Fenomenologia antropologica del fine settimana

La villa. L’avevo citata qui. Ha superato i 15 anni d’età, è una liceale avviata.

Una liceale che zoppica in parecchie materie.
Non brilla. I faretti per illuminare i viali sono morti due giorni dopo l’apertura. Lo stagno melmoso almeno rende felici i rospi e le loro stagioni degli amori (invidia). I muretti di pietra si sbriciolano sotto il peso del tempo o dei deretani dei passanti. Le gabbie di plexiglass ridotte a scheletri di edifici.

Uno scenario squallido, ma centro della movida under 18 del week end. Banchi, come di sardine, che si spostano in maniera coordinata, seguendo chissà quali correnti. Ragazzine agganciate tra di loro braccio a braccio, come tanti pezzi di costruzioni. Battoncine Lego. Tacchi vertiginosi e calze a rete, per gli sguardi di ormoni travestiti da ragazzi, coi loro ciuffi a tettoia che quando piove le scarpe non si rovinano, anche se ormai ne avranno una quarantina a casa, potrebbero pure buttarle.
Io in un anno indosso giusto quattro paia di scarpe: estate, inverno, sobrie per lavoro ed eleganti per grandi occasioni.

Fuggo dalla desolazione e dalla decadenza. Chi l’ha votata? Nessuno. Qui si decade senza falchi e colombe, anche perché queste ultime sono morte avvelenate dai rifiuti.

Birreria, rifugio.
Non stasera: un gruppo rap locale si esibisce. L’MC rivendica i suoi trascorsi, parla del sagrato della chiesa e dei gradini sotto i portici come fossero Brooklyn e Harlem. Il cliché international che si fa local.
Il pubblico, caldo e meraviglioso. Facce bruciate e menti evaporate, le donne acquistano cinque anni in più a ogni compleanno, i maschi ne perdono altrettanti. Universitari di mestiere a trent’anni, non abbandoneranno mai questi luoghi, perché sono loro stessi un luogo. Di non ritorno.

Infine, il rito della transumanza.

Apri un locale di due metri per tre in una piazza deserta, decorata dall’ascensore (non funzionante) del museo della memoria sotterraneo, e da una scuola guida. Chi sia stato il pesce pilota a guidare i banchi di sardine (stavolta over 20) lì, non si sa. Ma è il boom, lo si capisce dall’arrivo del kebabbaro. Dove c’è kebab, c’è movimento. Luci e colori in piazza, sbrilluccichio di orecchini e di bicchieri da shot.

Tu non passi di lì? No? Ma tutti quelli che conosciamo stanno lì.

Proprio per questo me ne tengo alla larga.

14 Pensieri su &Idquo;Fenomenologia antropologica del fine settimana

  1. a dovertici descrivere – che còsa terrificante – tu ti ci definiresti – che còsa ancora più agghiacciante definirsi – ma comunque, mettiamo che devi, ecco tu ti ci definiresti:
    socio-resistente, tendenza alla misantropia tenuta sotto controllo
    socialmente selettivo, tendenza all’essere sostenuto (snob?)
    socio-referenziale, tendenza al presenzialismo e corollari vari.

    bòh, io preferisco un libro, un cinema – da sola – e non so mai a quale categoria appartengo.
    forse socio-diffidente.

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    • Direi tutte le cose insieme, anche perché non riesco bene a discernere le discriminanti tra l’una e l’altra.

      Se dovessi scegliere, direi socialmente selettivo, se dovessero scegliere gli altri, direbbero tendente allo snobismo di Venere.

      Preciso, non è che io guardi il mondo da un castello diroccato su uno sperone roccioso o da un cannocchiale che dà su una finestra di un cortile: mi piace stare tra la gente, però non mi piace subirla. E osservo il mondo, mi piace commentarlo in tono dissacratorio bukowskiano oppure dipingendolo a tinte un po’ cupe stile un quadro di Turner

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    • Sono meccanismi e modalità che tendono a ripetersi, dalla piccola alla grande scala, è chiaro che in quest’ultimo caso la varietà aumenta, in centri più piccoli il fenomeno è più individuabile e semplice

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Si accettano miagolii

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