Non è che in cucina non si finisca mai di impanare

Madre con la tecnologia ha lo stesso rapporto che avrebbe un Padre Pellegrino di Plymouth del ‘600: “Ah! Stregoneria!”.

Il che rende difficile farla avvicinare ad alcune utili modernità.

Considero però una vittoria personale l’averla costretta a imparare a usare Skype, dal mio trasferimento a Budapest.

A meno di non voler diventare azionisti di una compagnia telefonica, Skype infatti sarebbe stata l’opzione migliore per potersi parlare.

Gli inizi non furono semplici. Pur avendole dato precise istruzioni passo passo, al mio arrivo in Ungheria lei, come non le avessi spiegato nulla, iniziò a telefonarmi col cellulare.

Dopo varie invocazioni ad Anubi, sempre ricordato nelle mie preghiere, riuscii a convincerla a provare l’azzurrino software, dietro orari concordati.
Lavorando e vivendo da solo, ho comunque bisogno dei miei tempi per sbrigare le cose. Se, ad esempio, la sera non voglio scaldarmi un pugno di mosche al microonde ma cucinare qualcosa di più impegnativo di un uovo sbattuto, non segnali la mia scomparsa a Chi l’ha visto? se posticipo una chiamata per andare al supermercato a fare rifornimento.


Il tutto nonostante io abbia avvisato. Potrebbe sempre trattarsi di un falso messaggio da parte dei miei sequestratori dell’ISIS per guadagnare tempo.


E si sa che la cucina richieda tempo e non si finisca mai di impanare.

D’altro canto, Madre è la prima ad avvertire come prioritaria necessità quella del cibo.

Dirle che avrei avuto un aperitivo il giorno seguente ha avuto come risposta:

– E non mangi?

Io con un po’ di leggerezza non ho considerato il fatto che Madre potesse non aver presente cosa fosse un aperitivo.

Può sembrare che io stia esagerando, ma, ad esempio, lei ha cominciato ad accettare solo da pochi anni il significato di uscire a prendere una birra. La sua reazione era la medesima:

– Senza mangiare?
– Madre, ho cenato 10 minuti fa!
– E vicino la birra non prendi niente?

Così, l’immagine associata da Madre all’atto di prendere una birra senza accompagnarla con delle cibarie credo sia stata a lungo quella di un individuo affetto da dipendenza cronica da alcool, come in un quadro di Degas

Quindi non vedo come potrebbe aver presente forme di alcolismo più complesse, come l’aperitivo. Si potrebbe ritenere che l’aperitivo verrebbe incontro alle sue preoccupazioni, essendo fondato sul concetto di alcool+cibo. Ma non credo che quello sia considerato sfamarsi, quanto più preparare lo stomaco:


Dipende anche dal tipo di aperitivo, ci sono posti micragnosi così come posti dove ci si sfama a volontà e con voluttà. Questo vale più nelle grandi città, da Napoli sino alla cosiddetta Milano da bere. A tal proposito cantavano i Baustelle: Cara/scriverà sulle tovaglie dei Navigli/quanta gioia, quanti giorni, quanti sbagli/quanto freddo nei polmoni/che dolore/non è niente non è niente/lascia stare¹, dove le tovaglie dei Navigli è sicuramente riferito a un aperitivo insieme alla tanta gioia di serate alcolicamente allegre, con gli sbagli costituiti da quel bis di trancio di lasagna dopo la torta al cioccolato e strutto, il freddo è causato dal fatto che la digestione richiama tutto il sangue verso giù e poi si fa fatica anche a respirare e quindi che dolore.


¹Un romantico a Milano


Ripropongo, sempre valido, un diagramma di flusso che illustra sinteticamente una conversazione-tipo di Madre:

65 Pensieri su &Idquo;Non è che in cucina non si finisca mai di impanare

  1. Buono l’uovo sbattuto! Me lo facevano sempre quando ero piccola 🙂
    Mia madre a me ha sempre detto di mangiare di meno anche quando ero giovane studentessa e fuori sede mentre mio padre mi chiamava una/due volte a settimana e mi diceva “hai fatto colazione? fai colazione che i cornetti a Roma sono buoni”. Sempre questa frase, per anni.

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  2. Fortunatamente non ho di questi problemi.
    Ma sai che, a dirla tutta, ci accomuna comunque un tratto fondamentale: la preghiera ad Anubi. Da me è una costante assoluta, diciamo che nel pantheon degli dei, dopo di me, c’è lui. Ed è tutto dire.

    L’unica cosa che riesce a farmi uscire di testa sono le telefonate quando rientro in casa verde di bile (causa lavoro).
    In quel caso tirerei giù un muro a testate.

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    • Anubi è sempre presente nei momenti peggiori per dare un sostegno.

      Ci sono situazioni in cui un uomo sente di dover stare con sé stesso e qualsiasi contatto viene percepito come molesto, la possibilità che tali momenti si verifichino è accentuata da situazioni come il lavoro che, a volte, mettono addosso la pacatezza e l’affabilità di uno sciame di vespe cui hai appena incendiato il nido scordandoti di verificare che fossero tutte dentro e non ci fossero guardiane appostate come cecchini alle tue spalle.

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  3. per quanto mi riguarda non è la marmotta a fare telefonate assurde ma Padre… con i suoi “dove sei?” oppure “dormi ancora?”… appena prendo il telefono, senza un “ciao” o un ” vaffanculo” qualsiasi…

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  4. In casa mia funziona così: io rientro stanca dopo lavoro-bus-spesa…
    Il Principe sul divano, dopo essersi scofanato una doppia porzione di lasagne al forno, una crema di yogurt, un tot di biscotti, merende, gelati, più varie ed eventuali (a partire dall 14.30) dice “che si mangia stasera?” e sono le cinque circa.
    Ho smesso di preoccuparmi se mangia da quando è passato a tali porzioni, quasi improvvisamente.
    Credo non me ne preoccuperò mai più.

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  5. …quand’ero a casa dei miei, mia mamma tentava di portarmi alle sue abitudini “terrone”… pranzo alle 14 e cena alle 21 passate… ergo i miei sogni da vecchietta, gambe sotto il tavolo alle 12 e alle 19 sono diventati usanza solo una volta sposatami

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