Vita di C.

Oggi ho saputo che C. è venuta a mancare.
Eravamo stati compagni di classe alle elementari ma poi non ci siamo più visti per 20 anni quasi. Posso dire che in realtà non ci conoscevamo. Eravamo in contatto su facebook ma credo non abbiamo mai scambiato due parole. È uno di quei casi in cui ci si scambia i contatti in nome di un denominatore comune, nel caso specifico la scuola (tra l’altro ricordo era il motivo per cui fb veniva propagandato: recuperare ex compagni), ma poi si è in realtà dei perfetti sconosciuti. Com’è naturale, dall’infanzia all’età adulta si cambia, si diventa altre persone. Anche io che dico in giro di non essere mai cresciuto, in fondo son cambiato.

Quando mia madre mi ha detto che le avevano riferito questa tragica notizia, ho pensato di verificare. Capita che vox populi dia per scomparse persone vive e vegete.
L’unico modo che ho trovato per avere conferma era controllare la pagina facebook di C.. Ho letto i messaggi dei suoi amici e lì è diventato, purtroppo, tutto ufficiale.
A pensarci è agghiacciante, in effetti. Una cosa è vera se compare su internet. Sogno uno scenario apocalittico in cui un bel giorno internet si spenga all’improvviso. So che è impossibile, ma immagino un collasso globale, chiedendomi che farebbero le persone. Secondo me sarebbe paragonabile a uno scenario post nucleare, con gente che brancola persa e che si uccide per la sopravvivenza.

L’altra cosa assurda di cui non mi capacito è che giusto ieri avevo pensato a C..
Per caso, stavo ripensando per non ricordo quale motivo alla mia infanzia. Riflettevo sul fatto che essendo io nato a febbraio, mi sono iscritto in prima elementare a settembre all’età di 5 anni per non dover perdere un anno per aspettare i 6 compiuti. Il risultato di ciò è che ero visivamente piccolino rispetto agli altri bambini. Un gap fisico e mentale che mi son portato dietro per anni.
Cosa c’entrava C.? C’entrava perché intorno la seconda (o forse terza) elementare, cominciò a piacermi. Si sa come funzionano queste cose a quell’età, si confessa la cosa al proprio amico, che la dice a un altro che la dice alla compagna di banco femmina che lo dice poi alla diretta interessata. E tutto questo all’interno della stessa classe, pensate se fosse stata un’altra sezione che giro di passaparola si sarebbe dovuto fare.
La diretta interessata poi disse alla compagna che disse al compagno di banco che disse al mio amico testuali parole: “Pfui! Quello mi arriva qua (indicando con la mano all’altezza della spalla più o meno)”.
Che cattiveria. I bambini son malvagi. Voi li immaginate tutti bellini angelici ecc., invece sono diabolici.
E poi non ero così basso né lei era una gigantessa. Credo le arrivassi al naso.

Non conosco bene i dettagli della sua scomparsa, ho saputo qualcosa ma preferisco non approfondire né riportare qui. Mi sembra di andare a rimestare come un giornalista di Studio Aperto. Come rallentare in autostrada gettando lo sguardo all’incidente.

Avrei altre considerazioni da fare, su internet, la vita, la morte, ma preferisco rimandare e, per una volta, tacere.

CV: Curriculum Verità

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L’altro giorno ho letto un post di Ale22andro che consiglio di leggere: Se il curriculum dicesse la verità. Al che ho pensato di produrre anche io un curriculum il più brutalmente onesto possibile. Questo è ciò che ne è venuto fuori.

Curriculum Vitae

Nome: Gintoki
Specie: Gatto domestico (Felis Silvestris Catus)
Nato a: Napoli Quando:  l’età sufficiente per ricordare il 2° scudetto del Napoli ma non il 1°
Telefono: lasciami il tuo e se sei una donna e ti richiamo
Automunito: quando non serve ai miei
Patente: B in zona retrocessione
Disponibile a trasferte: no perché sono contro la Tessera del Tifoso
Disponibile al trasferimento: sì ma solo a parametro zero

Istruzione e Formazione
Università degli Studi di Napoli Federico II (sono recidivo e poi era comoda)
Laurea magistrale in: Scemenze Politiche II – Il ritorno
Tesi in: Politiche Strategiche di Economia Europea applicate al Tasso di Cambio Lira/Euro che poi i Commercianti ci hanno Marciato sopra Fissando i Prezzi 1000 lire = 1 euro
Titolo: Potrei recitarvi le formazioni di Ungheria – Germania finale dei Mondiali del ’54 e manco ve ne accorgereste
Voto: 110 con calcio nel deretano accademico

Università degli Studi di Napoli Federico II
Laurea Triennale in: Scemenze Politiche, Indirizzo Studi In…utili
Tesi in: Storia delle Relazioni Complicate tra Uomo e Donna da quando è stato inventato il Cavallo
Titolo: Ma davvero vi interessa ‘sta roba che se l’è dimenticata pure quello che ha scritto il libro dal quale ho attinto?

Liceo Classico intitolato a uno scrittore misconosciuto
Diploma di Immaturità

Esperienze professionali
2012-2013
Azienda: Dammi i soldi & Ti rovino Inc. …ulata
Ruolo: Junior Usurer and Extortionist
Potrei dire di aver messo in luce ottime doti di team working e problem solving, se ne avessi capito bene il significato. Sono sempre stato il primo ad arrivare sul luogo di lavoro e l’ultimo ad andarmene, perché purtroppo essendo soggetto agli orari dei treni questi ultimi partivano sempre o troppo presto o troppo tardi.

2011-2012
Azienda: Un uomo con i piedi nel forno acceso e la testa nel congelatore statisticamente ha una temperatura media S.p.A.
Ruolo: Addetto a farsi i cazzi altrui
Tra i miei compiti rientrava quello di inserire i dati mancanti usando la fantasia, attività in cui mi sono distinto per proattività, proditorietà e protervia.
Ho ricevuto attestati di stima per la mia discrezione e riservatezza.Quindi con quelle voci che ho messo in giro sparlando delle persone che ho incontrato, non c’entro.

2004-2010
Giornalista. La mia attività si svolgeva prendendo notizie da internet e riscrivendole cambiando le parole per renderle originali. E quando non le trovavo anche qui bastava usare la fantasia.

Lingue
Napoletano: madrelingua. Buona conoscenza delle radici etimologiche di termini offensivi quali ad esempio Chiattillo, Vajassa, Zandraglia
Italiano: buono. So dire parole come otorinolaringoiatra senza incespicare
Inglese: oh son stato a Londra per ben due settimane
Spagnolo: oh son stato a Barcellona per ben due settimane
Francese: conosco i nomi dei vini e come ordinarne un bicchiere
Tedesco: conosco i nomi delle birre
Giapponese: sufficiente per provarci con una giapponese ma non abbastanza per non andare in bianco

Conoscenze informatiche
So usare Word. Excel lo utilizzo per la squadra del Fantacalcio.
Una volta avevo imparato a usare Access, poi l’ho dimenticato.
Ottima conoscenza di software tecnico-gestionali quali Emule, µTorrent e JDownloader per scaricare utilizzando contemporaneamente ed2k, torrent e link diretti.
Utilizzo la Posta Elettronica, il più delle volte per cancellare lo spam o newsletter inutili.

Competenze relazionali e comunicative
In possesso di grandi doti nelle relazioni pubbliche, mi si nota di più quando non ci sono.
Sono in grado di parlare di cose che non conosco ma per un periodo di tempo limitato.
Ottima capacità di fingere interesse anche quando ascolto discorsi di cui non mi frega una mazza.

Competenze organizzative e gestionali
Una volta mi sono occupato di raccogliere i soldi per un regalo di laurea. Ci siamo ridotti all’ultimo giorno ma alla fine il tizio ha avuto il regalo. Per il resto preferisco sempre delegare l’organizzazione di feste, regali, serate ecc. ad altri: ottime doti di team leading nella supervisione di compiti ingrati da sbolognare a terzi.

Hobby e Interessi extraprofessionali
Mi sono dedicato all’onanismo, disciplina nella quale ho ottenuto soddisfacenti risultati.
Pratico la corsa, in particolare quella per raggiungere il treno.
Ho giocato per anni a calcetto a livello amatoriale, cimentandomi nel tempo in vari ruoli. Attaccante. Difensore. Portiere. Spettatore.
Appassionato di letteratura, cinema, musica a 180° perché mi interesso di tutto senza pregiudizi ma solo a metà.

Autorizzo il trattamento dei miei dati personali purché non mi mandiate le offerte di abbonamenti Sky

Il mondo di Dalí – L’eclissi (2)

La prima parte è presente qui. I racconti del Capitolo I sono pubblicati qui.
seconda parte

Le verità che mi furono rivelate mi disorientarono. Il mio desiderio di sapere era insaziabile ma la conversazione fu al tempo stesso fonte di rinnovata speranza e foriera di nuovi terrificanti eventi. Ebbi risposta al mio principale dubbio. Io non appartenevo a questa dimensione, ero a tutti gli effetti un normale essere umano vittima di uno scambio tra i due universi. È facile comprendere chi ne fosse l’autore. L’avevo osservato per un attimo nello specchio mentre si aggirava nel mio appartamento. Un essere diverso dagli altri e dotato della necessaria intelligenza e consapevolezza per perpetrare l’inganno. Sotto le mie sembianze, che ne celavano la natura diabolica, è probabile che vivesse la vita che una volta era stata mia. Conscio di tutto questo adesso avrei potuto ristabilire l’ordine naturale delle cose, anche se in ogni caso avevo poco margine per lasciarmi cullare dall’ottimismo. Se esisteva una qualche speranza di tornare nel mondo che mi apparteneva, il tempo concessomi era limitato.
___L’Orologiaio aveva preannunciato la minaccia rappresentata da un’eclissi. Sulla Terra tali fenomeni sono vissuti come un evento spettacolare e nulla in più. L’epoca in cui l’oscuramento del Sole era considerato presagio di sfortuna e sciagure è parte di una storia lontana in cui la superstizione aveva la meglio sulla ragione. Vorrei poter raccontare che anche qui sia lo stesso ma non è così. In questo mondo surreale un’eclissi rappresenta una calamità.
___Ho avuto modo di accennare alla singolare esperienza dell’alternanza tra notte e giorno. Qui non esistono astri luminosi ma zone in uno stato perenne di luce o di buio rischiarato soltanto da un pallido chiarore. Spostandosi è possibile passare dall’una all’altra mentre le aree di contatto presentano livelli graduali di luminosità paragonabili alle nostre alba e tramonto.
___Qualunque ne fosse l’origine e la natura, quella luce era soggetta a occasionali periodi di oscurità. Le Eclissi. Il verificarsi di questi eventi era paragonabile a una catastrofe biblica, avendo come esito finale l’estinzione totale delle forme di vita presenti in quel mondo. Ogni volta le creature – delle quali avevo conosciuto un variegato assortimento -, investite dalle tenebre profonde, sparivano del tutto. Il surreale universo rimaneva spopolato per un breve periodo, fino al momento in cui comparivano altri nuovi e stravaganti esseri destinati a vivere il medesimo ciclo di vita e morte.
___Immuni a tutto questo erano soltanto le entità come l’Orologiaio. Esseri senzienti privi di reali forme e corpi, esistenti in uno stato che per me era quello di una semplice illusione ottica. Una razza superiore evolutasi in uno stadio intermedio tra la materialità e l’incorporeità che svolgeva il ruolo di Guardiana del Tempo e dello Spazio, rappresentando l’elemento di continuità in un mondo dove non vi era una coerenza. Seppur disciplinati da un Ordine e uno Scopo, la loro specie non era scevra di schegge libere o eresiarchi, come mi era stato accennato.
__Questo è ciò che mi fa concesso di apprendere. Quel che fu chiaro dal primo momento è che non essendo io dello stesso rango di tali semi-divinità, sarei stato cancellato dall’Eclissi come una qualsiasi altra creatura inferiore.

Enigma senza fine (1938)

___Al più presto sarei dovuto tornare nel mio universo. Sollecitato dalla mia richiesta di maggiori delucidazioni, il mio interlocutore si rivelò alquanto enigmatico.
“Quanto mi resta prima dell’Eclissi?” chiesi.
“Potrebbe essere già troppo tardi – rispose con il consueto tono flemmatico – o rivelarsi ancora presto. Il tessuto dimensionale è increspato, anche se tu potresti non osservarlo come tale. Considera il mondo dal quale provieni. È sferico ma a un suo abitante appare piatto”
“Non riesco a comprenderti. Dimmi cosa dovrei fare per tornare indietro”
“Non seguire la simmetria, I25-8. Recupera i due specchi che si guardano l’un l’altro. Elimina il tuo doppio”
___Non rammento se mi fosse stato detto altro o se la conversazione si fosse interrotta così. I miei ricordi sfumano in quel punto come evaporati. Ero finito preda di un sonno profondo e vischioso, dal quale mi risvegliai a fatica sentendomi come menomato delle mie capacità percettive. Qualcuno mi osservava ma non riuscivo a mettere a fuoco l’immagine. La presenza si fece sempre più incombente. Non si trattava dell’Orologiaio. Sentivo uno sguardo penetrante su di me. Un volto bianco emergeva dal nulla deformando l’aria intorno a sé.

Apparizione di volto e fruttiera (1938)

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Parcheggio, Area H7
Una porta a vetri elettrica si apre. Ne esce un uomo di quarantacinque anni al massimo. Capelli e baffi argentei gli donano un’aria distinta. Indossa un completo antracite e regge con la mano sinistra una borsa in pelle color cuoio.  Attraversa il piazzale illuminato da fari alogeni e si dirige spedito verso un’automobile, una berlina tedesca blu cobalto. A un tocco sul telecomando la vettura risponde con una breve segnalazione acustica.
___Un uomo, accanto un’altra vettura, si volta attirato da quel suono. È giovane, all’incirca sulla trentina. Indossa anch’egli un completo grigio, ma di una tonalità più chiara. La fattura appare meno curata, l’abito non è realizzato su misura.
“Quest’oggi non c’eravamo ancora incontrati” esclama rivolto verso l’uomo antracite.
“Problemi al livello D” risponde mentre apre lo sportello e sistema la borsa dietro al sedile del guidatore “sono stato impegnato tutto il giorno”.
“Il tuo amico?” replica il giovane, marcando l’ultima parola con un tono differente.
“No, lui va bene. Mi ha anche rivolto la parola di sua spontanea volontà”
“Cosa ti ha detto?”
“Solo di poter aver del materiale da disegno. Sostiene di avere un quadro da completare” detto questo l’uomo antracite sale in auto e si congeda dal collega “A lunedì” esclama accompagnando il saluto con un cenno del capo.
“A lunedì” risponde il giovane.

fine seconda parte

Come sta il colon di Pattinson?

No, non sono impazzito. Devo solo ringraziare le statistiche di ricerca del mio blog. Ultimamente i miei visitatori non hanno la fantasia di una volta (vedere il post geroglifici che trombano dello scorso agosto), però regalano sempre soddisfazioni. Che dire di quella/o che vuol sapere degli esami rettali del protagonista di Twilight?
ImmagineSiccome io sono un inguaribile ingenuo e un impenitente ottimista, mi auguro che in realtà volesse definire Pattinson simpatico come una colonscopia. Ditemi che è così.

Ma bando alle ciance e ciancio alle bande, è il momento di parlare di un problema serio.
ImmagineAllora, gente: la rasatura, si sa, è un’operazione delicata. Ancor di più quando riguarda le parti intime! Ogni anno centinaia di fighe muoiono perché vittime di rasature effettuate in modo approssimativo o da mani inesperte. E l’individuo che inserisce su Google una tale chiave di ricerca evidentemente lo sa. Diffondi il verbo, salva queste povere donne.

Per restare in argomento, veniamo a questo:
ImmagineCredo sia una vecchia conoscenza, mi sa che già mesi fa mi capitò. Lo riconosco dallo stile sgrammaticato. Ecco, se dopo tutto questo tempo non l’ha ancora scoperto, io mi porrei delle domande. In ogni caso, per rispondere alla questione su come sia fatta: somiglia un po’ a Giuliano Ferrara, però visto di profilo. Contento?

Velocemente, commentiamo il resto:
gli uomini non si avvicinano – Perché non ti lavi
cose che fanno ridere – I telegiornali
birra e figa – Che dio le benediga
svolgimento di un tema per le elementari mi trovavo alla stazione ferroviaria della mia città la notte di natale – quando all’improvviso mi hanno rapito e mi sono risvegliato in un fosso tutto bagnato e senza un rene.
babbo natale da soprammobile in tessuto – È di una sciccheria unica, credimi
chi ha operato morgan alle corde vocali? – Uno che ha dimenticato di operargli il cervello
ragazze che mena la figa – Non menar la figa per l’aia
figa di fuori – No, meglio quella del proprio paese
buona fine e buon principio – Anche a te

Il mondo di Dalí – L’eclissi (1)

I racconti del Capitolo I si trovano qui.
Ringrazio stephymafy  e i suoi “scarabocchi telefonici” che mi hanno ispirato lo scenario della Città del Tempo.

___Negli abissi dell’animo seppelliamo il nostro Io ancestrale per adattarci a regole e convenzioni della società civile. In rari casi avviene tuttavia che sia necessario per la propria stessa sopravvivenza immergersi in quel mare in cui è affondato l’Ego e riportarne a galla la primordiale dirompente forza.
___Mi chiamo C.. Ho 35 anni e sono, anzi ero, un agente assicurativo. Nessun mutuo da pagare, né una moglie o un animale domestico da mantenere, il sabato torneo di tennis coi colleghi e la domenica a pranzo dai genitori. Niente antifurti alle finestre e sempre un saluto cordiale per i vicini. Adesso sono l’uomo che ucciderà sé stesso.

__La scioccante visione allo specchio mi aveva gettato nello sconforto e nella disperazione. Sulla soglia della pazzia ho urlato e mi sono percosso come un ossesso per spegnere l’allucinante immagine che pulsava nella mia testa. Io, il demone. Ricordi, vita, solo mendaci realtà che mi ero costruito? Vagavo. Se la ricerca di un passaggio tra quella che credevo fosse la casa cui tornare e questo assurdo mondo mi aveva dato una ragione di vita, ora la verità mi aveva privato di qualsiasi scopo. Il mio unico desiderio era quello di spegnermi e porre fine ai tormenti.
___Avevo appena poggiato il piede su un basamento solido ondulato che mi accorsi di una singolare anomalia. Sporgendomi da un lato ero perfettamente allineato con il terreno circostante mentre spostando lo sguardo al lato opposto mi ritrovavo in alto di qualche metro rispetto al suolo. Senza rendermene conto ero incorso in un’altra illusione prospettica. Non diedi alcuna importanza alla cosa – a malapena ormai mi stupivo di quelle stranezze e nello stato in cui ero nulla poteva scuotermi – e mi avventurai a passeggiare nel cielo attraverso strane formazioni solide rette all’apparenza dal nulla. Guardando in basso constatai di quanto mi trovassi in alto, il paesaggio sottostante era soltanto una tavolozza di colori informi e privi di particolari. Un’idea malsana prese in modo rapido il possesso della mia mente. Avrei potuto gettarmi di sotto e porre fine alle mie sofferenze una volta per tutte.
___Immerso in tali pensieri di morte camminavo su uno stretto passaggio in discesa sospeso sul vuoto. Una cappa di nuvole sul mio capo mi faceva da soffitto. All’estremo opposto rispetto al punto in cui mi trovavo l’inusitato ponte del cielo si ampliava in una enorme formazione a conca. Il velo d’ombra che la rivestiva ne impediva di cogliere i particolari. Esploravo la vallata interna percependo al di sotto dei piedi solchi e canali come scavati da un corso d’acqua. Non so perché ma pensai a un paesaggio marziano che da bambino avevo visto su un libro. Un ricordo fittizio, probabilmente.
___Un enorme arco aperto incorniciava l’intero panorama alla mia sinistra, una conformazione che mi atterriva e affascinava nel medesimo istante. La propaggine partiva da un promontorio alle mie spalle per descrivere una volta sospesa in aria, mancando un appoggio che ne chiudesse la figura. Mentre lo attraversavo mi sentivo inquieto.
___Raggiunto il bordo esterno mi sporsi a osservare sotto di me. Notai qualcosa che non avevo colto prima o che in modo più probabile era apparso in quel preciso momento. Nel nulla di quella pianura emergeva una composizione di strane forme in bianco e nero. Era come ammirare un insieme di cristalli. Mentre tentavo di cogliere maggiori particolari socchiudendo gli occhi, la superficie sotto i miei piedi cominciò a tremare per poi inclinarsi. Voltandomi in cerca di un appiglio vidi ciò che non avevo potuto notare in precedenza: il volto di un vecchio uomo dalle enormi proporzioni che emergeva tra le nuvole che si diradavano. Stavo cadendo. Annaspavo in aria cercando di aggrapparmi a qualcosa, con il gigantesco essere che rivolse verso di me uno sguardo sadico. Quel che mi provocò maggior stupore e terrore fu il rendermi conto di cosa i miei piedi avevano calpestato sino a quel momento: era la sua mano!

La mano (1930)

____Precipitai nel vuoto. Dopo lo spavento iniziale cominciai a sentirmi sollevato. La fine di tutto, l’oblio, la pace. Questo mi attendeva in pochi attimi.
___Chiusi gli occhi. Speravo di perdere i sensi, ma non fu così. La caduta si fece angosciante, aprii gli occhi e sotto di me potevo distinguere i contorni sempre più nitidi di quella che avevo scambiato per una conformazione minerale e invece sembrava essere una città bicromatica. Forse svenni per qualche istante. Ricordo soltanto di aver percepito all’improvviso l’impatto sempre più vicino. Ho pregato ma solo di non soffrire, non per i miei peccati. Se ero un mostro speravo di esserlo al punto tale che anche l’Inferno mi avrebbe rifiutato.
___Non ebbi il coraggio di guardare. A occhi chiusi avvertii la sensazione di scivolare su di un piano inclinato. Guardai ma tutto ciò che vidi di fronte a me fu una enorme parete bianca contro la quale mi scontrai, seppur a velocità moderata. Qualcosa aveva smorzato il mio moto. Caddi. Questa volta verso l’alto, almeno credo. Sensazione di capovolgimento. Le tempie pulsavano, avevo la nausea ma non riuscii a vomitare.
___Quando mi rialzai potei ammirare uno spettacolo incredibile. Bianchi e neri come in una scacchiera si ergevano e si aggrovigliavano edifici e strutture squadrate, contornati da quelli che apparivano come alberi. Le strutture esplodevano da un unico punto per poi separarsi ed esprimersi in forme sempre più ardite e contrarie a qualsiasi logica di gravità e stabilità. Strade e percorsi si insinuavano tra pieghe e contorni delle costruzioni partendo dal suolo sino a perdersi nel cielo in mille circonvoluzioni. Tutto si dipanava senza interruzioni, come un immenso disegno tracciato senza staccare la punta della penna. Ero caduto in un ghirigoro tridimensionale.
___“Benvenuto, I25-8” la voce di un uomo calma e priva di alcuna inflessione tonale mi riportò alla realtà.
“Chi sei? Dove sei?” intorno a me non vedevo nessuno.
“Il Dove è un concetto non appropriato. Sarebbe corretto usare il Quando, I25-8” la risposta mi parve indisponente.
“Forse sono pazzo” pensai a voce alta.
“La pazzia vive agli estremi positivi o negativi. Contemplare la possibilità del dubbio espressa dai forse non è dato. Dunque, I25-8, dimmi: sei tu pazzo o non lo sei?”
“Smettila con i sofismi. E cosa vuol dire I258? Fatti vedere!” urlai stizzito.
“Non mi è concesso negarmi allo sguardo ma non sono padrone degli occhi altrui. Se tu non mi vedi come posso io farmi vedere da te pur essendoti davanti?”.
___Pensai di essere vittima di una presa in giro. Di fronte a me non c’era nulla. Uno spiazzale tra due edifici ricurvi circondati da alberi che facevano da contorno a uno squarcio su una piana senza fine che defluiva nel cielo. Nessun essere vivente.
___Stavo per andarmene per smettere di dialogare con i fantasmi, quando non potei credere a ciò di cui mi accorsi. Edifici e alberi incorniciavano la fenditura sull’infinito delineando il contorno di una testa umana. Enorme, si stagliava dinanzi a me. Uno scherzo della vista o era proprio l’uomo che mi stava parlando, non ne ero certo.
“Ti vedo” mi lasciai sfuggire.
“Mi vedevi anche prima ma la tua mente si rifiutava di guardarmi” disse la voce, adesso dotata anche di una figura.
Stavo parlando con una illusione ottica. La situazione mi sembrava normale tanto da proseguire la conversazione.
“Non mi hai detto ancora dove siamo”.
“Stai persistendo nel porre una domanda non congrua. È mio dovere avvertirti che l’ultimo a diffondere simili questioni è stato considerato un eresiarca”. La voce, o meglio, l’uomo, sembrava infastidito pur non avendo mutato tono.
“E cosa gli è successo?”
“Gli è stato negato il Tempo” la frase suonò come una sentenza.
“In che senso negare il tempo? Come è possibile fare una cosa del genere?”.
“Noi siamo la Città del Tempo. Produciamo, gestiamo e amministriamo il Tempo. Siamo ciò che scorre e quel che si ferma, siamo il battito del principio e il suono della fine. Siamo il regno del Quando e non abbiamo Dove perché quello è dominio della Città dello Spazio. Spazio è a Noi lontano e a Noi vicino, ne siamo in modo indissolubile legati e al contempo diversi, perché Quando e Dove non hanno forma in Assoluto. Per contemplare l’Assoluto è necessario trovarsi in una posizione da Assoluto. Ma come può esistere una condizione simile se il punto dal quale osservi può far variare i medesimi criteri di Quando e Dove?” detto questo, tacque.
“Sei per caso Einstein?” domandai schioccando la lingua, non mancando di inserire una punta di sarcasmo.
“Io sono l’Orologiaio” pronunciò ignorando la provocazione.
“Orologiaio, dunque, mi conosci? Prima mi hai chiamato I-qualcosa”.
“I25-8. Sei l’individuo al quale il Tempo sta cessando”.
“Mi sta finendo il tempo? In che senso?” chiesi turbato.
“L’Eclissi. Sta per arrivare”.

fine prima parte

Uomo con la testa piena di nuvole (1936)

Chiedere è lecito, rispondere costa fatica

La settimana scorsa ho inviato qualcosa come 25 mail ad altrettanti professionisti o presunti tali, chiedendo delle informazioni (e non certo l’elemosina o un rene per un trapianto).
Mi hanno risposto in 3. E due risposte valgono per una sola, perché venivano dallo stesso studio, dove evidentemente non si parlano perché mi hanno scritto due persone diverse dicendomi due cose opposte.

Mi chiedo come ci si faccia ad ammantarsi di professionalità se non si perdono neanche due minuti (perché questa è la perdita di tempo richiesta) per rispondere a una mail. È un atto di educazione e rispetto, due cose che nel mondo del lavoro credo non esistano, grullo io a illudermi.

E con questo voglio rivolgere un pensiero anche a quei due pipponi che mi hanno fatto un colloquio, rassicurando che tutti sarebbero stati avvertiti, indipendentemente dall’esito. Certo. Sto ancora aspettando due righe da parte vostra, fenomeni.
È evidente che è chiedere troppa cortesia una email che ti dica almeno “Spiacente, ritenta e sarai più fortunato”, specialmente quando la paranoia ti spinge a portare il cellulare anche al bagno perché non sia mai chiamino in quel momento (Legge di Murphy sulla telefonia mobile).

Poi dicono che uno si sveglia carico di odio e disprezzo.
Buon lunedì.

Il rumore del silenzio

Sono tornato al punto di partenza come nel gioco dell’oca e di oche qui in effetti ne vedo tante, si spostano come nell’elementare principio del calcio ignorante: Tutti dietro la palla. E allora via un calcio e tutti a inseguire, questo posto si svuota e se ne riempie un altro che fa più trendy, ma chi è che materialmente dia calci non si sa. E io in verità, in verità vi dico che vi prenderei sì tutti a calci, donne e uomini, non vi conosco e mal vi tollero, vi farei volare via con i vostri bicchieri e le vostre sigarette, che con quello che spendete ogni anno di alcool e tabacco potreste finanziare la ricostruzione de L’Aquila, anzi, ne potrebbero costruire due-tre, uno stormo intero di aquile. Ehi tu, aquila, senti un po’, ma cos’hai davanti? Primo, io sono un gatto, secondo, sì è il mio mezzo litro di birra e ne ho bisogno per carburare e farmi piacere tutto questo, sto bene con tutti e con nessuno perché mi manca il silenzio, ma non il silenzio semplice. A me manca il silenzio che ti fa rumore nella testa non quello che sa di vuoto come un frigorifero abbandonato. Dove sei, silenzio? Silenzio. Nessuno che mi risponda. E fa freddo, qui.

Principi di fisica domestica

La densità interna di casa mia è paragonabile a quella di una Nana bianca. Che non è una donnina caucasica con problemi di statura, ma una stella di dimensioni ridotte (ovviamente relativamente alle dimensioni stellari) estremamente compatta e caratterizzata da densità e gravità molto elevate.

La stessa cosa avviene all’interno di casa mia. La quantità di oggetti presenti in uno spazio non grandissimo è tale che se volessimo metterli tutti in fila occuperebbero probabilmente la distanza che c’è tra la Terra e la Luna.

È difficile che un oggetto che entri tra queste quattro mura finisca per uscirne sotto forma di rifiuto. Per sopravvivere, tale oggetto ha a disposizione numerose nicchie in cui stabilirsi. Innanzitutto, se è piccolo, può insinuarsi in qualche interstizio nella libreria. Lì può rimanervi anni, indisturbato e ignorato da tutti. È la sistemazione più consona per i soprammobili orribili, quelli che è cattiva educazione gettare o nascondere in cantina, perché si tratta di un regalo. Ma considerata la loro bruttezza, è ovvio che non possano stare in bella mostra su una mensola.

Per gli oggetti più ingombranti, la sistemazione che adotto io consiste nel piazzarli o in cima alla libreria o ai lati dell’armadio, tra la parete e il mobile. Si tratta di una collocazione momentanea, un parcheggio in attesa di stabilire il vero destino dell’oggetto: cioè, ti troverò uno spazio migliore in casa, oppure…

L’oppure. L’oppure è lo spauracchio di ogni oggetto. Nessuno può ritenersi al sicuro, tutti sanno che prima o poi potrà essere il proprio turno. Tirano un sospiro di sollievo quando tocca a qualcun altro, oggi a te quindi io sono salvo. Ma prima o poi quel momento arriverà.
Il momento di finire in cantina.

La cantina si compone di oasi ambientali e strati geologici. Da un lato vino, conserve, prodotti mangerecci, sistemati lì per esigenze di conservazione.
Dall’altro, giacimenti fossili di scatole e ciarpame, catalogati e conservati per i posteri. Se un oggetto è finito in cantina, è difficile che possa uscirne. Anche dopo un repulisti generale lo spazio a disposizione non aumenta, anzi, sembra diminuire. È la prova che il tessuto spaziale interno della cantina non è tridimensionale ma si compone di molteplici dimensioni ripiegate su se stesse. Anche dopo aver ripulito una dimensione, lo spazio da essa lasciato vuoto verrà occupato da un’altra, come in un effetto fisarmonica. Elimini la compressione e questa si espande.

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Rappresentazione stilizzata dello spazio dimensionale interno della cantina

Se la cantina è l’inferno, esiste una sorta di purgatorio a cui un oggetto può aspirare. È l’esatto opposto della cantina, invece di andare giù va su: è costituito dalle scale che conducono al tetto. Dato che nessuno ha esigenza di salire in cima alla casa (peccato, vi si può godere una bella vista di svincoli stradali e fare il dito medio agli automobilisti che sfrecciano sulle rampe), le scale sono il luogo ideale dove poggiare oggetti che non servono ma che possono sempre servire. Il caso più elementare è quello delle valigie. Le valigie si utilizzano una volta all’anno, quando va bene due. In casa ingombrano, in cantina è troppo umido, la scala per il tetto è la collocazione ideale.
Nel corso degli anni dalle valigie si è passati ad accogliere qualsiasi altro tipo di oggetto, tanto che le scala oggi hanno seri problemi di sovraffollamento ed è in corso una procedura di infrazione dell’UE nei nostri confronti per questo motivo.

In questa breve trattazione non ho citato un fenomeno fisico di cui si ignorano le caratteristiche precise: il buco nero.
Il buco nero è quel posto che fagocita gli oggetti che non hai idea di che fine abbiano fatto. Tutti hanno un buco nero in casa. E inghiotte le cose che non ti sono mai servite fino a quel giorno in cui invece ne avevi bisogno ma ahimé non ritrovi più.
Non è ben chiaro se un oggetto che finisca in un buco nero sparisca per sempre dal tessuto spazio-temporale o se invece ci sia un corrispettivo all’estremo opposto (un buco bianco) che invece lo sputi fuori. Se fosse così, esisterebbe allora da qualche parte nell’Universo un luogo pieno di cose perdute dalle persone.

Dev’essere un posto alquanto zeppo di roba.

Sai, la gente è strana

Uno dei motivi per cui potrei ritenermi un disadattato è che fatico ad abituarmi ai comportamenti umani. Elencherò una seria di esempi per dare l’idea di ciò che intendo.

I miei vicini di casa, una coppia sposata che non ci saluta mai e quando ci incontrano o si girano dall’altra parte o cambiano percorso, al funerale di mia nonna si presentano e si avvicinano a darmi le condoglianze. Si potrebbe dire che fare le condoglianze sia un atto di umanità da non negare a nessuno, ma se dal giorno dopo riprendi a cambiare strada quando mi incroci, di quale umanità ti ammanti?

PTETS_-_Goku_uses_Instant_TransmissionHo apprezzato di più la coerenza di un’altra vicina, che praticamente quando mi vede fugge. Proprio così. Sta stendendo il bucato oppure potando delle rose, vede scendere in giardino me o mio padre e puff! scompare più veloce di Goku col suo teletrasporto. Al funerale si è presentata, ha salutato solo mia madre e poi puff! è svanita. Qualcuno potrebbe giustamente chiedersi cosa io le abbia fatto per traumatizzarla, se la spiassi col binocolo o le rubassi la biancheria*; la risposta è no, non le ho mai fatto nulla. Però sono tentato di cominciare a farlo, così, giusto perché sono un sadico.
* Che poi figuriamoci, è una zitella over 40: fosse stata una procace ventenne, allora sì! Ehm ehm

In tema di atteggiamenti irritanti, chi mi legge avrà notato la mia idiosincrasia per le domande inutili. Fin quando le pongono a un colloquio si fa buon viso a cattivo gioco, ma se arriva un conoscente noto per il suo essere impiccione a fartele, è dura mantenere un atteggiamento zen.
Nel caso specifico, una persona che conosco perché vi ho lavorato insieme in passato mi contattò su Facebook mentre ero in Giappone. Mi fa:
O japponé
Ma ogni tanto te ne vai
Così
Avrei dovuto già evitare di rispondere perché sapevo a cosa andavo incontro, ma per educazione replico in maniera generica e distaccata:
Ogni tanto ci vuole
Mi piace vedere, conoscere
Lui
Te la fai con la gente coi soldi (eh?)
Bravo
Comunque per il lavoro non è buono il Giappone (doppio “eh?”)
Brasile, India, Cina, queste
Il prossimo anno ti consiglio il Brasile
Nella mia testa ringrazio per il consiglio non richiesto, chiedendomi cosa mai gli faccia pensare che stia lì per lavoro. Non pago, insiste:
Ma così all’improvviso, te ne vai in Giappone
Io qua avrei dovuto chiudere la conversazione con un bel silenzio, invece provo a troncare con un commento lapidario:

Si vive una volta sola, bisogna cogliere le occasioni
Lui:
Perché colte, sai di morire
Ho smesso di rispondere.
Non contento, appena sono tornato mi contatta scrivendomi
Allora quando riparti x una nuova avventura?
Nn ce nessuno che va da qualche parte…cosi ti aggreghi?
La vita e breve
Mi son fatto una grattata, ho pregato per la grammatica estinta e ho chiuso la pagina senza rispondere.

Parlando di socialità digitale, un pensiero lo voglio dedicare agli haters. Non parlo di quelli che passano il tempo a insultare le ragazzine sotto i video di Justin Bieber: per quanto li comprenda benissimo, mi chiedo perché non si trovino altro da fare. Io odio con tutto il cuore la musica di Lady Gaga (per quanto debbo ammettere che non so per quale motivo lei mi fa sesso, ma proprio da unghiate sulla schiena) e semplicemente salto a piè pari i suggerimenti su Spotify e Youtube, non mi metto certo a commentare per dire quanto mi faccia schifo.
Vorrei concentrarmi, invece, su un’altra categoria, che comprende i commentatori delle notizie dei quotidiani online. Quelli che replicano a un articolo su una donna stuprata con un “Ben le sta”, “La prossima volta impara”, “Se le è andata a cercare”; quelli che, di fronte a dei finanziamenti per una categoria di disoccupati, rispondono con un “Perché dovrei pagare questi fannulloni”, “Si cercassero un lavoro da soli”; quelli che augurano la morte a Bersani. Che, vorrei dire, neanche a me sta politicamente simpatico, ma che la sua vita abbia meno valore di quella di uno stupratore nella testa di tali individui, me lo devono spiegare.

Quando li leggo mi viene da chiedermi se la gente sia così stupida anche nel mondo reale oppure se sia internet a innalzare il livello di stupidità globale. Oppure, ancora, se è un modo per farsi notare con un atteggiamento di dubbia originalità e provocatorietà. E in quest’ultimo caso, a che pro, mi chiedo.

Per concludere l’excursus sul virtuale, una menzione va ai nostalgici. Quelli che sentono il bisogno di condividere quanto fosse bello dire a una ragazza carina “mi dai il tuo numero?” invece di “ti posso aggiungere su Facebook?”, sentirsi per telefono invece che su WhatsApp, uscire per una passeggiata invece che stare davanti al computer, a tavola parlare con i presenti invece di smanettare con lo smartphone e così via. Mio giovane e ingenuo amico, posso farti notare che potresti fare benissimo anche oggi queste cose? Alza il telefono e racconta a qualcuno quanto sei nostalgico invece di scriverlo su Facebook, genialoide.

A proposito di nostalgia, credo che la mia generazione stia invecchiando più velocemente del previsto. Passi per i nostri genitori, che ci raccontano che loro facevano merenda con il pane olio e zucchero, che mangiavano la frutta cogliendola dall’albero e senza lavarla, che si tuffavano nei ruscelletti senza problemi e così via. Ma non posso tollerare invece un mio coetaneo che ricorda con gli occhioni lucidi che 10-15 anni fa si ballava con gli Eiffel 65 e Gigi d’Agostino e oggi le nuove generazioni invece ballano con Pitbull. No, vi prego. Non fatelo.

Ciao, sono Pitbull e sono famoso per la mia sobrietà ed eleganza

Trovo molto interessante la mia parte intollerante

Le feste sono trascorse, il nuovo anno è iniziato e siamo tutti carichi di buoni propositi e sentimenti gentili.

Quindi per fare da bastian contrario io ho bisogno di vuotare il sacco e confessare alcune cose che proprio non mi van giù.

  • Non sopporto i consigli ovvi o su cose a cui ho già pensato.
    – Ho la febbre
    – Prendi la Tachipirina
    – Ma va’? Io pensavo di prendere il Tantum Rosa
  • Non sopporto i commessi che non ti cagano di striscio, che magari trovi dietro al bancone mentre sono al telefono a parlare dei fatti loro. Non per tornare sul Giappone o dipingere l’immagine di un Paese dove sia tutto perfetto a differenza dell’Italia (e non è così, infatti), ma lì se un commesso ti vedeva semplicemente alzare gli occhi verso la cassa mollava immediatamente ciò che stava facendo per correre a servirti.
  • Non sopporto i commessi che ti stanno appollaiati sulla spalla e non ti lasciano respirare. Voglio dare un’occhiata per fatti miei!
  • Non sopporto i commessi che vogliono venderti tutto il negozio quando tu eri interessato solo a comprare un calzino. Sì Foot Locker, parlo di voi. Sono stato un paio di volte da voi in tutta la mia vita e non ci tornerò mai più. Capisco che i commessi siano pressati e che stiano solo facendo il loro mestiere, ma dessero tregua al cliente.
    Ok, ho un problema con i commessi. Sono disposto a parlarne.
  • Non sopporto le donne che nel mezzo di un discorso tirano in ballo l’oroscopo. No ma con lui sapevo non sarei potuta andare d’accordo, del resto io sono Leone e lui era Toro, noi segni di fuoco ci scontriamo sempre con quelli che bla bla bla…
  • Non sopporto quelli a cui stringi la mano e ti lasciano l’impronta di acqua di colonia.
  • Non sopporto i selezionatori di risorse umane e le loro domande del cazzo che sembrano fatte apposta perché vogliono sentirsi prendere in giro. Guardate è il mio sogno fin da bambino lavorare per la Vergate sul Membro Spurghi & Clisteri, infatti ho inviato il cv solo a voi e non mi sto proponendo perché ho bisogno di lavorare, no, io ho proprio voglia di lavorare solo per voi.
  • Non sopporto chi mi accusa in maniera ingiustificata. Perdo facilmente la calma, rischiando anche di passare dalla parte del torto. Diplomazia chi era costei.
    Un esempio recente. Durante lo scalo a Frankfurt, un signore fa scattare l’allarme della porta automatica che si apre quando arriva il bus per l’aereo. Praticamente l’autista gli aveva chiuso le porte in faccia e lui era tornato indietro infilandosi nella porta automatica e facendo suonare un concerto di allarmi e lucine. Almeno questa era la dinamica che ho avuto modo di capire quando sono arrivato. Fatto sta che accorre un uomo della security incazzatissimo che chissà perché guarda me e comincia a dirmi qualcosa con tono severo (o forse mi stava solo chiedendo Buon uomo, per un caso fortuito è stato lei a incappare in questo increscioso inconveniente? In tedesco sembra tutto nervoso): il responsabile dell’incidente è subito intervenuto per dire che era stato lui. Se non l’avesse fatto probabilmente starei scrivendo da un carcere tedesco.
  • Non sopporto chi spoilera con disinvoltura. Ovviamente mi riferisco a spoiler su cose recenti, non del tipo Ehi sai che Luke è figlio di Darth Vader?
  • Non sopporto gli adattamenti fantasiosi di film e telefilm. “Se mi lasci ti cancello“?
    Ah, e che dire di questo (NO SPOILER): trova le differenze (da 00:45 nel video inglese)

  • Non sopporto i telegiornali, che si compongono più o meno in questo modo:
    – Una tragedia familiare, condita da qualche dichiarazione retorica: Un ragazzo tranquillo, una famiglia bene, un quartiere sotto choc, sgomento e rabbia;
    – Il “panino” con le dichiarazioni dei politici: Bisogna pensare alla crescita, basta strumentalizzazioni o si fanno le riforme o si va tutti a casa;
    – Un servizio sui cagnolini (che ci sta sempre bene);
    – Il nuovo amore di qualche personaggio dello spettacolo.
  • Non sopporto i cori russi, la musica finto rock, la new wave italiana…ah no scusate, mi son lasciato trasportare.

E voi? Cosa faticate a digerire?

Pillole di Sol Levante

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Kinkaku-ji, Kyoto

Tornato dal Giappone, vorrei condividere in maniera semiseria alcune cose che mi hanno colpito.

1) Il Giappone è un Paese basato sugli omini. C’è un omino per tutto. C’è l’omino che indica la fila, l’omino che raccoglie le foglie morte da terra, l’omino che fa gesti inutili alla partenza del treno, l’omino che apre la porta, l’omino che pulisce il corrimano della scala mobile…

2013-12-28 05.03.08

Gli omini sono così importanti da essere riportati sui cartelli

2) Lo sport nazionale giapponese è fare la fila.

3) Dev’esserci un cattivo rapporto tra i dentisti e le ragazze giapponesi: molte hanno i denti storti.

4) Non ci credevo fino a che non l’ho visto con i miei occhi: le ragazze hanno tutte le gambe storte e camminano come delle sbullonate. Il baricentro delle loro rotule viola qualunque principio fisico.
Ma con quelle minigonne con cui vanno in giro, possono far tutto ❤

5) È più facile trovare giapponesi che comprendono l’italiano che giapponesi che comprendono l’inglese. Corollario: attenzione a fare commenti in pubblico, è possibile che qualcuno comprenda ciò che diciate. Ci è successo due volte.

6) Il concetto di tovagliolo a tavola sembra essere sconosciuto. Il consiglio è quindi quello di non gettare il fazzoletto umido che mettono a tavola per pulire le mani prima di mangiare. Sarà il più prezioso alleato durante il pasto.

7) Un altro concetto sconosciuto sembra essere quello di “asciugatore” nei bagni pubblici. Sarà per questo che le donne giapponesi (anche alcuni uomini) girano con nella borsa un asciugamanino.

8) La cosa più scioccante in Giappone è viaggiare nei mezzi pubblici accompagnati da uno strano rumore. Non ti rendi conto di cosa sia fino a che non realizzi che è semplicemente…il suono del silenzio. Niente vociare inconsulto, niente suonerie millifoniche, niente persone che parlano al cellulare tenendoci a farti sapere ciò che stanno dicendo…

9) La metropolitana di Tokyo è il posto ideale per un pisolino veloce. È innanzitutto pulita, i sedili sono morbidi e su molti treni sono anche riscaldati.

10) In Giappone inchinarsi è importantissimo. I controllori sui treni, prima di entrare in un vagone, si inchinano e ripetono lo stesso gesto anche uscendo. Fa niente che si trovino nel senso opposto rispetto all’orientamento dei sedili e nessuno li veda. Si inchinano lo stesso. Uhm, ma potrebbero inchinarsi perché si sono accorti che tu li stai guardando! I giapponesi si inchinano se nessuno li vede? Un albero che cade in una foresta dove non c’è nessuno, fa rumore? ‘mbuto! Chi lo ha inventato? Su Rieducational Channel!

11) L’inchino è contagioso. Dopo un po’ comincerete a inchinarvi a chiunque, il che è positivo se vi trovate in Giappone. Ma se vi rimane addosso anche tornati in Italia, beh, preparatevi a essere presi per il culo.

12) Per segnalare che non si può accedere a un posto o che un determinato atteggiamento è scorretto, un poliziotto vi imiterà Mara Maionchi

13) Il cibo pronto da riscaldare che vendono nei konbini (convenience store) a poche centinaia di yen (pochi euro nostri, si può fare un pasto a 3-4 euro) sembra più buono di quello servito in alcuni ristoranti giapponesi in Italia. Il che lascia molto da pensare.

14) Quando torni in Italia la cosa che ti mancherà di più sarà il water con la tavoletta autoriscaldante.

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Il bidet incorporato, invece, è sì una gran figata ma poco pratico per gli “standard europei”.

Tornando seri un momento, dico che è stato un viaggio bellissimo. Ho conosciuto persone molte interessanti, compagni di viaggio (che non conoscevo prima della partenza) simpatici e affabili e dai quali ho imparato molte cose. Torno sentendomi arricchito.
Uno dei ricordi più belli è la visita al Tempio del Padiglione d’oro (quello nella foto d’apertura). Faceva un freddo cane e a un certo punto ha iniziato a nevicare. Però era bellissimo, mi sarei gettato su un prato a osservare quello spettacolo. E poi sarei morto assiderato, dettagli.

Domanda: ci ritornerai? Certamente.

Questo un video che ho girato a Nara: è la preparazione tradizionale dei mochi.