Cos’è che rende un essere umano una “persona”?
Se aprissi un libro di diritto o dei trattati di filosofia avrei definizioni soddisfacenti.
Ma cos’è per me una persona?
A mio avviso è la somma di singole identità.
Perché parlo di singole identità? Perché credo nella natura molteplice del nostro Io. C’è un me stesso figlio nell’ambiente familiare, il me stesso amante in un contesto sentimentale, il me stesso professionale in un contesto lavorativo e così via. Tutte queste identità non devono escludersi o essere in contrasto (in caso contrario la mia vita avrebbe dei problemi nel conciliarle. Oppure sarei uno schizofrenico con vite multiple).
Tutte queste identità si riuniscono sotto un nome. Il mio nome definisce la mia persona.
Il nome è un concetto tanto importante che la nostra Costituzione, all’articolo 22, ne sancisce l’inviolabilità:
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
Senza un nome, non esiste una persona capace di godere dei diritti civili.
Per questo quando raccontano di cento, duecento, trecento, quattrocento, cinquecento, seicento, settecento vittime e così via (per convenzione giornalistica poi si adotta una cifra che diventa standard nella comunicazione della notizia), mi chiedo sempre: e i loro nomi? Qualcuno li ritroverà? Qualcuno li comunicherà? Qualcuno li piangerà?
Ieri, oggi e per i prossimi giorni (finché una spolverata di oblio non ripulirà le coscienze) si è parlato, si parla e si parlerà soltanto di identità. A volte alcune son crudeli, inesatte, odiose, sprezzanti, costruite non so su quali basi o dati.
Il migrante.
Il clandestino.
Il disperato.
Il fuggiasco.
Il sopravvissuto.
Il parassita.
Il delinquente.
Il terrorista.
Queste sono identità che la gente crea e attacca come le taglie sui capi di abbigliamento. Identità senza un nome.
Senza un nome, la gente non riconosce la persona. Se non esiste la persona, non esiste umanità.
Di umanità si fa fatica a trovarne. Tra chi parla molto, tra chi parla male, tra chi parla senza cognizione di causa, tra chi semplicemente odia. L’hobby oggi molto diffuso tra chi ritiene che l’opinione sia un bene di cui rendere partecipe il mondo è quello dell’hater.
Bellissimo il video di Makkox.
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Potrei anche leggerla che se non sappiamo chi muore, non muore nessuno. A essere particolarmente stronzi.
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Esatto. È una forma di spersonalizzazione e di annullamento, come dire se non c’è vittima non c’è reato.
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Post e titolo bellissimi.
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di commenti non ne faccio, tutto sarebbe superfluo….
(il video è da brividi)
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😕
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L’umanità è tutta dentro quei due minuti di video bellissimo nella sua profonda amarezza.
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Bel post e ottimo ragionamento.
Si sono viste (e sono note) tante, troppe, privazioni del nome. E, di conseguenza, privazioni dell’essere umano.
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Ciao! Ti ho nominato per il Liebster Award 4.0!
https://crazyinkdrops.wordpress.com/2015/04/21/liebster-award-4-0/
😉
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PS. gran bel post
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denghiu!
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Mi strapiace. E mi piace anche il link diretto alla grande opera di Makkox, anche se dire grande è riduttivo, ma lo è anche per il tuo post.
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si è costituito un gruppo che è simile a quello delle madri di plaza de mayo, cercando di dare nomi, cognomi, volti a queste anime ingoiate dal mediterraneo… grazie per questo post.
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Grazie a te per questa informazione 🙂
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