Non è che un pupazzo di neve non possa soffrire di un esaurimento nevoso

Si dice di Enrico VII d’Inghilterra che un giorno avesse fatto allontanare delle persone perché il tintinnare delle monete nelle loro tasche gli dava fastidio.


Non so se sia vero, perché gli aneddoti storici sono spesso inventati o romanzati.


Ho una collega che vive in Serbia e che lavora a distanza, tranne che per una settimana ogni mese in cui è qui a Budapest. Ha un Sony VAIO ultrasottile e più leggero di una busta paga di un operaio. Tale meraviglia tecnologica però ha un difetto: ogni volta che si clicca sul pad si crea un suono simile ai denti che digrignano: k-k-runch.

All’inizio pensavo che la collega avesse problemi di bruxismo e allora la osservavo. Soltanto dopo ho associato il suono al portatile.

È una cosa alquanto irritante.

Ho riflettuto su quante cose ci danni fastidio e/o ci rendono nervosi ogni giorno.
Credo che l’essere umano sia per costituzione portato a innervosirsi più per una coda a un casello che per la rottura di una storia d’amore.


È esclusa dalla tesi testé enunciata tutta la serie di sensazioni ed emozioni che una separazione comporta, ovviamente, parliamo in valore assoluto quindi del mero tasso di bile travasata all’interno dell’organismo nel singolo avvenimento.


La gente sembra sempre incazzata con qualcosa o qualcuno. Si fa anche vanto di ciò.


Sembra che sia un attributo caratterizzante e onorifico quello di pubblicizzarsi propensi all’aggressione, come se si girasse con un cartello “Attenti al cane”, laddove il cane è rappresentato dalla propria persona, propensa a mordere come un rottweiler guardiano, a detta dell’individuo padrone/animale di sé stesso.


La seconda considerazione che è da ricollegare al punto precedente è che tendiamo a porci al centro di ogni singolo evento. Il collega infastidisce noi, la coda sembra piazzata lì per farci arrivare tardi, l’impiegato allo sportello è rozzo e maleducato perché ce l’ha con noi.


Tutto questo, chiariamo, è naturale. Siamo programmati per avere un punto di vista ego-centrico sul mondo: esistono poi distorsioni che portano a esasperare il ricondurre tutto a noi stessi. Io ad esempio soffro occasionalmente di un “effetto riflettore” che mi porta a pensare che le persone intorno a me stiano sempre a guardare cosa io faccia o non faccia.


Ogni singolo giorno sembra ci sia un intero universo che si mette in moto per rompere i maglioni alla nostra persona. È come la storia del leone e della gazzella: ci svegliamo cercando di correre più in fretta degli ingranaggi della vita che tentano di stritolarci.

Credo che se contassimo quante siano le volte in cui prendiamo coscienza di essere noi invece a infastidire gli altri ci stupiremmo di quanto sia basso il numero risultante.

Magari scrocchiamo le dita. Partiamo con lentezza al semaforo. Magari siamo noi la puntina sotto al sedere di qualcuno.

Perché dall’altro lato abbiamo persone che sono magari più scoglionate di noi o che hanno avuto una giornata peggiore della nostra o che hanno una vita più tediante, logorante, massacrante.

Beninteso: non sto dicendo di avere pietà e comprensione del prossimo a prescindere come San Francesco, che io credo avesse benissimo le sue giornate no e che fosse un disturbatore seriale. Chiedetelo agli uccellini o ai lupi:

Al mondo esiste tanta gente stronza.
E che, come quelli che sono perennemente incazzati, si fa vanto della propria stronzaggine. A volte i due insiemi, nervosi e stronzi, si intersecano (ma non sono coincidenti).

Costoro sono individui molto pericolosi, perché spesso sono zombieficanti: possono tramutare in stronzi le persone con cui hanno a che fare, che a loro volta possono generare altri stronzi e così via.

Ma tenendo presente tutto questo, penso potremmo risparmiarci qualche travaso di bile spostando la nostra telecamera personale da una visuale in prima persona a una in terza.

Può sembrare strano tutto questo discorso da uno nel cui blog campeggia una citazione di Max Stirner, scelta non a caso per il suo contenuto apologetico dell’egoismo.

Ma credo che il culto di sé stessi possa coesistere con la visuale esterna e, anzi, l’esercizio di contestualizzazione del nervosismo possa portare a un maggiore livello di consapevolezza interna.

E poi io, comunque, sono un egualitario.
Odio tutti allo stesso modo.

42 Pensieri su &Idquo;Non è che un pupazzo di neve non possa soffrire di un esaurimento nevoso

  1. Mi ritrovo nel ruolo dell’accomodante e della paziente (nell’accezione di individuo dotato di santa pazienza) conclamata, per cui cerco sempre di eseguire un po’ di training autogeno quando la tensione inizia a salire e insieme ad essa anche l’istinto di imprecare, inveire contro e tuonare. Vi prego comunque di fare attenzione proprio a questi soggetti, i quali, a forza di abbozzare, mandar giù bocconi amari e pazientare, potrebbero un giorno tramutarsi in degli spietati stronzi senza precedenti! Dunque occhio :P! Scherzi a parte, credo che l’individualismo sia così umanamente radicato in noi che si faccia davvero una grossa difficoltà ad osservarsi dall’esterno, ad essere obiettivi, a mettersi nei panni altrui, ad analizzare contestualizzando ed isolando i singoli casi, ad avere una visione d’insieme il più lucida possibile e a non cadere nell’autoreferenzialità che forse a ‘sto punto, visto le tante rogne con cui quotidianamente dobbiamo scontrarci, meglio facilitarci odiando tutti indistintamente e lasciando che la misantropia trionfi! 😁😉

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  2. Un finale illuminante. come diceva il sergente istruttore Hartman: io sono un duro però sono giusto: qui non si fanno distinzioni razziali. Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani! Qui vige l’eguaglianza: non conta un cazzo nessuno!

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  3. Saggezza gattesca! Anche io, come ricorderai, mi ero dilungato in una delle classifiche minchione ad elencare le cose che mi urtano i nervi ed effettivamente ce ne sono un sacco! Siamo naturalmente intolleranti. Ma forse, paradossalmente, più nelle cose futili che in quelle serie. Tolleriamo pazienti un governo o una qualche istituzione che ci vessa e poi scattiamo su contro il vicino che annaffia i fiori e ci bagna il terrazzo. Forse perché ci costa meno fatica!

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    • Meno fatica e poi è un qualcosa di più immediato e tangibile. Invece tematiche più grandi che investono la gestione della cosa pubblica hanno tempi più lunghi e, inoltre, ci toccano e non ci toccano allo stesso tempo. Il vicino che fa cadere l`acqua sta investendo il tuo balcone, una riforma, sì, tocca te ma tocca anche altri, mal comune, ci penserà qualcun altro…cose di questo tipo.

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  4. Io mi vanto di essere incazzato. Mi vanto di odiare tutti, dall’umano all’alieno.
    Ma io sono IO, il roveto ardente.

    Direi che anche oggi, signori e signore, ho dato prova di avere un’ego che straripa.

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  5. in tutto questa profonda riflessione manca soltanto (per me) l’etica protestante che fu di Max Weber delle commesse dell’Esselunga, quelle che a una semplice domanda sul dove si trovino i sottaceti allungano il collo e fanno: “Stanno là!” senza guardarti. Ecco io odio le commesse dell’Esselunga (alla Standa so già meglio) quasi quanto gli ausiliari del traffico. Ho detto quasi…

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    • Vorrei mi avessero fatto un simile discorso ai tempi del liceo, non soltanto sulla contestualizzazione del nervosismo ma sulla “educazione a pensare” o a poter scegliere cosa pensare che gli studi umanistici forniscono, forse oggi sarei una persona diversa.

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Si accettano miagolii

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