Vorrei scriverti per chiederti se sto bene.
Qui, nella mia enorme stanza che vorrei riempire di immaginazione. Ho poche cose con me nonostante io non sia qui in vacanza. Parto dal principio che il mondo deve comodamente – o al limite un po’ compresso sedendocisi sopra – entrare in una valigia. Quella che mi regalasti tu e che ringrazio sempre per la robustezza e praticità e per le esperienze che ha visto con me.
Comincio a vedere questa stanza troppo grande per me.
Il fatto che ci sia il parquet, il soffitto alto e una lunghezza adeguata mi spinge a desiderare di montare un canestro da basket su una parete e fare qualche tiro libero.
Ma non so se la padrona di casa sarebbe d’accordo e più che libero sarebbe un tiro mancino farle una cosa simile. Non ho ancora poi capito se ci sia qualcuno che abita nell’appartamento di fianco. In ogni caso non credo lo sentirei o lui sentirebbe me, il muro sembra spesso. E volentieri.
A volte non mi sento neanche io ma solo perché mi sono chiuso fuori di me.
Di solito quindi mi sveglio alle 6:30 e faccio addominali e piegamenti, sport che non sporca e non distrugge l’arredamento.
Sono dimagrito e diventato più asciutto. Al prossimo Comicon che ne diresti se io facessi un cosplay di Fassino?
Probabilmente entrerò di nuovo in quella maglia stile Halloween che mi regalasti. Ma prima di entrarci dovrei forse bussare e chiedere il permesso ai ricordi?
Non sono stato un buono esempio lo sappiamo, è inutile che io mi racconti bugie anche se poi mi credo sempre.
Eppure non posso fare a meno di pensarci che a volte avrei dovuto dire qualche volta in più scusami e per avermi conosciuto e per ciò che non ho dato. O forse sarebbe bastato anche parlar di meno ma meglio senza agitarsi a voler dire chissà cosa.
Ho visto una coppia l’altro giorno. Lui si sbracciava indicando cose. Ecco, in un Capitan Ovvio mi ci son visto io.

“E quelle, mia cara, sono case in collina”