Esistere, resistere…desistere, forse

Spesso ci si fa del male solo per sentirsi vivi. Oggigiorno è sempre più facile essere limitati a esistere e nient’altro. Io esisto sulla mia carta d’identità, sul mio passaporto, sulla mia patente, sul mio codice fiscale, sulla mia tessera del WWF; esisto all’anagrafe del mio Comune, negli archivi della mia ex Università, nella banca dati dell’INPS, nella ASL locale.

Numeri e lettere, sequenze ordinate che mi identificano. Questo e nient’altro per rappresentare un essere umano, puro essere.

Esistere.

A Tokyo una sera in un ristorante di Ueno vidi un ragazzo e una ragazza seduti a un tavolo, uno di fronte all’altro. Per tutta la serata si tennero occupati con i rispetti smartphone, scambiando qualche parola tra di loro di rado. È questo esistere o vivere? E se la vita si fosse trasferita all’interno del mondo digitale, chi può dirlo con certezza? Forse quei due giovani sopperivano alle deficienze della loro esistenza trovando una via alternativa per la vita, perché è la nostra naturale inclinazione. Come la pianta che cresce verso la luce. Una luce artificiale di una lampada, perché il Sole non lo guardiamo più.

Resistere.

A volte cerchiamo vie errate, perché la fallibilità è parte della nostra natura. E ho come l’impressione che i margini di errore siano aumentati perché le opzioni offerte si sono moltiplicate. È come l’overdose di informazioni, abbiamo accesso completo alle fonti che vogliamo ma nel complesso stiamo diventando sempre più ignoranti. Non c’è più l’analisi, la verifica, la contestualizzazione. L’informazione è un lampo che colpisce e svanisce in un attimo.

Le persone si arrendono a tutto questo? Desistono?
Esistere e non esistere, vivere e non vivere. Quali sono i confini?

24 Pensieri su &Idquo;Esistere, resistere…desistere, forse

  1. gin..non sai quante volte penso a questa cosa.
    Questo tuo post ha dato voce ai miei pensieri degli ultimi tempi.
    Tempo fa mentre ero in un albergo, a roma, vedevo ogni giorno a pranzo o colazione, una famiglia giovane, con un figlio che avrà potuto avere 12 anni. Il ragazzino era seduto al tavolo col portatile a seguito. Sempre.
    CI sono rimasta così male, non si guardavano neanche in faccia tra loro, lui era al pc e i suoi genitori mangiavano in silenzio.
    Che fine di merda che stiamo facendo!
    sempre sulla zattera ragazzo! resisti e insisti!

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    • Una scena simile la vidi un paio di settimane fa in un ristorante. Genitori e due figli, 8-10 anni al massimo. Gli adulti mollano ai pargoli Ipad, Iphone, Ipod per farli star buoni. Persino il cibo passa in secondo piano.

      ora, è naturale che i bambini a tavola si distraggano. Io mi portavo Topolino dietro, per dire. Ma, appunto, leggevo! E a un certo punto i miei me lo strappavano di mano

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  2. Ahem, non per essere polemica, ma la fallibilità non fa parte della MIA natura 😀

    Cmq no, davvero, non sono riflessioni che mi appartengono. Tutt’altro. Talvolta immagino una vita solo virtuale: poter semplicemente spegnere pc e cellulari e affanculo tutti. Che pace…
    Ma le persone che mi vivono intorno nella vita quotidiana, reale e concreta, sono tante e tutte molto molto ciarliere.
    Chiaramente è una mia scelta: circondarmi di umani fatti di pelle, carne, sangue, ossa e rotture di cojoni. Ma questo mi consente di affermare con una certa sicumera la mia correlazione stretta tra esistenza e vita.

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  3. Mi hai fatto venire a mente lo stato di facebook condiviso da un mio contatto qualche giorno fa. Si lamentava di come tutti fossero vittima del social in questione. Ho trovato la cosa divertente. 🙂

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  4. Le risposte non le ho…. o meglio le ho ma sono incerte, insicure e poi cado in contraddizione e non lo so.

    Sono figlia dei miei tempi, uso i social ma non capisco l’uscire con le persone e poi rimanere collegato allo schermino tutta sera. Cerco informazione in rete e mi rendo conto che è popolata di troll e di domando perchè lo fanno. Amo il virtuale che in qualche modo protegge e però ho bisogno della carnalità dell’abbraccio fisico dei miei amici… come ti ho detto le risposte non le ho, ma forse non si tratta di esistere, ma solo del vecchio buon senso

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  5. Non è necessario lo smartcoso per ignorarsi a tavola, è solo uno mezzo in più. Interessante sarebbe se i due si stessero scrivendo invece col cellulare. A una riunione, tempo fa, ero seduta di fronte a un collega col quale dovevo fissare un appuntamento di lavoro. Lui scriveva sul suo portatile e continuava a non dirmi la data dell’incontro. A un certo punto mi comunica di avermi inviato via mail le opzioni possibili. Ho dovuto fargli notare che eravamo uno di fronte all’altra e che poteva dirmele direttamente

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  6. E’ un’analisi interessante.

    Magari lui, il tipo di Tokyo, scriveva a lei: “Ti amo. Ti ho sempre amato, ma non avevo il coraggio di dirtelo guardandoti negli occhi. E adesso te lo sto dicendo qui, in questa chat”. E lei rispondeva: “Per me è sempre stato lo stesso (…)”.

    Siamo qui, e non possiamo sottrarci, ma possiamo immaginare un mondo più bello. E fare qualcosa perché questo succeda davvero. Nonostante il progresso. Con il progresso.

    Potremmo pensare di “progredire” anche noi…

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    • Ci avevo pensato anche io: le scene che mi capita di osservare mi rimangono impresse, immaginavo quindi che magari stessero chattando tra di loro. Cosa non improbabile, visto in estremo oriente quanto sono impacciati nelle relazioni.

      Hai ragione, comunque. Non sono contro il progresso, non getto il pupo con l’acqua sporca. Credo nella possibilità di trarne fuori qualcosa di buono. Con il progresso.

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  7. Hai visto male! Erano due sordomuti che chiacchieravano tra loro, o due terroristi che stavano messaggi andò in gran segreto e non volevano far sapere il loro piano diabolico! O due spie che ti stavano osservando perché sano che ti chiamano gin, tonik gin! Attenzione, che i giapponesi so tremendi!

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Si accettano miagolii

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