Non è che ti serva un artigiano per avere un bagaglio “a mano”

Sono riuscito a impacchettare tutto per il mio ritorno in Italia. Un grazie lo devo anche a Hajdeby: ci abbiamo veramente dato dentro insieme.

All’inizio ho avuto qualche difficoltà: il mio tubo era troppo grosso e non riuscivo a farlo stare perfettamente in posizione. Il risucchio comunque è andato poi che un piacere.

Hajdeby è la linea di sacchetti per sottovuoto IKEA.

Ora ho un intero armadio diviso tra valigia, zaino e borsa portacomputer.

Chiudere la valigia mi ha dato qualche problema. Uno dei vecchi sacchetti che avevo ha ceduto all’aria e ho temuto esplodesse lanciando i miei vestiti per la casa. Mi sono visto al rallentatore danzante tra boxer e t-shirt volanti come fiocchi di neve.

Fortunatamente non è volato nulla, a parte qualche invocazione ad Anubi perché dovevo ricominciare da capo.

Chiudere la valigia è come una guerra di posizione. Ogni millimetro di cerniera guadagnato costa sudore e sangue (dalle dita) e fatica. E sai che non devi mollare mai la presa perché rischi di dover tornare indietro e perdere più del doppio del terreno che avevi guadagnato.

Oggi ho avuto altri segnali che fosse veramente ora di levare le tende da questa città.

1) Ho perso l’abbonamento dei mezzi.

2) A casa poi ha bussato il postino che cercava il mio padrone di casa. Ho provato a dare spiegazioni ma non riuscivamo a capirci. Poi mi ha fatto:
– Sister?
– Eh?
E se ne è andato agitando le braccia. Probabilmente mi ha detto tu’ sorella.

3) Questo pomeriggio ero a un bar di Jaszai – Maródi Cukrászda, se ci passate. Ha delle buone torte – e un tizio al tavolino di fronte per un’ora buona ha tenuto in mano un piede della propria ragazza. Un piede attaccato al corpo, s’intende.

Bevevano il proprio shakerato, giocavano a un gioco con dadi colorati, chiacchieravano. E nel frattempo lei teneva il piede sinistro sulla mano sinistra di lui.

All’inizio pensavo lei fosse vittima di un infortunio e non potesse poggiare il piede a terra. Ma quando si sono alzati e lei ha infilato le ballerine, camminava normalmente.

Questo episodio di podofilia mi ha fatto capire di aver ormai visto e vissuto abbastanza qui e che fosse ora di andarsene, soddisfatto per il pieno di esperienze fatte. Quindi sono tornato a casa a terminare la guerra di trincea con la valigia di cui accennavo sopra.

Fa sempre strano chiudere la vita in un bagaglio.

A parte che suona anche macabro dire di avere la vita in un bagaglio. Per sicurezza, sul mio ho fatto un paio di buchi per farla respirare.

29 Pensieri su &Idquo;Non è che ti serva un artigiano per avere un bagaglio “a mano”

  1. Quel piede e’ in effetti inquietante. Non frequenterei quel bar. Finché ti mettono i piedi in mano può anche andare, ma non si sa mai dove possano finire. Buon ritorno! Quindi i dolci a forma di fuso in valigia non li hai messi? Peccato!

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  2. Io guardo il lato positivo del tizio con il piede in mano… forse la ragazza, che stava affittando il piede, era afflitta da piede da trincea e tu non l’hai capito. Anche lei era in partenza.
    Stamattina ho invocato Anubi. Mi ha detto di smetterla di chiamarlo e di rivolgermi a qualche altro dio o semidio.
    Ho gridato Speck.
    Funzionava.

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    • Vorrei a volte invocare Speck ma mi sento troppo lontano da lui. Cioè non so se accoglierebbe le mie preghiere. Te sei altoatesino, per te è un dio vicino (fa anche rima)!

      Apprezzo sempre i tuoi spunti di riflessione. A questo punto mi sento in colpa per non aver identificato nella ragazza, o nel suo piede, una eroina di guerra. E in quanto eroina, il suo ragazzo pareva alquanto “fatto” di lei.

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      • Già, il dio.. aspetta che rischio lo scivolone religioso… lo Speck è un dio vicino e di cui non si butta via niente.

        Vedi? Hai quel preconcetto borghese di “podofilia” e invece lei era solo un’eroina dei giorni nostri.

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Si accettano miagolii

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