Hunter Stockton Thompson

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"Strani ricordi in quella nervosa nottata a Las Vegas. Cinque anni dopo? Sei? Sembra passata una vita, o almeno un’epoca – quel tipo di culmine che non tornerà mai più. San Francisco e la metà degli anni sessanta erano un bel tempo e un bel posto da vivere. Forse ha significato qualcosa. O forse no, alla lunga… ma nessuna spiegazione, nessun insieme di parole o musiche o ricordi può toccare la consapevolezza d’essere stato là, vivo, in quell’angolo di tempo e di mondo. Qualunque cosa significasse…
 
La Storia è difficile da conoscere, per via di tutte le stronzate che ci aggiungono, ma anche senza essere sicuri di cosa dice la Storia pare del tutto ragionevole pensare che ogni tanto l’energia di un’intera generazione si concentri in un lungo bellissimo lampo, per ragioni che sul momento nessuno capisce – e che mai spiegheranno, retrospettivamente, ciò che è veramente accaduto.
 
[…]
 
C’era follia in ogni direzione, ad ogni ora. Se non attraverso la Baia, allora su al Golden Gate o giù sulla 101 per Los altos o La Honda… Potevi sprizzare scintille dovunque. C’era una fantastica univesale impressione che qualunque cosa si facesse fosse giusta, che si stesse vincendo…
 
E quella, credo, era la nostra ragion d’essere – quel senso di inevitabile vittoria contro le forze del Vecchio e del Male. Vittoria non in senso violento o militare: non ne avevamo bisogno. La nostra energia avrebbe semplicemente prevalso. Non c’era lotta – tra la nostra parte e la loro. Avevamo tutto l’abbrivio noi; stavamo cavalcando un’onda altissima e meravigliosa…
 
Ora, meno di cinque anni dopo, potevi andare su una quasiasi collina a Las Vegas e guardare verso ovest, e con gli occhi adatti quasi vedere il segno dell’alta marea – quel punto in cui l’onda, alla fine, si è spezzata per tornare indietro.
 
[Paura e disgusto a Las Vegas]