Non è che il no global debba usar le tenaglie per combattere le grandi catene

Nel 2018 dovrebbero aprire i primi Starbucks a Milano e Roma. Saranno luoghi-test per capire se il business può funzionare espandendosi a macchia d’olio di palma nelle principali città italiane.

Mi è capitato più volte di utilizzare uno Starbucks per scroccare una connessione internet. È tra i posti più comodi per farlo, al ragionevole prezzo di una tazza di sciacquatura di tè. Una volta ho guardato in streaming due partite di calcio di seguito lì dentro: in un bar mi sarebbe costato di più e nei momenti di noia non avrei manco potuto aprire una finestrella su un porno.

Non voglio entrare nel merito della polemica tra quelli che, infantili, esultano per la notizia dello sbarco in Italia della catena e quelli che, allegri come uno stoppino consumato, li contestano vedendo segnali di una prossima fine del Mondo in questo. Mi annoio con le polemiche. Pur essendo io stesso un polemista un polemizzatore un polemizzante uno che fa polemiche, ammetto.

È solo che a me paiono tutti tanti poveri fessi. I contestati, i contestatori, i contestati che contestano i contestatori. Odio le fesserie.

La mia idea riguardo posti del genere è che si tratti in realtà di non-luoghi. Quando vi si accede non ci si sta accomodando su una poltroncina. Ci si sta sedendo sull’idea.

Starbucks, McDonald’s, IKEA, H&M: sono venditori dell’idea. L’idea è uguale a sé stessa ovunque, in ogni tempo, in ogni dove.

Tutto ciò bisogna ammettere che sia molto confortante. A me fa bene sapere che, ovunque mi trovi, io possa comprare i medesimi boxer a strisce o a fantasie ridicole e le stesse camicie a quadri.

Una volta dimenticai una giacca sul treno. Una pezza da 15 euro in saldo. Ma era pur sempre la mia pezza.

Mi serviva qualcosa da mettere sulle spalle per quando fosse arrivata sera. Avrei dovuto cercare nei negozi in una città che conoscevo poco, ma non mi andava di girare a vuoto. E avrei recuperato ciò che cercavo, senza spender molto? Per fortuna che c’era un H&M e potevo andare a colpo sicuro.

È comodo. Ma anche spersonalizzante.

L’idea che propugnano i venditori di idee è quella di fare in modo di poterti sentire a casa ovunque. In qualsiasi parte del mondo ti trovi, avrai un posto familiare perché uguale a quello che hai lasciato partendo.

Ma quando io passeggio per grandi centri cittadini e vedo le stesse idee, non mi sento a casa. Al contrario, non so più dove sono. Tanti non-luoghi mi fanno sentire in un grande non-luogo.

Un uomo saggio una volta disse che casa è quel posto dove puoi cagare.

Io da Starbucks non ho mai cagato e mai lo farò.

Però l’ho fatto più volte in diversi aeroporti.

Anche se il servizio che offrono – i viaggi aerei – è lo stesso, gli aeroporti si presentano con modi e stili differenti. Talvolta anche idee.

Quindi agli entusiasti di Starbucks – anche se non gliene importerà nulla – voglio dire che casa mia è grande come un aeroporto.

Possono vantarsi dello stesso, loro?

38 Pensieri su &Idquo;Non è che il no global debba usar le tenaglie per combattere le grandi catene

  1. Mi hai fatto pensare che forse l’unica cosa cosa che non ho fotografato di San Francisco è l’aeroporto. Eppure è già da lì che ho cominciato a sentirmi a casa, in effetti (credo anche, se non ricordo male, di essere andata in bagno, ma confesso, potrei sbagliarmi) 😀

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  2. Un Dio saggio diceva: casa è il posto dove puoi cagare a porta aperta.
    Detto questo, concordo sul non-luogo. Tutte le catene mettono le stesse cose nello stesso posto, così non ti sentirai mai fuori luogo, saprai subito che in quel dato ripiano c’è quella cosa che cerchi.
    Se non devo pensare, mi va anche bene.

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  3. È una riflessione interessante, in effetti è vero, a certi livelli parliamo solamente di idea, e di capacità di inculcarla nelle menti di più persone… io da Starbucks sono entrata solo a Londra, e ammetto che i cookies e il cappuccino con caramello erano ottimi, ma l’idea ha reso forse tutto più significativo senza che nemmeno me ne rendessi conto… è così che fanno funzionare certi luoghi 🙂

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  4. Da Starbucks non ho mai cagato nemmeno io, ma faceva già cagare la loro cioccolata calda al sapore di nulla(leggi “bleah”) per cui direi che va bene così. 🤔
    I non-luoghi mi mettono tristezza. Li frequento anche io ,ovvio, Però fare km e km, attraversare continenti e ritrovarsi in una via centrale di una capitale estera che in realtà potrebbe benissimo essere scambiata per la mia Via del Corso a Roma, beh un po’ mi destabilizza. Sono una certezza,è vero, ma a volte è meglio perdersi altrove…

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  5. Ho trovato comodi i negozi Starbucks all’estero, dove non c’era verso di trovare un bar decente. Qua non ci andrei manco morto, se non per usufruire dei bagni in caso di occorrenza. Interessante il discorso sull’idea e sui non luoghi. Ma se un luogo e’ frequentato da persone, chi frequenta i non luoghi?

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  6. Mi hai fatto tornare in mente il mio primo “tour” all’Ikea di Casalecchio. Per un’oretta felice mi sono sentita a casa, nel senso che potevo tranquillamente illudermi che fuori ci fosse Roma. Che delusione poi però uscire e ritrovarmi a Bologna…

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  7. In Usa ho fatto colazione più volte da Starbucks e non mi è dispiaciuto. A Milano avrà successo sicuramente perché come tu dici è un non-luogo e alla gente piacciono i posti poco impegnativi. Io lo prendo per quello che è. Basta saperlo.

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    • Sì, infatti le cose vanno prese come sono. Non è detto che anche chi è in cerca di luoghi originali non possa trovar comodo prendere un caffè in una catena, vuoi per la poltrona confortevole, vuoi per la connessione internet, vuoi per quel che vuoi.

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  8. Per me gli Starbucks sono come le poltrone di Fantozzi, mi ci accomodo il tempo necessario, poi svelta mi ricompongo prima di ritrovarmi a terra!
    Non mi spaventano le prossime aperture a Milano o a Roma, non le appoggio e non le contesto, da loro non mi sentirò certamente “a casa”!
    Buona domenica Gin, un caro saluto da Affy

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  9. Io se aprisse starbucckhsz sotto casa farei popo’ solo lì. Facciamo 2 conti: con il costo giornaliero di una sciacquatura di caffé risparmieresti completamente la carta igienica, lo scopino, parecchio consumo di prodotti per l’igiene della latrina e personale, e il lavoro manuale connesso. Io sono un pragmatico, mangio kebabs e polenta indifferentemente, e poi vado a farmi una pisciata al mac (quelli mica possono obbligarti a mangiare dopo che hai usato la toilette).

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  10. sicuramente a Milano e Roma avranno successo ma credo prevalentemente tra i turisti, un Italiano cultore del caffè difficilmente abbandonerà il bar di fiducia. Mi hai fatto venire in mente la catena Old Wild West, qui a Torino vi sono tre punti, tutti uguali, tutti con lo stesso arredamento, lo stesso menu, le stesse magliette, la stessa tempistica, addirittura quando ci vai hai la sensazione che pure il tuo vicino di tavolo sia lo stesso dell’altro OWW situato dall’altra parte della città.

    il concetto quasi sofista del “non luogo” mi piace molto

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