In settimana ho saputo che è venuta a mancare una prozia. Senza essere irrispettoso, confesso che non avevo idea di chi fosse. La conoscevo da bambino, ma non riesco più ad averne memoria.
Abitava insieme ad altre prozie in una zona della città chiamata in modo colloquiale “giù al ponte”, perché per arrivarci si supera un rialzo stradale. La fantasia popolare rispecchia la gente di un tempo: è pragmatica ed essenziale.
Da piccolo quella zona era per me un luogo comune. Sia perché ero spesso costretto a seguire Madre e Nonna nelle visite familiari, sia perché una volta lì era tutta campagna. Poi è arrivata l’urbanizzazione, che ha inglobato le terre coltivate.
La casa era un classico agglomerato di edifici a corte, con l’ingresso ad arco. Il cortile interno era pavimentato a chiazze: qui una pezza di asfalto nero, là del brecciolino.
Tra le prozie qualcuna ancora si dedicava ai campi. Ne ricordo una che mi regalava a volte un sacchetto di mais per farci i pop corn. Io di lei avevo un po’ paura perché aveva un dente ogni morte di papa e i baffi. Anche le altre prozie avevano i baffi, ma i suoi erano più evidenti.
Avevano tutte l’abitudine di salutarmi sbaciucchiandomi sulla guancia, lasciandomi la pelle sbavata. Odiavo i baci sulla guancia e tentavo di tirarmi indietro, guadagnandomi la fama di bimbo timiduccio. I baci sulla guancia andrebbero considerati molesti se non sono tra adulti consenzienti.
Un’altra prozia era la mia preferita. Sembrava un po’ svampita e io con le svampite sono sempre andato d’accordo. Ogni volta che andavamo a farle visita mi offriva sempre i biscotti, li teneva in un vaso di vetro in un mobiletto in basso e questo mi ha sempre incuriosito, perché i biscotti sono sempre stato abituato a vederli posizionati in alto. Ma chi ha deciso dove vadano collocati i biscotti?
C’era poi un appartamento vuoto, che apparteneva a una prozia che era emigrata in america anta anni or sono, ma non aveva mai voluto liberarsi di quella casa preferendo tenerla vuota, perché non si sa mai. Ogni volta che ritornava dagli States mi regalava sempre qualche dollaro, che a me sembravano un capitale e in effetti all’epoca valevano un bel po’ per un bambino, credo un dollaro per 1700 lire anche se le banche ti trattenevano sempre qualcosa.
Anche lei è venuta a mancare, qualche mese fa, negli Stati Uniti. Ha voluto che le esequie si svolgessero qui e che fosse seppellita nel cimitero comunale.
Alla fine a casa ci è tornata.
Le prozie sono sempre delle figure particolari: affascinanti e misteriose o tremende e spaventose. Poi, quando vengono meno, ci si rende conto della fine di un’epoca.
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Sì, è vero. Io rimpiango di non aver chiesto di più riguardo la loro vita. Possiamo dire che hanno vissuto nei libri di storia.
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A volte mi chiedo se un giorno anche noi saremo libri di storia
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Certo che lo saremo. Magari non nei titoli o nei nomi in grassetto, ma in una parola sicuramente.
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Sono persone che hanno attraversato periodi diversi dai nostri, quindi andandosene portano via con sé anche pezzetti di quelle epoche
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La terra è terra, non c’è America che tenga.
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Dalle mie parti dìsi dice “Aru Vasciu” per indicare una zona sotto ponte dove ci stavano delle case… o comunque quella parte di terreno che aveva un dislivello rispetto alla valle o alla pianura…
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vedi? pragmatismo popolare
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