Cà nisciuno è fisso

Vorrei linkare questo post che ho trovato per caso girovagando in rete:
Perchè la nostra generazione è infelice

Il post traduce un articolo comparso su un blog USA che analizza la cosiddetta Generazione Y (detta anche GYPSY, cioè Gen Y protagonists & special Yuppies)e spiega perché è eternamente insoddisfatta e aneli sempre a qualcosa di più grande e non ben definito.

Premetto che non farò una sintesi dell’articolo, perché credo vada letto tutto. Pertanto, le mie riflessioni che seguono qui presumono la lettura preliminare.

Ho trovato l’articolo molto interessante e condivisibile. Insomma, ho esempi davanti agli occhi tutti i giorni e anche se non volessi riferirmi ai miei coetanei, mi basta guardare me stesso allo specchio. Sono insoddisfatto e pure gatto. Pertanto, sono narcisista e megalomane e ho sempre l’ambizione di volere qualcosa, o di essere destinato a fare o avere qualcosa.

Ma mettendo un attimo da parte questo narcisismo interiore, io credo che chi ci ha preceduto non abbia il sedere tanto pulito, scusate.

Prendiamo come esempio il mondo del lavoro. Attenzione, sono generalizzazioni, entrando nello specifico ci sarà sempre il caso particolare che è diverso, però io voglio fare una considerazione.

La generazione precedente – ripeto, con le dovute eccezioni particolari – è cresciuta con il posto fisso.

Oggi questa generazione mi dice che io non debbo pensare al posto fisso, perché i tempi son cambiati, perché l’economia è cambiata, perché il mercato è in crisi.
Siamo d’accordo che i tempi siano cambiati, ma permettete che, comunque, mi roda il deretano?

Anche perché sarebbe bello analizzare i motivi di questo cambiamento dei tempi. Siamo sicuri che non sia anche colpa di chi ci ha preceduto? Oggi un’azienda deve farsi 100 conti prima di assumere qualcuno in pianta stabile e, in certi casi, non posso dar loro tutti i torti. È un investimento non da poco tenersi qualcuno 30 e più anni sul groppone.

Voglio condividere un aneddoto.
Un giorno, nella precedente azienda in cui lavoravo, stavamo facendo una specie di corso di formazione psicologica di gruppo. Dovevamo fare un esercizio in cui scrivevamo su un post it anonimo cosa auspicassimo dall’azienda per il futuro. Qualcuno scrisse “più stabilizzazioni“. Proprio in quel momento entrò il capo, non il capo assoluto perché quello è Transalpino (dannati franshesi!), ma il capo della sede di qui. In ogni caso, quando fece il suo ingresso mi sembrò di sentire in testa la Marcia Imperiale

Il capo chiese spiegazioni su cosa intendessimo col chiedere una cosa simile. E poi disse:
“Io dico ben vengano i DET (determinati), perché lavorano di più. Se io chiedessi a Pinca Pallina (un’indeterminata) di spostarsi su un’altra mansione, direbbe Noo, Chi, io?
Allora ben vengano invece i DET. Ringraziate i vostri colleghi”

Fu un gran bastardo. Ma aveva tutti i torti? Insomma, io vedevo i colleghi IND com’erano: molto rilassati, ogni ora la sigarettina, qualcuna andava a farsi la spesa pure…mentre i DET sgobbavano come muli, perché la sedia bruciava loro sotto al sedere, sperando di mettersi in buona luce per avere un altro contratto.
L’IND si difenderà, dirà Io ai miei tempi ho già sgobbato come un mulo, ora tocca agli altri. È un ragionamento giusto? Non lo so. Fatto sta che, in tempi di crisi economica in cui le entrate calano, un’azienda dirà: ben vengano i DET, perché lavorano di più.

E allora torniamo a quello che dicevo sopra: permettete che mi roda il deretano?

Per la serie: dal sognare il posto fisso a sognare il Fissan in quel posto per trovar sollievo.

Sulle aspettative: io attualmente lavoro 40 ore a settimana per poche centinaia di euro, faccio un lavoro ripetitivo tutti i giorni, la prospettiva, quando mi scadrà il contratto e se decideranno di riconfermarmi, è di vivere per un bel po’ in massima precarietà con contratti a progetto reiterati con artifici legali. È lecito che io voglia aspettarmi di più?

Sì, ma per avere di più bisogna fare sacrifici. Siamo d’accordo. Ma questi sacrifici portano realmente a qualcosa? E, soprattutto, chi dall’alto mi viene a dire che bisogna “sporcarsi le mani” (quanto odio questa frase, io me le sporcherei del sangue di chi me la dice), che sacrifici ha fatto (qualcuno ha detto Fornero?)?

E come me siamo tantissimi altri in queste condizioni. Riconosco di vivere in una generazione di viziati e arroganti, con lo smartphone e la Playstation e l’eterna noia esistenziale che se ne sta come un gufo appollaiato sulla spalla. Ma analizziamo anche le cause che hanno portato a ciò. Ci hanno fatto credere magari di poter diventare Qualcuno con la Q, siamo d’accordo che siamo troppi per essere tutti Qualcuno a livello mondiale o nazionale, ma almeno posso sognare di essere il Qualcuno della strada in cui vivo? O per essere felici non bisogna più coltivare aspettative?

Non lo so.

(a proposito di Gypsy, come non mettere questa canzone? O questa o i Gypsy Kings)

20 Pensieri su &Idquo;Cà nisciuno è fisso

  1. Mentre leggevo l’articolo originale pensavo proprio quello che hai scritto tu. La nostra è indubbiamente una generazione priva di spessore che si aspetta tutto senza fare nulla, ma:1) qualcuno ci deve pur aver educato 2) dalla seconda guerra mondiale, con il boom economico, il genere umano industrializzato, ha pensato di essere invincibile e inarrestabile. Si sono commessi molti errori in tutti i campi e noi GYPSY ne paghiamo le conseguenze.
    Saremo pure dei sognatori all’ennesima potenza, ai quali sin da piccoli hanno insegnato a sognare, ma si son scordati di dirci che ormai non è più possibile farlo.

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  2. Partiamo dal principio: il titolo del post è geniale.
    Una volta ci si lamentava perché qualcuno lavorava meno di noi ma a fine mese lo stipendio arrivava a tutti.
    Ma ora? Dovrebbe essere (ma mai sarà) così:
    Sei nella media? Continua a fare ciò che fai.
    Sei superiore alla media? Hai diritto a promozioni e a migliorare il tuo status.
    Sei inferiore alla media? Torna a casa e lascia il posto a chi vuole lavorare, pure se hai 50 anni e lavori da 30!

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  3. 3/4 delle colpe della generazione precedente sono riassumibili in quella frase che tanto si sente ripetere: “Non fare come me (perché lavorare è uno sbaglio che il figlio non deve commettere a loro volta), studia (perché anche se è zappa, deve essere – come si direbbe da me – “sior dotor”, poco importa se questo potrebbe frustrarlo più di spaccare pietre), diventa *presidente, attore, designer o qualsiasi altra professione nell’immaginario collettivo equivalga a poltrire e veder piovere denaro dal cielo*.” Si è disimparata l’umiltà, forse, la capacità di ammettere i propri limiti. Vanno bene le ambizioni, vanno bene le pretese e i sogni, ma poi bisogna anche avere i piedi per terra, no?

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    • Più che altro credo ci sia stato un travisamento del concetto di sacrificio.

      Si è pensato, ad esempio, che il sacrificio potesse essere sostituito dagli anni di studio. Ho studiato, quindi ora datemi ciò che mi spetta perché ho faticato.

      Invece là fuori non è così e lo studio, probabilmente, non ha una rilevanza professionale.

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  4. Quel che affermi è vero in parte. La mia generazione è cresciuta col posto fisso e nulla ha fatto perchè questa società potesse essere cambiata in meglio. Anzi ha supportato il criminoso regime politico che, al fine, è il concreto responsabile di questo sfascio totale e della totale precarietà dei lavori.
    Ciò , peró, non costituisce alibi per la nuova di generazione. Che in quanto a solidarietà e etica non è certo da meno anzi, per molti versi anche peggio: scaltra, scafata, determinata, spietata.
    Non è nelle generazioni che devi guardare ma nell’uomo, in questa bestia egoista che non capirà mai che è nel “tutto” la forza, e nel “tutto” la rivoluzione.

    Ti auguro ogni bene e ti chiedo scusa se, nel mio piccolo, sono stato incapace di fare meglio.

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    • Hai detto delle belle e giuste parole.

      È vero che non si debbano cercare scusanti, ognuno dovrebbe cercare la trave nel proprio occhio e la mia generazione credo abbia un robusto palo di abete con cui fare i conti.

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    • C’è anche quella di Simone Camilli, che poi ha avuto la “sfortuna” di morire quando è morto Robin Williams e così nessuno o quasi se ne è accorto: è a persone come Simone che vorrei ispirarmi; Sei pazzo?! Quello stava sotto le bombe e ci è rimasto!
      Ecco, ma ci stava per scelta, perché era ciò che voleva. Poteva combinare qualcosa di buono pure standosene a casa propria, magari, ma non era ciò che desiderava.

      È chiaro che non possono tutti essere speciali, o eroi o geni o che altro (tra l’altro – piccola parentesi – oggi gli appellativi di eroi, geni, artisti si distribuiscono con eccessiva facilità), però si può ambire a fare una scelta, a non accontentarsi. Che non vuol dire volere l’unicorno in giardino. A me basterebbe una nidiata di gatti, per esempio. 🙂

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  5. Sono stata Indet. Per 20 anni e i det. mi davano addosso perchè non timbravo cartellino e facevo orari diversi dai loro. Poi sono diventata dei loro e i det. mi dicono (alla categoria, intendo) che fumo troppe sigarette. Ma se smettessimo di fare sta lotta tra poveri che fa gioco ai grandi Capi. Supportarci per avere gli stessi diritti e doveri? Magari si scopre che tutti possiamo stare meglio

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    • La cosa della lotta tra poveri mi fa venire in mente ciò che è successo questa estate. C’era il TFA, poi i PAS, poi quelli della III fascia, i precari…insomma, non ci ho capito molto, ho solo assistito allo stress di tante persone che conosco per quella che sembrava una mattanza più che un concorso.

      E una mia amica mi parlava appunto di questa lotta tra straccioni, perché ogni categoria non vedeva di buon occhio l’altra e perché è alla fine un uno contro tutti.

      È il sistema che ha portato a tutto ciò, ma poi che si deve fare?

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  6. Cazzo! Devo pagarti i diritti perché mi hai dato un’idea in più su un progetto che ho in mente!!!!! Ora, se provi a farmi causa, vedi che il blog è open source ragion per cui ti rubo l’idea per concorrere ad un progetto a tempo determinato. Ok????
    Ah, cmq la causa sull’Open source la vinco io, che sono avvocato di sta cippa!!!!! 😁
    Cmq dai. È un discorso che fecvi una volta con una signora. Dobbiamo adattarsi al mercato di oggi, pur essendo che la colpa è in maggior parte riservata alla generazione passata. Il fatto è che noi giovani attuali siamo culturalmente più elevati della generazione passata! Pensa ad un laureato in economia che potrebbe essere assunto presso l’agenzia delle entrate e ad uno già assunto da anni con un fottutissimi diploma vecchio stile. È una competitività tremenda. Ecco perché siamo viziati, perché siamo una generazione culturalmente più elevata della precedente.

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    • Mh, son curioso: che idea? 😀

      Sull’essere culturalmente elevati, ci andrei più cauti. Nel senso, cosa si intende per “culturalmente elevati”?
      Se è la cultura nozionistica scolastico-universitaria, quella per me è poco utile. Credo che il sistema dell’istruzione italiano abbia presentato molte pecche, senza contare parecchia fuffa che è stata prodotta spacciandola per produzione di cultura di qualità.

      Per dirne una, ormai mi giro e vedo master in qualunque cosa, tra un po’ vedrò anche un master in Onanismo ludico atto alla visione di materiale pornografico di youporn.

      Inoltre non è che siamo una generazione così istruita: abbiamo percentuali di laureati basse rispetto al resto d’Europa e i numeri stanno scendendo ancora. Effetto della crisi e di un mercato del lavoro dove adesso vale più un diploma.

      Poi magari tra 10-20 anni scopriremo di nuovo che era tutto uno sbaglio e che conveniva studiare, non lo so.

      Dall’altra parte, però, è anche vero che questo Paese sembra non dare spazio alla cultura. Che tu sappia mettere o meno la penna su un foglio, sembra sia relativo. Io ad esempio sono viziato in tal senso. Non riesco ad accettare di dovermi confrontare con chi non riesce a mettere insieme due righe di italiano corretto, ma a quanto pare non è una priorità.

      La priorità è: sai fare qualcosa? Forse noi gypsy non sappiamo fare nulla, questo è il punto.

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      • Per culturalmente elevati intendo che rispetto ai nostri nonni un diploma ce l’abbiamo, e alcuni anche una laurea!!!! Il sistema non funziona, ma noi sappiamo fare qualcosa, non sarà l’elettricista o il parrucchiere, ma caspita, vantiamo invenzioni di prim’ordine! cmq le università sono eccellenti e offrono buone preparazioni, se tu sei capace di captarle. Lascia stare il master. È un modo per chiedere soldi, per pagarsi un titolo e avere un solo punto in più!!!! Però guardati tu. Già il fatto che lavori, pur non essendo il massimo, però ti stai adattando alla realtà!!! Lamentandosi ma lo stai facendo!

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  7. Gin, hai toccato un tema che mi sta travolgendo proprio in questo periodo. E di cui ho appena finito di discutere con mia madre. Io sono un IND, da più di 6 anni. Solo che il titolo di IND non ti da l’immortalità. Difatti la mia azienda naviga nello sterco da 2 anni. Ora ne siamo sommersi. E quindi succede che io abbia iniziato a cercare lavoro da circa un anno.
    Senza risultati.
    Quindi, con le ambizioni tipiche da GYPSY, ho deciso che me ne vado. Solo che le generazioni dei “baby boomer” (i genitori, se non ho capito male) non riescono a capire in che situazione siamo noi, diversa dalla loro, e sempre più diversa da quella dei loro genitori.
    Per chiudere, la tua frase più bella è sicuramente “…per avere di più bisogna fare sacrifici. Siamo d’accordo. Ma questi sacrifici portano realmente a qualcosa?”. Poni una domanda che qui in Italia è sicuramente negativa. Noi non otterremo mai le stesse gratificazioni che hanno ottenuto i nostri genitori, anche facendo lo stesso identico mestiere e imparando come schiavi da loro.
    I tempi sono cambiati, in peggio però.

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    • Io ti ringrazio e mi spiace per le difficoltà che stai vivendo.

      Tengo a precisare, ma l’hai capito, che il mio post non era un puntare il dito contro chi ha un posto di lavoro sicuro (che poi, purtroppo, in certi casi manco sicuro è). Analizzavo il problema partendo appunto dalla conclusione tua: i tempi sono cambiati. Quindi i sacrifici fatti oggi non hanno – a mio avviso – la remunerazione adeguata.

      È vero che ci sono casi in cui i sacrifici pagano, eh, attenzione. Però sempre con una tara pesante addosso.

      Esempio: un mio amico che ha fatto lo schiavo per anni nel mondo del giornalismo, ora è riuscito ad avere un contratto vero. Sempre determinato, per carità. E guadagna meno di un operaio. Però lui ha inseguito una passione e il duro lavoro ha pagato.

      Però 30 anni fa magari gli stessi sacrifici avrebbero pagato meglio. È un dato di fatto. Di chi è la colpa? Di certo non del mio amico, né mia, né tua.

      Perciò il punto è questo: se, da una parte, la generazione forse vuole troppo o ritiene le sia dovuto qualcosa, dall’altra, ha più difficoltà nell’accedere anche alle stesse gratificazioni di chi li ha preceduti.

      E poi, parliamoci chiaro: non siamo tutti speciali, non siamo tutti in grado di diventare Qualcuno. Siamo d’accordo. Ma almeno, un mutuo, una pensione, come i nostri genitori, sarebbe lecito aspettarseli? 😀

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      • E’ questo il punto. Non possiamo aspettarci niente di quello che si prospettavano i nostri genitori. Al giorno d’oggi pochi pensano alla dimora fissa da acquistare, perché costa uno sproposito e bisogna fare un mutuo. Ma su che garanzie lo apri un mutuo? Su un lavoro che non ha futuro? Sulle continue peregrinazioni alla ricerca di un mestiere diverso (e quindi perché prendere una dimora fissa? A ‘sto punto meglio una tenda!)?
        Parli bene, Gin, dicendo che non abbiamo le stesse gratificazioni, perché il mondo si è complicato.
        E comunque a me non dispiace di perdere il lavoro. Sono contento di fare nuove esperienze. Difatti “Olanda aspettami!”. Voglio imparare a diventare un pochino più grande di quello che (non) sono ora.
        Nuove esperienze = Felicità.

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Si accettano miagolii

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