Con il capolinea ho un rapporto difficile.
A cominciare dalla declinazione al plurale della parola: come si dice?
Il plurale delle parole composte italiane è sempre fonte di grattacapi eppure la grammatica dovrebbe essere uno dei capisaldi del sapere di ogni buon cittadino, a mio avviso. Lo so, quelli come me sono sempre dei guastafeste, pronti a correggere il minimo errore altrui. Ma io lo considero solo come uno dei miei passatempi, come recitare degli scioglilingua o sistemare i portapenne. Non dirò altro perché non voglio che facciate i ficcanasi (o le ficcanaso) sulle mie abitudini. Dicevo che volevo parlare di capolinea e, perché no, anche di capistazione.
GRAMMAR-GAME
Adesso provate a ricavare le varie regole grammaticali per la formazione del plurale dalle parole scritte in corsivo.
La prima volta che presi un autobus, da solo, anni e anni fa, sbagliai direzione perché non lessi bene la tabella. Accortomi di aver sbagliato autobus, pensai Fa niente, arriverò al capolinea e prenderò quello giusto. La cosa più logica sarebbe stata invece scendere appena resomi conto dell’errore e aspettare alla fermata sul lato opposto, ma il mezzo si era allontanato sempre di più dal centro città attraversando terre desolate, disabitate e anche un po’ zozze, quindi non me la sentii di scendere.
L’episodio si verificò altre due volte, su altrettante linee diverse. In entrambi i casi raggiunsi il termine della corsa in zone brulle e anche brutte e la cosa mi spinse a odiare i capolinea.
L’ultimo episodio mi si è verificato di recente: allo stazionamento degli autobus (cui stavolta ero arrivato intenzionalmente) al gabbiotto informazioni chiediamo quale fosse e quando partisse il mezzo per la nostra destinazione. L’omino ci scruta e poi esclama, con tono accusatorio, “Voi dove eravate?”. Ho pensato che stesse per dirci “So cosa avete fatto la scorsa estate”, ma invece ha aggiunto
“È partito proprio adesso alle vostre spalle, e stranamente una volta tanto era puntuale”
“E quando parte il prossimo?” chiedo, con candida ingenuità
“Eh non si sa. Vi conviene prendere il treno”.
Nella vita i capolinea sono come il mio primo viaggio in autobus. Innanzitutto è imprevisto e poi te ne accorgi del suo approssimarsi dal cambiamento del contesto intorno a te, che diventa sempre più arido e meno accogliente.
Le relazioni, ad esempio, terminano in questo modo. Almeno per quel che ho vissuto: prima del capolinea c’è un percorso desolante (più o meno lungo, dipende dalla resistenza dei singoli allo scoglionamento) che si fa sempre più accidentato e frustrante. Rimanete solo tu e un tizio ubriaco sul sedile in fondo che puzza come gli avanzi di un ristorante cinese.
Non è vero, basta con le battute scorrette sui ristoranti cinesi.
Nei ristoranti cinesi non buttano via nulla e quello che avanza dai piatti lo ricompongono per formare altri piatti.
La morale è: sali sugli autobus giusti e, se proprio sbagli, scendi prima del capolinea.
Comunque ho notato che capolinea si può declinare al plurale anche come capilinea.
Questo è uno di quei Gintoki d’annata che puoi dire che questo è un Gintoki d’annata!
Anche qui il funzionamento del plurale è di quelli particolari!
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Il plurale lo declini su Gintoki o su d’annata?
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Vorrei su d’annata ma è dannatamente semplice farlo su d’annata…
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Vedo che non ti fai comunque atterrire dal declinamento! Bravo!
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Grazie!
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Ma guarda. Sto aspettando ora una corriera inaspettatamente. Ma non ci voglio arrivate al capolinea. Mi basta la stazione dei treni
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Occhio allora ai capistazione!
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🙂
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Magari sbaglio, ma odio chi mi chiede i copriletti.
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Non sbagli, non sbagli: fai bene a odiarli! Io non sopporto che mi parlino di terrecotte!
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Posso smentire la bruttezza dei capolinea?
Ho vissuto per tanti anni vicino al capolinea dal bus: oltre al fatto che era un quartiere carino (dove vivo ancora) davanti al capolinea ci sono aree verdi e una scuola, nulla di brutto. In più era figo scendere la bus quando non c’era più nessuno che ti rompeva e ostacolava il passaggio… sono sempre stata contenta di vivere al capolinea 😊😊
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Indubbiamente, beh, si tratta di un’isola felice. Però forse non vivevi in una grande città: quelli che ho visto io erano fuori dal centro città e quindi in zone poco curate…
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No no infatti vivo a Perugia che non può considerarsi una grande città…
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Eh beh allora ti piace vincere facile :P…ci sono stato a Perugia, per anni da adolescente ho trascorso le vacanze in Umbria (Spello). Lì è comprensibile che la vita abbia dimensioni più umane 🙂
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😛😛😛
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“la situazione è grammatica” (non è mia, purtroppo)
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Ma sono convinto che in un’altra vita o dimensione parallela potesse essere tua
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Bellissimoooooo!!! Mi hai fatto capottare dalle risate! (e però è vero, uno dei misteri della vita urbana: ma perché il capolinea è sempre in luoghi inquietanti?)
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Perché purtroppo quando si tratta di linee che attraversano l’intera città e si dirigono al centro, uno degli estremi è in periferia e, spesso, le periferie sono abbandonate a sé stesse
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Io ho scoperto una cosa peggiore dei capolinea… i depositi. Una volta mi sono addormentata in un vagone vuoto del treno e mi sono svegliata nel momento in cui il treno dopo essere giunto al capolinea era ripartito verso…il deposito!!! terribile
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Un’esperienza surreale e inquietante, direi!
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Sono sempre scesa prima che si arrivasse al capolinea.
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È la cosa migliore, ci si evita troppe seccature!
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Ecco, basta con le battute scorrette sui ristoranti cinesi. Non buttano via nulla. E riutilizzano anche le bacchette usate. Per l’ecosostenibilità del pianeta. Punto.
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Non buttano via manco i cinesi morti…:P
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