Non è che per lo spacciatore non contino i fatti

C’è un’amica che lavora in una società che si occupa, tra l’altro, di cose di marketing&comunicazione. Prendono anche commesse da altre aziende, che affidano loro lo sviluppo di soluzioni creative per il loro business.

Capita venga anche affidato loro del servizio clienti non telefonico, quello insomma gestito tramite social e/o email.

Mi raccontava l’amica che il suo collega che gestiva queste funzioni era un tipo strano. Sembrava vivere l’ufficio in stato di isolamento dagli stimoli esterni: sprofondato per ore sulla sedia, con gli occhi sbarrati, si metteva lì a fare ticchiti ticchiti al computer come un automa rispondendo ai clienti di una grossa azienda che chiedevano informazioni o facevano reclami.

L’unico segno di un’attività cosciente era dato dal suo sbocconcellare, di tanto in tanto, un dolcetto che si portava da casa in un tupperware.

Un giorno la mia amica scoprì che quel dolcetto era fatto con l’hashish.

Il tale quindi non era una macchina da lavoro come un giapponese. Era semplicemente fatto come i Jefferson Airplane a Woodstock.

La prossima volta che vi interfacciate con un servizio clienti immaginate quindi che dall’altro lato potrebbe esserci un tipo allucinato che magari pensa di parlare con un unicorno spaziale.

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Si accettano miagolii

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