Non è che se i conti tornano gli altri nobili invece se ne restino via

Tornerò a Budapest.

Sussistono diversi punti positivi in questa vicenda. Fare un lavoro che già conosco, con persone che già conosco, in una città che già conosco. E per “conoscere” intendo “conoscere”, non “conoscere” per modo dire. È la stessa differenza che ci può essere tra conoscere una persona passandoci del tempo insieme e conoscerla sapendo che scarta i pomodori nelle insalate e va a letto con i calzini ai piedi.

Conoscere una città per me vuol dire sapere di dover fare la spesa in tre supermercati diversi, perché uno è più economico, in un altro prendi il pane che è migliore e nel terzo hanno il latte di soia al cioccolato più buono.

La cosa che mi tedia è il pensiero di dover partire di nuovo, armi e bagagli, e cercare casa.

Finora nelle precedenti esperienze me la son sempre cavata, non sono finito sotto un ponte o in case con un cadavere murato all’interno.

È proprio l’atto di ricerca che mi annoia. Spulciare annunci, identificare truffe, evitare topaie.

Va detto che qualcuno agevola il compito perché è onesto. Oggi ho visto l’annuncio di un monolocale. Abbastanza normale. Poi sono arrivato alla foto del cucinotto. O meglio, un angolo tra due pareti riempito da (leggere con la voce di Paolo Villaggio che descrive le peripezie di Fantozzi):

  • lavello di alluminio incrostato di calcare esausto malamente agganciato al muro, con secchio di plastica verde vomito al di sotto del sifone per raccogliere le perdite
  • sedia modello Quarta Internazionale su cui è poggiato un bollitore di tè dal design “Ogiva di missile Semyorka”
  • Mensola inchiodata di sbieco da falegname ubriaco di Pálinka, che regge un forno a microonde (che sembra nuovo, a essere sinceri, ma magari è solo dipinto)

Io volevo contattare l’autore dell’annuncio per complimentarmi dell’onestà. Non si è manco sforzato di togliere il secchio sotto al lavello, che dà subito l’idea che lì forse qualcosa non funzioni.

Cercare casa è una rottura.

Vorrei essere ricco.

Non per avere ville e Ferrari. La ricchezza si esplicita secondo me nella praticità.

Ad esempio, un uomo ricco partirebbe con solo i propri vestiti addosso e una valigetta, lasciando il compito a qualcun altro di trasferire tutti i suoi bagagli.

Un uomo ricco troverebbe già una casa pronta, perché qualcuno gliel’ha già trovata.

Un uomo ricco forse non avrebbe bisogno di trasferirsi in Ungheria: è l’Ungheria che verrebbe da lui!