Non è che vai a dare via il curriculum per niente

Una stessa questione può assumere una diversa prospettiva.

Io sono abituato a pensare che quando ricerco lavoro devo preparare un CV ad hoc per quella posizione, scrivere una lettera di presentazione sempre ad hoc in cui dimostro di conoscere l’azienda, dopo il colloquio attuare anche un sano “inseguimento” (sempre ad hoc) delle risorse umane ringraziando via mail per il tempo concesso, magari dopo qualche giorno telefonare in modo cortese (ad hoc) per chiedere informazioni sull’esito, dimostrando di avere realmente a cuore quella posizione. E, quando avranno scelto un altro, ringraziare e rifare tutto da capo.


Dovrei meglio dire che sono stato abituato a seguire tale codice di comportamento da tutta una serie di consulenti HR che divulgano il galateo del cercatore di lavoro.


Ho sempre dimenticato di chiedere se loro avessero seguito tale procedura nella ricerca di lavoro.


Al lavoro che sto svolgendo ora mi capita di dover contattare dei consulenti esterni specializzati in diverse materie. Costoro, in genere, hanno quasi tutti gli stessi comportamenti:

– Non rispondono alle mail;
– Prima di inviarti il CV chiedono quanto li paghi;
– Chiedi di avere una versione del CV in francese perché il lavoro si svolgerà presso una delegazione francese che parla francese e legge cose francesi e loro ti rispondono che trovano più comodo inviarlo in inglese;
– Chiedi il CV tagliato ad hoc per la posizione e loro ti dicono che non hanno tempo oppure che lo sistemeranno quando avranno possibilità. E poi te lo inviano dopo due settimane, quando avevi fatto presente una certa urgenza nella richiesta;
– Offri 500 euro al giorno e loro ti scaricano per chi ne offre 510.

Mi rendo conto che la prospettiva sia invertita: sei tu che cerchi loro per svolgere un lavoro, ergo ne hai bisogno. E loro si comportano come se ti stessero facendo un favore.

Io appartengo a una generazione che è cresciuta con la prospettiva che il lavoro sia un privilegio e che chi te lo sta offrendo ti stia facendo un favore e che, in certi casi, se è pagato è un di più perché non sono affatto obbligati a farlo.


Il famoso discorso di essere pagati in visibilità.


Io sono introverso, preferisco continuare a essere invisibile ma poter far la spesa al supermercato.


Insomma, comunque vada anche adesso mi sembra di stare sempre dalla parte sbagliata della dimensione. Non della barricata, perché una barricata neanche riesco a vederla: è come il confine dell’Universo, un concetto su cui dibattere in senso più metafisico e filosofico che reale.

E ripenso a un mio caro amico che dopo 6 mesi di stage a 600 euro al mese a 600 km di distanza da casa (6 mesi, 600 euro, 600 km, ripetizione del 6 = 666, coincidenza? Io non credo) è stato poi salutato con Arrivederci e grazie di tutto, perché gli hanno detto chiaro e tondo che C’è la crisi c’è la crisi e quindi è più conveniente avere a ciclo continuo stagisti a 250 euro (il resto infatti lo mette la Regione).


Crisi. La parola ha origini agricole.
Il verbo κρίνω, infatti, vuol dire separare, scegliere. Si riferisce all’atto di cernita dei chicchi di grano da tutto il superfluo. Nel tempo poi ha acquisito significati che via via si sono allontanati dall’etimo originale. In epoca moderna rappresentava sempre una separazione ma in senso figurato: la crisi era un distacco di un periodo da un altro, non necessariamente per entrare però in una fase negativa. Quest’ultima accezione è molto più recente rispetto alla storia della parola. Prova che ci evolviamo verso il pessimismo.


Ma se crisi vuol dire scelta, perché non mi ricordo di aver scelto per tutto ciò?


E io vorrei alzare la cornetta del telefono, scegliere un nome a caso dalla rubrica dei consulenti e, per il solo piacere di sapere che dall’altra parte c’è qualcuno che ascolta, che raccoglie un messaggio come se fosse una lettera in una bottiglia arenatasi sulla battigia tra un paio di conchiglie e un guscio di granchio, una lettera di cui poi potrà fare ciò che gli pare, improvvisargli un discorso nello stile oratorio di un maestro di retorica entrato nell’immaginario collettivo:


Manco a farlo apposta ho comprato della carne stasera e sull’etichetta vi ho trovato un messaggio subliminale in tema col post dedicato all’atto di andare a prenderlo in un posto molto noto:


 

47 Pensieri su &Idquo;Non è che vai a dare via il curriculum per niente

      • Si, di brutto, soprattutto quando ero in agenzia di pubblicità e quindi facevo il fornitore. Ora che son passata dall’altra parte della barricata e faccio il cliente me la godo parecchio, anche perché so esattamente tempi e modi per cui il fornitore non mi può prendere per il naso. D’altro canto rispetto molto il suo lavoro e non mi metto a fare richieste assurde. Credo sia un buon percorso.

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        • Ho avuto modo di rendermi conto, in mansioni precedenti, che però più le persone sono di livello professionale elevato e spesso più sono arroganti. Mi sono trovato a interagire con persone “umili” che di primo acchitto si ponevano magari in modo diffidente o anche aggressivo (questo quando ho fatto recupero crediti): ma quando dall`altra parte si trovavano con una persona che si poneva in modo cortese, si adeguavano e diventavano molto disponibili.
          Viceversa, più la professionalità è elevata e più cresce quella volontà di mettertelo come indica l`etichetta della carne ungherese.

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  1. Io faccio parte della categoria contratti di apprendistato per 5 anni il cui guadagno mi copre appena le spese sostenute per andare al lavoro. ..
    E ora dopo 14 anni da quando ho cominciato a fare questo lavoro i contratti offrono stipendi ridicoli (intendo cifre che non mi permettono di andarmene da casa, sui 900€ al mese con strardinari non pagati)… bhe la voglia di chiedere quanto mi dai ti assicuro che mi viene (poi non lo faccio a causa dell educazione che ho ricevuto ) ma si, ho rifiutato proposte di lavoro perché troppo distanti (15/20km non sono molti, ma messe insieme le spese dell auto del pranzo fuori in inverno non mi posso portare un panino e pranzare all aperto) alla fine guadagno di più lavorando quanche ora la settimana con i voucher
    Quindi si arrivata a questo punto mi permetto di fare la schizzinosa, mi rifiuto di inviare curriculum tramite mail ma voglio l’incontro di persona, e prima di lasciare il curriculum mi accerto che la figura che cercano sia adatta a me (è inutile che ti lascio il CV se stai cercando una ragazzina appena uscita da scuola) non lascio più Cv a caso

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  2. Soprattutto nell’ambito dell’attuale visione/versione di “crisi”, questo dovrebbe essere l’unico mood (non solo frutto di una buona educazione) : “Io appartengo a una generazione che è cresciuta con la prospettiva che il lavoro sia un privilegio e che chi te lo sta offrendo ti stia facendo un favore”

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  3. “insomma, (omissis) mi sembra di stare sempre dalla parte sbagliata della dimensione”

    Ecco, con l’oppotuno omissis hai descritto uno stato d’animo che alcune volte mi accompagna. Ma pare che sia dovuto proprio a questo, rimpiango una dimensione che non è questa, e come me molti altri.
    (No il TSO non me lo hanno ancora fatto)

    (oggi va così’ ti rubo le frasi del post e le uso nei commento, penso di meno, sono in modalità risparmio)
    “Ma se crisi vuol dire scelta, perché non mi ricordo di aver scelto per tutto ciò?”

    Micio…. non hanno mai specificato da nessuna parte che la scelta sarrebbe stala la tua….

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  4. … E io ti prego e ti scongiuro… Fai quella telefonata e poi fai sentire al mondo il risultato!!!

    Ho lavorato un sacco di anni in quelle che chiamavamo “Crisis Farm”… Partendo dalla crisi ( si parla di disturbi psichici) come momento di cambiamento da accogliere e utilizzare per un miglioramento…

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        • Rientra in quel meccanismo per cui oggi la domanda di lavoro (cioè quella di chi ricerca candidati) si è trasformata in offerta, quindi un favore elargito.

          Ma chi ha un posto da riempire, principio di economia spicciola, sta domandando un lavoro, non lo sta offrendo!

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          • Ma vedi il gioco è più subdolo:
            1) io ho bisogno di un professionista
            2) mi affido ad un recruiter
            3) il recruiter non ha le competenze per una selezione oculata
            4) ma gode della fiducia del cliente
            5) quindi crea un protocollo di comportamento che lo mette al centro dell’attenzione e mette il professionista in posizione di sudditanza
            6) che quindi si trova a doversi far scegliere
            7) ricalcando il rituale del corteggiamento
            8) e spesso vince che sa prendere meglio per i fondelli il recruiter….

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            • Posso confermare in pieno soprattutto sul punto 8: quando mi è andata bene era perché ero perfettamente calato nel ruolo scientificamente detto di paraculo. Che è difficile da sostenere, il rischio è esser troppo umile fino a scadere nel lecchinaggio (scartato) sia scadere nel verso opposto nella presa in giro palese (scartato). Il paraculo invece è un abile acrobata che volteggia tra un umile ossequio e una sana ambizione; come una danza, lui non indugia con le suole sul terreno della sottomissione nè salta per aria verso vaneggiamenti sbruffoni. Sulle punte, lui si muove con la delicatezza verso la presa per il culo.

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              • alla voce paracula c’è pure narcisista che è uno dei sociopatici peggiori e considerati una vera e propria piaga…. ma i recruiter sono destinati a farsi conquiestare da loro… affascinante vero?

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                • Ho avuto a che fare con parecchi sociopatici, che a sentirli parlare sembravano dei geni incompresi esperti in 1000 campi, dei cervelli che ti chiedevi come mai non stanno al CERN e invece sono qui per un posto da aiuto-esterno-assistente-svuotamento cestini part time?

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                  • no questi sono sfigati 🙂 i narcisisti sono una brutta bestia.
                    Sono i maestri nell’essere esattamente quello che tu ti aspetti che siano, il principe azzurro-inconsapevole-di-essere-tale che con umiltà ti dice di essere un uomo normale, che sì gli è capitato di salvare il mondo un paio di volte ma è stata solo fortuna…

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