fosse una tragedia greca rivisitata perché non me lo ricordo. Immagino fosse come la cucina tipica rivisitata che va tanto di moda oggi. Una volta sono stato in un ristorante che aveva un menù locale tipico, rivisitato. Ad esempio, prendiamo i suoi fagioli con le cozze, rivisitati. Praticamente la rivisitazione consisteva nell’aver trasformato i fagioli in una purea e averci adagiato le cozze a mollo. Un’altra rivisitazione interessante, a fine pasto, fu la pastiera, che veniva servita scomposta: una cialda biscottosa da una parte del piatto, un bicchiere con il suo ripieno (crema alla ricotta e grano) dall’altro, dei cumshot di zucchero filato a decorare il piatto.

Quindi una tragedia greca, considerando quelli che sono i topoi di questo tipo di teatro, immagino prevedesse in forma rivisitata:

– Un omicidio destrutturato: l’arma del delitto in un angolo, la vittima nell’altro, il potenziale omicida al centro. Lo spettatore deve con lo sguardo ricostruire il tutto;
– Un incesto saltato: si scottano in padella i due amanti finché non sono belli croccanti;
– Un suicidio emulsionante: come un suicidio emozionante ma che invece ti fa provare una dispersione liquida nelle viscere.

Ovviamente tutto questo non lo so non avendo impersonato il morto e non avendo neanche assistito alla rappresentazione per dissidenza ideologica.

Non vorrei dovermene ora pentire, ad anni di distanza, non potendo quindi oggi vantare una esperienza di lavoro orizzontale nel mio cv.

A me basta che non si finisca a lavorare piegati a 90, comunque.

 

Non è che siccome hai dei trasporti del ca* li definisci mezzi pubici

Sembra che qui (qui Napoli, intendo) abbiano provveduto a fare pulizie e disinfestazione su bus, metro e, incredibilmente, anche sui treni della Circumvesuviana.


Per chi non la conoscesse, la Circumvesuviana si contende da anni il primato di peggior linea d’Italia con la Roma-Lido.


Io sono scandalizzato: la sporcizia sui mezzi faceva da barriera all’attecchire da parte di altri patogeni esterni. I batteri si erano organizzati in ronde e squadracce per garantire che nessun agente esterno venisse a comandare a casa loro. Questa pulizia ora ci metterà a rischio.

Le indicazioni su come lavare correttamente le mani hanno destato qualche sorpresa nell’opinione pubblica:

– “Ah ma quindi si lavano così le mani?”
– “Ah ma quindi si lavano le mani?”

Quando questa storia sarà finita – se non saremo morti tutti – non stringerò mai più la mano a nessuno.

I più divertenti sono quelli che, portatori sani di conoscenza, ti dicono che “…E poi non bisogna toccarsi occhi, naso e bocca” perché ora l’hanno sentito dire e tu te li ricordi che fino a ieri mettevano le mani in bocca al cane e poi si infilavano le dita nel naso.


Con questo non voglio ora destare allarmismo scrivendo che i cani hanno delle bocche e che queste non siano pulite: l’allarmismo che voglio fare riguarda il mettere le vostre mani sudicie in suddette bocche minando la salute del cane.

 


Dalle notizie sembra comunque filtrare ottimismo: a ogni nuovo decesso la specifica rassicurante è sempre “era anziano”. Comincio a sospettare che i titoli li scriva l’INPS in panico da dissesto pensionistico, altrimenti non mi spiego tale cinismo.

Per stare tranquillo io comunque ascolto solo le opinioni di esperti decorati in espertologia. Meloni, Salvini, Sallusti, Feltri, Elettra Lamborghini, Facchinetti, Briatore, Maurizio Sarri (lista in continuo aggiornamento perché nuovi esperti nascono sul campo giorno per giorno).

Non è che il virologo si fidi solo del latte vaccino

Una mia amica ha dato un tema da scrivere ai ragazzi del liceo dove insegna. L’argomento era la stretta attualità: il Coronavirus. I risultati l’hanno lasciata un po’ perplessa.

Il migliore è uno che ha detto che la Cina vuole dominare l’economia globale e quindi ha creato il virus in laboratorio, per diffonderlo tra i cinesi perché il Paese è sovrappopolato.

Non ho ancora capito: la Cina vuole dominare il mondo quindi elimina la propria popolazione?

Un altro ha detto che finora il virus ha contagiato 77mila persone: la metà della popolazione cinese.

Praticamente la Cina potrebbe quindi star tutta contenuta in un quartiere di Roma.

Più di uno ha scritto che moriremo tutti.

Non rido dei ragazzi ma del bombardamento di notizie e di opinioni confuso cui siamo tutti sottoposti e che genera inquietudine e disinformazione. Forse sarebbe il caso di abbassare un po’ il volume del Mondo e riposare le orecchie.

Il Sindaco di Milano ha consigliato di “ridurre la socialità”: sono pronto, datemi libri, birre e serie tv e vi riduco a zero la mia socialità.

Ovviamente si esagera, ho bisogno come tutti del contatto umano. Ma di alcuni contatti farei a meno.

Ad esempio ho fatto un colloquio. Il selezionatore mi ha chiesto, a un certo punto, Come è stato il cambiamento di città, venendo da Napoli, l’approccio a Milano?”.

E io l’ho guardato indeciso se rispondergli Eh guardi non ho avuto ancora il tempo di vedere questo famoso Colosseo (semicit.) o di dirgli che, in effetti, non è la stessa cosa senza il sole il mare e la pizza. Solo che quest’ultima cosa non ha senso: le pizzerie storiche – e anche le meno storiche – di Napoli ormai hanno tutte una succursale a Milano, il mare invece sappiamo tutti che Ce Melàne tenève u màre avèv’a ièsse na piccola Bbare (e quindi non sarebbe mica Napoli!),  e per quanto riguarda il sole, forse qualche giorno di pioggia in più invece non avrebbe guastato per ripulire l’aria.

Ecco, avrei fatto a meno di venire a contatto con costui.

Oppure forse il Sindaco per socialità intende “l’essere social”: anche in questo caso avrei un esempio.

Ero a un concerto. Poco prima dell’inizio due tizie dietro di me si scattano una foto per pubblicarla su Instagram, con l’hashtag concertosegreto.


Era infatti un evento cui ti prenotavi ma senza conoscere il luogo dove si sarebbe tenuto, rivelato in un secondo momento via mail.


Fatta questa operazione, il senso della serata per loro era esaurito lì: appena iniziato il concerto hanno iniziato a farsi i fatti loro, chiacchierando e ridendo ad alta voce.

A un certo punto mi sono rotto le scatole, mi sono alzato e ho detto loro Scusate, io avrei pagato per sentire lui, non voi. Mi hanno guardato basite/terrorizzate.

Le capisco. Sarò sembrato affetto da rompicoglionivirus.

Non è che tu debba tenere un colloquio per assumere una responsabilità

La gente dovrebbe pensare più spesso al sudicio. Io ci rifletto molto.

Non che le persone non facciano pensieri torbidi e sozzi, questo è un altro discorso. Ma quando si tratta di sporcarsi le mani, nel senso di prendersi le proprie responsabilità, fuggono o si nascondono.

Lo scorso weekend ero in treno, tornavo a Milano da Bologna. Il capotreno annuncia che, a causa dell’incidente di un paio di giorni prima – quello in cui hanno perso la vita due macchinisti – il treno avrebbe proseguito per una deviazione che avrebbe comportato 40 minuti di ritardo.

Una tizia nella fila di fianco all’udire ciò esclama:

– Quaranta minuti? Oddio, voglio morire.

Fallo. Assumiti la responsabilità della stronzata che hai detto. Se pensi che i tuoi quaranta minuti di vita sono più importanti di un incidente mortale, dovresti sporcarti allora un po’ le mani. Col tuo sangue.

Ovviamente immagino non avrà riflettuto su ciò che diceva. È una cosa che succede sempre: uno spara una cazzata, ma poi non voleva dirla realmente. Oppure, minimizza dicendo che era una goliardata. O ancora, che le vere persone negative sono quelle che gli fanno notare che ha detto una cazzata.

Io appartengo a questa schiera di persone che ridimensionano le proprie colpe. Ho detto cose che non pensavo, che sono state decontestualizzate e poi comunque ero stato attaccato.

Credo che la paura più grande dell’ammettere completamente la colpa sta nel fatto poi di uscirne macchiati. Certo, alla fine non è che ti puoi fare una doccia e uscirne immediatamente lindo e pulito, questo è vero, come quando da piccolo giocavo nel terreno. E con “nel” intendo che proprio ci scavavo con le mani. Poi mi costringevano a passare sotto l’acqua, tipo doccia con l’idrante da penitenziario.

Devo dire che secondo me però questa cosa del contatto con la terra avrà fatto bene al mio sistema immunitario.

Ecco, se nell’ammettere di essersi sporcati con le proprie cazzate poi non ci si può ripulire agli occhi altrui immediatamente, quantomeno penso che internamente alla lunga ne usciamo rafforzati come persone.

Si, secondo me la gente dovrebbe proprio buttarsi un po’ nel fango e rimanerci.

Non è che il sacerdote stia bene in salute perché è curato

Ogni tanto mi metto a riflettere su cosa potrebbe essere utile per migliorare il mondo e cosa ci vorrebbe per risollevare le persone da ansie, stress, fastidi e alitosi che affliggono il quotidiano.

Una nuova religione, ecco cosa ci vorrebbe.

Parliamoci chiaro, sarebbe ora di rinnovare un po’ il mercato religioso. Introdurre qualcosa di un po’ più nuovo, al passo coi tempi senza dimenticare di strizzare un occhio alla tradizione.

E l’idea mi è venuta proprio osservando noi gatti. Conosciamo la storia della venerazione da parte degli Egizi, ma la mia idea non è di fare del gatto una divinità, ma prendere spunto dal suo stile di vita per impostare meglio il nostro.

Punto Primo: basta con le religioni che dicono fai questo, non fare quello, non fare sesso, fallo quando dico io, eccetera. Basta con il voler imporre agli altri quello che è giusto e non giusto fare sulla base del proprio essere praticanti.


Almeno a parole. Credo che il più pulito di quelli che vuole imporre il proprio punto di vista agli altri poi nel concreto della sua vita sarebbe perseguibile per un paio di scomuniche.


Fate invece come i gatti: fate il cavolo che vi pare. La porta è chiusa? La desiderate aperta. La porta è aperta? Avete cambiato idea e non volete uscire più.

Avete una comoda cuccia per dormire? Voi preferite la scatola delle pantofole dove ci entrate per un terzo.

Non dovete rendere conto di quel che volete o non volete fare.

Secondo punto: basta con lo stress. È un dato di fatto che sia la malattia della società sviluppata. Passiamo il tempo a correre avanti e indietro e anche quando avremmo del tempo libero continuiamo a correre per fare cose perché guai a fermarsi, sia mai che ci ritroviamo soli con noi stessi scoprendo di non piacerci.

Invece per i gatti il tempo scorre in maniera relativa. Possono incantarsi a guardare il vuoto o trascorrere una giornata a dormire investendo le energie giusto per rigirarsi al sole. La fretta? Cos’è la fretta?

Terzo punto: lavatevi bene. Non dico di passare le giornate a leccarvi, ma tenete presente il comandamento pulizia soprattutto la mattina prima di prendere i mezzi pubblici.

Quarto punto: se i gatti stanno male si ritirano da qualche parte dove stare tranquilli. Pertanto, quando state male non rompete le palle al prossimo: il partner vi ha lasciato? Avete 37 di febbre? Ritiratevi in solitudine e non stressate chi vi sta intorno.

Ma come, un comandamento così egoistico?

Al contrario. Voi sarete altamente altruisti a non pesare sugli altri che, dal canto loro, si preoccuperanno e verranno da voi.

Perché il Miaoismo è amore! Prima di inseguire la felicità, inseguite la felinità.


Volevo intitolarlo Gattolicesimo ma hanno già registrato il marchio.


Per ora mi fermo qui, ché devo studiare un attimo come si fa a fondare realmente una religione. C’è bisogno di compilare dei moduli? Registrarsi alla Camera di Commercio? Avere un hashtag su Twitter?

Non è che i sub vadano sempre a fondo delle cose

Ci sono diverse cose di cui mi vergogno.

Una di queste l’avevo dimenticata. Ho paura della profondità. Mi ero abituato a nuotare in piscine profonde al massimo 3 metri e mezzo; questa sera, nuova casa nuovo quartiere, decido di inaugurare un nuovo impianto, spavaldo come un bracconiere.

Quando nuotando ho visto lo strapiombo in cui degradava la vasca mi è venuta ansia. Che poi saranno stati 5 metri ma laggiù, in quella fossa oceanica, ho visto con un sorriso sardonico quel bambino spaventato dai fondali che ero che mi stava aspettando proprio lì da diversi lustri.

Un’altra cosa di cui mi vergogno è dire che non ce la faccio. Mi sembra sempre il momento meno opportuno. Mi sembra che uno lo voglia fare per riportare l’attenzione su di sé. Mi sembra di sottrarsi alle responsabilità. Mi sembra che se poi anche gli altri non ce la fanno allora si contribuisce ad abbassare ancor di più il morale.

Delle volte non mi sembra niente perché non ce la faccio neanche a figurarmelo.

So solo che ci sono delle volte come in questi giorni che non ce la faccio. Parlavo settimana scorsa con una collega, mentre bevevamo una cosa come commiato perché ho terminato al lavoro – per la cronaca poi il giorno dopo la Capa mi ha chiesto di restare un altro mese. La collega mi ha chiesto se avessi mai pensato a fare terapia, come sta facendo lei che sta seguendo un percorso.

Io non voglio pagare qualcuno per dire che non ce la faccio e poi ritrovarmi a metà mese ad aggiungere alla lista di cose che Non ce la faccio anche Non ce la faccio a permettermi questo perché ora tra le varie spese sto pagando una psicoterapeuta.

D’altro canto è necessario andare a fondo delle cose per venirne fuori. E varrebbe sia in senso fisico come per la prima parte del post che metaforico come per la seconda.

Ma se poi non si riemerge più?

Non è che il mattino abbia l’oro in bocca perché porta una protesi dentale

La ragazza seduta di fronte a me sul treno sembra avere un pezzo di cibo su un incisivo. Mi giro per non guardare e non sentirmi in imbarazzo per il farmi i fatti altrui. D’altro canto penso che forse dovrei avvertirla. Ma è il caso di farlo con una sconosciuta e metterla a disagio? Però poi quando tornerà a casa e si accorgerà della cosa si sentirà più a disagio per aver girato tutto il giorno con un pezzo di qualcosa su un dente.

Mentre sono immerso in queste riflessioni un raggio di sole entra dal finestrino. La sua bocca inizia a luccicare. O siamo in uno spot Mentadent e non me ne sono accorto o qui c’è qualcosa di strano. Mi giro e noto che quello che pensavo fosse cibo è in realtà un brillantino. Quindi la ragazza o ha l’abitudine di sgranocchiare Swarovski a pranzo o quella è semplicemente una decorazione odontoiatrica.

La morale della storia è che non è tutto oro quel che luccica: può essere pure un brillantino, ma di sicuro non è cibo.

In tema di quel che sembra oro luccicante, ieri di buon mattino ho fatto il trasloco nella nuova stanza. La proprietaria/coinquilina si è mostrata nuovamente ospitale è accogliente: mi ha offerto un caffè e dei cannoli siciliani.

Ho iniziato ad aver paura di cotanta gentilezza. Siamo così abituati a non avere fiducia del prossimo e a enfatizzare le notizie di merda che ora ci aspettiamo sempre che ci sia merda dappertutto e quando qualcosa non sembra merda ci chiediamo quest’ultima dove sia sotterrata.

E, purtroppo, devo constatare che avevo ragione. Qualcosa costei mi stava nascondendo: la sua casa picchia.

Avevo già parlato in passato delle case che maltrattano gli umani. Il mignolo contro la base del mobile? La testa contro una mensola? Un’anta che si stacca e ti finisce addosso? Non siete voi: è la vostra casa che vi picchia.

Ieri mentre sistemavo le mie cose prima la base del letto mi ha colpito un piede, poi un ginocchio è stato oggetto di violenza da parte di una porta. Infine, mentre provavo a spostare un bottiglione di vetro da un ripiano – che io mi domando perché uno come decorazione in casa debba avere delle bottiglie vuote, non siamo mica in una natura morta di Giorgio Morandi – in cima a un mobile per fare spazio salendo su un puff per arrivarci,


Attenzione: non provate a farlo a casa. Queste scene sono state girate da un professionista.


il suddetto puff mi ha fatto perdere l’equilibro facendomi cadere e causandomi anche un taglio al dito a causa del bottiglione che si è spaccato.

Direi un’aggressione in piena regola.

Ma se questa casa tenta di intimidirmi, si sbaglia di grosso. In serata, quando la coinquilina mi ha chiesto Ti sei sistemato? Tutto bene? io ho risposto di sì con un sorriso smagliante. Non se l’aspettava tanta serenità da parte mia, scommetto, dopo avermi lasciato da solo con il suo appartamento violento.

Ma ora so e non abbasserò più la guardia!