Non è che il fotografo fosse atletico solo perché era scattante

Il RailJet da Vienna a Graz percorre il tratto della storica linea del Semmering. Un percorso di montagna tra tunnel e vallate che d’estate immagino regali paesaggi impressionanti. Anche in inverno garantisco che fanno la loro figura, tra abeti sempreverdi, alberi spogli e chiazze di neve che insieme creano un patchwork di natura dormiente.

Il treno procede lento ma costante, inerpicandosi per un dislivello non indifferente. La sensazione è che se si fermasse scivolerebbe all’indietro come un masso di Sisifo, ma non è mai successo o non starei qui a scriverlo.


Il percorso della linea ferroviaria. Fonte: Wikipedia

Costruita tra il 1848 e il 1854, la linea del Semmering è tra le prime ferrovie di montagna mai costruite (forse la prima in assoluto) in Europa: un’opera di ingegneria notevole, considerando il dislivello, le curve, le gallerie (ce ne è una di 1,5 km) e quelle che erano le possibilità tecniche dell’epoca. Ovviamente tutto ciò ha un costo e, in termini di vite umane, fu una vera strage (circa 700 operai persero la vita durante i lavori).

Fonte: linkiesta.it


Il progettista fu Karl Ritter von Ghega, in italiano Carlo Ghega, nato a Venezia. Considerando che all’epoca la Serenissima era sotto dominio asburgico suppongo che però debba essere definito Karl.

Alla stazione di Semmering c’è un monumento in suo onore e, approfittando del treno fermo con la porta aperta, stavo per scattargli una foto.

Poi mi è sorto un dubbio: me ne importava realmente qualcosa di Karl Ritter von Ghega, seppur col massimo rispetto per la sua inventiva? Fino a prima di salire sul treno non sapevo chi fosse e, anche una volta saputo, al di là del sapere aneddotico da sciorinare agli amici per annoiarli, non mi sentivo interessato all’argomento.

Essendo quindi No la risposta, il motivo per cui scattare una foto cessava di esistere.
Sono tornato quindi a sedermi per contemplare la Stiriana che avevo seduta di fronte, una ragazza biondissima e dagli occhi chiari ma arrossati, non ho capito se per pianto o per un raffreddore. Le nostre brevi conversazioni non erano entrate in un’intimità tale da poterle chiedere ragguagli in merito. E credo poi fosse rimasta disgustata dalla mia merenda, una megabaguette al prosciutto e mozzarella che ho divorato con compiaciuta voluttà, tal che lei nel frattempo aveva la testa girata di 90° verso il finestrino come a volersi appiattire contro.


Ma forse era una mia impressione dovuta alla mia sindrome dell’effetto riflettore, secondo la quale tutti stanno a pensare a ciò che faccio mentre in realtà non gliene importa nulla. Probabilmente stava a pensare ai cacchi suoi come qualsiasi essere umano in un treno.


L’episodio del Karl Ghega mi ha fatto riflettere sull’ossessione per l’immagine che abbiamo ormai nella nostra epoca. Una sindrome che decontestualizza – o forse dovrei dire sradica, per la sua aggressività – l’oggetto dell’immagine. L’immagine esiste come un concetto astratto, che vive e si replica perché la propria esistenza viene perpetuata da chi fotografa.

Mi fa tornare in mente la storia del “fienile più fotografato d’America” descritta in Rumore Bianco di Don DeLillo.


Diversi giorni dopo Murray mi chiese se sapevo qualcosa di un’attrazione turistica nota come il fienile più fotografato d’America. Guidammo per ventidue miglia nella campagna intorno a Farmington. C’erano prati e alberi di melo. Recinzioni bianche si srotolavano lungo i campi. Ben presto apparvero le prime insegne. IL FIENILE PIU’ FOTOGRAFATO D’AMERICA. Ne contammo cinque prima di arrivare sul posto… Camminammo per un sentierino fino alla collinetta che serviva ad ottenere una vista migliore. Tutti avevano macchine fotografiche; c’era qualcuno con treppiede, lenti speciali, filtri. Un uomo dentro un baracchino vendeva cartoline e diapositive del fienile, fotografato proprio da lì. Ci mettemmo vicino a un boschetto e guardammo i fotografi. Murray mantenne un silenzio prolungato, ogni tanto scribacchiava qualcosa su un taccuino. Alla fine disse: “Nessuno vede il fienile”. Seguì un lungo silenzio. “Una volta che hai visto le insegne per il fienile, diventa impossibile vedere il fienile”. Si ammutolì di nuovo. Persone con macchine fotografiche scendevano dalla collinetta, subito rimpiazzate da altri. “Non siamo qui per catturare un’immagine. Siamo qui per mantenerne una. Lo capisci, Jack? E’ un’accumulazione di energie senza nome”. Ci fu un altro lungo silenzio. L’uomo nel baracchino vendeva cartoline e diapositive. “Essere qui è una specie di resa spirituale. Vediamo solo ciò che vedono gli altri. Le migliaia che sono state qui nel passato, coloro che verranno in futuro. Abbiamo accettato di essere parte di una percezione collettiva. Questo letteralmente colora la nostra visione. In un certo senso è un’esperienza religiosa, come ogni turismo”. Ne derivò un altro silenzio. “Fanno fotografie del fare fotografie”, disse.


Una cosa simile avviene nei musei di tutto il mondo.
Al Louvre la gente fa la fila per raggiungere il posto davanti alla Gioconda, fare la foto e poi scappare via perché c’è altra gente dietro che dovrà far lo stesso e via così sino alla chiusura quando i sorveglianti cominceranno a seguirti incalzanti per spingerti verso l’uscita come si fa con le galline per farle rientrare nel pollaio.

Anche io all’epoca ammetto di aver fatto la foto alla Monna Lisa, rischiando anche di causare un incidente perché nella calca stavo per rotolare per terra oltre il cordone di sicurezza e non so le guardie ipocondriache appostate lì come l’avrebbero presa.


Per la cronaca la foto ovviamente venne una vera merda, come credo vengano male a tutti per la luce e la distanza. Questo dev’essere un complotto dell’ente che gestisce il museo per vendere più cartoline o stampe raffiguranti la signora.


La Gioconda è l’esempio perfetto per il discorso: è fotografata perché è famosa ma è famosa perché è fotografata. Beninteso, la sua fama è molto probabilmente precedente all’invenzione della fotografia ed è stata accresciuta da imitazioni, furti, reinterpretazioni artistiche e così via, ma oggigiorno lo scopo dell’esistenza della Gioconda nel Louvre è quello di far da piatto principale della mangiatoia dei maiali di consumo dell’immagine.

Questo rituale della tripla F (fila-foto-fuga) svuota l’arte di qualsiasi significato, a mio avviso.

Chiariamo, ognuno l’arte la vive come gli pare. In contemplazione, in adorazione, in riflessione. E io parlo come un profano per il quale Arte è spesso traducibile con Opera bella/Opera meno bella/Opera che non comprendo/Opera che non mi piace.

Ogni qualvolta viene replicato il rituale della cattura dell’immagine come a un safari, l’oggetto, per tornare all’esempio di DeLillo, cessa di essere “un fienile” e diventa “l’immagine di un fienile”.

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Questa non è una lanterna (semicit.).

Io non sono bravo a far foto. Ne faccio lo stesso e mi piace catturare immagini di cose che in primo luogo hanno catturato me. Come può essere questa lanterna in vero finto stile d’antan nel Castello di Eggenberg.

Sempre a Graz ho fatto una foto a una casa che mi piaceva molto. Era una casa normale, non un reperto o una meta di pellegrinaggio turistico.
Dimora caratteristica, esterno colorato e decorato da ghirigori fantasia, finestre in legno, un balconcino, anch’esso in legno, ad angolo nelle mura incassato nella struttura portante.


Doveva essere il famoso balconcino a reggiseno.


Stavo scattando una foto quando un tizio che passava ho notato mi osservava, finché non è entrato in quella stessa casa continuando a tenermi d’occhio. Mi sono allontanato vergognandomi, senza voltarmi. La foto per la fretta è anche venuta male, per giunta.

Ci sono cose poi che non si possono immortalare.

Come l’indifferenza della proprietaria di una caffetteria in cui ho fatto colazione.

All’atto di pagare, mi ha chiesto se avessi 10 centesimi per avere il resto tondo. Sicuro di me ho aperto il tintinnante portamonete, da dove ne sono però usciti soltanto spiccioli ungheresi.


Monete che non riuscirò mai a spendere. Contando che 1 euro = circa 310 fiorini, pensate quindi cosa mai ci si possa fare con manciate di 5 fiorini.


Alla fine sono riuscito a mettere insieme 10 centesimi di euro composti da 5+2+1+1+1. La donna è sembrata contrariata. Quando sono uscito le sono passato accanto salutando e lei ha tirato dritto senza guardarmi in faccia né rispondermi. Forse in Austria non piacciono le persone dai modi spiccioli.

Ecco, io avrei voluto immortalare la sua espressione statica e indifferente mentre le passavo accanto. E lanciarle una maledizione: da oggi sarai l’immagine di un fienile.

56 Pensieri su &Idquo;Non è che il fotografo fosse atletico solo perché era scattante

  1. Forse perché l’Arte non è per tutti, e per convincersi del contrario la si deve farla arrivare a tutti a forza, e il risultato è il fila-foto-fuga… (ma non so di cosa parlo eh, sono anch’io all’opera bella/meno bella etc…)
    Quell’indifferenza là è disarmante, magari sul momento viene voglia di gridare proprio (ho detto ARRIVEDERCI eh!), ma cinque minuti dopo ho già cancellato l’episodio, sul medio-lungo periodo riesco a essere indifferente all’indifferenza…

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    • Io sono di queli che credono debba essere per tutti, sono contro gli elitarismi: ovvio che poi ognuno coltivi i propri campi di interesse. Quello che manca è forse un po` di educazione all`arte. Suona un po` paternalistico, lo so. Ma tipo i musei potrebbero vietare le foto all`interno, per cominciare.

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      • Tutti possono approcciarsi alla fisica quantistica ma non tutti riescono a capirla… Io, per dire, sono convinto che esporre un orinatoio sia solo una truffa, mi sa che mi manca qualcosa, un salto mentale o non so cos’altro, per poterla apprezzare (e lasciamo stare il discorso sulla fisica quantistica che è meglio…).
        Ecco, vietare le foto sarebbe già qualcosa, anche se un divieto non è educazione, quella dovrebbe partire dalle scuole medie…

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        • Sull’arte moderna ci sarebbe da fare un discorso lunghissimo sul quale non mi sento neanche ferrato. Diciamo che da quando l’arte si è staccata dall’obbligo di rappresentare, copiare la realtà, ne ha beneficiato la creatività dell’artista. Non che prima non fossero creativi, vero che dovevano essere legati a disegnare una madonna col bambino tutti quanti per vivere, ma se Caravaggio era Caravaggio era perché nei suoi soggetti sacri ci metteva qualcosa di suo. Oggigiorno l’arte però rappresenta molto di più l’interiorità dell’autore, soltanto che il rischio che diventi molto opinabile c’è. O quantomeno, è arte ciò che il curatore di un museo o una mostra dice che è artistico. Certo, anche nell’antichità senza il Papa che dava lavoro a Michelangelo il suddetto non sarebbe stato Michelangelo, ma oggi il fenomeno non è più legato al dare lavoro ma alla riconoscibilità. Ci sono molte cose che non sembrano più riconoscibili e io a tal proposito vorrei proporre questa citazione

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          • Davvero bello questo estratto… pure secondo me quel muratore del 3000 non riconoscerebbe come arte molta della cosiddetta arte moderna. Però potrebbero avere ragione tutti, potrebbe non avere senso l’esistenza di un’autorità, di qualunque genere (curatori, critici, “esperti” etc) che decide cosa è arte e cosa no… Boh.
            Ogni bene 🙂

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  2. Ceci n’est pas une lanternà, o un fienilé!
    Annoiare è importante. Mostrare una propria foto della materia con cui si vuole annoiare è fondamentale perché fa apparire pure stronzi.
    A me piace pensare che le persone in treno non mi guardino mangiare perché pensano di potermi mettere in imbarazzo.

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    • La noia è un`arte e va esercitata con la dovuta attenzione artistica. Il tuo richiamo all`utilizzo del supporto fotografico in tal senso è pertinente.

      Sul cibo mi ricordi un episodio degli anni universitari. Eravamo nel cortile, o meglio, chiostro, perché la facoltà era un ex convento. Tutti già mangiati e pisciati, tranne uno che aveva terminato tardi un corso che disse
      “ragazzi scendo giù a mangiare”. Al che un altro disse
      “ma mangia qui con noi, no? Cosa fai da solo”
      “E che faccio, mi guardate mentre mangio?”
      Risposta secca di un altro
      “Ti guardiamo quando parli, capirai”.

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  3. con estrema indifferenza dico che mi piace ciò che scrivi e darei un braccio per vedertelo fare.

    impara l’arte e mettila da parte

    ps: questo non è un commento

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  4. Bentornato! Sei mancato 😉
    Io rimpiango sempre i tempi in cui le fotografie non erano digitali e quindi ogni singola foto comportava un costo: anche se non si era mai certi al 100% del risultato si tendevano a scattare solo foto piene di significato (o almeno lo erano per il fotografo).
    Con riferimento alla barista temo che più che di indifferenza occorra parlare di maleducazione. Io temo che alla maleducazione non mi abituerò mai… Eppure ne ho svariati esempi quotidiani! Forse è solo un tentativo di non rassegnarmici, non so…
    Buona giornata

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    • C`era un che di artigianale nello scatto di una foto, mi ricordo mio padre che scattava foto con una macchina tedesca che veniva dalla DDR, venivano foto molto belle. Poi si ruppe un meccanismo, forse la messa a fuoco non ricordo bene, provò anche a farla riparare ma era impossibile perché la fabbrica da dopo l`unificazione tedesca non esisteva più!

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      • Anche io pensando alle foto di una volta ho pensato a mio padre… Lui aveva la passione per la fotografia, era anche bravino nonostante completamente a livello di amatore. E pensare che da quando esistono le macchine digitali non ha più scattato foto, come se si rifiutasse.

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  5. Tempo fa arrivò a Genova il relitto della Concordia per essere definitivamente smantellato. Per i primi mesi mi toccò vedere file di pecore che si accalcavano sulle alture sgomitando per prendere i posti migliori, scattare foto (spesso selfie con la nave in sfondo) e postare il feticcio sui social.
    Credo che purtroppo viviamo in un’epoca troppo culturalmente vuota per poter godere della fotografia.
    Scusa per le lungaggini, Saluti
    Andrea

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    • Su quell`evento mi ricordo fu fatto anche di peggio, appena dopo il naufragio quando la nave era ancora al largo della Sardegna iniziò il pellegrinaggio verso il relitto semiaffondato, con ovviamente tanto di foto con la nave sullo sfondo.

      Vorrei censire tutti costoro e farmi una foto mentre, non so, gli arriva una bolletta salata, scoprono che gli hanno tamponato la macchina, insomma foto in situazioni non felici.

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  6. Forse si aspettava che le dicessi ‘tenga il resto’. Invece le hai fatto pure perdere tempo a cercare spiccioli….
    Sull’arte non commento, che sono troppo ignoranta… (la gioconda non mi son nemmeno disturbata di andarla a vedere, ero impegnata con Arcimboldo)

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  7. ogni tanto mi viene da pensare che con delle foto ben fatte, qualsiasi posto può sembrare turistico… a volte ho fotografato palazzi, cortili, paesaggi e a riguardarle potevano sembrare luoghi lontani e speciali… invece era il paese accanto al mio!….
    che stranezza, abbiamo occhi strani….

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  8. L’altro giorno ho fotografato un minuscolo scorcio da un posto a 150 metri da casa mia e neanche mia madre l’ha riconosciuto (la fotografia è negli occhi di chi guarda, si potrebbe dire). Lo dico sottovoce, la Gioconda non mi dice granché. Ma i disegni di Leonardo… Bello il brano di De Lillo (che peraltro non riesco assolutamente a leggere).

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  9. Son sincera… non son riuscita a giungere al termine del post, stamattina ho la concentrazione di un criceto che sgranacchia una spagnoletta e i post lunghi oggi non sono alla mia portata.

    Però ti scrivo e commento lo stesso. Per dire niente chiaramente.

    Sappi che però ho guardato le figure

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  10. Io conosco Semmering solo perché, questa estate, ho cercato di invocare Satana ad un festival metal.
    Non ci siamo riusciti, in compenso abbiamo mangiato come i ludri e ricordo ancora con affetto tutto il fritto che ho ingurgitato. Anche il mio fegato lo ricorda… e me lo ricorda di tanto in tanto.

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  11. Egregio sig. Gintoki,
    con il qui presente commento la invito a evitare viaggi futuri in quanto la sottoscritta ho sofferto di crisi d’astinenza per la mancanza dei suoi scritti.

    Detto ciò, io fotografo tutto. TUTTO. Ho proprio una dipendenza dall’immortalare le cose, in qualsiasi momento (circa), in qualsiasi luogo (circa). Ho odiato la Gioconda per la sua pessima fotogenicità, per ripicca le ho scattato una foto con il fisheye rendendola una palla cicciottosa come Dudley Dursley, tiè Lisa, così impari (tra l’altro quando l’ho vista per la prima volta ci sono rimasta male, mi aspettavo che fosse un quadro più grande, più magico, più simile alle foto…appunto).
    Però, ecco, io osservo molto, osservo molto per imprimere nella memoria e poi scatto la foto, consapevole però del fatto che la foto non sarà mai paragonabile a quello che sto vivendo in prima persona. È un supporto che mi aiuta a riportare in memoria le sensazioni (non solo emotive, ma anche tattili, olfattive ecc) provate, aiutandomi a non accantonarle in qualche angolino dimenticandomi della loro esistenza.

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    • Gentilissima Madam Licht,

      ricevo il reclamo da lei inoltrato, sarà cura di questo ufficio protocollarlo e farlo giungere all`ente preposto per la gestione dei rapporti con l`utenza, che sarebbe in realtà gestito dal sottoscritto ma in questo momento sono in congedo maternità anche se timbro il cartellino per buscarmi gli straordinari di lavori che non ho mai svolto.

      Adesso la saluto che devo riscuotere la pensione da invalido della guerra di Crimea. L`ultima volta mi hanno fatto storie perché il mio trisavolo non si fa mai vedere alla posta e manda sempre me come delegato.

      Ringraziando per la cortese collaborazione, porgo i miei più distinti saluti.

      Sulla Gioconda è la reazione che viene spontanea: si crea secondo me troppa aspettativa su di essa, frutto anche di immagini e stampe in alta definizione; poi arrivi lì e trovi un quadretto che anche un po` sbiadito.

      Fare foto è bello. A me piace cogliere tutto ciò che mi attira, perché mi comunica qualcosa. E a volte mi rendo conto di quanto sia vuoto invece scattare tanto per perché sei lì, come nell`esempio che facevo sul monumento alla ferrovia. Ma le sensazioni, invece, ci sono? Come descrivi tu, quelle sono realmente importanti.

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      • La ringrazio per aver accolto la mia richiesta, spero venga accettata senza contestazioni burocratiche. Se così non dovesse essere, mi toccherà prendere dei provvedimenti in prima persona. Ne approfitto per farle le congratulazioni per la nascita futura, spero che riesca a far sparire ogni traccia con una sola tirata di sciacquone.

        I quadri impressionisti invece sono immuni alla distorsione delle foto. Il piacere di trovarseli davanti è stato impagabile, nessun libro di testo di arte è riuscito a dare un’idea valida di quello che sono in pittura e tela (carne e ossa suonava malino…).

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Si accettano miagolii

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