Stamattina sarei volentieri sceso in strada a tirare due calci a un pallone.
Ci sono giorni in cui una persona si sveglia con un desiderio infantile. Il mio era questo. La giornata era calda per essere dicembre e il cielo sereno si presentava di un azzurro cui non sapevo dare un nome. A casa ho provato a cercare su wikipedia le diverse gradazioni di blu e ho scoperto che l’azzurro di stamattina dovrebbe definirsi blu dodger, chiamato così perché richiama il colore della maglia della squadra di baseball. Mi sono rammaricato di averlo cercato perché mi sembra abbia tolto un po’ di poesia.
Invece di tirar calci sono andato all’ufficio postale. Ho preso il numero: 96. Sul tabellone era segnato il 66. Esco. Passeggio, faccio un giro direi a spanne di 3,5 km ritornando poi all’ufficio postale. Il tabellone segnava 69.
Ho cominciato a pensare a quanti chilometri avrei dovuto fare prima di poter tornare alla posta e trovare poche persone davanti a me. Lasciando perdere i calcoli, sono uscito e ho dato il numero a un signore che stava entrando.
Almeno ho goduto di una passeggiata.
Ho incrociato un paio di volte quelli della municipale, che si aggirano tronfi e impettiti come sceriffi. Ho visto gli ausiliari che si aggirano anch’essi per le strade tronfi e impettiti come sceriffi, ma col passo meno ingessato: i loro pantaloni son più cascanti e non stringono il cavallo.
Ho visto passare una ragazza che ha lasciato una scia di buon profumo. Non mi piacciono però le scie di profumo. Amo i profumi femminili purché la fragranza non vada oltre i 20 centimetri dal corpo della persona che l’ha messa.
Poco dopo dei ragazzi mi sorpassano. Raccolgo poche parole dai discorsi, sento soltanto che “…poi dice che uno le violenta. Si vestono a capodanno per fare le puttanelle”.
Ho riflettuto su quanto e quante volte i discorsi delle persone (nelle maggior parte persone di sesso maschile) finiscano sempre sullo stesso punto. Mentre passavo di fronte al fioraio, che espone delle povere piante grasse spruzzate di colore argentato o bronzeo, mi è venuta in mente il ministro Boschi.
Mi son ricordato di quando all’epoca su internet provai a cercare “ministro Boschi” per capire chi fosse questa di cui tutti parlavano e cosa facesse: i suggerimenti di google erano culo, bikini, cellulite. I primi risultati erano più o meno inerenti questi argomenti. Ricordo infatti i commenti all’epoca dell’insediamento del Governo Renzi. Commenti che, ovviamente, più che sulle questioni politiche si soffermavano su un altro aspetto della neoproclamata ministro.
Perché, che strano, pare che il ministro abbia un culo! Che scandalo, signori. Come, dove, quando? L’avrà pagato con soldi pubblici? È un altro dei privilegi della casta? No, pare che lei cerchi un fidanzato, svergognata: altro che casta.
Quindi se io, ponendo, avessi scarsa stima della suddetta persona, non dovrebbe essere per motivazioni amministrativo-politiche, ma perché la suddetta persona si bea di un culo. Questo è quanto ho appreso dall’opinione pubblica o parte di essa.
E mentre mi dirigevo di nuovo all’ufficio postale, speranzoso in uno smaltimento della folla, incrocio una ragazza che distribuiva volantini con un’offerta del gestore telefonico 3. Ricordandosi di avermene dato uno in precedenza, non prova a darmene un altro. Avrei voluto chiederle: scusami, tu pensi che sia significativo o meno un culo o il fatto che probabilmente questo che stai facendo è un lavoro che ti verrà pagato in nero e nessuno dirà niente compresi gli sceriffi?
Però l’avevo già superata da un pezzo e questo mi ha dato modo di fare un’altra riflessione: è comodo abitare in una città dove puoi spostarti a piedi e puoi, pur magari mettendoci mezz’ora, raggiungere tutto. Credo andrei in crisi in una città più grande dove non posso avere tutto a portata di piedi. Non che io sia così innamorato del posto dove vivo tanto da amare camminarci, anzi, a me delle volte viene proprio l’angoscia e il male di vivere, ma non per l’incartocciarsi di una foglia ma per la serranda arrugginita di un negozio chiuso per fallimento.
Però se mi dovessi trasferire, cosa che stavo pensando avrei intenzione di fare il prossimo anno, preferirei un altro posto dove poter girare a piedi per raggiungere ciò che mi serve. Cosa che non so se mi sarà possibile (andare in una città pedonabile, intendo).
Forse anche questa è una questione di culo.
Io sono andato via da una grande città per andare in una dove, tra una serranda arrugginito ed un cartello vendesi o affittasi posso vedere tutto a piedi.
Anche io l’altro giorno sono stato alla posta, un signore è rimasto chiuso tra le doppie porte automatiche e l’impiegato ha detto che era colpa sua perché non potevano piú entrare le persone e la porta aveva funzionato male e quello intrappolato istintivamente aveva cercato di aprire le porte. Ho avuto paura di non poter uscire perché avrebbero chiuso tutte le porte e avremmo dovuto aspettare i pompieri. E faceva caldo. E avevo fame.
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Ergo, prima di entrare in un ufficio postale rifornirsi di scorte alimentari!
Sai che ieri entrando anche io ho pensato la stessa cosa riguardo le porte automatiche: e se rimanessi chiuso in mezzo? Il campanello d’allarme era finto, cioè c’era questo scatolotto rosso tutto ricoperto di scotch, inservibile
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tre numeri in tre chilometri e mezzo. che culo, anche tu. 😀
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Davanti a me capitano sempre tutte operazioni lunghissime, non semplici pagamenti, ormai ci son abituato
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Il problema vero nasce quando, una volta assunto il poter raggiungere tutto a piedi, ti rendi conto che non batte nemmeno il “granché”. Gente che ha preso l’agorafobia per molto meno.
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Nelle città grandi puoi raggiungere tutto quello che ti serve a piedi nel tuo quartiere; e poi ti puoi spostare per variare anche un pò.
Sarà che sono cresciuta in un paese di quattro anime, ma preferisco le città immense. Tipo Los Angeles.
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Questo è vero, il quartiere è come se fosse una città quindi vale lo stesso principio.
Ma a me dà uno strano senso di dispersione e ansia pensare che oltre il confine di quella “città” se ne estenda un’altra più grande.
Non che non mi piacciano le grandi città, ma le ho apprezzate da un punto di vista turistico: mi piace ad esempio viaggiare molto in metropolitana, pensare di scendere sottoterra da un punto e trovarmi esattamente dove voglio essere pochi minuti dopo. Mi piace che ci siano, come sottolinei tu, cose diverse da poter raggiungere nella stessa città.
Ma per vivere, sento di aver bisogno di qualcosa a dimensione più umana
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A me quel senso di dispersione piace moltissimo invece. Probabilmente non sono umana. Ma allora te sei umano? Non eri un gatto?? XD
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Un gatto che non ama disperdersi perché poi mi allontano dietro le gatte e non ritrovo la strada!
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Io (soprav)vivo a Roma. Tessuto urbano paragonabile al patchwork, solo che quest’ultimo è molto più lineare. Se alla posta prendo il 96 vuol dire che il display segna magari 81 (ma hanno scaricato già un paio di altre centinaia). Alla posta – e non sto scherzando – ci vado al sabato alle 7,30. Mi piazzo davanti al portone assieme ad atri tre quattro coraggiosi e attendo un ‘ora l’apertura. ma trattasi di una sola ora, calcolata, e poi, almeno, ho la mattina libera. L’alternativa è prenderci la residenza, in posta. A Roma. Ambisco posticini come Lucca o Viterbo. Dove giri a piedi tutto, e dove – quando racconti che tra andata e ritorno dall’ufficio puoi stare 4 (quattro) ore in macchina ti guardano come se arrivassi da Marte. E invece vieni da Roma. E non vorresti più tornarci. Li tiravo da piccolo due calci al pallone, a Roma. Quarantanni fa. Quando bevevo anche la spuma al vini e olii. Ora ci vendono le sigarette elettroniche.
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Anche a me piacciono città delle dimensioni e la struttura tipo Lucca. Lucca per fare un esempio, ce ne sono tante altre in Italia, comunque è quella la dimensione che ho in mente o anche più grande ma comunque pedonabile
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Pe(r)donabile anche.. 😉
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il mio commento e che non ho voglia di commentare (lo so…)
Questo post me lo gusto così da sola
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Concordo sulla voglia di scendere a prendere a calci un pallone. A volte assale anche me…
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Il lessico degli urbanisti!
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Rieccomi! La mia preferita dei Kasabian è questa:
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Sono già esaurita vivendo in una piccola città… Poi, come ogni cosa, è questione di abitudine. L’unica cosa che proprio non riuscirei a tollerare invece è un clima troppo freddo!
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È vero, conta l’abitudine. Se si è vissuto in un certo modo, poi uno stile diverso può sembrare che poco ci si confà
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Io vivo in una città non tanto grande e fortunatamente riesco a muovermi per lo più a piedi o con i mezzi pubblici per raggiungere tutto ciò di cui ho bisogno.
Non amo guidare e la possibilità di fare per lo più le cose a piedi mi piace proprio!
Ho amici, colleghi, parenti, che per fare 200 metri prendono la macchina…eddai!!
E poi si lamentano pure che i posti auto in città sono praticamente tutti a pagamento, che spendono un patrimonio….Vabbè, non siamo tutti uguali!!!!
No comment per le poste! Con tutta la solidarietà che nutro per qualsiasi lavoratore che svolge incarichi per le persone (commessi, impiegati statali, autisti dei bus…), gli impiegati delle poste sono una categoria che difficilmente mi suscita empatia.
Per non parlare del fatto che ho una questione in sospeso con le poste e le poste stesse non riescono a risolvere tale problema…non ho parole!!!!!
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